L’invecchiamento della popolazione è un processo fisiologico complesso che coinvolge aspetti sanitari, culturali ed economici. A fronte di un allungamento dell’aspettativa di vita e dei progressi in ambito sociale, medico e farmacologico, non corrisponde, tuttavia, un parallelo miglioramento delle condizioni di salute. Le cause vanno soprattutto ricercate nel progressivo aumento di malattie, soprattutto invalidanti, che insorgono nella fascia di età più avanzata e che conducono frequentemente a una situazione di disabilità (Ministero della salute, 2016).
Le persone anziane, spesso affette da multi-patologie, ad andamento cronico, necessitano di frequenti visite specialistiche, prestazioni diagnostiche e poli-farmacoterapia. Le principali minacce, a cui possono incorrere questi soggetti, sono rappresentate da interventi frammentati, incentrati più sul trattamento della sintomatologia che sulle reali necessità, e incremento dei ricoveri ospedalieri, con conseguente peggioramento del benessere psico-fisico e dell’aumentato rischio di mortalità (Ministero della salute, 2016).
Aspetti epidemiologici
Secondo i dati ISTAT, 24 milioni di italiani presentano almeno una patologia cronica, numero destinato a crescere a 25 milioni nel 2028. La Liguria, con 264,5 anziani ogni 100 giovani fino a 14 anni, registra la prevalenza più elevata (45,1% della popolazione). Le condizioni morbose più significative sono: artrosi/artrite (22,6%), ipertensione (20,1%), allergie (11,1%), osteoporosi (9,7%), bronchite cronica (6,6%), depressione (5,6%), diabete (5,5%), cardiopatie (4,2%), ulcere gastriche e duodenali (2,5%) (Osservatorio Nazionale sulla Salute, 2019) . Si stima, inoltre, che nel 2030, 4 milioni e mezzo di over 65, di cui 1 milione e 200 mila over 85 vivranno al proprio domicilio, senza caregiver (ISTAT, 2018).
Origini e funzioni dell’Infermiere di Famiglia e Comunità
Il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale – 700 miliardi di euro/anno – è attualmente riservato a rispondere a tale problematica. Nel nostro Paese la spesa media annua per la gestione di un individuo con scompenso cardiaco congestizio è di 1.500 euro, ischemia cardiaca 1.400 euro, diabete tipo 2 1.300 euro, osteoporosi 900 euro, ipertensione 864 euro (Osservatorio Nazionale sulla Salute, La cronicità in Italia, 2019).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS -, in molteplici report, ha evidenziato come punto prioritario la centralità della famiglia e della comunità nel percorso di invecchiamento e dell’assistenza primaria nella prevenzione e contenimento della fragilità. Risulta pertanto necessario sviluppare e implementare, come sottolineato anche nel Piano Nazionale Cronicità, modelli e strumenti che consentano di spostare l’asse di cura dall’Ospedale al Territorio, in modo clinicamente efficace ed economicamente sostenibile.
Il Patto per la Salute 2019-2021, al fine di promuovere una maggiore omogeneità e accessibilità dell’assistenza sociosanitaria e garantire una presa in carico integrata delle persone, ha introdotto, accanto ai Medici di Medicina Generale e Specialisti Ambulatoriali, l’Infermiere di Famiglia e Comunità, denominato IFeC.
Le origini di tale figura vanno ricercate nei documenti “Health21 – Health for all in the 21st century” 1998 e “The Family Health Nurse – Context, conceptual framework and curriculum” 2000, attraverso i quali l’OMS identifica la necessità di un operatore della salute che, dopo aver acquisito competenze specifiche, aiuti gli individui ad adattarsi alla malattia e alla disabilità cronica, accompagnandoli al domicilio e nelle relazioni quotidiane.
In Italia la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo 13 settembre 2012 n. 158, convertito in Legge 8 novembre 2012 n. 189 – Legge Balduzzi -, che all’articolo 1 prevede una riorganizzazione delle Cure Primarie. Il documento normativo attribuisce alla professione infermieristica un ruolo centrale nell’ampliamento dei servizi territoriali, focalizzando il domicilio come setting privilegiato e la famiglia come risorsa attiva nel governo della cronicità e fragilità.
L’IFeC1risponde ai bisogni della popolazione di una specifica area in collaborazione con il Medico di Medicina Generale, gli Operatori del Distretto Sanitario, i Medici Specialisti, le Istituzioni Locali e le Associazioni di Volontariato. Il professionista, nell’ambito della sanità di iniziativa, promuove un’assistenza di natura preventiva, curativa e riabilitativa, differenziata per bisogno e fasce d’età, attraverso interventi domiciliari e/o ambulatoriali; assicura un collegamento con la rete sociale formale e informale, garantendo un continuo sostegno alle persone e alle loro famiglie anche attraverso follow-up telefonici.
Il nuovo operatore della sanità assume una visione olistica della persona, individua le strategie d’azione più idonee, educa alla scelta di stili di vita sani, attiva misure adeguate a ridurre al minimo l’impatto dei problemi di salute sull’individuo e sul contesto familiare, favorisce l’autonomia e l’autocura utilizzando le risorse disponibili (AIFeC, 2018). Le prime sperimentazioni riguardo a tale figura sono state recepite in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Puglia, Toscana e Lombardia; contemporaneamente, in numerose università italiane, sono stati attivati Master di specializzazione (Obbia et al, 2014).
La Liguria ha aderito al programma Community Nurse Supporting Elderly in a changing Society – “CoNSENSo”, con l’intento di favorire l’invecchiamento sano e attivo della popolazione, permettendo agli anziani di vivere autonomamente al proprio domicilio il più a lungo possibile, mediante interventi innovativi e pro-attivi (Ippoliti et al, 2018). Inoltre, la regione stessa è capofila del progetto European Curriculum For Familiy and Community Nurse – “Enhance“, coordinato dall’Istituto Tecnologie Didattiche del CNR nell’ambito del programma Erasmus – Sector skills alliances, con l’obiettivo di definire le competenze post-base e il profilo dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità.
Il modello in ASL 2: sperimentazione nel Distretto delle Bormide
L’ASL2, dopo una attenta analisi epidemiologica e demografica, ha avviato nel Distretto Sanitario delle Bormide, a partire dal 16 settembre 2019, una nuova modalità di assistenza di prossimità. Tale Distretto, comprendente 19 comuni, ha una popolazione totale di circa 40.000 abitanti con un’alta concentrazione di persone che superano i 70 anni di età. Il territorio è caratterizzato da aree geograficamente e meteorologicamente difficili, collegamenti di rete complessi soprattutto nei mesi invernali, dove molti centri abitati sono distanti da ospedali, ambulatori e farmacie.
Il progetto pilota, promosso con il determinante sostegno della Direzione Aziendale, è centrato sull’attività di tre infermiere esperte. La sperimentazione mira a valutare la sostenibilità di un modello, che pone il cittadino al centro dei servizi sanitari e sociali.
Nello specifico le operazioni progettuali sono finalizzate a:
- accompagnare i soggetti fragili attraverso interventi di prevenzione, educazione e informazione sanitaria
- migliorare la qualità di vita e il benessere della persona nel proprio ambito
- valorizzare la rete assistenziale, potenziando sinergie tra le istituzioni e le diverse professionalità
- assicurare la continuità degli interventi
- modulare gli accessi al Pronto Soccorso/Punti di Primo Intervento
- facilitare le dimissioni
- favorire l’empowerment del paziente/cittadino coinvolgendolo, in maniera attiva e proattiva, nel percorso di cura
- responsabilizzare assistito/familiare/care giver
- contenere i costi diretti e indiretti correlati all’assistenza.
Al fine di intercettare tempestivamente i bisogni e promuovere parallelamente linee di azione, si è reso necessario spostare l’attenzione verso soggetti più giovani di quelli precedentemente individuati. L’accesso avviene mediante segnalazione del personale sanitario ospedaliero, dei Medici di Medicina Generale e dei Servizi Sociali.
L’accoglienza prevede un colloquio finalizzato ad individuare le necessità della persona e del suo nucleo familiare e definire le priorità assistenziali. Il professionista, oltre al giudizio clinico, si avvale di score validati quali: Morinsky scale, per definire l’aderenza terapeutica, Barthel Index, per indagare il grado di autonomia, Must score, per analizzare il livello nutrizionale, Painad scale e Numeric Rating Scale, per identificare e monitorare il grado di dolore. Vengono inoltre somministrati due questionari, Sunfrail Tool e SPQ, con lo scopo di individuare possibili stati di fragilità.
A seguito della valutazione multidimensionale, l’IFeC, in collaborazione con il Medico di Medicina Generale, sviluppa il Piano di Assistenza Individuale – PAI – e attiva gli specifici interventi. Infine, viene monitorato lo stato di salute degli assistiti, attraverso visite periodiche a timing pre-stabiliti.
Risultati
L’analisi dei primi tre mesi di attività mostra che 117 utenti sono stati presi in carico entro 72 ore dalla segnalazione. Gli accessi sono stati 320, con una media giornaliera di 5. Le principali patologie riscontrate sono: ipertensione arteriosa 18 (15,4%), cardiopatia 12 (10,3%), broncopneumopatia cronica 8 (6,9%),diabete mellito 7 (6%) e neoplasie 5 (4,3%).
A seguito della valutazione del grado di autonomia è emerso che 86 soggetti (73,5% del campione totale) presentano una dipendenza da moderata a completa.
Tutti i 117 soggetti esaminati hanno manifestato un’elevata aderenza alla farmacoterapia domiciliare, questo risultato potrebbe essere ricondotto alla presenza attiva e continua del caregiver.
Conclusioni
In un momento come l’attuale, in cui si assiste ad una crescente domanda socio-sanitaria in presenza di forti vincoli di spesa, l’Infermiere di Famiglia e Comunità può essere una risposta coerente ai frequenti cambiamenti epidemiologici e sociali e un punto importante di riferimento per soddisfare necessità sempre più complesse, ottimizzando le risorse attualmente presenti nella comunità e offrendone di nuove.
Si ringrazia per la collaborazione attiva il Direttore del Distretto Sanitario delle Bormide, dott.ssa Roberta Pennazio, il Coordinatore Infermieristico, dott.ssa Antonella Giribone e le Infermiere di Famiglia e Comunità del Distretto Sanitario delle Bormide, Flavia Giacosa, Nadia Roascio e Patrizia Zanovello.
Note
Bibliografia
AIFEC, Profilo dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità, 2018.
Ippoliti R., Allievi I., Falavigna G., Giuliano P., Montani F., Obbia P., Rizzi S., Moda G., (2018), The sustainability of a community nurses programme aimed at supporting active ageing in mountain areas, in Int J Health Plann Manage, 2018, Oct;33(4).
ISTAT, Proiezioni ISTAT per Italia Longeva, 2018.
Legge 8 novembre 2012, n. 189.
Ministero della Salute, Piano Nazionale Cronicità, 2016.
Obbia P., Menarello G., Maddalena C., (2014), L’Infermiere di Famiglia e di Comunità: una proposta per lo sviluppo delle cure primarie, in Tempo di Nursing n. 66, Collegio IP.AS.VI. di Brescia, 16-19.
Osservatorio Nazionale sulla Salute, La cronicità in Italia, 2019.
Conferenza Permanente per i rapporto tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, Patto della Salute 2019-2021.
World Health Organization, Health21: Health for all in the 21st century, 1998.
World Health Organization, The Family Health Nurse – Context, conceptual framework and curriculum, 2000.