16 Dicembre 2020 | Editoriali

Anziani non autosufficienti cercano politici ambiziosi

Nell’articolo pubblicato l’8 dicembre 2020 su L’Espresso, Cristiano Gori sottolinea come nessuna forza politica abbia condotto finora una battaglia a favore degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. Eppure, nel nostro Paese, questa riforma del welfare gioverebbe a tutti.

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Riusciranno le nostre madri o nonne con l’Alzheimer e i nostri zii o padri costretti in poltrona a diventare una priorità della politica? La modernizzazione del welfare italiano passa – ben più di quanto non si pensi – dalla risposta a questo interrogativo.

 

I dati sull’incremento esponenziale della popolazione anziana non autosufficiente e sulle difficoltà causate dalle deboli risposte delle politiche pubbliche occupano ormai intere biblioteche. Ancor più significativa delle ricerche sul tema, però, è l’esperienza di ognuno: se non siete un anziano non autosufficiente o un suo parente, o se nessuna persona vicina a voi lo è, smettete di leggere l’articolo. Siete rimasti in tanti a seguire queste righe per un semplice motivo: stiamo parlando di una questione centrale nella società italiana.

 

Nel primo decennio del secolo, gli esperti concordavano sulle fasce di popolazione che – trascurate fino a quel momento dal welfare pubblico – necessitavano di specifiche riforme nazionali di rafforzamento della protezione sociale: disoccupati, poveri, famiglie con figli e anziani non autosufficienti. Da allora, ne sono state realizzate per incrementare le tutele in caso di disoccupazione (Aspi nel 2012 e Naspi nel 2015), per dotarsi di misure di contrasto della povertà (Rei nel 2017 e Reddito di Cittadinanza nel 2019) e per migliorare il sostegno economico alle famiglie con figli (l’assegno unico in vigore dal prossimo anno). All’appello manca solo la riforma nazionale dell’assistenza agli anziani non autosufficienti.

 

Questi ultimi, in seguito all’irrompere del Covid-19, si sono drammaticamente trovati al centro della scena e la loro condizione ha suscitato, nei media e nella società, un interesse senza precedenti nella storia del nostro Paese. L’inedita attenzione ricevuta permetterà di superare, finalmente, la storica indifferenza della politica nazionale?
Risiede qui, infatti, lo snodo cruciale: è possibile ampliare l’offerta di servizi pubblici dedicati solo attraverso un’incisiva azione dello Stato a sostegno degli enti locali, Regioni e Comuni, che ne sono titolari. Non a caso, i numerosi paesi europei che hanno già introdotto riforme nazionali – dalla Spagna alla Germania, dall’Austria al Portogallo – sono partiti dai medesimi presupposti: la necessità di aumentare i servizi per gli anziani e la consapevolezza che gli enti locali, da soli, non possono raggiungere l’obiettivo.

 

Attenzione, però, a evitare errori ben noti. Non serve né una generica normativa quadro colma di principi generali condivisibili ma priva degli strumenti per tradurli in pratica, né una legge di bandiera, con un micro-intervento presentato come “un primo segno di attenzione”. La riforma, invece, dovrebbe consistere in un dettagliato progetto pluriennale fondato sulla definizione di obiettivi precisi accompagnati da indicazioni puntuali su come raggiungerli, dotato di finanziamenti adeguati e da seguire attraverso un robusto sistema di monitoraggio.
Inoltre, la riforma dovrebbe leggere i tanti volti della non autosufficienza e promuovere, pertanto, un pacchetto di risposte differenziate. In alcuni casi l’inserimento in strutture residenziale è la soluzione migliore, più spesso bisogna puntare su interventi forniti a domicilio, alcune volte sono utili soluzioni intermedie come i centri diurni o altro ancora. Quasi sempre, invece, le famiglie avrebbero bisogno di un operatore qualificato al quale poter chiedere informazioni e consigli.

 

Rafforzare il settore avrebbe anche effetti positivi per l’occupazione. Infatti, i servizi di welfare – e in particolare quelli rivolti agli anziani non autosufficienti (data l’ampiezza della popolazione interessata) – rappresentano una delle principali fonti di possibili nuovi lavori per il nostro Paese. Questo potenziale, però, è stato sinora sottovalutato. L’occupazione nei servizi di welfare dovrebbe essere non solo maggiormente diffusa ma anche adeguatamente tutelata: l’articolo di Gloria Riva mostra la necessità di passi in avanti pure sotto questo profilo.

 

Sinora nessuna forza politica ha condotto una battaglia a favore degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. La prima a farlo, pertanto, influenzerà positivamente non solo il welfare italiano ma anche il proprio destino. Si ricordi quando, ormai 10 anni fa, il neonato Movimento Cinque Stelle iniziò a battere il tasto della povertà, al tempo trascurata da tutti i partiti. Quello che allora era un tema politicamente marginale si è, successivamente, rivelato cruciale per l’ascesa del Movimento. Questa è innovazione politica: intestarsi per primi una questione molto presente nella società ma poco considerata dai palazzi del potere. E l’innovazione politica regala sempre benefici in termini di consenso. Politici ambiziosi, fatevi avanti.

 

L’articolo viene ripubblicato con l’autorizzazione de L’Espresso e dell’autore.

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