Le situazioni di persone non autosufficienti con famiglie molto ristrette, talvolta composte da un solo familiare in funzione di caregiver, con impegni di lavoro anche lontani da casa, sono più diffuse di quanto si possa pensare. L’intervento di Giuseppe Dino sul n. 1/2022 della rivista (“Cronaca di un’assistenza impossibile”) è rappresentativo di questa difficile realtà.
Ricorrere all’aiuto di un’assistente familiare, in particolare in casi come questi, diventa fondamentale per conciliare la cura a domicilio della persona non autosufficiente con le esigenze di vita del caregiver. Per il familiare, ingaggiare la badante giusta non è facile e anche quando ciò accade, non si raggiunge mai una condizione di tranquillità a causa di possibili assenze della lavoratrice oppure abbandoni, ancorché motivati. Le agenzie di intermediazione e gestione amministrativa di lavoro domestico offrono una soluzione a queste ed altre difficoltà.
Il lavoro di cura intermediato
Nel nostro Paese ha preso piede un sistema importante di imprese che offrono servizi di utilità alla persona. Nel giugno 2020 l’associazione Professione in Famiglia1 ne ha contate 1.248, delle quali 951 in forma cooperativa. Sono classificate ATECO 88.10 (Assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili) oppure 88.99 (Altre attività di assistenza sociale non residenziale).
Nel suo articolo, Dino descrive l’incontro con “agenzie del settore” che propongono condizioni economiche molto rilevanti, difficili da affrontare se non da parte di soggetti facoltosi. Purtroppo c’è di tutto, compresi comportamenti predatori da parte di agenzie che sanno approfittare del bisogno e dell’urgenza che caratterizzano le condizioni delle famiglie. Molti rapporti di lavoro tra agenzie e addetti, spesso finte partite Iva, sono discutibili e irregolari. Talvolta anche i contratti proposti alle famiglie hanno queste caratteristiche.
Ma c’è un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro “per il settore dei servizi di ausilio familiare”, rinnovato il 9 gennaio 2020, che regolamenta la condizione dei lavoratori che sono Collaboratori coordinati continuativi (cococo) con la qualifica di “Operatore di aiuto” e che viene utilizzato con serietà da molte imprese del settore, fra cui le 175 associate a Professione in Famiglia2.
Per capire la congruità dei costi proposti alle famiglie non è necessario essere dei contabili: la retribuzione è equivalente a quella di una badante direttamente assunta dalla famiglia, gli oneri sociali sono superiori e pari a quelli di un dipendente da impresa (33%), l’Iva corrisponde al 5% se trattasi di cooperativa e, naturalmente, c’è la remunerazione dell’attività imprenditoriale.
L’impresa seria garantisce il servizio alle condizioni pattuite, compresa la sostituzione dell’operatore in caso di necessità, e si occupa del suo aggiornamento formativo.
Molto meno diffuse di questo tipo di imprese sono le agenzie di lavoro somministrato (ex interinale). Sulle 105 imprese autorizzate per questa attività in Italia, non ci risulta che più di 3-4 forniscano badanti.
Recentemente ha preso piede una nuova figura che trova origine nel Contratto citato (Art. 11). E’ definita “Procuratore di aiuto”. Si tratta di un libero professionista che aiuta le persone non autosufficienti e il loro caregiver nell’affrontare i problemi legati alla necessità di assistenza, elaborare e ricercare le soluzioni appropriate. Per fare un parallelo, le funzioni svolte dal Procuratore d’aiuto sono analoghe a quelle che nei programmi del sistema pubblico sono affidate al PUA (Punto Unico di Accesso). Il Procuratore, ad esempio, è di aiuto al familiare che ha necessità di pianificare meglio il proprio tempo assistenziale, sbrigare atti amministrativi, coordinarsi con gli altri familiari, essere supportato psicologicamente in particolari momenti di stress; può consigliare soluzioni efficaci e supportare la famiglia, direttamente o tramite professionisti selezionati; può fornire informazioni utili su diritti fiscali, sanitari, sussidi, ecc.; fornisce utili informazioni attraverso un piano di assistenza personalizzato e indirizzare la famiglia verso la soluzione più funzionale ed economica; segue l’assistito e i sui familiari nello svolgimento del servizio; può occuparsi della persona anziana ricoverata nella RSA, se i parenti sono lontani, perfino sparpagliati per il mondo.
Dal lavoro di questi soggetti, ma in generale di tutti gli operatori del settore, emerge l’evidenza che ben poche sono le persone che conoscono i loro diritti e sanno come farli valere: un buon Procuratore di aiuto guida la famiglia nella jungla delle istituzioni, della normativa, dei diritti e doveri e facilita il rapporto tra imprese, istituzioni e famiglie.
Quale sostegno al lavoro di cura?
A proposito di badanti e dintorni osserviamo due fenomeni: aumenta l’età media degli addetti a questo lavoro ed è sempre più difficile trovare chi sia disposto a farlo, anche fra le donne immigrate. L’ultima misura legislativa adottata per la regolarizzazione è stata un fiasco.
Occorre un sostegno fiscale alle famiglie “per remunerare il lavoro di cura svolto da operatori titolari di rapporti di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore di cui all’Art. 51 del decreto legislativo 15 giugno 2915, n.81, o per l’acquisto di servizi forniti da imprese qualificate del settore dell’assistenza sociale non residenziale” (Legge di bilancio per il 2022, comma 164).
Si deve organizzare il reclutamento di lavoratrici da nuovi paesi, promuovere una minima formazione nei loro luoghi di residenza e inserirli al lavoro in Italia, in maniera organizzata. Occorre, inoltre, stipulare le convenzioni con i paesi di origine di queste lavoratrici per trasferire i contributi versati a Inps nelle loro casse previdenziali, oppure restituire loro l’importo maturato quando decidono di rientrare nel proprio Paese. Diversamente, fra non molto ci troveremo senza personale disponibile per questo lavoro, di cui abbiamo tanto bisogno.