Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo e, ormai noto, aumento della popolazione anziana che ha toccato, nella Regione Liguria – la più anziana non solo d’Italia, ma di tutta l’Europa (Istat, 2021) una percentuale vicina al 30% del totale della popolazione residente. All’interno della popolazione fragile, si è assistito parallelamente anche ad un aumento dell’aspettativa di vita e della disabilità di coloro che sono affetti da una patologia psichiatrica. Già da una review del 2011 (Skoog, 2011) risulta come il 20% dei pazienti con più di 65 anni, non affetti da demenza, presenta un disturbo di tipo psichiatrico. Ancora più nello specifico, 1/3 delle persone di 95 anni rientra nei criteri diagnostici delle principali patologie di tipo psichiatrico (il 17% presenta depressione, il 9% ansia, il 7% psicosi).
Sinergie tra servizi nella presa in carico delle persone anziane e adulte affette da patologia psichiatrica: un caso clinico
Il progressivo invecchiamento della popolazione affetta da disturbi di tipo psichiatrico ha portato all’attenzione dei servizi di geriatria non solo pazienti anziani con psicosi croniche o disturbi di tipo cognitivo e fragilità, ma anche pazienti più giovani dell’usuale target geriatrico (ultra 65 enni), affetti da patologie psichiatriche pregresse o con comportamento d’abuso, storicamente seguiti dai Servizi di Salute Mentale o dai SERT ma che non potevano più essere presi in carico da questi servizi in quanto avevano sviluppato una condizione di non autosufficienza totale. In questi specifici contesti risulta necessaria una stretta collaborazione tra servizi psichiatrici e servizi geriatrici, ciò al fine di garantire ai pazienti una ottimale presa in carico congiunta sia dal punto di vista clinico (terapie con farmaci psicotropi con dosaggi poco usuali per pazienti di tipo geriatrico) che dal punto di vista gestionale (poca disponibilità dei servizi psichiatrici ad accogliere pazienti in condizioni di non autosufficienza).
Caso clinico
Il 3 luglio 2023 entra in RSA, in regime di accoglienza “post-acuti”, il sig. M.R. di 59 anni con obiettivo di prosecuzione della degenza protetta e tentativo di riabilitazione. Il paziente infatti proviene dal reparto di Cure Intermedie di un’altra struttura ospedaliera presso la quale era stato ricoverato il 6 giugno, dopo trasferimento dal reparto di Medicina Interna, avvenuto a seguito di ricovero dal Pronto Soccorso dello stesso ospedale. L’accesso del paziente in Pronto Soccorso, avvenuto il 19 maggio, è stato motivato da melena protratta da alcuni giorni. Il 19 maggio il paziente si presenta in Pronto Soccorso in scadenti condizioni generali, tendente al sopore se lasciato a sé, confuso e rallentato; agli esami ematochimici si riscontra un’anemia severa (HB 6,6) e una altrettanto severa piastrinopenia (PLT 23.000) oltre ad un tasso alcolico di 3. Durante il ricovero, dopo stabilizzazione clinica si è proceduto a una legatura endoscopica delle varici esofagee. Dopo consulenza tossicologica per probabile sindrome da astinenza da alcolici, viene avviata terapia con benzodiazepine e tiapride. Durante la degenza il paziente aveva iniziato un percorso di riabilitazione e, nonostante la sua scarsa collaborazione, è stato possibile verticalizzare il paziente e avviarlo alla deambulazione assistita. Durante il ricovero però, si sono manifestati frequenti episodi di delirium iper e ipocinetico che hanno richiesto una continua rimodulazione della terapia sedativa. Veniva eseguita TC cerebrale con riscontro di piccola falda igromatosa a livello frontale e marcata atrofia, soprattutto a livello frontotemporale (già presente nelle TC cerebrali eseguite nel 2017 in occasione di accessi in PS in seguito a varie cadute accidentali, secondarie al noto abuso alcolico). Il 3 luglio, dopo un ricovero di un mese presso il Reparto di Cure Intermedie viene trasferito in RSA nel regime “post-acuzie” per tentativo riabilitativo. All’ingresso in post acuzie il sig. M.R. presenta una anamnesi di abuso alcolico almeno ventennale, con un primo ricovero in SPDC nel 1998, una litiasi colecistica e una cirrosi epatica in un quadro di declino cognitivo di probabile genesi alcolica, non seguito a livello specialistico. Si registra altresì un ricovero per polmonite non Covid nel 2021. Prima del recente accesso in Pronto Soccorso il paziente viveva a domicilio con la madre. Ha altri 3 fratelli. La madre riferisce che in casa era autonomo, assumeva regolarmente alcolici e fumava circa 10 sigarette al giorno. Durante il ricovero in RSA post-acuti viene avviata fisioterapia con scarsa compliance da parte del paziente che si presenta a tratti assopito e spesso confuso; a volte riesce a mobilizzarsi dalla carrozzina e a deambulare con minimo aiuto, ma la maggior parte del tempo è seduto in carrozzina affaccendato. Durante il ricovero viene praticata terapia antibiotica per infezione delle vie urinarie e viene sospesa la terapia con neurolettici a favore di terapia con benzodiazepine per comparsa di marcata leucopenia. Dopo circa un mese di ricovero il paziente è clinicamente stabile: la famiglia opta per proseguire con un ricovero in una struttura per anziani del territorio, con tariffa in regime privato.
Il caso in questione pone una serie di questioni ed interrogativi, di seguito sintetizzati;
- Il paziente ha un quadro complesso dal punto di vista internistico, anche se ormai stabilizzato: ha una cirrosi epatica alcolica con encefalopatia porto-sistemica e una demenza (verosimilmente fronto-temporale dato il quadro di importante atrofia dei lobi frontali, già evidente nelle Tac cerebrale del 2017) con importanti disturbi di tipo comportamentale (insonnia, agitazione, affaccendamento) che richiedono terapia sedativa. Risulta spesso necessaria la contenzione in carrozzina o a letto per evitare che il paziente scavalchi le spondine procurandosi lesioni;
- in anamnesi è presente una storia pluriennale di abuso alcolico per il quale è seguito dal SERT: l’abuso alcolico potrebbe aver precipitato e aggravato la comparsa della demenza. Si specifica che, al momento della visita geriatrica, la diagnosi differenziale si è potuta effettuare solo su base anamnestica, perché il paziente era totalmente afasico, spesso confuso e agitato e assolutamente non collaborante ai test della memoria;
- dal punto di vista geriatrico, pur trattandosi di un paziente di giovane età, è presente una totale non autosufficienza con dipendenza in tutte le attività della vita quotidiana (il paziente non è in grado neppure di alimentarsi da solo, viene mobilizzato passivamente su una carrozzina, deve essere spesso contenzionato a letto perché tenta di scavalcare le spondine più volte durante la notte e ad essere affaccendato);
- il paziente viene regolarmente seguito dal SERT, è in trattamento con neurolettici maggiori (aripiprazolo intramuscolo) che, durante il ricovero ospedaliero, devono essere sospesi perché compare una importante leucopenia, situazione che obbliga i consulenti psichiatri a sospendere i neurolettici a favore della sola terapia con benzodiazepine, con discreto beneficio sull’insonnia;
- si pone un problema gestionale non indifferente: per età e patologia il paziente dovrebbe essere inserito nelle strutture del SERT, di fatto non attrezzate per accogliere pazienti totalmente non autosufficienti. Parallelamente le strutture per anziani non possono accogliere pazienti con un’età inferiore ai 65 anni. Inoltre, la retta delle strutture psichiatriche (che sono strutture per pazienti autosufficienti a bassa complessità) viene coperta interamente dal Servizio sanitario, mentre nelle strutture per anziani una parte della retta (la quota alberghiera) deve essere sostenuta dai famigliari.
Sulla base dell’analisi della situazione complessiva viene trovato un accordo tra il servizio di Psichiatria e il servizio di Geriatria per inserire il paziente nella lista d’attesa delle strutture geriatriche, con il vincolo che il pagamento della quota sanitaria sia posta a carico al 50% tra le strutture psichiatriche e geriatriche. La famiglia del paziente si mostra solo parzialmente collaborante alla proposta dei servizi in quanto rifiuta categoricamente la nomina di un amministratore di sostegno e, alla fine, opta per il ricovero del paziente in una struttura privata vicino a casa.
Analisi della letteratura sul paziente psicotico anziano
Dopo un incremento significativo degli articoli sui disturbi psichiatrici nei pazienti anziani (26.377 gli articoli pubblicati nel 2019 secondo il motore di ricerca Pubmed), con l’avvento del Covid si è verificato un calo di interesse verso questo argomento con soli 12.157 articoli pubblicati nel 2022. Le principali pubblicazioni in materia si focalizzano sugli aspetti di seguito sintetizzati.
Ritardo diagnostico
In uno studio condotto presso i medici di famiglia spagnoli (Olivera et al, 2008, PSICOTARD study), sono state testate 295 persone con più di 65 anni attraverso la somministrazione di varie scale validate (MMSE, GDS, ecc.) per valutare la presenza o meno di deficit cognitivi, di disturbi del tono dell’umore o di ansia. Dallo studio è emerso che ben il 46% della popolazione esaminata era affetta da una qualche forma di disturbo cognitivo o di psicosi, ma solo il 29% del campione preso in esame aveva ricevuto in precedenza una diagnosi di disturbo cognitivo o psichiatrico. Il ritardo diagnostico era particolarmente evidente nei disturbi di tipo cognitivo (solo il 3% del campione aveva già una diagnosi rispetto al 17% che ne risultava affetto dopo aver condotto i test), ma presente anche per i disturbi psicotici (a una diagnosi del 2,7% si contrappone un riscontro con i test del 6% del campione affetto da psicosi).
Impatto del Covid sulla salute mentale della popolazione anziana
Secondo lo studio pubblicato nel 2021 da Grolli (Grolli et al, 2021) la popolazione più suscettibile al Covid è la popolazione anziana (aspetto rilevato in tutti gli studi sul Covid), popolazione che sviluppa parallelamente le forme più severe, ha la maggior mortalità e anche la maggior comorbilità, soprattutto per le malattie che prevedono una risposta infiammatoria cronica. La malattia psichiatrica può esacerbare lo stato infiammatorio, così come l’isolamento sociale a cui gli anziani sono stati sottoposti durante la pandemia. L’isolamento e l’ansia possono aggravare la malattia mentale e portare a sviluppare una forma di Covid-19 più grave e, a sua volta, la malattia da Covid-19 può ulteriormente aggravare la malattia mentale tramite la tempesta citochimica.
L’impatto dei disturbi psichiatrici sullo stress del caregiver
È noto da anni come i disturbi psichiatrici (dell’umore, i disturbi psicoaffettivi, dello spettro autistico) siano causa di forte stress per i famigliari che assumono ruolo di caregiver. Una review del 2018 dedicata alla relazione bidirezionale tra stress del caregiver e disturbi neuropsichiatrici dei pazienti con demenza di Alzheimer (Isik et al, 2019) ha osservato la relazione tra i disturbi comportamentali del paziente e lo stress del caregiver (quanto i gravi disturbi comportamentali possano influenzare lo stress del caregiver e viceversa). L’ansia, l’agitazione, la disinibizione, il comportamento aggressivo e i disturbi del ritmo sonno-veglia sono quelli maggiormente responsabili dello stress del caregiver rispetto alla dipendenza nelle attività di base, al peggioramento della qualità di vita o all’isolamento sociale della diade paziente-caregiver. Lo stress del caregiver è associato ad outcome negativi, sia per i caregiver che per i pazienti: lo stress del caregiver porta infatti ad un peggioramento dei disturbi comportamentali dei pazienti stessi. Per migliorare lo stress del caregiver e, di conseguenza, i disturbi comportamentali dei pazienti risulta necessario identificare i fattori di rischio riferiti sia ai caregiver (come l’essere una donna, una moglie, una persona non abituata a gestire le emozioni forti, la scarsa conoscenza della malattia) che ai pazienti. L’articolo citato si riferisce allo stress dei famigliari di pazienti con demenza, ma si può facilmente ricondurre anche ai famigliari di pazienti con disturbi di tipo psichiatrico.
Prescrizione di antipsicotici
Quali antipsicotici vengono prescritti ai pazienti anziani ospiti di ospedali psichiatrici? A questa domanda cerca di rispondere un recente articolo di un gruppo di studiosi di Taiwan (Cheng et al, 2022): lo studio è stato condotto su 110.576 pazienti con età media 75 anni visitati presso un ospedale psichiatrico di Taiwan. Dall’analisi delle terapie prescritte è risultato che gli antipsicotici sono prescritti al 78,45% dei pazienti con disturbi comportamentali in demenza, al 91% dei pazienti affetti da schizofrenia, al 80% dei pazienti affetti da psicosi e al 90% dei pazienti con disturbo di tipo paranoide. Come antipsicotici venivano usati più frequentemente quelli di seconda generazione (71%) rispetto a quelli di prima generazione e la molecola più usata era la quetiapina (38%) seguita dal risperidone (15%), mentre tra gli antipsicotici di prima generazione quello più usato era l’aloperidolo (però solo nel 3% dei pazienti).
Mortalità dei pazienti con disturbi psichiatrici
Uno studio del 1997 (Zubenko et al, 1997) ha cercato di capire se ci fosse un significativo impatto della patologia psichiatrica sulla mortalità: la ricerca è stata condotta su 809 pazienti anziani psichiatrici (diagnosticati con il DSM-III-R), suddivisi tra pazienti con disturbo cognitivo, disturbi dell’umore e psicosi seguiti con un follow-up di 5 anni in Pennsylvania. Tutti e tre i gruppi avevano una mortalità più alta rispetto al gruppo di riferimento, con un aumento della mortalità compreso tra 1,5 e 2,5 volte. Le diagnosi più frequenti erano demenza di Alzheimer nel primo gruppo, depressione nel secondo gruppo e schizofrenia nel terzo gruppo. Ovviamente i pazienti più giovani, di sesso femminile e con minore comorbilità avevano una sopravvivenza più lunga. Alla fine, confrontando i tre gruppi di pazienti con gruppi di residenti della Pennsylvania comparabili per sesso, età e scolarità, la mortalità era 2,5 superiore nel gruppo con patologia di tipo cognitivo, 1,5 per il gruppo con disturbi dell’umore e 1,8 volte per il gruppo con psicosi.
Prevalenza dei pazienti con disturbi di tipo psichiatrico nelle strutture per anziani
Una review canadese del 2010 (Seitz et al, 2010) condotta analizzando 84 studi diversi sui dati degli ospiti delle strutture residenziali dell’Ontario ha dimostrato un’ampia prevalenza dei disturbi cognitivi presenti nel 58% dei pazienti (il 78% dei quali presentava disturbi del comportamento) e il 10% di diagnosi di disturbo depressivo maggiore (anche se il 29% dei residenti presentava sintomi di tipo depressivo). A questi dati sono stati aggiunti quelli provenienti dal National Nursing Homes Survey (NNHS) del 2004 allo scopo di rilevare anche i disturbi psichiatrici. In conclusione, oltre ai dati già citati, è stata riscontrata una prevalenza dell’11% dei disturbi d’ansia, del 14% di disturbi fobici, dell’1% di pazienti con pregresso abuso alcolico e del 3,5% affetti da schizofrenia.
In un’analisi condotta nel 2023 all’interno di una struttura di Sestri levante in Liguria di 86 posti letto (una delle strutture con il maggior numero di pazienti della ASL4 ligure che copre il territorio che si estende da Portofino a Moneglia) è stato riscontrato che il 13,9% degli ospiti (4 uomini, 8 donne) presentava una patologia psichiatrica e, nel dettaglio, 7 ospiti erano affetti da schizofrenia, 1 da disturbo bipolare, 1 presentava tossicofilia (con un pregresso ricovero in SPDC per abuso di farmaci), 1 ospite era affetto da depressione maggiore, 1 da sindrome ansioso-depressiva (con in anamnesi un ricovero in SPDC per tentativo di suicidio per abuso di barbiturici) e 1 paziente presentava una tossicodipenza trattata con metadone. Anche in questa analisi, condotta solo su una piccola struttura, è evidente come nelle strutture di tipo geriatrico stia aumentando la prevalenza di pazienti con disturbi psichiatrici, non tutti seguiti dal Servizio di Salute Mentale e alcuni non in età geriatrica (il paziente tossicodipendente ha solo 64 anni).
Ultimo aspetto presente nella letteratura dedicata ai pazienti psichiatrici, condotta soprattutto – ma non solo – da gruppi di studiosi nel Nord Europa, è il tema dell’eutanasia nei pazienti con disturbo di tipo psichiatrico. Nell’interessante review pubblicata nel 2022 a cura di alcuni esperti dell’Università di Ferrara (Grassi et al, 2022), gli autori conducono un’analisi sull’eutanasia e sulla morte assistita, negli Stati che al momento la permettono1, nei pazienti con disturbi psichiatrici. Nella maggior parte degli Stati infatti l’eutanasia viene ammessa solo nei pazienti con malattia somatica terminale. Dopo aver definito in maniera chiara e inequivocabile tutta la terminologia che circonda il concetto di morte assistita ed aver condotto una disamina della legislazione vigente nei vari Paesi, gli autori si concentrano sui pro e i contro della morte medicalmente assistita nei pazienti psichiatrici. Tra gli argomenti contrari alla morte medicalmente assistita emersi vi sono: 1) il dovere del medico di proteggere la vita e di prevenire il suicidio, anche quando gli viene richiesto dal paziente, 2) il fatto che supportare una decisione di morte assistita vorrebbe dire favorire il senso di perdita di speranza del paziente causato dalla depressione, 3) la differenza tra la patofisiologia dei disturbi somatici che è spesso chiara, mentre meno chiara è quella dei disturbi psichiatrici, 4) la largamente insufficiente certezza che il disturbo psichiatrico sia intrattabile, 5) il fatto che oggettivare una malattia mentale sia più difficile che oggettivare una malattia somatica e, non da ultimo 6) il paziente e i suoi famigliari potrebbero sentire la pressione della società verso la morte assistita.
Al contrario, gli argomenti a favore della morte medicalmente assistita nei pazienti psichiatrici, citati dagli autori, potrebbero essere: 1) il dovere del medico di ridurre le sofferenze indicibili è da ritenere una forma di cura, 2) non tutti i pazienti con una malattia psichiatrica sono incapaci di decidere per sé, 3) non c’è differenza tra la sofferenza di un paziente terminale per malattia somatica rispetto al paziente terminale per malattia psichiatrica, 4) la convinzione che la proibizione della morte medicalmente assistita sia una violazione della libertà e della dignità dei pazienti e aumenti la discriminazione e lo stigma, 5) la considerazione che se la legge dello stato sull’eutanasia fosse applicata correttamente non dovrebbe essere difficile distinguere tra la richiesta di suicidio e quella di morte medicalmente assistita e, da ultimo, 6) se in certe circostanze è lecita la morte per omissione (sospendo terapie considerate futili), allora dovrebbe esserlo anche quella per azione diretta del medico o del paziente stesso.
L’organizzazione dei servizi per i pazienti psichiatrici che invecchiano
La difficoltà con cui ci si scontra maggiormente nella gestione dei pazienti psichiatrici che invecchiano e che vanno incontro a una condizione di non autosufficienza è legata all’attuale organizzazione dei servizi: le strutture per pazienti anziani, infatti, accolgono in regime di accreditamento (quindi con la sola quota alberghiera a carico delle famiglie) pazienti ultra 65 anni inseriti in una lista d’attesa. I criteri di inserimento in lista2tengono conto generalmente di 4 parametri: anzianità di domanda, età anagrafica (con un incremento del punteggio per ogni anno di età sopra i 75 anni), punteggio sociale (che tiene conto delle condizioni abitative e del reddito famigliare) e un punteggio sanitario (nella Regione Liguria calcolato dalla valutazione multidimensionale fatta con la scheda AGED).
Al contrario, i servizi per pazienti psichiatrici non sempre rappresentano un costo per le famiglie (una parte della quota sociale della retta può essere coperta in pazienti con invalidità e accompagnamento e ISEE basso dal contributo di solidarietà, confermato per quest’anno dalla Regione Liguria con la DGR 131/2022), ma si rivolgono quasi esclusivamente a pazienti giovani autonomi. Per un paziente non ancora in età geriatrica, con decadimento cognitivo, non autosufficiente ma in assenza di disturbi comportamentali tali da poter essere inserito in un nucleo Alzheimer, l’inserimento in una struttura3diventa molto complesso: il paziente in queste condizioni infatti non può essere inserito, in regime accreditato, né nelle strutture geriatriche (anche se inserito in lista d’attesa rimarrebbe sempre in ultima posizione), né nelle strutture psichiatriche in quanto non autosufficiente totale.
Conclusioni
La soluzione che il sistema pubblico dei servizi ha individuato per il paziente oggetto del caso clinico trattato in questo contributo prevedeva la divisione equa della spesa della cura tra il servizio geriatrico (che avrebbe accolto il paziente nelle sue strutture) e quello psichiatrico (che si era reso disponibile al pagamento di metà della retta): l’inserimento in struttura geriatrica, però, sarebbe andato a detrimento degli utenti anziani inseriti in lista d’attesa da anni. Una delle possibili soluzioni per far fronte all’incremento della richiesta di assistenza e cura dei pazienti giovani ma in condizione di non autosufficienza totale a causa di patologia psichiatrica potrebbe essere quella di aumentare il budget a disposizione dei servizi per anziani (Long-Term Care) assegnando una quota di risorse destinata a questo specifico bisogno, incentivando così la nascita di strutture dedicate a questo tipo di pazienti e capaci di fornire un’assistenza appropriata alla loro specificità.
La letteratura in materia analizzata pone in evidenza altri punti importanti da affrontare tra cui la precocità della diagnosi non solo del disturbo cognitivo, ma anche di quello psichiatrico, il rilevante stress del caregiver, la prescrizione degli antipsicotici (in cui vanno privilegiate le molecole di seconda generazione), la prevalenza dei malati con patologia psichiatrica nelle strutture e il tema assai spinoso dell’eutanasia. Oltre alla riorganizzazione dei servizi, non solo residenziali ma anche semiresidenziali, è necessario attivare percorsi di formazione specifici per i medici di medicina generale allo scopo di evitare il ritardo della diagnosi, formazione agli specialisti che hanno in carico a casa, negli ospedali e nelle strutture pazienti psichiatrici che invecchiano e un’adeguata formazione e addestramento per i caregiver e gli operatori dell’assistenza. Solo in questo modo sarà possibile garantire una presa in carico appropriata e adeguata di questa nuova popolazione di persone fragili.
Note
- Olanda, Belgio, Lussemburgo e pochi altri
- Per la Regione Liguria i criteri di inserimento in lista di attesa nelle strutture per anziani LTC sono: Criteri della lista d’attesa per le strutture per anziani: Età (8 punti per ogni anno di età sopra i 75 anni), Anzianità di domanda (0,15 punti al giorno), Punteggio sanitario (scheda AGED da 0-8 punti moltiplicato per 30), Punteggio sociale (scheda AGED sociale da 0-8 punti moltiplicato per 30).
- in caso di assenza di una rete famigliare
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