12 Gennaio 2021 | Cultura e società

Le reti familiari e il senso di solitudine degli anziani

Il contributo di Stefania Cerea, che presenta i primi risultati del progetto di ricerca “INclusive AGEing in place (IN-AGE). Abitare l’età fragile”, si focalizza sul rapporto fra reti familiari e senso di solitudine degli anziani, studiato attraverso un’indagine che ha coinvolto 140 persone anziane.

Le reti familiari e il senso di solitudine degli anziani

In Italia, dove le strutture residenziali, ma anche i servizi di assistenza di carattere domiciliare, sono in grado di coprire solo una fetta residuale della popolazione anziana che ne avrebbe bisogno, le reti familiari rappresentano attori chiave del sistema di cura delle persone anziane fragili. Nel tempo, a fronte di una sempre più ridotta disponibilità della popolazione femminile, tradizionalmente deputata ad occuparsi degli anziani, ma sempre più gravata su altri fronti (quello lavorativo e della cura di figli e nipoti), le cosiddette badanti hanno in parte supplito alla carenza di servizi in kind. Tuttavia, ancora oggi è la famiglia dell’anziano in primis, quando presente, ad occuparsi di lui, soprattutto quanto si tratta di incombenze non facilmente delegabili a terzi.

 

Fin qui nulla di nuovo, che già non si sappia e su cui la ricerca non si sia già diffusamente indirizzata ed espressa. Invece, quale ruolo svolgono le reti familiari in relazione al senso di solitudine delle persone anziane, a maggior ragione quando queste ultime vivono sole nel loro domicilio? Il tema è stato indagato attraverso il progetto di ricerca “INclusive AGEing in place (IN-AGE). Abitare l’età fragile”, di cui si presentano i primi risultati1.

 

 

La relazione complessa fra reti familiari e senso di solitudine degli anziani

Secondo la letteratura, la presenza di una rete familiare sembrerebbe ridurre la percezione di solitudine dell’anziano. Tuttavia, nel definire questa relazione giocano un ruolo fondamentale le aspettative che le persone anziane nutrono nei confronti della presenza e del ruolo dei familiari, aspettative che assumono connotati specifici nei diversi contesti socio-culturali. Nei paesi del Sud Europa, ad esempio, le aspettative degli anziani nei confronti della famiglia, e dei figli in particolare, sono molto più elevate che nei paesi del Nord Europa. E ciò darebbe origine ad un paradosso.

 

Sebbene nei paesi nord-europei le dinamiche di individualizzazione e atomizzazione delle famiglie siano più marcate che nei paesi sud-europei, il senso di solitudine delle persone anziane risulta minore. Un paradosso che può essere spiegato proprio con le differenti aspettative verso le relazioni familiari che gli anziani nutrono nei due gruppi di paesi, e che in letteratura sono espresse con il concetto di loneliness threshold (“soglia di solitudine”). In sostanza, più ci aspetta dalla famiglia e più tali aspettative andranno incontro al rischio di rimanere deluse, e viceversa.

 

Cosa emerge su questo tema dall’indagine condotta dal progetto IN-AGE nei contesti urbani di Brescia, Ancona e Reggio Calabria? La relazione fra le caratteristiche della rete familiare e il senso di solitudine2delle persone anziane è visibile anche in questi contesti? E dal confronto fra le diverse città, che in ipotesi rappresentano contesti socio-culturali differenti, affiora il paradosso indicato in letteratura?

 

Estensione delle reti familiari e senso di solitudine

Un primo risultato interessante emerge prendendo in considerazione l’estensione delle reti familiari degli anziani3(tabella 1). Fra quest’ultima e i livelli di solitudine percepita non sembra esistere, come invece ci si aspetterebbe, una relazione di segno negativo, ovvero più grande è la famiglia, minore è il senso di solitudine.

 

Infatti, fra le persone che hanno una rete familiare “stretta” (composta da uno a tre familiari), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sì più bassa del valore medio (27% vs 31%), ma la quota di chi soffre di solitudine moderata è molto più alta (45% vs 26%), quella di coloro che soffrono di solitudine elevata è nettamente più bassa (9% vs 25%) ed infine la quota di chi soffre di solitudine molto elevata è perfettamente in linea con la media (18%). Al contrario, fra le persone che hanno una rete familiare “estesa” (composta da almeno otto familiari), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sopra la media di un solo punto percentuale (32% vs 31%), la quota di chi soffre di solitudine moderata è sotto la media (20% vs 26%), quella di coloro che soffrono di solitudine elevata è sopra la media (28% vs 25%), così come quella di chi soffre di solitudine molto elevata (20% vs 18%).

Relazione fra l’estensione della rete familiare e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale), 2019
Tabella 1 – Relazione fra l’estensione della rete familiare e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale), 2019

 

Reti familiari locali e senso di solitudine

Osservazioni non troppo dissimili da quelle appena fatte emergono prendendo in considerazione i soli familiari che vivono nella stessa città delle persone anziane, ovvero quelli con i quali, se non altro per ragioni di vicinanza, è più probabile che gli anziani abbiano un contatto diretto (tabella 2). Fra le persone che non hanno alcun familiare in città, la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sì nettamente più bassa del valore medio (8% vs 31%), ma la quota di chi soffre di solitudine moderata è molto più alta (58% vs 26%), quella di coloro che soffrono di solitudine elevata è più bassa (17% vs 25%), così come quella di chi soffre di solitudine molto elevata (17% vs 18%). Fra le persone che hanno una rete familiare locale “estesa” (composta da almeno tre familiari), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sopra la media (35% vs 31%) e la quota di chi soffre di solitudine elevata è sotto la media (19% vs 25%). Tuttavia, la percentuale di coloro che soffrono di solitudine moderata è più bassa (19% vs 26%) e quella di chi soffre di solitudine molto elevata è più alta (26% vs 18%).

Tabella 2 – Relazione fra l’estensione della rete familiare locale e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale), 2019

Nulla cambia, o quasi, osservando la relazione fra la quota di familiari che vivono nella stessa città delle persone anziane e i livelli di solitudine percepita. Nulla cambia, o quasi, osservando la relazione fra la quota di familiari che vivono nella stessa città delle persone anziane e i livelli di solitudine percepita.

 

Familiari confidenti e senso di solitudine

Considerando solo i familiari con cui le persone anziane intrattengono un rapporto di confidenza, ovvero un rapporto più “caldo”, e dunque potenzialmente in grado più di altri di lenire il senso di solitudine, la relazione con i livelli di solitudine sussiste nel caso di loneliness lieve, ma va scomparendo al crescere della solitudine percepita (tabella 3).

 

Fra le persone che non hanno familiari con cui confidarsi, la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è inferiore alla media di quattro punti percentuali (27% vs 31%), mentre quella di chi soffre di solitudine molto elevata è superiore alla media, ma solo di due punti (20% vs 18%), ed è peraltro uguale a quella di coloro che hanno almeno tre familiari con cui confidarsi. Fra questi ultimi, si osserva la quota più elevata di persone che soffrono di solitudine lieve (35%), mentre la percentuale di chi soffre di solitudine elevata è in linea con la media (25%).

Tabella 3 – Relazione fra l’estensione della rete di familiari confidenti e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale), 2019

La relazione sembra diventare addirittura positiva se si considera il peso dei familiari nella rete dei confidenti delle persone anziane, l’“intensità familiare” di tale rete, per così dire (tabella 4). Fra le persone che hanno solo familiari come confidenti, la quota di coloro che soffrono di solitudine lieve è più bassa della media (25% vs 31%), quella di chi soffre di solitudine elevata è più alta (31% vs 25%), e quella di coloro che soffrono di solitudine molto elevata è poco sopra la media (19% vs 18%).

Relazione fra la percentuale di familiari nella rete dei confidenti e il livello di solitudine delle persone anziane intervistate (distribuzione percentuale), 2019
Tabella 4 – Relazione fra la percentuale di familiari nella rete dei confidenti e il livello di solitudine delle persone anziane intervistate (distribuzione percentuale), 2019

 

Presenza dei figli e senso di solitudine

Un ultimo risultato interessante emerge osservando la presenza di figli/e, che per amore e/o per (senso del) dovere dovrebbero essere una delle principali fonti di contatto di una persona anziana. Tuttavia, i figli non sembrano rappresentare una protezione contro il senso di solitudine (tabella 5). Fra coloro che li hanno, la percentuale di chi soffre di solitudine lieve è sì superiore a quella di chi non li ha (32% vs 26%) e quella di chi soffre di solitudine elevata è inferiore (24% vs 26%).

 

Tuttavia, la quota di coloro che soffrono di solitudine moderata è inferiore (24% vs 32%) e quella di chi soffre di solitudine molto elevata è superiore (19% vs 16%). Se poi si sommano le incidenze percentuali dei livelli di solitudine grave (elevata e molto elevata), si osserva come le percentuali siano quasi identiche fra i due gruppi di anziani, con una lieve prevalenza fra coloro che hanno figli/e (43% vs 42%).

Relazione fra la presenza di figli/e e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale), 2019
Tabella 5 – Relazione fra la presenza di figli/e e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale), 2019.

 

Conclusioni: le aspettative verso i familiari e il mix di rete

La relazione parzialmente controintuitiva fra le caratteristiche delle reti familiari e i livelli di solitudine percepita delle persone anziane, emersa chiaramente dall’analisi, può essere spiegata con il concetto di loneliness threshold, illustrato all’inizio di questo contributo. È quanto sembrerebbe emergere dall’analisi delle interviste, in particolare da quelle condotte a Brescia e a Reggio Calabria (box 1).

 

Il confronto fra le due città fa emergere forti differenze nelle aspettative che gli anziani ripongono rispetto alla presenza e al ruolo della famiglia nelle loro vite. A Brescia tali aspettative sono spesso piuttosto limitate. Non ci si attende molto dai familiari, neppure dai figli, in quanto impegnati con il lavoro e/o con la famiglia. Ed è possibile che il basso livello di prossimità familiare contribuisca a limitare ulteriormente le aspettative suddette: infatti, Brescia si contraddistingue rispetto a Reggio Calabria, ma anche ad Ancona, per il numero più alto di persone anziane che non hanno neppure la metà dei familiari che vive in città.

 

Nonostante questo, o forse proprio per questo, la grande maggioranza delle persone anziane di Brescia ritiene che la famiglia dimostri grande attenzione ai suoi bisogni, esprimendo un notevole apprezzamento per quanto quest’ultima riesce a fare nonostante tutto. A Reggio Calabria, al contrario, le aspettative delle persone anziane verso la famiglia sono spesso piuttosto elevate, e nonostante la diffusa presenza di reti familiari non solo “estese”, ma di carattere fortemente locale, e con le quali i contatti sono spesso quotidiani e face-to-face, tali aspettative risultano non di rado insoddisfatte e il senso di trascuratezza è piuttosto diffuso. Dunque, riprendendo quanto emerso dalla letteratura, è come se esistessero diverse loneliness thresholds, una più bassa a Brescia e una più alta a Reggio Calabria. Nel mezzo, Ancona.

Brescia e Reggio Calabria a confronto: le aspettative degli anziani soli rispetto alle proprie famiglie, 2019
Box 1 – Brescia e Reggio Calabria a confronto: le aspettative degli anziani soli rispetto alle proprie famiglie, 2019

Emerge, infine, un secondo risultato interessante. L’ulteriore indebolirsi della relazione fra le reti familiari e i livelli di solitudine percepita delle persone anziane che si osserva passando a considerare i rapporti familiari più “caldi”, quelli di confidenza, è forse imputabile all’importanza del mix di rete. Ovvero, è possibile che un mix di confidenti, familiari e non, consenta all’anziano di esprimere un ventaglio più ampio e diversificato di confidenze.

 

Come emerso dalle interviste, alcune persone anziane non si confidano con i familiari, perlomeno non sempre, poiché questi ultimi sono già a conoscenza dei loro problemi, oppure perché esistono argomenti che gli anziani preferiscono non affrontare con loro, ma con gli amici, i vicini o anche con sconosciuti, oppure ancora perché gli anziani non hanno un buon rapporto con i familiari. Si tratta di un risultato che mostra di nuovo i limiti della rete familiare in quanto fattore in grado di arginare il senso di solitudine dell’anziano.

Note

  1. Il progetto “INclusive AGEing in place (IN-AGE). Abitare l’età fragile”, finanziato da Fondazione Cariplo (grant n. 2017-0941), ha quale principale obiettivo individuare i fattori che possono rendere problematica la permanenza a domicilio delle persone anziane che vivono sole e in condizione di fragilità fisica. L’indagine ha coinvolto 140 persone anziane, intervistate fra maggio e dicembre 2019, in tre città (Brescia, Ancona, Reggio Calabria) e in tre “aree interne” (Oltrepò Pavese, Appennino Basso Pesarese e Anconetano, Grecanica). In particolare, in questo articolo, ci si sofferma sui risultati emersi nei contesti urbani. Per una descrizione del progetto, dei suoi obiettivi, delle unità di ricerca e degli stakeholders che coinvolge, delle fasi e delle operazioni in cui è strutturato e dei risultati finora raggiunti, si rimanda ai seguenti link: www.lps.polimi.it/?page_id=2829 e www.facebook.com/InAge2018/.
  2. Con senso di solitudine (definito loneliness nella letteratura internazionale) s’intende una condizione soggettiva, data dalla solitudine percepita dall’individuo. A partire dalle interviste con gli anziani sono stati individuati quattro livelli di solitudine percepita: 1) “Nulla o lieve”: la persona anziana non si sente sola o percepisce raramente un senso di solitudine. 2) “Moderata”: la persona anziana ogni tanto si sente sola, ma questa sensazione è legata ad eventi contingenti (ad esempio, un giorno di pioggia), a determinati momenti della giornata o della settimana (ad esempio, la sera prima di andare a dormire o nel fine settimana), a definiti periodi dell’anno (ad esempio, durante le principali festività), e quasi mai è descritta come sensazione intensa. 3) “Elevata”: la persona anziana si sente spesso sola e questa sensazione è intensa. 4) “Molto elevata”: la persona anziana si sente spesso sola e questa sensazione è così intensa da generare effetti psico-fisici percepibili: stati depressivi, insonnia, incapacità di trovare un senso alla propria vita e, in qualche raro caso, pensieri suicidi.
  3. La rete familiare è stata ricostruita chiedendo alla persona anziana di elencare i familiari più prossimi e di fornire alcune informazioni socio-demografiche su ognuno di loro.

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