29 Marzo 2023 | Strumenti e approcci

Deprescrizione: come, quando e perché

La convinzione che ogni sintomo debba richiedere una terapia farmacologica e le strategie di marketing adottate dalle aziende farmaceutiche, portano a credere che richiedere al medico una prescrizione farmacologica sia sempre la giusta soluzione. Gli autori, portando alla luce le criticità di tale mentalità, introducono i lettori all’approccio sistematico della deprescrizione, un investimento vantaggioso da perseguire in termini di salute globale e del singolo paziente anziano.


La deprescrizione (in inglese deprescribing) è un approccio sistematico che porta all’identificazione ed alla sospensione dei farmaci con un rapporto rischio/beneficio sfavorevole nel contesto di un approccio personalizzato che consideri gli obiettivi di cura del singolo paziente, lo stato funzionale, l’aspettativa di vita e le priorità del malato (Scott et. al, 2015). La deprescrizione esplica i suoi benefici principalmente in soggetti  trattati con una polifarmacoterapia1ed affetti da patologie multiple, in particolare se in condizioni di fragilità severa e/o limitata aspettativa di vita. Tale approccio prevede idealmente il coinvolgimento di tutti i professionisti sanitari che hanno in cura il paziente, quali il medico di medicina generale, i medici specialisti, il farmacista e gli infermieri.

 

Polifarmacoterapia: i numeri di un’epidemia nascosta

La polifarmacoterapia è diventata la routine quotidiana per una larga fetta della popolazione in età geriatrica. Negli Stati Uniti d’America quasi 20 milioni di anziani ogni giorno vengono trattati con almeno cinque principi attivi. Se si considerano anche i farmaci senza obbligo di ricetta medica e gli integratori, il 67% degli americani al di sopra dei 65 anni assume cinque o più farmaci (Lown Institute, 2019). In Italia, i dati dell’ultimo rapporto pubblicato dall’ Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali in collaborazione con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), indicano come a livello nazionale il 29,0% degli uomini e il 30,3% delle donne di età superiore ai 65 anni utilizzino 10 o più sostanze contemporaneamente. Se si considerano gli anziani ospiti in residenze sanitarie assistite, la prevalenza della polifarmacoterapia arriva a toccare il 91% (Scott et. al, 2015) (Figura 1).

 

La ragguardevole prevalenza di anziani in polifarmacoterapia è in primo luogo legata all’allungamento della vita media con conseguente aumento delle patologie croniche. Tuttavia, vanno considerati anche altri possibili fattori causali quali la preponderanza di linee guida incentrate sul trattamento di una singola patologia senza riferimenti al quadro clinico generale, l’abbassamento progressivo delle soglie di intervento farmacologico per molte patologie croniche2 nonché la frammentazione della cura del paziente, spesso seguito da molti specialisti contemporaneamente.

Figura 1 – I numeri di un’epidemia silenziosa

 

Le conseguenze negative della polifarmacoterapia nei pazienti anziani

Le interazioni tra farmaci, sia a livello farmacocinetico che farmacodinamico, sono frequenti nei pazienti anziani: si stima che coinvolgano circa il 40% dei soggetti che assumono almeno cinque principi attivi. Condizioni parafisiologiche tipiche dell’età geriatrica (come il rallentato transito intestinale, la diminuita capacità di assorbimento, il ridotto metabolismo epatico e renale, la diminuzione della volemia e alterazioni della distribuzione del grasso corporeo) influiscono significativamente sul metabolismo dei farmaci. Pertanto, la soglia di cinque principi attivi in terapia cronica deve essere intesa come un campanello d’allarme che può porre il paziente a rischio di eventi avversi (Adverse Drug Reactions o ADRs) potenzialmente gravi3. La prevalenza di ADRs aumenta con l’avanzare dell’età; un ricovero su dieci in pazienti anziani è dovuto a reazioni avverse e la metà di questi ricoveri si stima sia prevenibile.

 

Gli anziani in polifarmacoterapia hanno un netto incremento del rischio di presentare una ADRs e tale rischio aumenta del 7-10% per ogni principio attivo aggiunto alla terapia cronica. A volte l’effetto avverso di un farmaco viene erroneamente classificato come un nuovo problema clinico e porta con sé la prescrizione di un ulteriore principio attivo; tale dannosa evenienza viene comunemente descritta come “cascata terapeutica”. L’associazione tra polifarmacoterapia e declino dello stato funzionale, fragilità, sarcopenia, decadimento cognitivo, rischio di cadute, ospedalizzazione e mortalità è stata descritta in molteplici studi clinici e risulta particolarmente rilevante per l’utilizzo inappropriato di oppiacei, antipsicotici e benzodiazepine.

 

Le cinque fasi della deprescrizione

Il primo passo per attuare un processo di deprescrizione è la revisione sistematica di tutta la terapia assunta dal paziente, inclusi i farmaci senza obbligo di ricetta e gli integratori alimentari. Non ci si può basare sulla semplice documentazione scritta (come la terapia riportata in una lettera di dimissione ospedaliera o una lista dei farmaci compilata dal medico di medicina generale) ma si deve chiedere al paziente/caregiver di portare in visione le confezioni dei medicinali. Infatti, non di rado si verificano discrepanze sostanziali tra quanto riportato nella documentazione ed i principi attivi che davvero vengono assunti (ad esempio, il paziente continua ad assumere farmaci che erano stati sospesi, raddoppia la dose di un medicamento assumendo sia il farmaco generico che quello coperto da brevetto). Gli autori anglosassoni postulano l’utilizzo della cosiddetta “brown bag review” nell’ambito della medicina di comunità che consiste nel chiedere al paziente di portare in un sacchetto di carta tutti i farmaci e gli integratori che assume per verificarne il corretto utilizzo.

 

Il secondo passo da compiere è la valutazione della corretta indicazione per ogni principio attivo. Spesso i pazienti continuano ad assumere farmaci non più necessari4oppure farmaci che sono stati sostituiti nella farmacopea da principi attivi di migliore efficacia e tollerabilità. La valutazione dovrà includere anche la presenza di eventuali interazioni tra farmaci ed il rischio di reazioni avverse.

 

Per attuare un efficace intervento di deprescrizione non si può prescindere da un terzo livello di intervento che è rappresentato dal coinvolgimento attivo del paziente e dei suoi caregivers/familiari. L’approccio sistematico ed olistico che caratterizza la deprescrizione si basa sulla condivisione delle decisioni cliniche (shared decision making). È fondamentale indagare quali siano le aspettative e le preferenze del paziente/caregiver in termini di qualità di vita o di prevenzione di eventi morbosi futuri e se vi siano farmaci di difficoltosa assunzione/gestione domiciliare che comportano una riduzione dell’aderenza terapeutica. Inoltre, è sempre necessario esplorare con il paziente la possibilità che interventi non farmacologici (come la modifica della dieta) possano far venire meno la necessità di assumere un determinato principio attivo.

 

Il quarto passo da compiere nel processo di deprescrizione è la sospensione graduale della terapia inappropriata, concentrandosi su un singolo principio attivo per volta, provvedendo ad una riduzione graduale del dosaggio ove indicato. Andranno sospesi i farmaci per cui al momento della valutazione non sussista più un’evidenza di efficacia nella patologia del singolo paziente, i farmaci sintomatici non risultati efficaci nel controllo della sintomatologia, i farmaci che fanno parte di una cosiddetta “cascata terapeutica”. La sospensione andrà presa in considerazione anche per farmaci con un rapporto rischio/beneficio sfavorevole e per quei farmaci prescritti in prevenzione primaria che verosimilmente non conferiranno un significativo beneficio al paziente in rapporto alla sua aspettativa di vita.5

 

Il quinto ed ultimo passo è rappresentato dalla rivalutazione periodica del paziente. Attuare la deprescrizione implica necessariamente rivedere il paziente a distanza per monitorare gli effetti dell’intervento, proseguire nella strategia di deprescribing ed implementare il processo di shared decision making. Il deprescribing, infatti, non rappresenta un evento lineare nel tempo bensì circolare (Lown Institute, 2020) (Figura 2).

Figura 2- Le cinque fasi della deprescrizione

Aspetti pratici: l’utilità di un’applicazione informatica

Per attuare la deprescrizione nella pratica clinica sono disponibili molteplici supporti di varia natura: linee guida generali, liste di farmaci potenzialmente inappropriati, indicazioni per specifiche classi di farmaci6, supporti decisionali informatizzati. Tra questi ultimi la Geriatria del Distretto 4 Ovest Veronese – Ulss 9 Scaligera si avvale dell’applicazione informatica INTERCheck®, sviluppata nel 2013 dai ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘‘Mario Negri’’ (Ghibelli et al, 2013). Questo applicativo, dopo aver inserito la terapia completa del paziente, fornisce informazioni in merito ai farmaci potenzialmente inappropriati, al carico anticolinergico, alle interazioni tra farmaci, alle modificazioni posologiche in caso di insufficienza renale. Viene calcolato inoltre il GerontoNet ADR Risk Score, un algoritmo usato per identificare i pazienti anziani a maggior rischio di reazioni avverse da farmaci. È inoltre possibile eseguire valutazioni seriate nel tempo dello stesso paziente in quanto l’applicazione registra i dati del soggetto e permette inserimenti successivi di nuove modifiche terapeutiche. Nella nostra esperienza pratica l’utilizzo di questo supporto informatico si è rivelato molto utile nonché di facile applicazione e condivisione.

 

Gli ostacoli

Il processo di deprescrizione richiede tempo, competenza clinica e capacità relazionali con il paziente/caregiver. Spesso i medici sono riluttanti a sospendere una terapia prescritta iniziata da un collega, temendo una reazione sfavorevole o conseguenze di tipo medico-legale. Mancano sovente rapporti di collaborazione e di comunicazione tra diverse figure professionali (medici di medicina generale, specialisti, infermieri di comunità) ed il sovraccarico lavorativo si riduce in limitate risorse in termini di tempo. La convinzione che ogni sintomo debba richiedere una terapia farmacologica – “a pill for every ill” – e le strategie di marketing adottate dalle aziende farmaceutiche, non agiscono solo sulla classe medica ma anche sui potenziali consumatori, portati a credere che richiedere al medico una prescrizione farmacologica sia sempre la giusta soluzione. La deprescrizione in Italia non rientra tra gli obiettivi formativi del corso di laurea in Medicina e Chirurgia; inoltre, le aziende sanitarie non la annoverano tra le loro priorità formative. Misurare i risultati del processo di deprescrizione non è facile sia dal punto di vista della ricerca clinica che nel caso del singolo paziente. È più semplice, infatti, monitorare la riduzione della colesterolemia dopo la prescrizione di un farmaco che quantificare i benefici clinici, anche in termini di riduzione del rischio di eventi avversi, dopo la sospensione di un farmaco inappropriato (Conklin et al., 2019).

 

Le sfide per il futuro

Nonostante gli ostacoli e le difficoltà, la deprescrizione resta un investimento vantaggioso da perseguire in termini di salute globale e del singolo paziente. La popolazione anziana risulta generalmente favorevole a tale processo: in uno studio del 2018 pubblicato su JAMA (Reeve et.al, 2018), oltre il 90% dei pazienti ultra sessantacinquenni esaminati si dichiarava favorevole alla sospensione di almeno un farmaco se il medico avesse dato parere positivo e quasi il 70% dei soggetti esprimeva il desiderio di ridurre il numero di farmaci assunti.

 

La deprescrizione dovrebbe entrare a far parte del corretto continuum prescrittivo dove si susseguono l’inizio della terapia, la titolazione del dosaggio, le modifiche terapeutiche e la sospensione dei farmaci non più necessari. Essa può rappresentare la chiave di volta per vincere l’inerzia terapeutica, pericolo sempre in agguato soprattutto quando si parla di pazienti anziani. All’estero, in paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda, il Regno Unito e gli Stati Uniti, sono disponibili servizi strutturati e codificati, generalmente erogati da farmacisti, che attuano una revisione completa della terapia farmacologica in pazienti anziani politrattati. Negli USA suddetti programmi, denominati Medication Therapy Management, si sono dimostrati efficaci nel migliorare l’utilizzo corretto dei farmaci e lo stato generale di salute, riducendo il numero delle ospedalizzazioni. Viene pertanto suggerito in letteratura di introdurre nella pratica clinica una revisione annuale della terapia medica svolta in un setting dedicato. Questa attività si è dimostrata in grado di migliorare l’aderenza terapeutica e ridurre la polifarmacoterapia inappropriata (Keller et al., 2022).

 

La Geriatria del Distretto 4 Ovest Veronese – Ulss 9 Scaligera si propone di attivare un ambulatorio dedicato alla revisione della polifarmacoterapia cronica in pazienti di età superiore o uguale a 65 anni. Il servizio prenderà il nome OPS dall’ acronimo “Older people Polypharmacy Service”. Il Geriatra si caratterizza per la visione olistica del malato e presenta nel proprio bagaglio culturale le competenze necessarie per integrare la gestione terapeutica di terapie complesse con aspetti funzionali, sociali e culturali. Per l’acceso a tale ambulatorio sarà previsto l’invio da parte del Medico di Medicina Generale. Il progetto potrebbe trovare ampio campo di applicazione presso le Residenze Sanitarie Assistenziali con l’invio in struttura del Geriatra dedicato ai fini di valutare i pazienti in loco. L’ applicativo INTERCheck® che verrà utilizzato in tale setting fornisce una versione stampabile delle rilevazioni effettuate che verrà consegnata per la condivisione con il Medico di medicina generale.

Note

  1. Generalmente definita come l’utilizzo cronico di cinque o più principi attivi.
  2. Ad esempio, diabete mellito, ipertensione arteriosa ed osteoporosi.
  3. La reazioni avverse ai farmaci (Adverse Drug Reactions o ADRs) sono eventi dannosi derivanti dall’utilizzo di un farmaco assunto come correttamente prescritto.
  4. Ad esempio, gli ipoglicemizzanti orali nonostante bassi livelli di HbA1c- emoglobina glicata- ed episodi di ipoglicemia o la duplice terapia antiaggregante piastrinica a distanza di oltre un anno da una procedura di rivascolarizzazione miocardica.
  5. Ad esempio, le statine in pazienti in situazioni di fragilità severa.
  6. Ad esempio gli anticolinergici.

Bibliografia

Conklin J., Farrell B., Suleman S. (2019), Implementing deprescribing guidelines into frontline practice: Barriers and facilitators, in Research in Social and Administrative Pharmacy, Jun;15(6):796-800.

Ghibelli S., Marengoni A., Djade C.D., Nobili A., Tettamanti M., Franchi C., Caccia S., Giovarruscio F., Remuzzi A., Pasina L. (2013), Prevention of inappropriate prescribing in hospitalized older patients using a computerized prescription support system (INTERcheck(®), in Drugs Aging, Oct;30(10):821-8.

Keller M.S., Vordenberg S.E., Steinman M.A. (2022), Moving Deprescribing Upstream, in Journal of Nursing Care Quality, Sep;37(12):3176-3177.

Lown Institute, (2019), Medication Overload: America’s Other Drug Problem How the drive to prescribe is harming older adults.

Murtha E., Elder B., Faragher M. (2020), Brown Bag Medication Review: Using AHRQ’s Brown Bag Medication Tool, in Journal of Nursing Care Quality, Jan/Mar;35(1):58-62.

Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali, (2019), L’uso dei farmaci nella popolazione anziana in Italia. Rapporto Nazionale 2019, Agenzia Italiana del Farmaco.

Public Policy & Aging Report, (2018), Comorbidity, Deprescribing and the Healthcare of Older People, 28(4).

Reeve E., Wolff J.L., Skehan M., Bayliss E.A., Hilmer S.N., Boyd C.M. (2018), Assessment of Attitudes Toward Deprescribing in Older Medicare Beneficiaries in the United States, in JAMA Internal Medicine, Dec 1;178(12):1673-1680.

Scott I.A., Hilmer S.N., Reeve E., Potter K., Le Couteur D., Rigby D., Gnjidic D., Del Mar C.B., Roughead E.E., Page A., Jansen J., Martin J.H. (2015), Reducing inappropriate polypharmacy: the process of deprescribing, in JAMA Internal Medicine, May;175(5):827-34.

Working Group on Medication Overload, (2020), Eliminating medication overload: A national action plan, Lown Institute.

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