“E più io resto a guardarti, più me ne rendo conto che è l’amore che ci salva dalla ferita del mondo” dalle parole di Massimo Recalcati nasce l’inspirazione per la stanza degli sguardi, stanza dove l’amore diventa terapia per i pazienti COVID.
L’anziano ricoverato in Ospedale durante l’emergenza sanitaria COVID-19
Fin dai primi dati dell’emergenza pandemica, ho subito avvertito il rischio di ageismo mediatico: i nostri pazienti geriatrici, considerati a maggior rischio di mortalità, dovevano combattere contro un nemico invisibile e soprattutto contro la solitudine, il senso di inutilità e di peso per una società costretta a fermarsi per salvare i più fragili. I nostri anziani ricoverati presso l’UO di Medicina e Subintensiva COVID dell’Ospedale del Mare di Napoli avevano sui loro visi l’espressione di paura e di sconforto, mostravano sentimenti di colpa e quasi vergogna del contagio e sentivano di rappresentare un enorme carico assistenziale.
Stringevano i loro cellulari nelle mani, incapaci nella grande maggioranza dei casi di ricaricarli o di comporre i numeri dei loro cari. I più fortunati possedevano smartphone con cui in videochiamata potevano rivedere nipotini e figli, mentre altri meno fortunati si accontentavano di ascoltare solo la voce con telefoni di vecchia generazione, chiedendo la collaborazione degli operatori per il loro utilizzo. Fin dalle prime settimane della pandemia osservavamo notevole aumento dell’incidenza di delirium nei pazienti covid con un numero pari al 40% dei ricoverati.
Il delirium, nella sua forma ipercinetica e ipocinetica, caratterizzava il decorso clinico di questi ammalati, prolungava i tempi di ospedalizzazione, riducendo la compliance alla terapia e soprattutto rendendo difficile la ventilazione non invasiva senza opportuna sedazione. Fra i molteplici motivi clinici responsabili del disturbo psichico come l’ipossia e il quadro infettivo in sè, contribuivano senza ombra di dubbio l’isolamento dai familiari e il rapporto con gli operatori completamente bardati con DPI non riconoscibili se non dalla voce. Di notevole aiuto erano le videochiamate che consentivano ai pazienti di entrare in contatto con i loro cari ma sentivo l’esigenza di fare di più.
Il progetto “La stanza degli sguardi”
Nel mese di gennaio, dopo dieci mesi di pandemia, un familiare mi chiese come era possibile che dopo tanto tempo non avevamo ancora trovato una soluzione per consentire di rivedere i propri cari in sicurezza. Il potere terapeutico dell’amore non poteva e non doveva essere sottovalutato.
Così, utilizzando aree preesistenti dedicate al CUP, con parete divisorie di vetro, ho ideato, in collaborazione con i due coordinatori infermieristici Fabio Basco e Florinda Carcarino e con il Responsabile della Logistica il Prof. Giuseppe Noschese, una stanza battezzata “la stanza degli sguardi” dalla giornalista Alessia Adorno, consentendo la visita dei familiari due volte a settimana in assoluta sicurezza e rispetto delle norme anticovid.
Grande il lavoro organizzativo di infermieri ma soprattutto degli operatori sociosanitari che hanno coordinato le visite e consentito gli spostamenti degli ammalati, in sedia a rotelle e con bombole di ossigeno, barcamenandosi fra TAC in radiologia e la consegna del vitto, senza mai perdersi di animo e con il sorriso di chi sa che sta partecipando ad un progetto importante con grande impatto emotivo.
Il 18 gennaio c’è stato il primo incontro con il signor Luigi che rivedeva i suoi figli dopo due mesi di ricovero. “Stai superando una cosa grande, con l’aiuto di Dio, mantieniti forte e rispondi al cellulare” la voce commossa della figlia che mi ringrazia in continuazione per averlo visto. Luigi dichiara di sentirsi stupito alla vista di capelli e vestiti “normali”, considerato i suoi sessanta giorni circondato da operatori coperti dalla testa ai piedi in cui a malapena riconosceva gli occhi.
Il 20 gennaio le due pazienti Carmela e Anna che fra lacrime e sorrisi mostrano a tutti noi la forza di questa iniziativa. I familiari mi chiedono di postare le foto sui social, perché tutti potessero vedere quanta sofferenza provavano i pazienti COVID per sensibilizzare quanti ancora si ostinavano a non indossare le mascherine.
Il 24 gennaio madre e figlio si abbracciano con gli occhi e il meraviglioso sorriso della paziente viene immortalato in uno scatto che diventa virale con #lamoreguarisce. Dietro ogni incontro una storia, un vissuto, che da solo basterebbe per scrivere un romanzo: il paziente sordomuto che comunica con il linguaggio dei segni con i suoi quattro figli, il paziente con deficit cognitivi severi che alla vista della figlia si commuove e commuove tutti noi, coniugi giovanissimi che non si erano mai divisi prima di questo.
Ed ancora baci virtuali il giorno di San Valentino, mimose fresche consegnate il giorno della festa della Donna, come le zeppole il giorno della festa del papà, cartelloni con scritte piene di amore e frasi motivazionali e di incoraggiamento, la mitica Bianchina, affetta da cecità, che canta “Rose rosse” dietro il vetro assieme alle sue nipoti. Tutti questi incontri sono stati fotografati, filmati ed assistiti per quattro mesi, da gennaio ad aprile, dalla sottoscritta che custodisce questo materiale umano e questi ricordi dolcissimi.
La “Glass room” e l’impatto sul delirium”: una prova scientifica del potere terapeutico dell’amore
Per valutare il miglioramento delle performances cognitive e la gestione non farmacologica del delirium ho confrontato il gruppo di 40 pazienti della Glass Room con un gruppo di altri 38 pazienti che non hanno potuto beneficiare di tale approccio terapeutico non farmacologico per motivi familiari ma che hanno potuto effettuare periodicamente videochiamate con lo smartphone con la collaborazione degli operatori sociosanitari.
Il gruppo beneficiario della visita dei congiunti ha mostrato minori casi di delirium, miglioramento del ritmo sonno veglia, miglioramento del tono dell’umore e della compliance farmacologica con riduzione dei tempi di degenza e di negativizzazione del tampone SARSCOV2 riducendo i tempi di degenza ospedaliera. E così, in modo scientifico, ho voluto dimostrare il potere terapeutico dell’amore.
L’esempio dell’Ospedale del Mare è stato seguito nei mesi successivi anche da altri ospedali della Campania come il Cotugno e l’Ospedale di Boscotrecase. I pazienti anziani ricoverati presso i reparti COVID mostrano notevole sofferenza psicologica per l’isolamento forzato dai loro cari anche per tempi lunghi. La possibilità di incontrare i loro congiunti periodicamente, anche se divisi da un vetro, ha determinato notevole miglioramento del quadro clinico e prognostico di questi pazienti, dimostrando come l’umanizzazione delle cure e il supporto emotivo siano strumenti imprescindibili per questi pazienti. Un parente mi ha infilato una lettera nella tasca del camice. “Grazie dottoressa, questo significa fare la differenza, saremo sempre grati a tutti voi per questa possibilità”. E tutto lo stress della pandemia è stato ripagato in un secondo.
Bibliografia
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