24 Marzo 2023 | Strumenti e approcci

Musica, canto e invecchiamento sano

Nelle sue varie forme di espressione, la musica gioca un ruolo importante per il benessere individuale e collettivo: le evidenze scientifiche della sua influenza sulla salute sostengono iniziative orientate alla promozione, al mantenimento o al recupero del benessere psicofisico. Nell’articolo viene illustrata l’istituzione di un coro, rivolto a over 40 con lieve sindrome metabolica, nell’ambito del progetto Dedalo, un progetto di promozione dell’invecchiamento sano realizzato nella città di Vercelli.

Musica, canto e invecchiamento sano

Sin dall’antichità la musica è stata considerata una techné capace di influire sul benessere della persona, prevalentemente per il suo rapporto speciale con le emozioni. Questa convinzione, nata nella Grecia antica e mantenuta viva nei secoli, beneficia oggi di un interesse rinnovato dalla convergenza di riflessione teorica e sapere scientifico. Le scienze cognitive, dalla filosofia empiricamente informata alle neuroscienze, hanno infatti corroborato la persuasione che la musica sia in grado di suscitare e modulare le emozioni della persona e del gruppo, mentre numerosi modelli di intervento clinico sono stati ispirati dai risultati sperimentali.

 

 

Musica ed emozioni: un legame riconosciuto da sempre

Il fatto che la musica abbia uno stretto legame con le emozioni, e che attraverso di esse possa influire sullo stato di benessere e sul comportamento, motivandoci o dissuadendoci dall’agire, è sapere antico. I filosofi lo hanno sostenuto sin da Platone, inaugurando una riflessione che continua ancora oggi e che può essere messa a confronto con una significativa mole di dati scientifici.

 

Il legame tra musica ed emozioni è tanto stretto quanto peculiare. Sicuramente ascoltare un brano ci fa provare emozioni legate a ricordi, speranze o paure; ma al contempo il brano stesso è un veicolo di emozioni, che ci presenta nel suo svolgersi temporale. Un brano o un suo passaggio possono essere allegri, tristi, malinconici; possono essere persino angosciosi e ciò nonostante, se ben suonati o cantati, ci procurano grande appagamento. La maggior parte delle persone dichiara anzi di preferire musica che giudica triste, e non di rado troviamo sciocchi o banali brani troppo allegri. La musica è quindi una sorta di agente autonomo, straordinariamente capace di comunicare emozioni attraverso un linguaggio sonoro fatto di sospensioni, sorprese e risoluzioni che ognuno – anche se affetto da disturbi della comunicazione o dell’esperienza emotiva – è in grado di riconoscere.

 

A partire dalla prima infanzia e fino all’età avanzata siamo capaci di riconoscere che cosa la musica ci dice. Non è un caso che molti abbiano ricondotto l’origine della musica alla comunicazione tra il neonato e il genitore: un dialogo senza parole, fatto di quei vocalizzi melodici e ritmati che, insieme agli scambi di sguardi, alla postura e alla vicinanza tattile, cementano la relazione. Altri ritengono invece – e potrebbero avere entrambi ragione – che la musica origini dal naturale bisogno di appartenenza e condivisione in gruppo, che in passato come ora trova piacevole e motivante muoversi insieme al suono di un ritmo. È facile osservare come, secondo entrambe le ipotesi, la musica avrebbe un’origine affiliativa che ancora oggi persiste immutata.

 

L’esperienza di partecipare a un concerto ci fa sentire uniti, come ben conosce sia chi frequenta i grandi stadi, sia chi preferisce l’auditorium o la cattedrale. E ancora di più ci sentiamo un unico grande organismo se abbiamo occasione di fare musica insieme. Non siamo tutti musicisti, né possiamo divenirlo in poco tempo; ma tutti abbiamo una voce, spesso con potenzialità maggiore di quanto non crediamo noi stessi. C’è di più: cantare è un’esperienza che per tutti, esperti o novizi, risulta estremamente attivante; mette in gioco il respiro, richiede una postura corretta, disponibilità a lasciarsi andare rispettando – se vogliamo ottenere il massimo dalla musica di gruppo – il suono dell’altro. Il riconoscimento dell’influenza della musica è quindi la premessa di studi e sperimentazioni orientati alla promozione di salute e benessere.

 

 

Esplorare la partecipazione musicale, tra cultura e salute

La numerosità dei modelli teorici e dei protocolli di intervento rende complessa la valutazione degli effetti della musica sulla salute. Attività di solo ascolto o coinvolgimento in prima persona; musica strumentale o canora; attività solitaria, orchestrale o corale; attività spontanea o guidata da un esperto (musicista o clinico): sono solo alcune delle variabili che distinguono le varie proposte. Nel tentativo di perseguire una maggiore chiarezza sul ruolo della musica nella promozione del benessere, abbiamo condotto una meta-analisi su sei database (Cochrane, MEDLINE, PubMed, PsycINFO, Web of Science, Scopus), riguardante la popolazione dai 40 anni in su. Sono stati revisionati undici studi randomizzati controllati, che indagano la relazione tra musica e outcome legati al benessere fisico e psicosociale.

 

Gli interventi implementati in tali studi comprendevano una fruizione della musica attiva (cantare in coro, suonare uno strumento) o passiva (ascoltare musica). Per i nostri criteri selettivi, i campioni erano composti da partecipanti di età superiore ai 40 anni (età media: 71); la ragione di tale scelta risiede nell’intenzione di sviluppare percorsi adeguati alla promozione dell’invecchiamento attivo, ma estesi a una più ampia fascia di popolazione. Dai risultati è emerso in primo luogo che le donne rappresentano la maggioranza dei partecipanti (77,6%): ciò conferma un’evidenza già nota, probabilmente dovuta alla diversa espressività emotiva di genere (Clift, Hancox, 2010).

 

Per quanto riguarda la relazione tra partecipazione musicale e differenti dimensioni della salute e del benessere, gli studi sono stati analizzati secondo un approccio biopsicosociale, distinguendo gli esiti verificatisi in ognuno dei tre domini interdipendenti. A livello di benessere fisico (equilibrio, andatura) non sono emersi miglioramenti statisticamente significativi (Johnson, et al., 2020; Hars, et al., 2014). Viceversa, sul piano cognitivo (attenzione, fluenza verbale, memoria, funzioni esecutive) si sono osservati miglioramenti statisticamente significativi nella maggior parte degli studi considerati; in particolare, suonare uno strumento musicale costituirebbe un fattore protettivo rispetto al decadimento cognitivo legato all’invecchiamento (Bugos, 2019). L’efficacia della partecipazione musicale risulta anche a livello emotivo, riducendo stati d’ansia o depressivi (Bugos, 2019; Coulton, et al., 2015) e migliorando l’umore, sebbene non sempre in modo statisticamente significativo (Johnson, et al., 2020).

 

Infine, rispetto alla qualità della vita – complessivamente intesa quale percezione del proprio benessere psicofisico e sociale – si è potuto osservare che, in generale, la partecipazione musicale attiva incide positivamente in tutte le sue diverse e intrecciate dimensioni (Coulton, et al., 2015; Seinfeld, et al., 2013). Queste evidenze rivelano il ruolo cruciale che la fruizione, sia attiva che passiva, della musica può giocare quale dispositivo promettente per un invecchiamento in salute. Tuttavia, è necessario sottolineare un limite peculiare che rende problematica l’elaborazione di conclusioni consistenti: l’eterogeneità delle metodologie circoscrive la generalizzazione dei risultati.

 

Nonostante ciò, quanto è emerso – oltre a evidenziare l’importanza di approfondire la ricerca sul tema attraverso metodologie omogenee, garantendo riproducibilità e confrontabilità – può essere considerato come un valido punto di partenza per dissipare le zone d’ombra tuttora presenti in letteratura. Per poter cogliere con maggior precisione gli effetti della musica sul benessere psicofisico e sociale, inoltre, è necessario che gli studi futuri facciano sempre più riferimento a un approccio biopsicosociale e multidisciplinare, che tenga in considerazione l’interazione di sistemi molto complessi. Nel loro insieme, i modelli teorici su rapporti tra musica ed emozioni e i risultati sperimentali hanno suggerito di integrare l’attività musicale – tramite un percorso di canto corale – nel progetto Dedalo, un progetto di promozione dell’invecchiamento sano condotto nella città di Vercelli.

 

 

Il progetto Dedalo e il percorso di canto corale

Dedalo è un programma di prevenzione primaria della salute, nato con l’intento di promuovere uno stile di vita salutogenico e volto a creare dialogo, cooperazione e coordinamento fra agenzie locali (ASL di Vercelli, Comuni di Vercelli e di Santhià, Università del Piemonte Orientale). La pianificazione delle attività coinvolge anche la comunità e gli stakeholder extra-sanitari (come musei e associazioni), in modo da inserire in una rete socio-culturale competenze e risorse altrimenti disperse sul territorio. Tali percorsi sono tra loro complementari. Questo modello di prossimità offre opportunità di alimentazione sana, di mantenimento del benessere cognitivo e relazionale e di moderata attività fisica. In questo modo si intende prevenire a livello territoriale l’insorgenza di malattie croniche nella terza età oppure rallentarne il progresso, se già presenti.

 

All’interno del progetto originario è poi nato il percorso “Dedalo vola”, dedicato alla promozione delle attività culturali che mostrano di promuovere il benessere collettivo e la salute generale (Grossi, Ravagnan, 2013; Grossi, 2017), sul territorio e all’interno degli ospedali. Questo percorso coinvolge la popolazione in attività fortemente partecipative. Nella prospettiva di un welfare culturale, vengono proposte esperienze di recitazione teatrale, di letture condivise e di canto corale, implementando attività ed eventi culturali (ad esempio incontri tematici, concerti, spettacoli teatrali, mostre, ecc.) in cinque ambiti specifici: biblioteca, musica, museo, teatro, ospedale.

 

“Dedalo vola” è il percorso progettato per:

  1. attivare una rete di soggetti sanitari ed extra-sanitari che contribuiscano a un welfare culturale, volto alla salute della comunità;
  2. proporre alla popolazione attività salutogeniche;
  3. trasformare l’ospedale in uno spazio di cura che accolga al suo interno la cultura e l’arte, come forme di prevenzione;
  4. analizzare la percezione del benessere e della salute della popolazione partecipante.

 

Il progetto corale di “Dedalo vola” è stato realizzato nell’ambito dell’aula magna dell’Ospedale S. Andrea di Vercelli; ha avuto, quale teoria di riferimento, il Relational Singing Model – RSM (Guiot, 2021), un protocollo ideato da Guiot  e Meini per stimolare le competenze relazionali e comunicative attraverso il canto. RSM rappresenta l’approdo di un lungo percorso di attività musicale di gruppo che ha coinvolto, tra gli altri, bambini con disturbi dello spettro autistico. Il modello è ispirato alle considerazioni espresse in apertura, storicamente fondate e avvalorate da ampia evidenza scientifica contemporanea.

 

In particolare, RSM ribadisce il primato dell’attività musicale partecipativa rispetto al mero ascolto: se l’ascolto della musica attiva, di per sé, aree premotorie e legate all’esperienza emotiva, la partecipazione moltiplica questo effetto e stimola il desiderio di relazione. Inoltre, RSM pone al suo centro il canto, attività in grado di migliorare anche nel neofita postura e respirazione, oltre al coordinamento e all’attenzione reciproca. Il contorno melodico, in particolare, è in grado di promuovere uno scambio comunicativo e relazionale che – fondato sull’emozione espressa dalla musica assai più che sul significato verbale – veicola desiderio di condivisione, senza necessariamente implicare una corporeità e un’intimità che potrebbero intimorire.

 

 

Per concludere: gli effetti del canto corale

L’attività corale di “Dedalo vola” è stata oggetto di uno studio condotto dall’Università del Piemonte Orientale. L’impatto dell’esperienza corale in termini di salute (sia fisica che psichica) è stato indagato considerando il cambiamento nel tempo di una serie di parametri fisici e di variabili psicosociali, tramite rilevazioni all’inizio e alla fine dell’attività. Il campione è composto da 23 partecipanti, in maggioranza donne (91,3%), con un’età media superiore ai 59 anni.

 

A livello fisico, è interessante notare come si siano osservate alcune tendenze positive rispetto al peso (e di conseguenza all’indice di massa corporea e alla circonferenza della vita), alla saturazione, ai livelli di pressione: i partecipanti, infatti, dopo il programma di canto corale (di durata pari a tre mesi) sembravano avere un decremento di peso, un leggero miglioramento della saturazione e anche un lieve abbassamento della pressione massima. Tendenze meno positive si sono invece riscontrate riguardo all’emoglobina glicata e al colesterolo HDL (definito nel linguaggio comune come colesterolo buono).

 

Per quanto riguarda gli indicatori psicologici, sono stati indagati: lo stress percepito, la soddisfazione/frustrazione dei bisogni di base dell’individuo (autonomia, competenza e relazionalità) e il benessere emotivo, sociale e psicologico. La frustrazione dei bisogni è l’unica dimensione che ha mostrato un peggioramento, seppur non significativo. Le restanti dimensioni, invece, tendono a migliorare: soprattutto la soddisfazione dei bisogni presenta un incremento significativo. Infine, riguardo alla customer satisfaction è emerso che più del 90% dei partecipanti che ha risposto al questionario a fine coro, ha dichiarato che l’esperienza è stata molto interessante e che si trova completamente d’accordo nel ripeterla.

Bibliografia

Bugos J. A. (2019), The effects of bimanual coordination in music interventions on executive functions in aging adults, in Frontiers in Integrative Neuroscience, 13:68.

Clift S., Hancox G. (2010), The significance of choral singing for sustaining psychological wellbeing: findings from a survey of choristers in England, Australia and Germany, in Music Performance Research, 3(1):79‐96.

Coulton S., Clift S., Skingley A., Rodriguez J. (2015), Effectiveness and cost-effectiveness of community singing on mental health-related quality of life of older people: randomised controlled trial, in The British Journal of Psychiatry, 207(3):250-255.

Grossi E. (2017), Evidenze cliniche dei rapporti tra cultura e salute, in Economia della cultura, 27(2):175-188.

Grossi E., Ravagnan A., a cura di (2013), Cultura e salute. La partecipazione culturale come strumento per un nuovo welfare, Springer.

Guiot G. (2021), Insieme. Canto, relazione e musica in gruppo, Erickson.

Hars M., Herrmann F. R., Fielding R. A., Reid K. F., Rizzoli R., Trombetti A. (2014), Long-term exercise in older adults: 4-year outcomes of music-based multitask training, in Calcified Tissue International, 95(5):393-404.

Johnson J. K., Stewart A. L., Acree M., Nápoles A. M., Flatt J. D., Max W. B., Gregorich S. E. (2020), A community choir intervention to promote well-being among diverse older adults: results from the community of voices trial, in The Journals of Gerontology. Series B, Psychological Sciences and Social Sciences, 75(3), 549-559.

Seinfeld S., Figueroa H., Ortiz-Gil J., Sanchez-Vives M. V. (2013), Effects of music learning and piano practice on cognitive function, mood and quality of life in older adults, in Frontiers in Psychology, 4:810.

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