14 Aprile 2021 | Dati e Tendenze

La cura dopo la tempesta

La pandemia, come noto, ha colpito duramente gli anziani ospiti e gli operatori delle residenze assistenziali nel nostro paese. Meno conosciuto è l’effetto della crisi sanitaria sulle badanti che si prendono cura delle persone anziane fra le mura domestiche. L’articolo, che sintetizza i risultati di una ricerca nazionale sulle assistenti familiari, affronta anche questo aspetto.

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Come hanno attraversato le badanti i lunghi mesi della pandemia? Come sta cambiando questa presenza, ormai più che ventennale, nel nostro paese? La crisi sanitaria ha colpito duro anche in questo settore: molte badanti sono rimaste senza lavoro, altre lo hanno visto modificato con sofferte conseguenze di prospettiva, di lavoro, di vita.

 

Abbiamo realizzato una ricerca a dimensione nazionale nell’ambito del progetto “Time to care”, sostenuto da Fondazione Cariplo, che fa il punto sulle badanti di oggi rispetto alla situazione dei primi anni Duemila.

 

E’ cambiato un mondo

La ricerca, a dimensione nazionale, è stata resa possibile grazie alla collaborazione di Acli Lombardia, Acli Colf nazionale e delle sue diverse sedi distribuite su tutto il territorio, e poi di Acli Varese, Acli Colf Milano, Saf Acli Milano, le cooperative Piccolo Principe e Ripari di Milano, Caritas Ambrosiana, Badando.it, Fnp Cisl Lombardia, VillageCare.it. Tutti, con le relative attività di sportello, si sono prodigati in mesi molto complicati.

 

Le evidenze raccolte ci consegnano una realtà insieme matura e segmentata.

 

Quello delle badanti è un mercato maturo non già sul lato della domanda di lavoro, che anzi aumenta inesorabilmente, muta nelle sue geometrie interne, familiari, si modifica in termini di deficit sanitari prevalenti, oggi sempre più di tipo cognitivo. E’ maturo sul lato dell’offerta. E’ maturo perché è bassissimo il turn-over, è senza dinamica evolutiva, ha grandi vincoli alla crescita (per l’assenza di flussi migratori regolati), e perché invecchia.

 

Rispetto a vent’anni fa, le badanti sono più anziane, non sono molto più “insediate” nella società italiana, se intendiamo per questo vivere con la propria famiglia (metà di chi ha figli non li ha in Italia), riescono a lavorare molto di più solo di giorno e molto meno in convivenza, sono più disposte a essere formate ma mantengono distanza dal mondo dei servizi pubblici. Sono interessate all’uso di nuove tecnologie assistive, anche se non particolarmente dotate di competenze digitali, ma piuttosto tiepide nei confronti di soluzioni collaborative come la badante di condominio.

 

Ed è un mercato segmentato: anzitutto per provenienza, dove ogni provenienza è accomunata da proprie abitudini, desideri, progetti. Poi è segmentato in base alla disponibilità al tipo di lavoro: si va dal ménage domestico tout court fino a un’assistenza serrata e “intima” (cura e igiene). E’ segmentato tra chi lavora a ore e chi è disposto alla coresidenza (esiste anche, ed è piuttosto ambìto, il segmento di chi opera nelle case di risposo, informalmente coadiuvando l’assistenza a singoli ospiti). E’ segmentato tra chi è assunto e chi non ha contratto, tra maschi e femmine.

 

La segmentazione aumenta la difficoltà a trovare un giusto incontro tra ciò di cui c’è bisogno e ciò che viene offerto. Con la fatica di cercare, nel mosaico di questo mercato, la persona giusta. Su un piano molto inclinato verso condizioni irregolari, dequalificate, aleatorie, a rischio di sfruttamento, fatte di tante solitudini che si incrociano.

 

Badanti e caregiver familiari

Quanto badanti e caregiver familiari vanno d’accordo? Uno degli obiettivi della ricerca è stato quello di analizzare questo aspetto, piuttosto ignorato. E cioè il livello di sintonia, di simmetria o viceversa di squilibrio nel prendersi cura della persona fragile, nei comportamenti, nelle attese. I caregiver familiari sono solitamente i veri datori di lavoro della badante: sono coloro che la coordinano, che la guidano.

 

Sia le badanti che i loro datori di lavoro, i caregiver familiari, presentano una età è piuttosto avanzata (badanti 50enni, caregiver 60enni), e le competenze tecniche nell’assistere una persona anziana sono piuttosto limitate. Questo pone un tema di formazione alla relazione di aiuto, in un momento di rapida crescita delle patologie di tipo cognitivo, che richiedono spazi, attenzioni e sensibilità spesso assenti, o quantomeno carenti.

 

Se aggiungiamo a questa età avanzata una limitata dimestichezza con l’uso delle nuove tecnologie, il quadro delle criticità si allarga. Familiarità maggiore sul lato badanti, più inclini e propense all’uso di strumenti digitali su cui comunque dovrebbero essere formate e il cui uso dovrebbe rientrare nelle proprie mansioni, in realtà ancora piuttosto incerte.

 

Dall’analisi svolta si evidenziano diverse criticità.

In un Paese che vede aumentare gli ultra 65enni al ritmo di oltre 200.000 unità all’anno, e che vede diminuire, pur lentamente, il numero dei caregiver familiari, il fatto che il numero di assistenti familiari sia sostanzialmente fermo da otto anni a questa parte è un problema. E rischia di diventarlo sempre più in assenza di:

  • un’apertura di nuovi flussi migratori consistenti che consentano l’ingresso regolare nell’ambito del lavoro domestico;
  • un potenziamento consistente di servizi domiciliari che superino gli attuali limiti (prestazionalità, divaricazione tra sociale e sanitario, limiti nella durata e nell’intensità ecc.).

 

Scarica qui il programma della presentazione (21 aprile 2021)

 

Scarica qui il rapporto di ricerca

 

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