21 Luglio 2023 | Servizi

La progettazione nei servizi alla persona. Dal dato all’impatto: un processo virtuoso tra posizionamento strategico e sostenibilità

L’autrice riflette sul ruolo della progettazione sociale e degli enti del Terzo Settore che offrono servizi in ambito sociale, sociosanitario, assistenziale ed educativo. Nell’analisi, si sottolinea l’importanza di adottare un approccio dinamico, al fine di trasformare la progettazione in una proposta di valore in grado di soddisfare i bisogni della società e generare innovazione.

La progettazione nei servizi alla persona Dal dato all’impatto: un processo virtuoso tra posizionamento strategico e sostenibilità

Negli attuali contesti di welfare la progettazione sociale rappresenta un’area organizzativa necessaria per gli enti che perseguono la propria “buona causa” attraverso l’assolvimento di una funzione pubblica in diversi ambiti: sociale, sociosanitario, assistenziale, educativo.

 

L’approccio alla progettazione

La strategia per una realtà che svolge un’attività di interesse generale viene necessariamente definita a partire dai concetti di visione, missione e valori, consentendo di identificare la proposta di valore dell’organizzazione. È proprio in quest’ultima che si descrivono le modalità in cui l’offerta viene articolata e di come ci si intende rivolgere al target identificato. La proposta di valore è composta da una serie di principi specifici, tangibili e misurabili, attraverso i quali viene descritto il valore di cui i beneficiari possono verosimilmente aspettarsi di beneficiare grazie all’offerta dell’organizzazione. La sua funzione principale consiste nel differenziare tale offerta rispetto a quelle delle organizzazioni concorrenti presenti all’interno dello stesso contesto di riferimento, rendendola univocamente riconoscibile agli occhi degli stakeholder. È quindi fondamentale che essa sia valida per tutte le categorie di stakeholder rilevanti (sia interni che esterni) senza creare contraddizioni tra i gruppi (Wymer et al., 2006). Una proposta di valore è pertanto data dall’insieme di benefici o valori che si promette di erogare ai consumatori per soddisfare il loro bisogno; di per sé è intangibile e viene resa fisica tramite un’offerta che è una combinazione di prodotti, servizi, informazioni ed esperienze (Philip Kotler, 2008)1.

 

Tali prodotti, servizi, informazioni ed esperienze si articolano in una dimensione operativa attraverso la messa a terra di strategie di pianificazione e implementazione. In considerazione di ciò, è importante concepire la progettazione come un’attività da far crescere nei servizi non a livello di pianificazione o in relazione ad una singola iniziativa, ma come elemento funzionale, strutturale, per mettere a fuoco obiettivi e modelli di impatto. Gli scenari sociali in continuo cambiamento, i bisogni in evoluzione delle persone, ma anche dell’ambiente e delle comunità in generale, determinano l’importanza di possedere una struttura adeguata a livello interno che non sia mera indagine e attività di scouting di bandi e stesura di proposal. La progettazione deve, infatti, essere configurata come uno strumento strategico per ottimizzare il perseguimento della mission in un contesto sociale come l’attuale in cui i sistemi di welfare sono in continua ridefinizione e i confini tra le diverse aree di intervento appaiono sempre più fluidi.

 

Facendo riferimento ad alcuni temi presentati dal dott. Nicola Cabria nell’ambito dell’Executive Master Terzo settore Impresa Sociale Università Cattolica del Sacro Cuore – Altis,  appare interessate prendere come modello il metodo lean, coniato all’interno del sistema produttivo Toyota. Tale metodo focalizza l’attenzione su alcuni elementi cardine che coincidono con un approccio organizzativo che utilizza la “progettazione” come metodologia per evitare inefficienze e sprechi. L’approccio lean, infatti, si basa su ciò che si può definire “pensiero snello”2(Payaro, 2017) e che ad una prima lettura può apparire opposto rispetto ai meccanismi propri delle strategie di pianificazione.

 

Possiamo invece evidenziare come vi siano fattori fondativi comuni:

  • project management e lean management hanno entrambi a che fare con l’elaborazione di soluzioni;
  • le soluzioni vengono elaborate dalle persone che operano e svolgono quotidianamente il lavoro ed in ciò il professionista progettista può ritrovare uno degli elementi specifici del proprio ruolo: agire insieme e a favore di chi opera quotidianamente nelle attività;
  • il processo lean esita nella capacità di comprendere ciò che non funziona per condividere possibili miglioramenti e soluzioni, la progettazione sociale opera a priori in questa direzione, non solo in una fase di messa a fuoco di interventi, budget e modalità di applicazione, ma anche attraverso sperimentazioni quotidiane.

 

A fronte di queste riflessioni potrebbe essere opportuno chiedersi se, per un’organizzazione nei contesti attuali, sia più idoneo individuare un fine e specializzarsi nel perseguimento dello stesso attraverso lo sviluppo di attività o progetti, o se sia più opportuno definire una struttura in grado di rendere gli enti capaci di rispondere in modo più flessibile a una molteplicità e varietà di problematiche. La risposta a tale quesito certamente dipende dalla natura e dalle volontà della struttura e della governance che la indirizza; tuttavia, in termini generali si può affermare che la progettazione rappresenta “la competenza strategica finalizzata all’orientamento di linee guida, obiettivi di medio/lungo periodo e attività mirate per implementare scenari temporali circoscritti con un approccio dinamico e globale”. Secondo questa definizione, la progettazione è strettamente connessa non solo a risultati tangibili e misurabili qualitativamente e quantitativamente, ma è una attività propria della performance aziendale e organizzativa.

 

 

Progettazione e performance

Il processo organizzativo che porta a ottenere una struttura solida e una piattaforma atta a gestire le performance è lungo e complesso. È possibile identificare alcuni elementi pilastro per il c.d. performance management3:

  1. performance leadership: attività basata sul ruolo dei leader nel guidare il processo verso l’innovazione e/o sviluppare le organizzazioni (con la presenza di leader e manager esecutivi);
  2. valutazione e budget: sistema di gestione finalizzato alla performance e basato su sistemi di accountability e sulla definizione di un piano economico orientato al risultato;
  3. informazioni e conoscenza: produzione di elementi formativi attraverso una nuova cultura di raccolta e gestione dati.

 

Strettamente collegata alla performance, quindi, la progettazione incide nella qualità dei servizi e contribuisce al processo di posizionamento dell’ente sia rispetto al contesto operativo, sia rispetto al mercato. Gli elementi chiave di una efficace attività di progettazione sono individuabili nei seguenti:

  • analisi e costante aggiornamento degli obiettivi dell’organizzazione;
  • tenuta dei profili identitari della stessa in connessione con un agire appropriato e adeguato ai bisogni emergenti e intercettati;
  • profilazione e avvio di relazioni (a diverso livello e secondo differenti implicazioni) con gli stakeholder coinvolti e potenzialmente coinvolgibili;

 

A questi elementi cardine si aggiungono alcuni fattori propri della fase di ideazione e implementazione della strategia, ovvero la fase gestionale ed esecutiva caratterizzata da un costante aggiornamento del piano progettuale preventivato al fine di renderlo operativo attraverso competenze mirate e professionalmente elevate.

 

Ancora, in un circolo virtuoso, il progetto necessita di essere osservato attraverso un profilo che tenga conto di tre aspetti prioritari: la valutazione di impatto, la comunicabilità, la trasparenza. Una buona attività di progettazione si integra con queste tre dimensioni e ne diventa strumento operativo al fine di incrementare la proposta di valore dell’ente. La performance, intesa come strategia di fondo, non solo deve essere perseguita, ma anche comunicata e resa trasparente per tutti i possibili stakeholder.

 

Infine, in considerazione di una visione connessa alla performance vige la necessità di focalizzare una specifica riflessione sul tema della sostenibilità: i progetti possono o devono essere sostenibili? I progetti contribuiscono alla sostenibilità dell’organizzazione? Questi interrogativi sono tra i più comuni sul tema, ma si ritiene invece sia necessario e più opportuno concentrarsi su un altro quesito: l’attività di progettazione è un asset strategico e specialistico per l’ente? L’attività di progettazione può essere un modus operandi capace di incrementare la qualità dell’organizzazione, o rappresenta un’area deputata all’assolvimento di task e all’esecuzione di meri adempimenti istruttori e gestionali seppur collegati alle attività e progettualità, anche innovative, da sviluppare?

 

Solo se l’ambito della progettazione diverrà un’area dinamica in grado di essere costantemente aggiornata e attenta alle nuove dimensioni, potrà rappresentare una reale risorsa strategica per la sostenibilità dell’ente, in quanto in grado non solo di individuare risorse economiche funzionali all’assolvimento di bisogni interni o esterni, ma anche di offrire quella competenza in grado di conoscere e sperimentare specifiche innovazioni. Dunque, per poter comprendere concretamente il cambiamento apportato da un’impresa sociale, il framework logico da assumere è quello relativo alla cosiddetta catena del valore dell’impatto (impact value chain) che permette di individuare graficamente i diversi passaggi in cui si esplica la cosiddetta teoria del cambiamento4(Zamagni et al., 2015).

 

Figura 1 – La catena del valore dell’impatto

 

Le fasi della progettazione: verso un risultato misurabile e monitorabile

Il progetto, e di conseguenza la progettazione, si struttura in un insieme articolato di fasi. Di seguito si presentano quelle che sono le più rilevanti secondo una prospettiva differente dal consolidato “ciclo di progetto”. Il focus di attenzione, infatti, verrà dato agli elementi misurabili del processo, quali strumenti cardine per ciascuna fase, in un’ottica orientata alla generazione di impatti e alla loro implementazione e misurazione, secondo i principi della valutazione degli stessi.

 

Come sostengono Perrini e Vurro (2013) “alla progressiva contrazione delle risorse pubbliche e private a disposizione di progetti a valenza sociale, si è affiancata la necessità di ottimizzare i processi di allocazione delle risorse verso imprenditori, iniziative e organizzazioni che fossero in grado di comprovare con trasparenza e oggettività, l’efficacia dei propri modelli d’intervento a sostegno di problemi sociali complessi nei diversi ambiti tipicamente ascritti al Terzo settore”(Zamagni et al., 2015). In questo scenario è prioritaria l’attività “valutativa” intesa come uno strumento per “dare valore” e non meramente misurare e giudicare l’andamento e gli esiti delle attività avviate.  Nella logica, ormai superata, di un Terzo Settore in cui era sufficiente controllare la trasparenza e rendicontare attraverso opportuni documenti, oggi è il mondo no-profit stesso a trovarsi nella necessità di individuare una metrica sufficientemente precisa per garantire il rispetto dell’identità della propria proposta di valore.

 

Analisi del dato VS analisi del bisogno

In relazione alle dinamiche sociali, culturali e relazionali proprie degli attuali contesti storici, si ritiene interessante partire da un’analisi che non sia strettamente legata ai bisogni, quanto più ai dati dell’organizzazione tout court. Pertanto, sarebbe importante approcciarsi alla raccolta e analisi dei dati secondo una visione completa di:

  • check sulle diverse fonti di informazione (studi, ricerche, analisi statistiche…);
  • verifica del livello di dati in possesso e/o prospect;
  • stokkaggio valori;
  • categorizzazione e implementazione strumenti di analisi;
  • raccolta opinioni di diverse persone, compreso i partner o sponsor del progetto (stakeholder);
  • analisi critica delle dinamiche sociali che il progetto potrebbe stimolare;
  • verifica dei risultati di altri progetti simili;
  • analisi degli impatti nei contesti.

 

In relazione alla performance organizzativa, le organizzazioni non profit si trovano di fronte a una sfida continua, specialmente nell’attuale contesto caratterizzato dalla trasformazione digitale. La gestione inadeguata o l’utilizzo riduttivo e parziale dei dati può comportare decisioni errate, analisi quantitative e qualitative insufficienti e valutazioni organizzative non strategiche. La cultura del dato è resa obbligatoria da ciò che nel settore pubblico si denota come uno degli obblighi del “Governo Aperto”: la trasparenza. Tutte le realtà che svolgono una funzione pubblica ed erogano servizi, infatti, sono chiamate a rendere pubblico e noto un insieme complesso di elementi e valori. Questa richiesta si esplica in strumenti quali il bilancio sociale e/o adempimenti periodici in termini di trasparenza. La necessità di rendere conoscibili costi e prestazioni è un’opportunità interessante per il soggetto gestore, in quanto consente di porsi in una dimensione di rapporto diretto tra l’organizzazione e il potenziale o effettivo stakeholder, oltre a rendere noto alla comunità il proprio operato (e il mercato in termini generale). Durante la fase di raccolta dati è fondamentale considerare l’importanza di valutare il livello di interesse percepito dai diversi attori coinvolti riguardo a una determinata tematica. È utile esprimere questo interesse anche in modo quantitativo, fornendo valori che riflettano l’utilizzo potenziale o effettivo del dato di riferimento specifico nel contesto di una strategia volta a migliorare la performance organizzativa.

 

Saper analizzare i dati in un’ottica di progettazione è cruciale non solo per sviluppare strategie di intervento adeguate, ma anche come strumento per interagire con partner istituzionali, come enti pubblici, fondazioni di erogazione o enti corporate. Questo approccio consente all’organizzazione di dimostrarsi competente dal punto di vista strategico e di possedere una profonda conoscenza dei fenomeni sociali e organizzativi su cui ha un impatto con le proprie attività. In tal modo, diventa un valido alleato per orientare le proprie azioni verso soluzioni concrete e risultati effettivi.

 

Relativamente alla necessità di avviare un processo organizzativo, si ritiene di poter collocare le esigenze informative su tre livelli:

  • analisi oggettiva: raccolta documentale di dati da aggregare e rielaborare per gli scopi individuati;
  • traduzione operativa: analisi interna, domande di approfondimento per avviare un percorso di implementazione del livello di efficacia per mirate categorie di stakeholder;
  • analisi soggettiva: atta a favorire l’avvio di processi di “interlocuzione” con soggetti significativi per l’organizzazione e l’ambito di sviluppo.

 

Analisi del tempo

Il secondo focus riguarda l’aspetto temporale, da intendersi non solo come la pianificazione e la sequenza pianificata delle diverse attività previste in singoli progetti o nell’erogazione dei servizi, ma anche come definizione della cornice temporale generale. Nell’ambito delle strategie progettuali, un metodo utile alla gestione del tempo e alla definizione delle priorità è dato dalla matrice di Eisenhower: uno strumento del time management che non solo contribuisce alla messa a sistema di un ordine cronologico, ma consente di focalizzare un graduale processo di priorità e di attribuzioni di funzioni.  La matrice consente di monitorare l’andamento esecutivo portando periodicamente a interrogarsi su cosa sia necessario, al di là dell’urgenza reale o apparente, per proseguire nel percorso definito. Si ritiene che le variabili da definire siano relative prevalentemente a conseguenze immediate e/o di breve/medio periodo, oltre che ad effetti negoziabili o irrevocabili. Considerando queste prospettive, le diverse attività vengono analizzate singolarmente e si procede a identificare gli elementi da monitorare per un’azione costante di revisione ed eliminazione degli elementi superflui. Questo non solo mira a semplificare i processi, ma anche a migliorare l’efficacia complessiva e ridurre la dispersione delle risorse.

 

La matrice prevede una gestione delle priorità organizzata secondo quattro quadranti:

  • importante e urgente:attività da eseguire al più presto e secondo la propria responsabilità;
  • importante e non urgente: attività a cui porre una scadenza e da eseguire personalmente;
  • non importante e urgente: attività da delegare;
  • non importante e non urgente: attività che possono essere trascurate fino alla eliminazione delle stesse.

 

Figura 2 – Matrice di gestione delle priorità

 

Nuovi scenari normativi

Nell’ideazione e nell’implementazione di strategie condivise e operative che coprono diverse dimensioni, diventa sempre più importante agire in modo proattivo all’interno dei processi normativi che rivestono un ruolo significativo nell’attuale contesto. Ciò è particolarmente rilevante per due scenari normativi: la riforma del Terzo Settore e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Entrambe queste prospettive rappresentano scenari di sviluppo accumunati dall’attivazione di processi che riconoscono il Terzo Settore profondamente coinvolto e titolato ad agire.

 

In relazione alla Riforma del Terzo Settore, è di particolare importanza, dal punto di vista strategico di progettazione, considerare gli art.55-57 del Codice del Terzo Settore, D. Lgs 117/2017, i quali introducono in modo innovativo una nuova modalità di interazione e di svolgimento effettivo dei servizi erogati. Per la prima volta, in modo esplicito, le disposizioni normative richiedono alle Pubbliche amministrazioni di assicurare (e non semplicemente “promuovere”) il coinvolgimento attivo degli Enti di Terzo Settore nella programmazione e organizzazione di attività di interesse generale, non solo conferendo un incarico ma legittimando l’azione e la collaborazione stessa. Secondo la Corte Costituzionale, come stabilito nella sentenza 131/2020, queste disposizioni normative rappresentano «una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale, valorizzato dall’art 118, quarto comma, Cost.». Si tratta di un tema di grande rilevanza, considerando le specificità proprie del mondo no-profit, da sempre considerato come settore “terzo” e definito in termini residuali (ciò che non è Stato e ciò che non è Mercato). Ciò rappresenta una vera rivoluzione concettuale verso un riconoscimento effettivo del ruolo del Terzo Settore. Occorre che tale nuova definizione, che ha preso avvio con la Riforma del Terzo Settore, sia promossa a tutti i livelli operativi.

 

I riferimenti alla co-progettazione sono decisivi non solo in un’ottica di progettazione sociale, ma anche in quanto viene introdotta nell’intero scenario di erogazione di servizi una nuova modalità di attuazione, andando a riempire uno spazio aperto nel Codice Contratti Pubblici. Ente Pubblico e Terzo Settore non rappresentano più attori distinti (da un lato il soggetto che “acquista” dall’altro colui che “eroga”) nel processo attuativo, ma sono alleati in vista di un bene comune. Anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la filosofia di fondo è quella di una corresponsabilità nel perseguimento di obiettivi di sviluppo comuni, che potrà portare ciò che Ursula von der Leyen ha definito come un nuovo progetto culturale europeo5.

 

È interessante e positiva l’idea, ormai consolidata e rafforzata dalla Riforma del Terzo Settore e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di considerare il Terzo Settore non solo come mero esecutore di servizi, ma come protagonista insieme alla pubblica amministrazione grazie alla sua vocazione per l’interesse generale. Nel contesto del piano di ripresa, il Terzo Settore è sicuramente coinvolto per il suo ruolo operativo, poiché gli interventi sulle strutture (rigenerazione e/o costruzione) saranno accompagnati da una programmazione accurata della spesa gestionale, con un coordinamento tra fonti di finanziamento straordinarie, come il PNRR. Per la realizzazione delle attività e dei servizi, saranno necessarie entrate provenienti da fonti ordinarie e da diversi livelli dell’amministrazione, nonché da fonti o proventi generati dai servizi stessi che verranno implementati (Marocchi, 2021). In questa prospettiva, il legame con un’efficace attività di progettazione riveste grande importanza.

 

Per concludere, appare interessante citare i noti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e di come anche questi siano connessi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Rapportarsi alle tematiche legate alla sostenibilità significa, sempre più negli attuali contesti, monitorare l’andamento di iniziative e indicatori in modo da perseguire obiettivi misurabili. L’orizzonte di riferimento è sempre quello di generare e assicurare contesti in grado di promuovere benessere e sistemi di welfare inclusivi. L’Agenda 2030 coniuga, infatti, il raggiungimento degli SDGs ai principi di non discriminazione. Lo stesso PNRR ha tra gli obiettivi essenziali quello di accompagnare una nuova stagione di convergenza tra territori e ambiti di azione, per far sì che il progresso coincida con una riduzione delle disparità (ISTAT, 2022).

 

Così come confermato dagli ulteriori accenni alle prospettive di cambiamento citate nei precedenti paragrafi, agire nel perseguimento delle mission individuate dai nuovi scenari normativi e di sviluppo significa, sia nel mondo profit che nel mondo no profit, tradurre le logiche della progettazione nel perseguimento di standard capaci di generare cambiamenti positivi a molteplici livelli. Le tendenze in atto e le prospettive di sviluppo, pertanto, delineano un quadro in cui diventa rilevante considerare la progettazione, con le sue peculiarità specifiche, soprattutto nel settore dei servizi alla persona, come una strategia in grado di generare effetti positivi e impatti significativi nelle organizzazioni che svolgono un ruolo determinante nell’attuale welfare.

 

 

Note

  1. Innova. Guida pratica per il Terzo Settore a cura di Fondazione Johnson & Johnson – Human Foundation, 2017.
  2. Lean Thinking o pensiero snello, ha origine nel mondo dell’automotive per estendersi e applicarsi a diversi settori ed ambiti, non solo industriali, ma oggi anche afferenti ai servizi alla persona, esprimendo uno stile di management volto alla riduzione costante degli sprechi per creare processi standardizzati eccellenti a basso costo con il contributo in primis delle persone.
  3. Working Well. Guida Pratica al Performance Management, a cura di Fondazione Lang Italia. Edizione italiana a cura di Simone Castello 2013.
  4. La Teoria del Cambiamento è un processo rigoroso e partecipativo attraverso il quale membri dell’organizzazione e stakeholder nel corso di una pianificazione articolano i loro obiettivi di lungo termine e identificano le condizioni che essi reputano necessarie per raggiungerli. Queste condizioni sono rappresentate negli outcomes prefissati e illustrate in un modello causale (Centro Studi Lang, 2017).
  5. Il nuovo Bauhaus europeo: editoriale della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen Bruxelles, 15 ottobre 2020 – www.commission.europa.eu

Bibliografia

Centro Studi Lang, (2017), Manuale operativo per la Theory of Change. Linee guida per gestire un workshop partecipativo di Teoria del Cambiamento e porre le basi per la valutazione dell’impatto sociale, Philanthropy Insights n.5.

Fondazione Johnson & Johnson – Human Foundation (2017), Innova. Guida pratica per il Terzo Settore.

Fondazione Lang Italia, (2013), Working Well. Guida Pratica al Performance Management.

ISTAT, (2022), Rapporto SDGs 2022. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia – Novembre 2022.

Kotler P. (2008), Principles of marketing, Pearson Education.

Marocchi G., (2021),  Il terzo settore e il PNRR, Il punto di welforum, 22 giugno (www.welforum.it).

Payaro, A. (2017), Lean management, cose mai dette, società editrice Esculapio.

Von der Leyen, (2020), Il nuovo Bauhaus europeo: editoriale della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen Bruxelles, 15 ottobre (www.commission.europa.eu).

Wymer, W., Knowles, P., Gomes, R. (2006). Nonprofit marketing: Marketing management for charitable and nongovernmental organizations. Sage Publications.

Zamagni S., Venturi P., Rago S., (2015), Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali, in Impresa Sociale, (6):77-97.

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