Nell’ultimo triennio, complice il diffondersi della pandemia di COVID-19, il tema della telemedicina ha animato il dibattito teorico e politico. Sicuramente, la necessità data dalla situazione emergenziale ha velocizzato l’uso del virtuale, sia nei contesti privati che in quelli professionali. Questa trasformazione ha dimostrato la sua efficacia soprattutto in ambiti come il supporto psicologico e la gestione di patologie croniche, nonostante resti ancora limitata per le categorie di persone poco familiari con la tecnologia digitale.
La telemedicina, che fonde la medicina con le telecomunicazioni, è un componente essenziale dell’eHealth. Per introdurre brevemente il concetto, possiamo richiamare la definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) già nel 1997, che la descrive come “l’erogazione di servizi sanitari quando la distanza è un fattore critico, per cui è necessario usare, da parte degli operatori, tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni”. L’Unione Europea nel 2008 con l’emanazione della Comunicazione n. 689/2008, avviò la promozione della telemedicina e in Italia l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) istituì un Tavolo tecnico per redigere Linee di indirizzo nazionali. Tuttavia, è soprattutto nel 2022 che i provvedimenti normativi si pongono il fine di attuare un nuovo assetto, istituzionale, organizzativo e di finanziamento, dell’assistenza pubblica nel nostro Paese. È infatti sulla spinta del PNRR e del DM Salute 77/2022 che si mettono le basi per ridisegnare l’assistenza territoriale, con l’obiettivo tra gli altri di raggiungere il 10% delle persone ultrasessantacinquenni assistite a domicilio.
La telemedicina può contribuire a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria, la fruibilità delle cure, i servizi di diagnosi e la consulenza medica a distanza, oltre a permettere il costante monitoraggio di parametri vitali, anche al fine di ridurre il rischio d’insorgenza di complicazioni in persone a rischio o affette da patologie croniche. Sfruttando la tecnologia è possibile avviare colloqui diretti tramite audio o video tra medico e paziente e la trasmissione protetta e criptata di documenti, referti, diagnosi. Queste modalità di visita possono essere proficue in tutte le situazioni in cui non sia necessario il contatto fisico tra medico e paziente. In particolare, la telemedicina offre potenzialità di grande rilevanza specialmente per accrescere l’equità nell’accesso ai servizi sociosanitari nei territori remoti, grazie al decentramento e alla flessibilità dell’offerta di servizi resi, la cui erogazione viene resa possibile grazie a forme innovative di domiciliarità.
Per converso, non mancano criticità legate all’impiego della telemedicina. In particolare, la crescente digitalizzazione può essere discriminante per le categorie di pazienti meno abbienti, più anziani, meno digitalizzati e senza una rete di supporto familiare. Inoltre, la qualità della relazione viene meno, creando inevitabilmente un distacco ulteriore tra medico e paziente, dovuto all’intermediazione tecnologica. Ancora, la relazione con il paziente online, pur mantenendo aspetti in comune con la relazione in presenza, mostra tratti peculiari che richiedono una formazione ad hoc. Infine, i gap infrastrutturali delle diverse zone geografiche, in particolare nelle zone delle aree interne, richiedono delle nuove forme di coinvolgimento dei vari soggetti istituzionali e del terzo settore, affinché gli interventi di digitalizzazione abbiano effettivamente un territorio adeguato sul quale svilupparsi (Longo e Barsanti, 2021).
Per superare le criticità e le possibili distorsioni dell’utilizzo tecnologico, il DM 77/2022 ha previsto alcune modalità attuative. Ad esempio, come riporta in un articolo pubblicato sui Luoghi Antonio Monteleone, alla “Sezione 1: Requisiti funzionali e livelli di servizio” del DM 77/2022 si cita: “l’eleggibilità clinica è a giudizio insindacabile del medico, che, in base alle condizioni cliniche e sociali del paziente, valuta se proporre al paziente i servizi di telemedicina (ad esempio, una visita di controllo in modalità televisita). Saranno, inoltre, valutate sia l’idoneità che la dotazione tecnologica di cui il paziente dispone (es. smartphone con caratteristiche adeguate all’istallazione di specifiche app per la televisita), e la capacità di utilizzo degli appositi kit per la telemedicina. In quest’ultimo caso può anche essere necessario un sopralluogo per verificare le caratteristiche fisiche, impiantistiche ed igieniche del domicilio del paziente. Contestualmente andranno verificati gli aspetti connessi con la digital literacy del paziente e/o del caregiver al fine di valutare l’appropriatezza dei dispositivi e il grado di autonomia nell’uso”. Pertanto, rimane centrale il ruolo del medico, il quale caso per caso valuta la scelta di attuazione di un percorso “a distanza”.
Patrizia Rocca, nell’articolo “Telemedicina e anziani: l’inizio di una storia d’amore?” sottolinea come alla base della telemedicina vi sia un aspetto paradossale in quanto gli anziani sono sia il target ideale delle televisite, sia la fascia di popolazione meno dotata di competenze e strumenti tecnologici. L’autrice sottolinea come per gli anziani in difficoltà recarsi di persona nell’ambulatorio medico rappresenti un problema noto da tempo. L’articolo, che si riferisce ad un’esperienza in atto nell’ASST Bergamo Est, propone una lettura insolita di un rapporto da costruire, all’interno di una nuova visione dell’assistenza sociosanitaria territoriale. Gli italiani invecchiano e la domanda di cura cresce, in contrasto con la carenza di risorse umane nel settore sanitario. Da qui l’inevitabile necessità di ridisegnare strutturalmente e organizzativamente la rete dei servizi ospedalieri e territoriali, soprattutto nell’ottica di rafforzamento dell’assistenza sociosanitaria territoriale.
Spostando quindi la lente all’organizzazione territoriale, per rendere realizzabile la nuova assistenza domiciliare, all’interno del PNRR ed in particolare nella Missione 6 “Salute”, è stata programmata l’attivazione delle Centrali Operative Territoriali (COT) a livello nazionale, una in ogni Distretto sanitario, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza. Le COT, secondo quanto indicato dal DM 77 del 23/05/2022, insieme alle Case e agli Ospedali di comunità, l’Infermiere di Famiglia e di Comunità e le Unità di continuità assistenziale, costituiscono nei Distretti l’articolazione organizzativo-funzionale dell’Azienda sanitaria locale (ASL) sul territorio. Nello specifico le COT assolvono al ruolo di raccordo tra i vari servizi attraverso funzioni distinte e specifiche, seppur tra loro interdipendenti tra cui la raccolta, gestione e monitoraggio dei dati di salute, anche attraverso strumenti di telemedicina, dei percorsi integrati di cronicità (PIC) e dei pazienti in assistenza domiciliare. Inoltre, si prevede la gestione delle piattaforme tecnologiche di supporto per la presa in carico della persona (telemedicina, teleassistenza e altri strumenti di e-health), utilizzata operativamente dalle Case della Salute/Case di comunità e dagli altri servizi afferenti al Distretto, al fine di raccogliere, decodificare e classificare il bisogno. Questo approccio innovativo alla telemedicina e all’assistenza domiciliare può contribuire a migliorare l’accesso ai servizi sanitari e a garantire una migliore qualità dell’assistenza per i cittadini, mentre ottimizza l’organizzazione delle risorse sanitarie a livello territoriale (Le centrali operative territoriali nella città di Torino. Un modello innovativo per le aree metropolitane).
Come si legge nell’articolo di Milena Vainieri e Sabina Nuti “Eccellenza e prossimità. Un binomio possibile?”, la digitalizzazione della sanità si affianca dunque all’approccio di prossimità, divenuto nodo centrale del riordino della sanità e degli investimenti della missione 6 del PNRR. Un’assistenza di prossimità che punta all’eccellenza richiede un profondo cambiamento dei modelli organizzativi con la creazione di nuove infrastrutture sanitarie, nuovi modi di lavorare e nuovi strumenti di lavoro. La digitalizzazione può attivare la trasformazione dei servizi attraverso la riprogettazione dei modelli di erogazione degli stessi. Nel caso della telemedicina, il medico può visitare i pazienti tramite televista, riducendo la variabilità dei consumi medi per pazienti a pari stadio di patologia, grazie ad appuntamenti programmati con logiche proattive di medicina di iniziativa, generando quindi equità nei consumi e minimizzando rischio di prescrizioni eccessive da un lato e di mancanza di trattamento dall’altro (Anessi Pessina et al., 2021).
Oltre all’organizzazione anche le pratiche di lavoro necessitano un ripensamento alla luce dell’impatto della tecnologia. Come evidenzia Federico Boccaletti, nell’articolo “Competenze per nuovi bisogni di cura nell’evoluzione della società dell’invecchiamento: un nuovo ruolo dei caregiver familiari e degli assistenti familiari”, se da un lato, la digitalizzazione della salute consente di gestire con meno fatica, più sicurezza e qualità, le funzioni assistenziali tradizionali, dall’altro lato, la tecnologia modifica le modalità di connessione ai servizi tramite la telemedicina, la teleassistenza, il telemonitoraggio e la sicurezza, così come le modalità di assistenza. È quindi necessario affiancare alla formazione tradizionale una formazione improntata all’utilizzo della tecnologia, come preziosa collaboratrice in una relazione di cura.
La considerazione dell’impatto delle nuove tecnologie sulle modalità assistenziali è sempre più necessaria nella progettazione dei profili professionali e, di conseguenza, nel processo di apprendimento necessario per affrontare questi cambiamenti. Per attuare concretamente la trasformazione digitale sono necessarie competenze cliniche e digitali ma anche nuovi ruoli e competenze informatiche tra gli specialisti della cura; servono competenze relative all’analisi di elevate quantità di dati per trasformare e mettere in relazione le informazioni in possesso del servizio sanitario in sistemi di allerta o raccomandazioni automatiche che aiutino pazienti e professionisti a ricordare eventi programmati ed evitare errori (La nuova normalità: lavoro ibrido e tecnologia agile). In questo senso, i professionisti del futuro dovrebbero avere competenze ibride clinico-assistenziali, organizzative e informatiche.
La telemedicina può rivelarsi un utile alleato anche nel favorire l’informazione e l’educazione affinché le persone, più consapevoli della propria responsabilità nel generare salute o malattia, possano attuare opportuni cambiamenti nei propri stili di vita. Per tali ragioni, può rappresentare un approccio alle malattie croniche che, attraverso un processo educazionale, sia finalizzato ad aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere la malattia e il trattamento, cooperare con i curanti, vivere in maniera più sana, mantenere e/o migliorare il livello della qualità di vita. Come sottolineano Roberta Rapetti, Silvia Fimiani, Simona Visca, Alberto Piacenza, nel loro articolo “La gestione delle persone affette da cronicità: revisione dei modelli concettuali educazionali e di apprendimento”, il governo dei processi patologici necessita dello sviluppo di un’autogestione efficace da parte della persona, raggiungibile solo con lo sviluppo di abilità specifiche, attraverso approcci attivi, che promuovano cambiamenti comportamentali. La telemedicina, la teleassistenza e il monitoraggio a distanza permettono, attraverso l’abbattimento di barriere architettoniche, economiche e geografiche, un più ampio accesso ai percorsi di cura e un coinvolgimento a 360 gradi dell’utente/caregiver.
L’autrice Babette Dijk nell’articolo: “l’esperienza del Centro Disturbi Cognitivi Demenze dell’ASL4 Chiavarese”, riporta una sperimentazione all’interno del CDCD dell’ASL4 Chiavarese, che si colloca in quella che può essere definita “telemedicina specialistica”, in cui “si forniscono servizi medici a distanza all’interno di una disciplina medica”, nel caso analizzato della geriatria dedicata alla diagnosi e cura dei disturbi cognitivi maggiori.
L’utilizzo della telemedicina si rivela altresì un utile alleato nella valutazione neuropsicologica “da remoto”, per le persone anziane. Relativamente a questo aspetto, Virginia Aglieri, Elena Rolandi, Laura Pettinato, Roberta Vaccaro nel loro articolo “Remote testing in Abbiategrasso (RTA): implementazione di uno studio di fattibilità sulla valutazione neuropsicologica a distanza per le persone anziane” argomentano come in questo specifico ambito la modalità in videoconferenza ha consentito di ottenere una valutazione più completa rispetto alla modalità telefonica.
Dai vari articoli riguardanti la telemedicina pubblicati su “I luoghi della cura” emergono chiaramente opportunità e sfide significative per il futuro. Sicuramente appare essenziale promuovere con determinazione iniziative volte ad agevolare l’adozione delle nuove tecnologie sia tra le persone anziane che tra coloro che prestano assistenza, trasformando così la tecnologia in un prezioso alleato nel processo di cura.