Migliaia di persone in Italia vivono una situazione insostenibile nella gestione dell’assistenza ad un proprio familiare non autosufficiente. Molti di essi assistono persone con gravissime limitazioni delle autonomie, spesso in presenza di deficit cognitivi e disturbi del comportamento che necessitano la presenza assidua di assistenza per lo svolgimento di tutte le attività quotidiane. Io stesso mi trovo in una situazione analoga con mia madre.
Famiglie caregiver sole nella ricerca di assistenti familiari. Un’odissea per ingaggiare una badante
Nonostante l’indennità di accompagnamento e altri supporti (ad esempio il programma home care premium) siano dei validi sostegni economici, una delle più grandi difficoltà che vivono le famiglie caregivers è legata alla ricerca del personale di assistenza. L’esigenza di assistenza continuativa (H24) porta infatti pazienti e famiglie a misurarsi, a volte improvvisamente, con la ricerca di personale, senza ricevere orientamento e supporto.
In queste situazioni le possibilità per le famiglie sono poche: rivolgersi ad una società che garantisce il reperimento di personale dell’assistenza o cercare e selezionare, in autonomia, una persona (colf/badante) utilizzando le proprie conoscenze personali. In questo faticoso processo di ricerca, le famiglie già aggravate dal carico dell’assistenza e da tutte le preoccupazioni ad essa connessa, rischiano di incontrare sedicenti agenzie o intermediari che mettono in primo piano il profitto economico piuttosto che la qualità del servizio erogato.
Rispetto alla prima opzione, nella mia esperienza personale ho ricevuto diversi preventivi da agenzie del settore a cui mi sono rivolto per la ricerca di assistenza H24 con richieste di costi esorbitanti da sostenere (in un caso la spesa mensile che mi è stata proposta è stata di circa 2800€+IVA al 5%, un’altra agenzia addirittura ha richiesto 1250€+IVA al 5% settimanali). Se si considerano il sostegno corrisposto dallo Stato nell’indennità di accompagnamento e il valore medio delle pensioni, è facile intuire che i costi da affrontare per una famiglia sono a dir poco insostenibili. Nella seconda opzione, qualora la famiglia scelga di non rivolgersi ad un’agenzia del settore ma intenda procedere in autonomia nella ricerca di assistenza, i problemi da affrontare sono moltissimi. Sovente le famiglie si affidano a conoscenze personali che raccomandano loro le persone da selezionare e, queste stesse famiglie, sono costrette ad affidare l’assistenza del proprio familiare senza garanzie e sicurezze e senza la possibilità di una sostituzione in caso di problemi.
Inaffidabilità della persona scelta, impreparazione, indisponibilità della persona a recarsi in un’area lontana dalle principali aree metropolitane; questi sono solo alcuni dei problemi che si incontrano nel reperimento di personale per l’assistenza. Le esperienze che ne derivano sono spesso complesse: la famiglia e l’anziano si possono trovare costretti ad accettare comportamenti non sempre ottimali, imposti dall’assistente che approfitta dello stato di bisogno. In sintesi, le famiglie si trovano fra l’incudine e il martello, costrette a sottostare a un mercato iniquo.
Fra tutti questi problemi, ritengo che l’aspetto geografico risulti paradossalmente il più penalizzante. Tutti coloro che abitano in zone periferiche e decentrate rispetto alle città vivono infatti fatiche aggiuntive in quanto, la maggior parte delle badanti preferisce lavorare nei centri urbani più popolosi. “Troppo lontano dalla città!” Questa è la risposta che mi sono sentito restituire in molte occasioni da agenzie, cooperativa, parrocchie, badanti.
Non esiste nel nostro paese un sistema regolato di ricerca e selezione delle badanti che possa concretamente supportare le migliaia di famiglie che sono impegnate nell’assistenza. Non esiste neppure un calmiere nazionale che regoli il fronte dei prezzi, nella tutela delle famiglie e delle badanti. Lo Stato è chiamato a garantire delle risposte; invece lascia le famiglie allo sbaraglio. Segnalo inoltre, come familiare, l’assoluta assenza di soluzione intermedie tra l’assistenza domiciliare e quella residenziale. Nel territorio dove risiedo, ad esempio, non esistono Centri diurni che erogano attività terapeutiche-occupazionali di cui avrebbero bisogno migliaia di pazienti anziani o affetti da patologie neuromotorie. L’unica soluzione che mi viene proposta è l’affidamento in una casa di riposo. Ancora una volta lo sguardo al territorio è inesistente o, al massimo, legato alla pura demagogia dei “borghi”.
Istituzioni che non ascoltano i cittadini e diritti costituzionali negati
Il sistema oggi scarica sulle famiglie il carico di doversi procurare un’assistenza adeguata e sostenibile per chi non è autosufficiente. Non è accettabile che si scarichi sul paziente e sulla sua famiglia l’onere (impossibile) della scelta del personale di assistenza nella consapevolezza, oltretutto, che non esiste ad oggi una rete di organizzazioni capace di garantire tale servizio in supporto alle famiglie. Più volte ho comunicato al personale dell’INPS (in sede di visita di accertamento invalidità), che come cittadino, preferirei rinunciare al trattamento economico per usufruire, in cambio, di un servizio di assistenza completo e qualificato.
Nell’obiettivo di comunicare alle istituzioni le fatiche dell’assistenza ad un familiare fragile, vissute dalla mia famiglia ma anche da moltissime altre famiglie che si trovano nella mia medesima situazione, ho inviato diverse comunicazioni scritte alle Istituzioni1segnalando tutti i problemi, soprattutto la fatica della ricerca di personale di assistenza. Non ho ottenuto nessuna risposta (non sussiste l’obbligo di risposta di 30 giorni da parte delle pubbliche amministrazioni?). Dunque, a parte gli uffici comunali di prossimità che hanno le mani legate dalle scarse risorse economiche e di personale e che si sono dimostrati sempre disponibili all’ascolto e all’azione, tutti gli altri organi preposti sono del tutto assenti rispetto ai problemi delle famiglie che assistono persone non autosufficienti.
Conclusioni
A 32 anni sono privo di svolgere regolarmente il mio lavoro che richiede una continua mobilità lontano da casa. Ogni volta che l’attuale badante decide di prendere qualche periodo di ferie (sacrosanto) o nei giorni di riposo settimanali, io sono costretto a lasciare tutto e tornare a casa perché è impossibile trovare una sostituzione, anche per periodi brevissimi. Ho dovuto anche rinunciare ad importanti momenti lavorativi (conferenze ed incontri internazionali). Mi sono state precluse varie possibilità di carriera, senza contare le rilevanti limitazioni nella sfera della vita personale. Gli sforzi si fanno sicuramente per amore del familiare e ciò li rende meno impegnativi, il servizio reso a una persona amata arricchisce lo spirito di entrambi e rinsalda i legami. Purtroppo, però, senza un valido sostegno istituzionale, a lungo andare il logorio psico-fisico prende il sopravvento.
Moltissimi familiari si ritrovano in questa situazione, chiamati ad assumere in totale solitudine una enorme responsabilità che dovrebbe invece ricevere tutela e sostegno concreto dallo Stato e dalle Istituzioni. Si tratta di una negazione dei diritti costituzionali sanciti all’articolo 3 della Costituzione che cita “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Tenuto conto dell’andamento dell’età media a livello nazionale, è auspicabile che lo Stato inizi ad applicare forti azioni correttive per evitare il collasso delle generazioni più giovani. In assenza di interventi, queste stesse generazioni si ritroveranno a fronteggiare una carenza occupazionale strutturale (ormai tristemente nota), aggravata dall’impossibilità di accedere alle opportunità lavorative esistenti a causa delle proprie situazioni familiari e personali.