1 Marzo 2009 | Programmazione e governance

Le misure per la non autosufficienza: l’esperienza della Liguria


Premessa: la non autosufficienza, problema “sociale” del terzo millennio

Il problema della non autosufficienza è il maggior problema “sociale” del prossimo decennio; assume dimensioni globali, perché richiede risposte che abbracciano l’intero sistema socio-economico e di sviluppo di un Paese: incremento dei servizi e della spesa sanitaria e assistenziale, modifica degli approcci della transizione dal lavoro al pensionamento, differente assetto della mobilità e delle abitazioni, predisposizione di particolari aiuti per le persone sole. In sintesi nuove politiche, non solo di welfare, ma di assetto e convivenza sociale.

 

Non autosufficienza non è sinonimo di invecchiamento, anche se i due processi sono reciprocamente influenzati; si può affermare, però, che la non autosufficienza abbia un forte legame con gli “stili di vita” verso i quali, oggi, si assiste ad un rinnovato interesse, e quindi alle politiche di prevenzione alle quali si presta ancora troppo poca attenzione. La non autosufficienza ha comunque una forte relazione con l’invecchiamento.

 

La Regione Liguria, tenendo conto della sua struttura di popolazione ha inteso, da almeno un decennio, avviare un rinnovo a favore delle politiche per la terza età, sia sul piano della prevenzione sia su quello della cura e del recupero delle persone con disabilità, potenziando l’assetto organizzativo e individuando anche misure specifiche di aiuto a chi si fa carico di tenere a domicilio un non autosufficiente. Infatti, il problema attuale di maggior rilievo è proprio quello di consentire ad una persona fragile la permanenza nel suo ambiente di vita. Non si intende dilungare queste considerazioni sulle motivazioni che fanno preferire il domicilio ad altre risposte per ritardare la perdita di autonomia, perché esiste una esauriente letteratura clinica e sociologica che dimostra come l’ambiente di vita sia quello che offre maggiori opportunità a coloro che stanno perdendo le funzioni vitali e le capacità relazionali; pertanto, agire sulla domiciliarità è da ritenersi un aspetto determinante nel prevenire o ritardare al massimo le perdite funzionali.

 

L’approccio ai problemi della non autosufficienza, mancando anche un indirizzo nazionale come è invece rinvenibile nei maggiori Paesi europei (Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Austria, Olanda, ad esempio), è stato ed è, in Italia, disorganico e disomogeneo. In questo senso, illustrando il percorso ligure si intende offrire anche una “nota metodologica” sull’approccio da adottarsi per affrontare, in un territorio dato, i problemi della non autosufficienza. In primis, si è proceduto ad un’analisi, sia pure empirica, dell’andamento del fenomeno invecchiamento; individuata la sua consistenza, sono state adottate misure di carattere normativo e di indirizzo per rendere concrete le scelte delle prestazioni da offrire ai cittadini e alle loro famiglie, in base alle disponibilità economiche da destinare agli interventi a favore degli anziani e della disabilità; successivamente, in maniera più specifica si sono individuati interventi mirati per la non autosufficienza. Nel prosieguo delle considerazioni, si passa quindi a tracciare un profilo della regione Liguria da un punto di vista demografico e si illustrano gli assetti organizzativi collegati ai servizi sanitari, sociosanitari e sociali, e gli atti che hanno sostenuto gli interventi per la non autosufficienza, che fanno oggi della Liguria una regione all’avanguardia per tale materia.

 

Le tendenze demografiche della Liguria

Le dinamiche di popolazione in Liguria sono caratterizzate da un forte invecchiamento, e l’indice di vecchiaia mostra valori quasi doppi rispetto alla media italiana: infatti, se il Paese presenta 143 anziani ogni cento giovani (valore di per sé già molto elevato), in Liguria gli anziani sono 239. La Liguria è la regione più vecchia del Paese Italia, ed è la seconda rispetto agli altri paesi del mondo (Figg. 1 e 2).

Popolazione residente in Liguria per fasce d’età al 1° gennaio 2008
Figura 1 – Popolazione residente in Liguria per fasce d’età al 1° gennaio 2008 (elaborazione su dati Istat).

 

Percentuale di popolazione anziana (65 anni e più) nelle province della Liguria, in Liguria e in Italia, al 1° gennaio 2008
Figura 2 – Percentuale di popolazione anziana (65 anni e più) nelle province della Liguria, in Liguria e in Italia, al 1° gennaio 2008 (elaborazione su dati Istat).

All’interno della dinamica demografica evidenziata, va detto che esiste anche un’alta proporzione di persone sole, ovvero di famiglie mononucleari, e che, proprio in questo trend di invecchiamento tale realtà è in crescita. Oggi le persone sole di sesso maschile hanno, in leggera prevalenza, un’età compresa tra i 40 e i 55 anni (sono quindi inclusi single e persone senza problemi di autosufficienza), mentre quelle di sesso femminile si attestano ad età molto più avanzate: 75-84 anni (quindi, si presume che, nella maggior parte, siano donne rimaste vedove, con redditi generalmente bassi). La comparazione di alcuni indicatori riassume lo specifico ligure rispetto alla situazione nazionale, evidenziando un indice di vecchiaia quasi doppio di quello nazionale, una spesa di protezione sociale ed una spesa sanitaria significativamente superiori alla media nazionale (rispettivamente + 4,9% e + 1,3%) con indicatori che registrano anche condizioni economiche superiori alla media del Paese.

 

L’assetto istituzionale dell’offerta sanitaria. sociosanitaria e assistenziale

La legge regionale 12/2006 “Promozione del sistema integrato dei servizi sociali e sociosanitari” ha profondamente mutato l’assetto della rete dei servizi sociosanitari e sociali, facendo confluire le Zone Sociali (già previste all’articolo 19 della legge 328/2000 quali aggregazioni per l’offerta di servizi sociali) e Distretti Sanitari (punti di erogazione delle prestazioni sanitarie) nel Distretto Sociosanitario come dimensione territoriale in cui si integrano gli interventi sanitari con gli interventi sociali.

La rete istituzionale derivata dalle leggi regionali 12 e 41 del 20061prevede quindi:

  • 5 Conferenze dei Sindaci corrispondenti al territorio delle Aziende Sanitarie Locali (ASL)
  • 19 Distretti Socio Sanitari
  • 57 Ambiti Territoriali Sociali  (associazioni intercomunali per la gestione dei servizi sociali di base, ricompresi nel territorio del Distretto Sociosanitario)

 

L’evoluzione delle azioni a favore della “non autosufficienza”

La regione, nell’ultimo decennio ha iniziato ad intervenire nei confronti della “non autosufficienza”, ed una delle prime iniziative che hanno portato ad inserire nella L.R. 12/06 il “Fondo regionale per la non autosufficienza” è stata quella di rendersi consapevole della dimensione del fenomeno utilizzando metodologie di calcolo, basate sulle ipotesi già adottate da Buiatti e altri nel 2001 e nel 20042applicate alla popolazione ultrasessantacinquenne. Le ipotesi formulate dagli studi condotti in Toscana, basati sull’analisi della popolazione ultrasessantacinquenne non istituzionalizzata (a domicilio) in relazione alla presenza/perdita di ADL e IADL, costituiscono ad oggi la migliore fonte informativa sulla condizione di auto-sufficienza degli anziani residenti in una Regione, e le stime che ne derivano sono sufficientemente attendibili per misurare la prevalenza della non autosufficienza negli ultra65enni per livello di gravità, ipotizzando anche risposte assistenziali appropriate alle disabilità rilevate.

 

Applicando le stime “Buiatti” alla struttura della popolazione ultrasessantacinquenne residente in Liguria al 31 dicembre 2004 si è dedotto che in Liguria l’area della totale non autosufficienza, per la popolazione ultrasessantacinquenne, poteva riguardare da 8 a 12.000 abitanti, e che i servizi pubblici e/o accreditati rispondevano mediamente a circa il 50% della domanda attraverso le forme tradizionali di assistenza domiciliare, Centri Diurni, residenze protette e Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). È stato quindi necessario, innanzitutto, incrementare l’offerta con nuovi tipi di servizi anche più dinamici, che coinvolgessero famiglia e agenzie esterne (sia pure accreditate), avendo sempre come obiettivo l’appropriatezza della risposta assistenziale in maniera che i nuovi modelli di offerta fossero capaci di modulare e diversificare le prestazioni in ragione della peculiarità della domanda.

 

L’“assegno servizi”, la “prevenzione”  e i “servii di prossimità” come risposta all’incremento di una domiciliarità responsabile e condivisa dalla famiglia

L’assegno servizi sperimentato dalla Liguria a partire dal 2003 e fino a tutto il 2006, è stato realizzato con l’erogazione di “titoli di acquisto dei servizi sociali”, come individuati dalla L. 328/2000, e come sperimentati in Francia negli stessi anni, quale misura di supporto domiciliare a favore delle persone con dipendenza.

 

Il profilo dell’assegno servizi si è caratterizzato in termini di:

  • a) risposta unitaria ai problemi della persona anziana non autosufficiente integrando le prestazioni sanitarie sociosanitarie di tutela personale e domiciliare al fine di evitare il ricovero;
  • b) messa in atto del principio della sussidiarietà orizzontale attraverso un concorso alla spesa pubblica, da parte del nucleo familiare, con l’obiettivo di favorire la sostenibilità economica di tale intervento da entrambe le parti: pubblico e privato;
  • c) attivazione di una partecipazione dinamica della persona e della famiglia alla soluzione dei problemi, dando alla stessa la possibilità di scelta rivolgendosi ad agenzie accreditate di aiuto domiciliare;
  • d) sviluppo di nuove professioni per l’aiuto a domicilio, favorendo anche una “corretta” inclusione sociale di personale immigrato (badanti) contribuendo al superamento del lavoro irregolare e sommerso.

 

L’assegno servizi consisteva in un’erogazione economica attraverso appositi ticket da spendere per acquisire i servizi di una cooperativa o impresa sociale, o di importi in denaro se si faceva ricorso a personale di assistenza assunto dalla famiglia. Gli importi erogati corrispondevano a € 1.550, € 3.100 a € 5.170, in relazione alla quantità di bisogno di assistenza. La compartecipazione alla spesa era pari al 20% o 35% o 50% del valore dell’assegno, in relazione al reddito familiare valutato attraverso l’ISEE (indicatore economico di reddito “equivalente”, ovvero reddito commisurato ai carichi familiari e alla presenza di persone disabili in famiglia). L’assegno poteva essere utilizzato per acquistare prestazioni di aiuto domestico (governo della casa) o tutelare (ad esempio igiene personale, cura, alimentazione, mobilizzazione) da parte di personale delle cooperative sociali o da un assistente familiare assunto dalla famiglia. La regione aveva previsto specifici corsi per “badanti”, includendo coloro che avevano acquisito competenze professionali in apposito elenco depositato presso le Zone Sociali affinché le famiglie potessero consultarlo. Le prestazioni sanitarie, di cura e riabilitazione erano a carico dell’Azienda Sanitaria, che vi provvedeva con propri operatori sanitari secondo quanto stabilito dal Piano Assistenziale (ad esempio, medico di medicina generale, specialista, infermieri, fisioterapisti).

 

La Regione ha avviato la sperimentazione dell’Assegno Servizi nella seconda metà del 2002 nei Comuni di Imperia, Savona, Genova e La Spezia, e nei distretti sociali di Loano e Lavagna. Nel 2003 la sperimentazione è stata estesa a 14 distretti, ambiti intercomunali montani o di vallata, e a partire dalla seconda metà del 2004 e fino al 2006 l’Assegno Servizi è diventato accessibile a tutto il territorio regionale. L’assegno servizi ha consentito di incrementare notevolmente la permanenza a domicilio degli anziani e dei disabili gravi in quanto, dopo la prima sperimentazione, dall’anno 2004 è stato allargato anche ai disabili gravi in alternativa al loro ricovero in Istituto.

 

In termini di outcome si può affermare che la misura adottata ha influito anche sui ricoveri ospedalieri: da dati raccolti, in particolare dall’ASL 3 genovese, la più grande della Liguria con il 46% della popolazione regionale, si è calcolata, con la messa a regime dell’assegno servizi, una diminuzione dei ricoveri da parte degli ultrasessantacinquenni di circa il 3.80%.

 

La “prevenzione”  e i “servizi di prossimità”

Nel 2005 e nel 2006 si sono collegati all’assegno servizi anche altri interventi di carattere preventivo e forme di welfare leggero, consistenti inizialmente nell’aiuto portato alle persone anziane, fragili e sole nei mesi estivi ed invernali per rispondere ai problemi creati dalle condizioni climatiche. Le azioni di prevenzione si sono sviluppate con i finanziamenti degli Obiettivi di Piano Nazionale 2006 del Piano Sanitario Nazionale (PSN), “Programma Anziani Liguria 2006-2007”. Nel programma sono stati affrontati, in particolare, “gli stili di vita” con un progetto organico a favore della terza età che anticipava il Piano Sociosanitario, attivando in più Aziende Sanitarie, d’intesa con le Amministrazioni locali e con le Organizzazioni Sociali, azioni preventive atte a modificare gli stili di vita, per mantenere il più a lungo possibile l’autosufficienza. Il programma prendeva in considerazione, tra l’altro, la prevenzione delle patologie cardiovascolari, l’ipertensione, la mobilità e l’educazione alimentare.

 

Sul piano del welfare leggero, ugualmente a partire dal 2006 sono state generalizzate le forme di “sorveglianza sociale” e di “telesoccorso” per tutto il periodo del l’anno, trasformandosi in servizi permanenti di prossimità. Queste forme di assistenza “leggera” stanno dimostrando sempre più la loro utilità per una sorveglianza allargata e a basso costo rivolta alle persone non autosufficienti. Certamente, non sono i servizi di prossimità a risolvere tutti i problemi delle persone sole e fragili, ma l’attivazione di questo welfare di comunità consente di individuare e tenere sotto controllo coloro che “autogestiscono” la loro fragilità in maniera da intervenire tempestivamente qualora se ne ravvisasse la necessità.

 

La struttura dei servizi di prossimità, consolidata dopo il 2006 e coordinata dal Distretto Sociosanitario, è costituita da:

  • a) individuazione di anziani “a rischio” (ultrasettantacinquenni), con il coinvolgimento dei medici di medicina generale, attraverso una scheda che misura la fragilità (autonomia, precedenti ricoveri ospedalieri, aiuti formali e informali);
  • b) un call-center regionale (numero verde) per informazioni, orientamento, aiuto e compagnia telefonica;
  • c) supporto di una rete informale composta da soggetti del terzo settore e della solidarietà sociale per effettuare i controlli e supportare a domicilio tramite “custodi sociosanitari” le persone a rischio;
  • d) controllo giornaliero e monitoraggio degli ultrasettantacinquenni a rischio da parte dei custodi sociosanitari;
  • e) collegamento operativo tra servizi di prossimità e servizi sociali, sociosanitari e sanitari, dei Distretti e degli Ambiti Territoriali Sociali;
  • f) possibilità di esami e controlli clinici “con rapida esecuzione” per problemi diagnostici e ricoveri temporanei in strutture diurne e residenziali laddove si ravvisa la necessità di una protezione diurna e notturna;
  • g) progetti di continuità assistenziale, nelle dimissioni ospedaliere protette;
  • h) possibilità di richiedere il servizio di prossimità anche da anziani non considerati a rischio e che ne fanno richiesta, alla tariffa concordata di 90 euro al mese.

 

Il quadro dell’ impegno finanziario a favore dei servizi di prossimità si conferma assai modesto: € 557.100,00 per il ciclo 2004-2005; € 690.000,00 per il ciclo 20052006; € 1.410.000,00 per il ciclo 2006-2007 e € 1.800.000,00 per il ciclo 2007-2008. Anche i servizi di prossimità hanno contribuito ad ampliare l’offerta assistenziale a favore della non autosufficienza, sia pure con azioni cosiddette “a bassa soglia”, che comunque contribuiscono ad intercettare situazioni di rischio e di bisogno prima che queste siano conclamate, offrendo un supporto a coloro che, vivendo soli, possono non avere l’opportunità di cogliere quelli che vengono individuati come eventi sentinella delle condizioni psico-fisiche.

 

Nel periodo 2005/2008 gli anziani segnalati dai MMG ed inseriti nei servizi di prossimità sono stati circa 2.100. Anche in questa situazione, confrontando gli indici di ricovero e di mortalità degli anziani seguiti dai custodi sociosanitari, e rispetto a quelli della popolazione anziana genovese non seguita dai servizi, rileviamo una percentuale di decessi sul totale della popolazione ultra75enne pari all’1,42%, ed una percentuale di decessi sul totale del campione seguito pari allo 0,74%. L’Assegno servizi e i servizi di prossimità confermano anche il “trend negativo” sui ricoveri di ultrasettantacinquenni: i ricoveri sul totale della popolazione ultra 75enne rappresentano il 6,64%, mentre i ricoveri tra gli anziani seguiti da assegno servizi e servizi di prossimità rappresentano il 3,88%.

 

Il Fondo regionale per la non autosufficienza

Al panorama illustrato, ed a seguito dei percorsi strategici a favore delle “fragilità” già attivati dalla Liguria, nel 2006, con l’approvazione della legge regionale 12 del 24 maggio “Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari”, si aggiunge la costituzione e la disciplina del Fondo Regionale per la Non Autosufficienza (FRNA). Il Fondo regionale si costituisce a seguito del “quadro strategico regionale” 2006/2008 (QSR), derivante dalla strategia di Lisbona e dalla sostenibilità dello sviluppo sociale, che pone particolare attenzione alle fasce più fragili della popolazione (anziani e disabili).

 

I punti di forza del quadro strategico sono rappresentati da:

  • strutture insediative e qualità della vita
  • rafforzamento della qualità del sistema urbano
  • sviluppo e crescita delle comunità locali
  • governance tra Enti.

 

Nel QSR le dimensioni territoriali e la piattaforma dei diritti di cittadinanza e dell’inclusione sociale diventano determinati dal piano di sviluppo triennale, e le ridotte dimensioni geografiche della regione, unite alle peculiarità della struttura di popolazione, facilitano per la Liguria il ruolo di “regione laboratorio” per avviare nuove politiche di welfare coniugate allo sviluppo locale, alla promozione dell’autonomia delle persone fragili, indirizzandosi verso un welfare delle responsabilità, dove il cittadino è chiamato ad un impegno prioritario nell’adottare stili di vita che facilitano la prevenzione e il benessere. Tutto questo doveva essere accompagnato da un miglior accesso ai servizi, dall’incremento della domiciliarità e residenzialità sociosanitaria e da un consolidamento della rete di supporto alla qualità della vita urbana e rurale. La legge regionale 12/2006 pone innanzitutto le basi per una riorganizzazione dell’offerta istituzionale sociale e sanitaria, consolidando quella parte di entrambi gli interventi che costituisce “il sociosanitario” come condizione indispensabile per un approccio unitario ai problemi delle fragilità, con particolare riferimento alla non autosufficienza.

 

L’istituzione del Distretto Sociosanitario (dimensione territoriale in cui si integrano le funzioni sociali complesse e le funzioni sociosanitarie, e che garantisce al cittadino la risposta ai bisogni sanitari e sociosanitari di tipo non ospedaliero) con i suoi strumenti operativi:

  • Sportello integrato sociosanitario per l’accesso unificato alle prestazioni e la presa in carico
  • Unità di Valutazione Multidisciplinari per la valutazione multidimensionale dei bisogni sociosanitari
  • Piano Individualizzato di Assistenza (PIA), per individuare bisogni e prestazioni personalizzate
  • Case manager per seguire la persona fragile nel percorso assistenziale indicato dal PIA forniscono il contesto strutturale in cui sviluppare politiche coerenti, in grado di mettere in sinergia le diverse tipologie di intervento e le risorse assistenziali rispetto alle specificità dei bisogni espressi.

 

Il FRNA costituisce il contenitore e lo strumento per razionalizzare e valorizzare le risorse economiche ed organizzative a sostegno delle persone non autosufficienti, superando la dispersione derivante dalla compartimentazione dei settori di intervento e dei canali di finanziamento: l’obiettivo è la ricomposizione delle risorse nella risposta unitaria ai bisogni specifici della persona. Il Fondo finanzia prioritariamente l’assistenza territoriale domiciliare, l’assistenza residenziale e semiresidenziale di mantenimento, gli interventi sociali e il sostegno alle cure familiari.

 

Con il provvedimento della Giunta Regionale del 20 ottobre 2006 n. 1106, sono stati approvati gli indirizzi per la gestione del FRNA che sottolineano la necessità di implementare gradualmente la rete dei servizi a favore dei non autosufficienti. Il provvedimento individua, a partire dal novembre 2006, gli impegni e le scadenze per un primo semestre di utilizzo del FRNA, considerato periodo sperimentale. Si accompagna, alla progettualità del Fondo, anche un Protocollo con le Organizzazioni Sindacali Confederali e dei Pensionati, (sottoscritto il 3 agosto 2006) e di Protocollo d’intesa con le amministrazioni locali (ANCI), sottoscritto il 5 ottobre 2006, dove si specifica il rapporto tra le misure del FRNA e i servizi in atto:

  1. il FRNA non è sostitutivo degli altri investimenti e dei servizi già avviati dai Comuni a favore degli anziani e dei disabili non autosufficienti;
  2. le misure che derivano dal FRNA intervengono in maniera coerente, complementare e integrata con gli attuali interventi sociali e sociosanitari gestiti dai Comuni e dalle ASL, integrando gli aiuti in un unico piano assistenziale individuale, onde evitare all’utente la frammentazione dei percorsi assistenziali.

 

Uno degli aspetti di maggior rilievo del Fondo ligure è la definizione di “non autosufficienza” dettata dalla stessa legge regionale 12/2006, e derivata dalle acquisizioni in materia da parte della letteratura internazionale e nazionale. Non autosufficienza è definita come “disabilità grave e permanente, che comporta l’incapacità della persona a svolgere le funzioni essenziali della vita quotidiana”, quali: – attività per la cura di sé (Activities of Daily Living ADL), consistenti nel lavarsi, vestirsi, andare alla toilette, essere continenti, alimentarsi, muoversi nella casa; – attività strumentali (Instrumental Activities of Daily Living – IADL), consistenti nel fare la spesa, usare il telefono, prepararsi il cibo, avere cura della casa, fare il bucato, usare i mezzi di trasporto, prendere farmaci, gestire il denaro.

 

Conseguenti alla individuazione dei non autosufficienti sono le misure per il potenziamento della rete dei servizi:

  1. sostegno alla domiciliarità quale obiettivo strategico del programma. Le Aziende Sanitarie ed i Comuni sono chiamati ad orientare le scelte verso azioni e interventi di ampliamento della rete, e di potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare e ADI, anche in sinergia con la riorganizzazione ospedaliera, con un incremento percentuale di assistenza sulla popolazione ultrasessantacinquenne che parte dal 4,1% nel 2006 per giungere al 7% nel 2008;
  2. potenziamento della residenzialità e semiresidenzialità sociosanitaria e sociale pubblica, accreditata e privata, con un incremento che parte da una base di rapporto tra popolazione anziana e residenzialità del 2% nel 2006 per giungere al 3% nel 2008. Negli incrementi dovranno essere valorizzati i ricoveri semiresidenziali e residenziali a carattere temporaneo come misura di sollievo;
  3. interazione tra la rete servizi e il lavoro di cura svolto a domicilio dai familiari e da assistenti familiari a favore di anziani non autosufficienti e disabili gravissimi, prevedendo azioni che facilitino il mantenimento a domicilio delle persone non autosufficienti attraverso l’istituzione di una misura economica per la non autosufficienza, che maggiora l’indennità di accompagnamento di 350,00 euro mensili, ed è riconosciuta in maniera permanente.

 

La misura economica per favorire la permanenza a domicilio delle persone non autosufficienti, di cui alla precedente lettera c), è modulata in base alle risorse economiche del richiedente collocandosi anch’essa, come il precedente assegno servizi, nell’ambito della sussidiarietà orizzontale, che vede il cittadino partecipe delle scelte, in base alle proprie risorse. L’esigibilità della misura collega il sostegno alla non autosufficienza con l’esercizio dei diritti di cittadinanza non solo dal punto di vista della cura, ma anche della promozione dell’autonomia individuale. Il concorso alla spesa è collegato ancora una volta all’applicazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), che consente di stabilire un rapporto tra la contribuzione fiscale e acquisizione di servizi, integrando e valorizzando la spesa delle famiglie per il lavoro di cura a domicilio.

 

Per la graduazione della misura sono state individuate, nella fase di sperimentazione, le seguenti aliquote:

  • valore ISEE fino a € 10.000 – nessun abbattimento della misura
  • valore ISEE da € 10.001 a € 20.000 – abbattimento del 20%
  • valore ISEE da € 20.001 a € 30.000 – abbattimento del 30%
  • valore ISEE da € 30.001 a € 40.000 – abbattimento del 40%

 

L’assetto organizzativo e le procedure per rendere operativa la fruizione del FRNA vedono la centralità del Distretto Sociosanitario, attraverso:

  • a) lo Sportello Integrato Sociosanitario, come unico accesso per chi richiede la valutazione di non autosufficienza;
  • b) l’Unità di Valutazione Multidisciplinare (UVM) per la valutazione della non autosufficienza per gli anziani, composta da medico specialista della materia, medico di medicina generale, assistente sociale del Comune di residenza della persona da valutare, (infermiere e fisioterapista se richiesti). L’UVM effettua la valutazione attraverso la scheda multidimensionale (AGED PLUS)3, che comprende l’esame dei parametri di autonomia, la comorbilità e i disturbi comportamentali;
  • c) l’Unità di Valutazione Multidisciplinare per i portatori di handicap, che si avvale delle schede di valutazione di handicap grave effettuate dalle Commissioni ex Legge 104/92. Successivamente è stata messa a punto, nella fase di consolidamento del FRNA, una scheda per la disabilità analoga all’AGED PLUS che valuta le funzioni della vita quotidiana, quelle relazionali e le comorbilità;
  • d) il Registro della Non Autosufficienza, nel quale vanno a confluire le valutazioni delle UVM.

 

Le procedure per l’accesso al Fondo sono così sintetizzabili:

  1. la famiglia o la persona disabile chiedono l’accertamento della non autosufficienza corredando la domanda con una scheda predisposta dalla Regione, e compilata dal MMG, che sintetizza le condizioni psico-fisiche del richiedente. L’ASL provvede a collegarvi la certificazione di totale invalidità o quella di handicap grave. Si aggiunge la certificazione ISEE
  2. il Distretto Sociosanitario accerta attraverso l’UVM che compila la scheda AGED il grado di non autosufficienza entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, procedendo quindi alla compilazione di graduatorie separate per anziani e disabili, aggiornate mensilmente
  3.  sono inseriti in graduatoria i richiedenti con almeno 3 ADL perse, presenza di comorbilità e disturbi comportamentali, ed i portatori di handicap (minori e adulti) che presentano una valutazione della minorazione “grave-progressiva” o “grave-stabilizzata”, capacità individuale “marcatamente ridotta” e difficoltà “totale” nell’autonomia personale. Per anziani e portatori di handicap, alle disabilità rilevate va aggiunta l’esigenza di almeno di 5 ore di assistenza nelle 24 ore
  4. unitamente alla valutazione di non autosufficienza, viene redatto dall’UVM il Piano Individualizzato di Assistenza (PIA), in cui sono evidenziate le prestazioni sanitarie e sociosanitarie e sociali da erogare e le verifiche da effettuare
  5. il PIA è affidato al responsabile del caso, che interagisce con la persona assistita, la famiglia e la rete assistenziale per assicurare le risorse necessarie alla realizzazione del Piano e procede alle verifiche, indicate nel PIA stesso, sull’appropriatezza delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie individuate, e sull’utilizzo coerente della misura economica assegnata
  6. alla concessione della misura economica viene richiesta alla famiglia, o a chi ha in carico l’anziano o il disabile, la sottoscrizione di un “patto assistenziale” da cui risultino le cure da corrispondere alla persona assegnataria del contributo economico e l’impegno che la stessa non acceda contemporaneamente a forme di residenzialità permanenti a carico del Servizio Sanitario Nazionale (fanno eccezione i ricoveri temporanei di sollievo e i ricoveri ospedalieri).

 

L’assegno di 350,00 euro mensili, rimodulato con l’ISEE, viene erogato mensilmente, con controlli semestrali. A norma della L.R. 12/2006, costituiscono fonti di finanziamento del Fondo Regionale per la Non Autosufficienza: a) le risorse del Fondo Sanitario destinate alle attività di tipo sociosanitario domiciliare e residenziale e le risorse derivate dagli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale, finalizzate alla non autosufficienza b) entrate regionali, provenienti dalla fiscalità c) altre risorse provenienti da Fondazioni o donazioni. Concorrono a definire l’ammontare complessivo del FRNA anche i finanziamenti dei Comuni per gli interventi di sostegno alla persona e alla famiglia e all’aiuto domestico familiare, e altre prestazioni a favore dei non autosufficienti. Nel 2006 il FRNA ammontava a 190.318 milioni di euro, nel 2007 si è registrato un aumento di 4 milioni di euro regionali e di 3,5 milioni del Fondo nazionale per un totale di 197.818 milioni di euro, mentre nel 2008 sono stati assegnati, oltre all’incremento regionale, ulteriori 10,5 milioni dal Fondo nazionale, per un totale di 208.318 milioni di euro. I finanziamenti 2009 sono in corso, e l’ipotesi è quella di destinare al FRNA, tra finanziamenti regionali e nazionali, 225,000 milioni di euro.

 

Il FRNA è ripartito, dalla regione, in più accrediti annuali alle Aziende Sanitarie per domiciliarità e residenzialità, mentre ai Distretti Sociosanitari si assegnano i finanziamenti per erogare agli aventi diritto la misura economica sopra illustrata. Come emerge dalla descrizione, il FRNA è sostanzialmente alimentato da risorse pubbliche, anche se la L.R. 12/2006 prevede l’apporto di Fondazioni e donazioni. Nei termini indicati sono stati attivati canali con le Fondazioni bancarie in maniera da implementare ulteriormente il Fondo.

 

Monitoraggio e valutazione del Fondo Regionale per la non autosufficienza

Gli interventi a sostegno della non autosufficienza sono monitorati dal Settore Sistema Informativo Sociosanitario e Qualità. Allo scopo, è stato predisposto un apposito sistema informativo/informatizzato a cui ogni Distretto Sociosanitario invia i dati di seguito illustrati.

 

La fase di sperimentazione si è conclusa a febbraio 2008. Nella fase sperimentale sono pervenute 12.824 domande di cui 10.764 anziani (84%) e 2.060 disabili (16%). A marzo 2008 è iniziata la fase a regime, con criteri più delimitati per l’accesso e viene ritoccato anche il limite ISEE a 20.000 euro, senza escludere quelli con maggiore reddito, ma mettendoli “in coda” rispetto a quelli con minor reddito. Da marzo 2008 al 31 dicembre 2008 sono state presentate ulteriori 2.271 domande, di cui 2.042 anziani (90%) e 229 disabili (10%). A livello regionale circa 30 anziani su 1.000 hanno presentato domanda per la misura economica collegata alla non autosufficienza. Il valore più alto si registra nella Val di Magra con 50 anziani su mille; il valore minore si incontra nell’Imperiese con 15 anziani su 1.000. Per quanto riguarda la disabilità, la media regionale è di 2,4 abitanti su 1.000 con valori che vanno da 0,8 nell’Albenganese e 2,7 del distretto 10 genovese. La presentazione delle domande registra un picco all’avvio della sperimentazione, e si stabilizza a metà 2007 con una richiesta media di circa 220/250 domande al mese (Fig. 3).

 

Figura 3 – Andamento della presentazione delle domande negli anni 2007 e 2008.

 

Gli anziani (65-85 anni e oltre) costituiscono l’81% dei beneficiari, e il 47% è ultra85enne. Complessivamente, il 69% dei beneficiari sono femmine e il 31% maschi. Le femmine sono in minor numero tra minori e adulti, mentre raggiungono l’82% degli ultra85enni. Dal sistema informativo sulla non autosufficienza in Liguria emerge la seguente macro-classificazione delle patologie dei fruitori del Fondo: il 35% è affetto da disturbi comportamentali gravi; il 44% da patologie disabilitanti con prognosi evolutiva o riservata; il 21% patologie miste.

 

La “gerarchia” nella perdita dell’autonomia funzionale fa rilevare i dati sottoindicati:

  • 92,8% necessitano di aiuto per lavarsi e vestirsi – 86% di questi ha anche problemi di mobilità
  • 80% sono anche incontinenti
  • 26% di questi ha anche bisogno di aiuto totale per alimentarsi.

 

Al 31 dicembre 2008 beneficiavano della misura per la non autosufficienza 5.021 persone di cui il 76% anziani e il 24% disabili. Risultavano ancora in attesa di erogazione 2.098 utenti, di cui 1.724 con domanda presentata nella fase di sperimentazione e per i quali, con il provvedimento di riparto delle risorse di dicembre 2008, si sta procedendo all’azzeramento delle liste di attesa. Nel corso dei due anni, 1.424 persone, pari al 22% dei beneficiari, non percepiscono più la misura per ricovero, decesso, trasferimento. Al 31 dicembre 2008, le persone con iter in corso per la soddisfazione della domanda risultano 1.200.

Tabella 1 – Beneficiari suddivisi per fasce d’età e genere.

 

Conclusioni

Si propone di seguito una sintesi delle azioni intraprese dalla Regione Liguria, a sostegno della non autosufficienza, che hanno registrato esiti estremamente positivi:

  1. attivazione di un supporto pubblico per sostenere le famiglie e la persona ad acquisire prestazioni assistenziali e di aiuto domestico familiare, particolarmente nell’attuale struttura sociale che vede nuclei familiari molto ridotti con la grande difficoltà di dedicare “tempo alla cura”
  2. sostegno al terzo asse della non autosufficienza, costituito dagli aiuti formali e informali avvalendosi, oltre che del supporto fornito dai familiari, delle risorse messe in campo dalla solidarietà sociale e dal noprofit
  3. incremento dell’offerta di servizi sociosanitari pubblici per allargare la platea dei beneficiari, non lasciandola ristretta alle fasce dei meno abbienti
  4. costruzione di una programmazione organica e integrata tra più comparti, coordinando fattori produttivi e finanziamenti per collegare i livelli di efficienza organizzativa con i livelli di efficacia nei confronti della domanda
  5. implementazione di sperimentazioni, e consolidamento degli aspetti positivi, nei sistemi di offerta, utilizzando anche esperienze di empowerment dei cittadini per interpretare nella maniera giusta, in un’azienda di servizi, lo spirito aziendale
  6. adozione di progettazioni innovative, anche in mancanza di un quadro di riferimento nazionale, spostando la programmazione locale verso l’obiettivo sostanziale del Federalismo: uso oculato ed appropriato delle risorse locali per rispondere alle esigenze dei cittadini di quel territorio
  7. incremento dei consumi sociali promuovendo occasioni di occupazione con l’incontro tra domanda di prestazioni di aiuto personale e offerta delle stesse, da parte di persone qualificate e regolarizzate, in un mercato che attualmente alimenta molto il lavoro nero.

 

Accanto alle positività illustrate, emerge la difficoltà, in assenza di una scelta nazionale (livelli essenziali), di rendere organica una progettualità che richiede risorse finanziarie ed atti normativi che travalicano la potestà della regione. In particolare, in mancanza di una legge nazionale sulla non autosufficienza, sarebbe almeno utile che:

  • a) fossero definiti, all’interno dei livelli essenziali sanitari e sociali che faranno parte dei trasferimenti monetari alle regioni con il DDL sul Federalismo fiscale in discussione alla Camera4, i livelli per la non autosufficienza
  • b) si procedesse ad una reale “devolution” della materia assistenziale trasferendo alle regioni, come peraltro era previsto dall’articolo 24 della legge 328/2000, anche gli emolumenti per l’invalidità civile, soprattutto l’indennità di accompagnamento, disciplinata dalla legge 18/80, in maniera da renderla integrabile con misure regionali e concedibile per le finalità che ne avevano richiesto la promulgazione: sostegno alle persone non in grado di compiere in maniera autonoma gli atti della vita quotidiana, mentre oggi viene spesso richiesta per incrementare i bassi redditi di persone disabili o anziane.

 

La regolarizzazione di questi due aspetti potrebbe riqualificare gli interventi per la non autosufficienza in quanto, con i livelli essenziali, si assicurerebbero in maniera uniforme sul territorio nazionale (anche con assetti organizzativi differenti legati alle peculiarità regionali) i diritti civili e sociali – individuati dalla lettera m dell’articolo 117 della Costituzione – a favore di una persona non autosufficiente, mentre la flessibilità locale degli emolumenti economici, aventi origine nazionale, consentirebbe un loro utilizzo integrato nei programmi promossi da amministrazioni regionali e locali. Inoltre, la compartecipazione della persona (in base alle risorse possedute) ad interventi che migliorano la qualità della sua vita, non è solo segno di equità e sostenibilità economica, ma è anche espressione di una cittadinanza attiva e consapevole, che si realizza con una indissolubilità di diritti e doveri.

Note

  1. La legge regionale 41 del 2006 disciplina la “riorganizzazione del servizio sanitario ligure”
  2. Studi epidemiologici di popolazione sulla salute degli anziani, condotti in Toscana nella seconda metà degli anni ’90 (InChianti, Icare Dicomano e Centro toscano ILSA)
  3. Assessment GEriatric of Disabilities, è una scheda predisposta dal regione Liguria che, ispirandosi al “Geronte” francese, misura 27 funzioni psico-fisiche collegate all’autonomia, a cui si aggiungono parametri di misura di valutazione delle comorbilità con la stima dei tempi necessari all’assistenza
  4. Disegno di legge n. 1117/08 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”

Note

 

 

Bibliografia

Bibliografia consigliata

Banchero A. Autonomie Locali nel rapporto tra spesa e risposta assistenziale, Rapporto Sanità 2003, Fondazione Smith Kline, Il Mulino 2003.

Banchero A. Programmare i servizi sociali e sociosanitari, Il Mulino 2005.

Borgonovi E. I fondi integrativi e la differenziazione del finanziamento nel sistema sanitario, Mecosan n. 31, 1999.

Cavagnaro P, Lucarini S, Ricci E, Banchero A. Fondo e registro della non autosufficienza, G Gerontol 2007; 6: 296-99.

Gori C. Le riforme regionali per i non autosufficienti, Carocci 2008. Mattioni M. Salute e assistenza. Rapporti tra livelli di governo, dopo la recente revisione costituzionale. In: (a cura di Balduzzi R, Di Gaspare G.) Sanità e Assistenza dopo la riforma del titolo V, Giuffrè 2002.

OECED Costs of care for elderly populations, 2006. OECED Projecting oecd health and long term care expenditures: What are the main drivers? 2006.

Trabucchi M. I vecchi la Città e la Medicina, Il Mulino 2005.

Sul sito www.grg-bs.it alla voce “letteratura” – “riviste” – “I Luoghi della Cura” è disponibile l’articolo corredato da tabelle che illustrano i dati relativi alle singole articolazioni dell’offerta sul territorio ligure.

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