Contrariamente a quanto accaduto negli ultimi decenni in molti paesi europei, in Italia il settore dell’assistenza agli anziani non autosufficienti non è stato oggetto di rilevanti modifiche e tanto meno di una riforma complessiva, nonostante le molteplici ed evidenti criticità.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede la realizzazione di una riforma che introduca “un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti” in Italia. Il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza – che raggruppa gran parte delle organizzazioni della società civile coinvolte nell’assistenza agli anziani non autosufficienti nel nostro Paese1 – ha ritenuto utile portare il proprio contributo all’elaborazione del disegno d’insieme presentando una proposta organica: il Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA).
La sintesi che segue, così come la proposta, è suddivisa in 5 sezioni, che rappresentano le grandi aree tematiche in cui la riforma dovrà essere articolata:
- la logica complessiva dello SNA
- il percorso di anziani e famiglie nella rete del welfare
- la filiera delle risposte
- il sistema di programmazione e governance
- le modalità di finanziamento
Natura e finalità dello SNA
Il Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA) considera l’assistenza alla non autosufficienza come un settore distinto del welfare state, che va ad aggiungersi e a raccordarsi con i sistemi di servizi e di interventi sanitari, sociali e previdenziali già esistenti.
E’ composto dall’insieme di tutte le misure a titolarità pubblica – di Stato, Regioni e Comuni – dedicate all’assistenza degli anziani (65 anni e +) non autosufficienti e si fonda sul finanziamento pubblico dei livelli essenziali rivolti ad essi: comprende i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) e i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP), che vengono definiti e regolati contestualmente.
Lo SNA si basa sul governo unitario e sulla realizzazione congiunta delle misure rivolte agli anziani in condizione di non autosufficienza, con il mantenimento delle titolarità istituzionali attualmente esistenti (siano esse statali, regionali o comunali). E’ dunque prevista la piena collaborazione e il coordinamento tra Stato, Regioni e Comuni, nel rispetto delle competenze di ognuno.
La programmazione, la progettazione e la realizzazione degli interventi dello SNA avvengono in partnership tra l’ente pubblico e i molteplici soggetti privati che sono espressione dell’economia sociale e della comunità.
Percorso unico di anziani e famiglie nella rete del welfare
Uno degli elementi di debolezza che caratterizza l’assistenza alle persone non autosufficienti nel nostro Paese è la frammentarietà dei servizi e degli interventi erogati, sia in termini di tipologia di interventi (sanitari, sociali e socio-assistenziali), sia di organizzazione erogante (per i servizi in natura Comune, ASL o altro ente da questi incaricato; per le provvidenze economiche e gli assegni di cura INPS, Regione o Comune). Ne deriva una pluralità di punti di accesso che ostacola notevolmente la richiesta dei servizi/interventi da parte del cittadino non autosufficiente e dei suoi caregiver. Lo SNA propone l’unificazione delle procedure di accesso e il percorso unitario nella rete del welfare. È previsto, inoltre, un sistema standardizzato di valutazione del fabbisogno assistenziale regolato a livello nazionale e/o concordato tra i vari attori operanti a livello locale.
Il Punto Unico di Accesso (PUA) è ubicato presso la Casa della Comunità, luogo fisico di facile individuazione che fornisce informazione, orientamento e supporto amministrativo ad anziani e famiglie.
L’accesso all’insieme degli interventi dello SNA avviene esclusivamente a seguito della Valutazione Nazionale di Base (VNB), di titolarità statale, realizzata da un’ apposita équipe multidisciplinare con competenze sociali e sanitarie. Tale valutazione definisce quali misure/interventi gli anziani e i loro caregiver possono ricevere fra quelli di responsabilità dello Stato (principalmente: prestazione universale di base/indennità di accompagnamento, agevolazioni fiscali, congedi e permessi di lavoro).
Gli anziani ammessi allo SNA vengono successivamente indirizzati all’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) competente territorialmente, che svolge le proprie funzioni integrando le informazioni ottenute con la precedente VNB. Tale valutazione, di cui sono titolari Asl e Comuni, stabilisce quali misure/interventi gli anziani e i loro caregiver possono ricevere fra quelli di responsabilità di Regioni e Comuni, in forma di servizi (domiciliari, semi-residenziali o residenziali) o di contributi economici.
L’UVM attiva, inoltre, la procedura per l’elaborazione del Progetto assistenziale integrato (PAI), indicandone i criteri di appropriatezza. Il PAI è costruito dagli operatori responsabili della presa in carico dell’anziano in accordo con l’interessato e con i familiari. Il PAI viene elaborato attraverso lo strumento del budget di salute, che serve a ricomporre l’insieme dei sostegni e delle risorse disponibili (nazionali, locali, familiari) in una risposta unitaria e appropriata.
Rete integrata delle risposte
Lo SNA si incentra su un modello d’intervento orientato alla persona, basato sull’integrazione delle varie risposte disponibili – pubbliche e private, formali e informali – e sulla loro modulazione nel tempo in un continuum di soluzioni complementari, progettate secondo l’evoluzione delle condizioni dell’anziano e delle sue reti di supporto. Gli interventi, successivamente elencati, si snodano attraverso i diversi setting assistenziali: domiciliare, semi-residenziale e residenziale. Essi costituiscono livelli essenziali delle prestazioni in materia sanitaria e sociale (LEA e LEP).
I servizi domiciliari
Com’è noto, nel nostro Paese i servizi di assistenza domiciliare offrono un sostegno limitato soprattutto in termini di frequenza e numero di ore, pertanto sono generalmente inadeguati a soddisfare i bisogni assistenziali più intensi ed estesi evidenziati dai non autosufficienti e dai loro caregiver. Il Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA), in linea con la tendenza internazionale, attribuisce la centralità alle risposte fornite al domicilio.
I servizi domiciliari vengono forniti in modo integrato tra sanità (Asl) e sociale (Comuni). Viene individuato il case manager, punto di riferimento costante nel tempo per anziani, caregiver familiari e altri soggetti coinvolti. Viene assicurato un appropriato mix di prestazioni, a partire da servizi medico-infermieristico-riabilitativi, sostegno all’anziano nelle attività fondamentali della vita quotidiana e azioni di affiancamento/supporto a caregiver familiari e assistenti familiari. Gli anziani ricevono assistenza per il tempo necessario, con una presa in carico di durata adeguata ai loro bisogni e un’opportuna intensità degli interventi (numero di visite per utente).
L’assistenza domiciliare sanitaria e sociale assicura, sulla base del Progetto assistenziale integrato (PAI) attivato dall’Unità di Valutazione Multidimensionale, tutti gli interventi che la non autosufficienza richiede. L’assistenza domiciliare, attraverso la presa in carico multidimensionale, in particolare dev’essere in grado di garantire:
- servizi sanitari (medici, diagnostici, infermieristici, riabilitativi);
- assistenza domiciliare sociale e servizi di sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana, anche in attuazione dell’art. 22 comma 4 del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017;
- assegni di cura;
- azioni di affiancamento e supporto a caregiver familiari e assistenti familiari;
- assistenza integrativa-protesica;
- telemedicina, teleriabilitazione, teleassistenza.
Le Soluzioni Abitative di Servizio (SAdS)
Le “Soluzioni Abitative di Servizio” (SAdS) costituiscono l’insieme delle misure di supporto abitativo alle esigenze di anziani con limitazioni delle autonomie o in condizioni di fragilità o vulnerabilità sociale. Appartengono alla rete dei servizi sociali e sono inserite fra i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP).
In questo macro-contenitore sono comprese tutte le forme di “abitare possibile”: può trattarsi di soluzioni specifiche (comunità, villaggi, coabitazione solidale), oppure dell’arricchimento dei normali contesti abitativi a maggior prevalenza di anziani con servizi di prossimità (condomini solidali, badante di comunità o di condominio). Le SAdS possono anche rappresentare un’evoluzione dei più tradizionali sistemi di housing sociale.
Vengono stabiliti i criteri strutturali e organizzativi in base ai quali una forma di civile abitazione individuale – in coabitazione, condominiale o di edilizia pubblica o convenzionata – può essere considerata compatibile con il modello delle SAdS.
Le diverse unità possono essere integrate da servizi accessori di supporto alla socialità e alla vita quotidiana, da servizi alla persona, da ausili tecnologici per la vita sicura, da tecnologie assistive e da facilitazioni al lavoro privato di cura. Sono previste forme di autorizzazione o accreditamento sociale per le organizzazioni idonee a coordinare le SAdS e a erogare i relativi servizi accessori, definendo contestualmente i necessari requisiti di solidità organizzativa, formazione ed esperienza.
In presenza di specifici bisogni, le persone che vivono in una SAdS mantengono il diritto a ricevere il supporto dei servizi domiciliari sociali, sociosanitari e sanitari territoriali.
I servizi semiresidenziali
In Italia il tasso di copertura del fabbisogno assistenziale tramite servizi residenziali e semi-residenziali è notoriamente basso rispetto a quello dei principali paesi a welfare avanzato. Nel Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA) è prevista una forte riqualificazione delle varie tipologie di servizi residenziali e semi-residenziali (in termini di risorse, personale e standard di qualità), a integrazione e in continuità con quelli erogati a domicilio.
I servizi semiresidenziali sono di tipo sociosanitario o sociale. Offrono interventi complementari di sostegno a persone che vivono nella loro comunità territoriale, con risposte diversificate in base ai profili degli anziani. Oltre alle attività di socialità e di arricchimento della vita possono fornire prestazioni di mantenimento a soggetti con rilevanti limitazioni nelle attività quotidiane e cure estensive ad anziani con compromissione cognitiva o demenza.
Le prestazioni semiresidenziali sociosanitarie sono di due tipi: di mantenimento per anziani non autosufficienti o con rilevanti limitazioni nella vita quotidiana (SR) e cure estensive erogate in centri diurni ad anziani con compromissione cognitiva o demenza (SRD), come da classificazione della Commissione LEA del 2007. Il modello di autorizzazione e accreditamento è di tipo sociosanitario ex dpcm 12 gennaio 2017 (LEA). Autorizzazione e accreditamento sono assegnati alle competenze regionali, che possono aggiungere requisiti aggiuntivi rispetto ai livelli minimi nazionali. Rispondono a bisogni definiti dai livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA).
Le prestazioni semiresidenziali sociali sono garantite ad anziani attivi, oppure a persone fragili, vulnerabili o con limitazioni delle autonomie. Privilegiano la socialità, l’arricchimento della vita e gli interessi. Possono venire integrate da servizi di consulenza alle famiglie, educazione sanitaria e promozione di uno stile di vita positivo. Le prestazioni semiresidenziali sociali sono erogate da servizi dotati di autorizzazione e accreditamento di tipo sociale, secondo quanto indicato dai LEP. Sono di competenza degli enti locali e operano secondo i modelli di integrazione con il sistema sanitario e sociosanitario definiti a livello regionale in accordo con gli indirizzi nazionali. Rispondono a bisogni definiti dai livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP).
L’accoglienza nei servizi semiresidenziali è compatibile con l’erogazione dei normali servizi domiciliari, se questi sono ritenuti appropriati in fase di UVM e sono inclusi nel PAI.
I servizi residenziali
I servizi residenziali sono rivolti ad anziani con limitazioni delle autonomie o altri elementi di complessità, ai quali non sia possibile assicurare a domicilio l’intensità degli interventi o la qualità specialistica delle risposte necessarie. Tali servizi sono efficacemente integrati nella comunità territoriale e favoriscono la continuità di vita e di relazioni delle persone accolte. Le strutture hanno ambienti amichevoli, domestici e familiari, che tutelano la privacy. La presenza delle diverse professionalità viene opportunamente calibrata per numero e composizione, in modo da assicurare l’intensità assistenziale necessaria e le risposte adatte ai molteplici profili degli anziani.
I servizi residenziali sono di tipo sociosanitario (Residenze sociosanitarie, RSS) o sociale (Residenze sociali, RS). Rispondono ai bisogni definiti rispettivamente dai livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) e dai livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP).
Per tutte le strutture residenziali, sono definiti i seguenti principi:
- le strutture possono condividere nello stesso complesso nuclei abitativi diversificati per tipologie di prestazioni (R1, R2, R2D, R32). Possono anche includere servizi semiresidenziali o domiciliari, connotandosi come articolazioni polifunzionali della rete dei servizi territoriali;
- la struttura architettonica e l’organizzazione degli spazi devono garantire un ambiente privo di pericoli e di barriere, connotato in senso abitativo e in grado di favorire sia le relazioni amicali e familiari che il senso di continuità con la comunità territoriale di appartenenza;
- viene definito il numero massimo di residenti per nucleo abitativo e il numero minimo e massimo della capienza di ogni struttura;
- l’integrazione con il volontariato e la partecipazione dei familiari e della comunità alle scelte organizzative della struttura possono essere definite come norma di esercizio, in particolare nelle residenze di maggiori dimensioni.
I bisogni e i livelli d’intensità assistenziale vengono individuati con criteri oggettivi dall’UVM, responsabile della progettazione personalizzata. Il Progetto assistenziale integrato (PAI) può prevedere un’accoglienza di breve termine, con funzioni di stabilizzazione o di sollievo temporaneo, oppure di lungo termine. L’accesso di breve termine può rappresentare un’integrazione dei percorsi di presa in carico domiciliari.
La Prestazione Universale per la Non Autosufficienza
In Italia l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento avviene a seguito di una valutazione operata dalle commissioni ASL in mancanza di uno strumento standardizzato, con conseguente ampia discrezionalità. Una secondo elemento di criticità, che differenzia questa misura da quelle analoghe presenti negli altri paesi europei, è l’assenza di modulazione dell’importo che viene erogato solo al raggiungimento del 100% di invalidità (in Europa i livelli assistenziali e i corrispondenti importi variano da un minimo di 3 a un massimo di 15). La Prestazione Universale per la Non Autosufficienza prevista nello SNA, che assorbe l’indennità di accompagnamento, supera questi limiti.
Si tratta di un trasferimento monetario erogato a tutte le persone anziane con un grado di non autosufficienza tale da richiedere un’attività di cura continuativa (carattere universalistico). L’accesso è determinato esclusivamente sulla base del fabbisogno assistenziale dell’interessato, misurato attraverso la Valutazione Nazionale di Base (VNB). L’importo del beneficio cresce progressivamente all’aumentare del fabbisogno assistenziale.
I beneficiari della Prestazione Universale 3 possono scegliere tra due opzioni: a) il percepimento di un contributo economico senza vincoli di utilizzo; b) la fruizione di servizi alla persona, svolti sia in forma organizzata da prestatori di servizi di cura, inclusi servizi domiciliari e residenziali autorizzati o accreditati, sia in forma individuale da assistenti familiari regolarmente assunte. La scelta dell’opzione “b” comporta un aumento dell’importo della prestazione.
Interventi per le assistenti familiari
Il lavoro di cura prestato dalle assistenti familiari (“badanti”) – prevalentemente donne assunte privatamente per la cura della casa o della persona non autosufficiente – ha assunto nel nostro Paese una rilevanza estrema. La proposta riforma del settore delinea un’azione regolatrice in direzione dell’emersione del lavoro irregolare e la sua qualificazione e integrazione all’interno dell’attuale rete di servizi formali.
Nel Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA) per remunerare assistenti familiari regolarmente assunte è possibile ricorrere alla Prestazione Universale per la non Autosufficienza: a fronte di una spesa documentata, l’importo della Prestazione aumenta rispetto al valore base, a titolo di riconoscimento dell’appropriato utilizzo del trasferimento monetario ricevuto.
Per coloro che non percepiscono la Prestazione Universale per la non Autosufficienza è prevista un’agevolazione fiscale, semplificata e potenziata rispetto a quelle attuali, a sostegno del costo del lavoro dell’assistente familiare.
È prevista la definizione di un profilo professionale nazionale di “Assistente familiare”, che definisce l’insieme delle competenze proprie di questa figura e il relativo iter formativo, unico su tutto il territorio nazionale.
Le Regioni promuovono servizi per l’incontro tra domanda e offerta del lavoro privato di cura – con funzioni di sostegno per le famiglie e i lavoratori e di miglioramento della qualità dell’assistenza – e ne accreditano l’attività, con particolare riferimento ai soggetti privati.
Il caregiver familiare
Il sistema italiano di cura dei non autosufficienti si regge ampiamente sui caregiver familiari, prevalentemente donne, che assicurano cure intense ai propri familiari. Le misure di supporto in loro favore sono scarse e frammentarie. E’ presente, inoltre, una forte dicotomia tra i caregiver lavoratori (ai quali sono riservati i permessi e i congedi, anche retribuiti, previsti dalla legge 104 del 1992) e i non lavoratori, spesso coniugi in età anziana, per i quali i servizi di supporto sono limitati, se non del tutto assenti. Lo SNA punta a riconoscere il ruolo dei caregiver familiari e a salvaguardarne le condizioni materiali e il benessere attraverso un’offerta di servizi variegata.
Nello SNA la valutazione delle condizioni dell’anziano è sempre accompagnata da quella della situazione del caregiver familiare, che concorre alla definizione del PAI. Nell’ambito del PAI si individuano le funzioni di cura di responsabilità degli operatori dei servizi e quelle di cui può farsi carico il caregiver familiare.
Per riconoscere l’impegno di cura dei caregiver vengono istituite tutele previdenziali a carico dello Stato, sotto forma di contributi figurativi per la pensione. Vengono inoltre promossi interventi per favorire la conciliazione tra i tempi di cura, di vita, di studio e di lavoro, politiche per l’eventuale inserimento e la ricollocazione del caregiver familiare nel mercato del lavoro e azioni finalizzate alla condivisione dei compiti di cura in ambito familiare, nella rete parentale e in quella sociale.
A favore dei caregiver familiari sono previsti interventi mirati a garantirne il benessere psico-fisico (sostegno psicologico, servizi di sollievo, sostituzione in situazioni di emergenza) e il rafforzamento delle competenze di cura (educazione alla cura, addestramento). Tali interventi rientrano nei livelli essenziali delle prestazioni sociali e sanitarie e si integrano con quanto proposto dagli altri paragrafi di questa sezione.
Programmazione e governance
Viene istituita la Rete nazionale per l’assistenza integrata alle persone anziane non autosufficienti, composta da rappresentanti dei Ministeri interessati, delle Regioni, dei Comuni e dell’Inps. La Rete elabora il Piano nazionale integrato per la non autosufficienza, di durata triennale e aggiornato annualmente. Il Piano – per quanto concerne le competenze nazionali – definisce in modo contestuale e coordinato l’insieme degli interventi per la non autosufficienza: sociali (Comuni), sociosanitari (Regioni) e trasferimenti monetari statali.
In ogni Regione viene costituita la Rete regionale per l’assistenza integrata alle persone anziane non autosufficienti composta da rappresentanti della Regione, delle Asl, dei Comuni e dell’Inps. La Rete elabora il Piano regionale integrato per la non autosufficienza, di durata triennale e aggiornato annualmente, raccordato con quello nazionale. Il Piano – per quanto concerne le competenze regionali – definisce in modo contestuale e coordinato l’insieme degli interventi per la non autosufficienza.
In ogni Ambito sociale/Distretto sanitario viene costituita la Rete territoriale per l’assistenza integrata alle persone anziane non autosufficienti, con rappresentanti di Ambito, Comuni, Asl e Distretto. La Rete elabora il Piano territoriale integrato per la non autosufficienza, di durata triennale e aggiornato annualmente, raccordato con quelli nazionale e regionale. Il Piano – per quanto concerne le competenze territoriali – definisce in modo contestuale e coordinato l’insieme degli interventi per la non autosufficienza.
Ciascun livello della governance istituzionale promuove la partecipazione attiva della comunità all’elaborazione dei Piani integrati per la non autosufficienza, avvalendosi del contributo di associazioni e organizzazioni, e del dialogo sociale con i sindacati.
Modalità di finanziamento
Il confronto internazionale mostra l’insufficienza della spesa pubblica complessivamente dedicata all’assistenza degli anziani non autosufficienti in Italia rispetto ai Paesi europei dotati di evolute politiche di welfare. Le comparazioni, inoltre, segnalano le particolari carenze del sistema italiano italiano nelle risorse destinate ai servizi alla persona (domiciliari, semi-residenziali e residenziali). Per superare questa situazione è necessario incrementare i finanziamenti pubblici destinati al settore. Per fronteggiare i bisogni legati alla non autosufficienza nel panorama internazionale sta iniziando a prendere piede l’attivazione di un secondo pilastro integrativo: questo strumento, facendo leva su forme di assicurazione privata a sostegno del tradizionale ruolo svolto dall’attore pubblico, cerca di favorire una maggior responsabilizzazione dei cittadini sulle necessità di organizzarsi per tempo, rendendo così più sostenibile il complesso delle risposte pubblico-private.
Lo SNA si fonda sul finanziamento pubblico dei livelli essenziali – sociali (LEP) e sanitari (LEA) – rivolti agli anziani non autosufficienti. Vi concorrono le attuali fonti di finanziamento delle misure per la non autosufficienza, riguardanti le filiere delle politiche sanitarie, delle politiche sociali e delle prestazioni monetarie nazionali. Per assicurare il finanziamento strutturale dello SNA vengono individuate ulteriori misure a carico della finanza pubblica, così da garantire l’adeguatezza delle risposte assistenziali rispetto al fabbisogno della popolazione anziana e da consentire la piena attuazione dei livelli essenziali.
L’adeguato finanziamento degli interventi pubblici è accompagnato da opportune regole per determinare il contributo degli utenti al loro costo. Lo SNA, dunque, definisce rette eque e sostenibili a carico degli anziani nei presidi residenziali e semiresidenziali. Al tal fine, si prevede una revisione complessiva della materia delle rette che riguarda anche il coinvolgimento economico delle famiglie di anziani ospiti delle strutture residenziali, stabilendone la corretta entità al fine da evitarne l’impoverimento.
Lo SNA è affiancato da un secondo pilastro integrativo, con funzione complementare rispetto alle prestazioni assicurate dal finanziamento pubblico dei livelli essenziali. I Fondi Integrativi per la Non Autosufficienza adottano logiche mutualistiche e solidaristiche e possono offrire servizi e/o rendite. Si prevede l’avvio della copertura e dei relativi costi in età attiva, in maniera continuativa, su base collettiva e ancorata alla contrattazione, e un sistema di finanziamento a capitalizzazione collettiva, con accantonamento di capitali.
Note
- Tali organizzazioni rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, gli ordini professionali e i soggetti che offrono servizi. Si tratta, dunque, della comunità italiana della non autosufficienza, che ha deciso di superare confini, appartenenze e specificità per unirsi. Per l’elenco completo si veda il sito web del Patto.
- Secondo il modello nazionale di classificazione delle prestazioni proposto nel 2007 dalla Commissione LEA del Ministero della Salute.
- Gli attuali beneficiari dell’indennità hanno la possibilità di mantenere la misura vigente oppure di optare per la nuova.