Il rapporto ISTAT pubblicato ad agosto 2023 ha l’obiettivo principale di portare all’attenzione il processo di invecchiamento all’interno delle città metropolitane1 e dei contesti urbani adiacenti, che comprendono il comune principale e le aree urbane limitrofe di primo e secondo grado. L’analisi è centrata sulla raccolta di dati relativi alla società e alla demografia, nonché sulle condizioni di vita degli anziani residenti in tali territori.
La disposizione abitativa degli anziani
La crescente e diffusa presenza degli anziani nella società ed il conseguente impatto della stessa sui settori previdenziali, sanitari, produttivi e sociali, sono ormai un ambito di dibattito acceso sul panorama politico e accademico. Il processo di invecchiamento viene confermato dalle dinamiche demografiche, che hanno visto un costante incremento della fascia di età anziana, una diminuzione della componente giovanile e una conseguente riduzione della popolazione nel suo complesso.
A partire dalle dinamiche demografiche delle 14 città metropolitane italiane, le quali accolgono ben 5 milioni di persone anziane, l’ISTAT ha realizzato un affondo sulle caratteristiche della popolazione degli over 65. Al 1° gennaio 2023, l’indice di vecchiaia italiano nell’insieme delle città metropolitane è pari a 183 anziani ogni 100 giovani, con notevoli variazioni regionali. Si tratta di un valore leggermente inferiore a quello nazionale che ha raggiunto il suo massimo storico con 193 anziani ogni 100 giovani.
Dall’analisi, per quanto concerne la distribuzione abitativa degli anziani, si rileva che essa segue in gran parte quella della popolazione generale: la maggioranza risiede nei comuni capoluogo (circa il 45%), mentre circa un terzo si colloca tra la prima e la seconda cintura urbana 2. Il rimanente 24% vive nella zona periferica più esterna dell’area metropolitana. In generale, man mano che ci si allontana dal capoluogo, la percentuale di anziani residenti diminuisce, con alcune eccezioni nelle città metropolitane di Reggio Calabria e Messina, dove la cintura di comuni situata nella periferia dell’area metropolitana rappresenta la scelta preferita per la residenza degli anziani (Figura 1).
Tra i quasi cinque milioni di individui di 65 anni e oltre residenti nelle città metropolitane al 1° gennaio 2023, più della metà ha scelto di vivere in zone caratterizzate da un’elevata densità abitativa, mentre solo il 7% risiede nelle aree con un livello di urbanizzazione più basso, ovvero le “zone rurali”. Tuttavia, quando confrontiamo la percentuale di anziani che abita in queste tre diverse tipologie di aree urbane e rurali all’interno delle città metropolitane con la stessa percentuale calcolata per l’intera popolazione totale, emerge che gli anziani sono più propensi a vivere in zone prevalentemente rurali. Quest’ultima dinamica è legata all’allontanamento dei giovani dalle zone a bassa densità di urbanizzazione.
Un identikit delle persone anziane
Se nel 1993 la percentuale della popolazione anziana all’interno delle città metropolitane era del 15,3%, la percentuale al 1° gennaio 2023, conferma una presenza del 23,4%. Nello specifico, si osserva un significativo divario nell’invecchiamento tra le diverse aree metropolitane, con un invecchiamento più accentuato nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali. Si nota altresì una netta predominanza degli individui di età superiore ai 75 anni, che supera abbondantemente il 50% della popolazione anziana nelle città metropolitane di Torino e Roma. Al contrario, al sud, si osserva una tendenza opposta, con una predominanza della fascia d’età tra i 65 e i 74 anni, che supera il 50%.
L’incremento dell’aspettativa di vita ha portato a un aumento significativo “grandi anziani” (85 anni e oltre), la cui percentuale è praticamente raddoppiata nell’insieme delle città metropolitane. Questo gruppo costituiva l’8,3% nel 1993 e ora rappresenta il 16% nel 2023, in linea con la media nazionale. Al 1° gennaio 2023, nell’insieme delle città metropolitane, vi sono 16 persone di 85 anni o più ogni 100 persone tra i 50 e i 64 anni, un valore che rappresenta un aumento di 13 punti percentuali rispetto al 1960.
In generale, i centenari hanno registrato una notevole crescita nell’ultimo trentennio, aumentando di più di 7 volte rispetto al 1993. In quell’anno, il numero di individui di questa fascia d’età ammontava a 1.040 centenari, con un andamento simile riscontrato in tutto il Paese, dove si contavano poco più di 3.000 unità. Il numero dei centenari tra il 1993 e il 2023 è quintuplicato: da 3,4 a 15,2 per 10mila anziani. Il valore più elevato si registra nella città metropolitana di Bologna (22 centenari per 10mila anziani), quello più basso nella città metropolitana di Napoli (10 ogni 10mila). Il peso maggiore si ha nei comuni capoluogo di Bologna e Firenze (circa 27,5 per 10mila).
Genere e età
Con l’avanzare dell’età aumenta il divario di genere, una conseguenza della speranza di vita delle donne, più elevata rispetto a quella maschile. Nel complesso delle città metropolitane, al 1° gennaio 2023 vivono 77 uomini anziani ogni 100 donne della stessa fascia d’età. Tuttavia, dal 1993 ad oggi, il gap di genere nell’età senile si è ridotto di 9 punti percentuali. All’interno dei contesti urbani, si evidenzia un maggiore squilibrio di generei nei capoluoghi (71 uomini ogni 100 donne) rispetto alle cinture urbane (da 80 a 82). Inoltre, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione e del miglioramento delle condizioni di vita ampliano il divario di genere con l’avanzare dell’età: tra i grandi anziani, ogni 100 donne poco più della metà sono uomini. Tra i 7.583 centenari residenti nelle 14 città metropolitane al 1° gennaio 2023 (il 35% del totale italiano), l’82,4% è costituito da donne.
Istruzione e disposizione abitativa
Anche fra gli individui di età avanzata, una buona istruzione e formazione mostrano un influsso positivo sul benessere sia individuale che collettivo, aiutando a potenziare le capacità delle persone nel gestire le sfide della società contemporanea, mantenendo al tempo stesso una presenza attiva e partecipativa. Nel 2021, tra i residenti nelle aree urbane che appartengono alla fascia d’età di 65 anni e oltre, un milione e duemila individui (corrispondenti al 36,5% del totale) hanno raggiunto almeno il diploma di scuola superiore, rappresentando un incremento del 4,4% rispetto alla media italiana. Di questi, 11 su 100 possiedono una laurea universitaria o un altro titolo terziario.
L’analisi delle differenze di genere nei livelli di istruzione rivela disuguaglianze e disparità che si estendono lungo tutto il percorso di vita. In particolare, in relazione alle fasce d’età più avanzate, emergono notevoli differenze educative che svantaggiano le donne anziane. Concentrandoci sui titoli di studio terziari, nelle 14 città metropolitane si osservano 110 uomini anziani laureati ogni 100 donne della stessa età, una differenza di soli due punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale. Questo divario di genere persiste anche per quanto riguarda la categoria delle persone senza alcun titolo di studio e per coloro che hanno conseguito solo la licenza di scuola elementare. In generale, nelle città metropolitane, si registra la presenza di 36 uomini privi di titolo di studio ogni 100 donne, confermando una disparità di genere a sfavore delle donne.
Anziani e rete familiare
Appare lapalissiano il fatto che ad un aumentare dell’età e del numero delle persone anziane, si affiancherà necessariamente un incremento della necessità di assistenza delle stesse. Se tali persone non hanno la possibilità di essere assistite in un ambiente domiciliare, si fa necessaria una soluzione residenziale. Nel 2021, nell’insieme delle 14 città metropolitane, gli anziani che vivono da soli, cioè in famiglie unipersonali in cui l’unico componente ha 65 anni o più, rappresentano quasi un terzo della popolazione anziana della rispettiva fascia d’età.
Al censimento 2021 nei contesti urbani metropolitani risiedono in convivenza quasi 50mila persone di 65 anni e oltre, (circa 10 anziani ogni 1.000 abitanti), di cui oltre la metà accolti presso un istituto assistenziale, il 36% è accolto in convivenze ecclesiastiche e la restante quota nelle altre tipologie di convivenza.
Un indicatore strutturale che fornisce un’indicazione approssimativa del sostegno disponibile verso gli anziani da parte delle famiglie è il Parent Support Ratio (PSR), ovvero l’indice di supporto ai genitori e ai parenti anziani. Un aumento di questo indicatore implica che un numero crescente di individui, che si avvicinano alla fine della loro vita lavorativa, avranno genitori o parenti anziani che necessiteranno di assistenza e cure in futuro. La richiesta di supporto per i parenti anziani è particolarmente elevata nei comuni capoluogo (18,1%), soprattutto nelle regioni del centro-nord, dove supera abbondantemente il 20%. Inoltre, si registra una maggiore necessità di sostegno nei comuni situati nella periferia più esterna del territorio. Al contrario, nelle prime due fasce urbane, la richiesta di supporto è leggermente inferiore, poco più del 13%.
Invecchiamento attivo
L’invecchiamento attivo è stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2002 come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”. Si tratta dunque di un concetto multidimensionale fondato su tre pilastri: la salute, la sicurezza e la partecipazione. Quest’ultima è intesa come una serie molteplice di attività svolte dalla persona anziana nella vita sociale, economica, culturale e civile, compresa la partecipazione attiva al mercato del lavoro. È noto che negli ultimi anni, in Italia, i livelli occupazionali delle persone appartenenti alle fasce di età più adulte siano stati condizionati dalle riforme pensionistiche, mirate principalmente all’innalzamento dei requisiti anagrafici per l’accesso ai benefici pensionistici, determinando una maggiore permanenza dei lavoratori nel mondo del lavoro.
Analizzando i dati, nel 2021, fra gli over 65 residenti nell’insieme dei territori metropolitani risulta occupato un contingente di 328 mila persone, corrispondente al 6,7% della popolazione della stessa classe di età. Gli uomini anziani occupati sono 217mila (10 ogni 100), le donne 11mila (4 ogni 100), evidenziando un divario di genere piuttosto marcato.
Le trasformazioni demografiche in atto nella popolazione italiana implicano tra gli effetti sociali, un aumento della pressione sul sistema pensionistico. Nelle 14 città metropolitane, al 31 dicembre 2021, sono erogate complessivamente 6,2 milioni di prestazioni pensionistiche a 4,3 milioni di lavoratori titolari over 65, per una spesa complessiva di 98 miliardi di euro.
I servizi sociali dei Comuni
Come è ben noto, i Comuni hanno il compito di gestire interventi e servizi sociali finalizzati a sostenere i cittadini in diverse situazioni di necessità o rischio, tra cui l’invalidità, l’invecchiamento, le esigenze legate all’assistenza ai figli, la povertà e l’emarginazione sociale. Inoltre, i Comuni offrono servizi come il trasporto, la consegna di pasti a domicilio e la fornitura di ausili per migliorare la qualità di vita degli anziani.
All’interno di questo contesto, l’analisi del livello e della qualità dei servizi destinati agli anziani si basa sulla valutazione di indicatori relativi a due tipologie di assistenza domiciliare: l’Assistenza Domiciliare Socio Assistenziale (ADSA) e l’Assistenza Domiciliare Integrata con i servizi sanitari (ADI). L’ADSA è un servizio dedicato agli anziani con limitata autonomia, che vivono da soli o in famiglie che hanno difficoltà nel fornire adeguata assistenza per le attività quotidiane, l’igiene domestica e il mantenimento dell’autonomia. L’obiettivo principale di questo servizio è consentire agli anziani di rimanere nel loro ambiente abitativo e sociale, migliorando la loro autodeterminazione attraverso attività socializzanti e servizi assistenziali volti a prevenire malattie croniche e favorire l’indipendenza. L’offerta di questo servizio comprende una serie di prestazioni che coprono sia le necessità di base nella vita quotidiana degli anziani, sia attività strumentali. Nel 2020, in Italia, solo l’1% degli anziani ha usufruito dei servizi ADSA forniti dai Comuni, segnando un calo del 4% rispetto al 2011. Alcune città metropolitane come Milano, Bologna, Messina, Venezia e Firenze hanno percentuali simili o superiori alla media nazionale, mentre altre aree presentano valori inferiori. Ad esempio, Reggio Calabria e Messina hanno le percentuali più basse, rispettivamente 0,2% e 0,3%, di anziani che hanno usufruito di questi servizi. La disponibilità di servizi ADSA varia notevolmente tra i comuni italiani, con l’85,1% dei comuni che li offrono. Tuttavia, ci sono grandi differenze regionali: ad esempio, tutti i comuni delle città metropolitane di Torino, Venezia e Firenze offrono questi servizi, mentre a Reggio Calabria solo meno di un terzo dei comuni è attivo in questo settore.
L’ADI, invece, è un servizio multidisciplinare che fornisce assistenza completa nelle attività quotidiane, cure mediche, infermieristiche e riabilitative alle persone anziane con malattie croniche, disabilità o fragilità che desiderano continuare a vivere nelle proprie case. Nel 2020, solo lo 0,5% degli anziani non autosufficienti in Italia ha usufruito del servizio ADI. Le città metropolitane di Venezia e Torino hanno le percentuali più elevate di anziani che utilizzano questo servizio (0,7% e 0,6% rispettivamente), mentre in alcune città come Palermo l’ADI non è nemmeno disponibile. In altri luoghi come Reggio Calabria, Cagliari e Messina, l’attivazione è recente e copre fino allo 0,2% degli anziani.
Le previsioni per il futuro
Secondo le previsioni demografiche basate sullo scenario mediano, il processo di invecchiamento della popolazione continuerà a rafforzarsi, una tendenza evidente anche in molti paesi dell’Unione Europea. Sulla base delle stime proiettate fino al 2023, la proporzione degli individui di 65 anni e oltre raggiungerà il 27,3% della popolazione totale nelle città metropolitane, corrispondente a poco più di un quarto della popolazione complessiva. Gli anziani aumenteranno di oltre 700.000 unità entro meno di dieci anni nelle città metropolitane, raggiungendo un totale di 5,7 milioni. A livello nazionale, si prevede un incremento di 1,9 milioni di individui. L’inarrestabile invecchiamento si riflette nell’età media, che continua a salire di anno in anno. Nel corso di 30 anni, l’età media è aumentata da 39 a 46 anni nel 2023 nell’insieme delle città metropolitane, e l’Italia presenta la media più alta (46,4) tra i Paesi europei.
Altri due indicatori che confermano questo squilibrio nella struttura per età della popolazione sono il rapporto tra anziani e bambini sotto i 6 anni e l’indice di dipendenza degli anziani. Il primo indicatore, che rappresenta il rapporto tra la popolazione anziana e quella infantile, si è raddoppiato nelle aree urbane nell’ultimo trentennio, con un valore attuale di poco più di cinque anziani ogni bambino (in Italia pari a 5,6). L’indice di dipendenza degli anziani, che misura proxy del carico previdenziale e assistenziale sulla popolazione economicamente attiva, è uno dei punti focali nel dibattito sulla sostenibilità del sistema Paese a causa degli squilibri generazionali e, in particolare, del sistema pensionistico. Nell’insieme delle città metropolitane, questo indice è aumentato dal 21,1% nel 1993 al 36,7% nel 2023, il che significa che vi è più di un anziano ogni tre persone in età lavorativa (15-64 anni).
In conclusione, dall’analisi dei dati il tema dell’invecchiamento si riconferma una questione urgente con la quale la politica deve fare i conti e trovare soluzioni adeguate in grado di superare la scarsa capacità delle attuali politiche.
Note
- Le città metropolitane sono entità territoriali di ampie dimensioni che hanno preso il posto delle province, e dispongono di propri organi di governo, coprendo gli stessi territori delle ex province. Le città metropolitane prese in esame includono: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Messina e Cagliari.
- Il territorio della “cintura urbana di I livello” o “prima cintura urbana” è costituito dai comuni adiacenti al comune capoluogo, ovvero quelli che condividono il confine almeno in un punto. La “cintura urbana di II livello” o “seconda cintura urbana” comprende i comuni adiacenti a quelli della prima cintura urbana.
Bibliografia
ISTAT (2023), Gli anziani nelle città metropolitane. Profilo sociodemografico e analisi comparativa fra i contesti urbani, agosto.