Secondo il World Population Prospect 2022, la percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni crescerà dal 10% del 2022 al 16% nel 2050 (United Nations Department of Economic Social Affairs Population Division, 2022). A questo progressivo incremento della popolazione anziana, corrisponderà un inevitabile incremento delle patologie cronico degenerative e delle disabilità che queste comportano. Le patologie cronico-degenerative sono spesso presenti contemporaneamente nello stesso individuo e rappresentano, ad oggi, le principali cause di morte, morbilità e di perdita di anni di vita in buona salute (PASSI e PASSI d’Argento Epicentro 2022).
Interventi riabilitativi multidisciplinari come risposta ai bisogni dell’anziano con patologie cronico degenerative
Le problematiche legate alla salute della popolazione anziana iniziano a delinearsi come un’importante sfida in ambito sanitario comportando, da un lato un aumento dell’onere socioeconomico necessario per la cura e per l’assistenza delle persone coinvolte e, dall’altro, la necessità di programmare interventi sempre più adeguati alla complessità legata all’invecchiamento e, in particolare, alla non autosufficienza. Dal punto di vista dell’approccio alla cura, tale sfida è stata particolarmente percepita nel campo della riabilitazione dell’anziano affetto da malattie neurodegenerative o neurovascolari.
Da alcuni anni infatti, ci si sta indirizzando verso un approccio multimodale, rivolto alle disfunzioni sia motorie sia cognitive, attraverso uno sguardo multidisciplinare in grado di rispondere alla complessità delle diverse situazioni con l’obiettivo di lavorare, insieme, per raggiungere i migliori livelli di autonomia e benessere psicofisico. La crescente attenzione a interventi non farmacologici di tipo cognitivo (stimolazione, training cognitivo, riabilitazione cognitiva) poggia le sue radici sulla consapevolezza che “ogni essere umano […] esercita continuamente le proprie funzioni cognitive per portare a termine qualsiasi tipo di compito” (Denes et al, 2019.) Ormai consolidato, anche nell’area della riabilitazione neuromotoria, è il concetto di plasticità cerebrale ovvero la capacità del cervello di adattarsi e rimodellare sé stesso, presente non solo durante l’infanzia e l’adolescenza, ma lungo tutto il corso della vita (Tobin et al, 2019). Dal punto di vista operativo, come riabilitatori negli ultimi anni abbiamo progressivamente integrato la tradizionale rieducazione neuromotoria con attività di tipo cognitivo, al fine da garantire una presa in carico complessiva del paziente.
L’esperienza presentata in questo contributo viene realizzata presso il Centro Medico di Fisioterapia di Padova1in un setting di cura ambulatoriale. Negli ultimi anni, alla luce di alcune ricerche sull’efficacia dell’integrazione dell’allenamento motorio e cognitivo (Lauenroth et al, 2016, Wollesen et al, 2020), il tradizionale intervento riabilitativo motorio è stato integrato o affiancato dall’intervento cognitivo, anche con l’introduzione di dispositivi riabilitativi tecnologici.
Al momento ci stiamo indirizzando verso due tipi di intervento cognitivo- motorio:
- intervento cognitivo- motorio simultaneo utilizzato in un percorso strettamente individuale, attraverso anche una piattaforma di riabilitazione virtuale, che permette di proporre contemporaneamente delle attività motorie e cognitive svolte sotto la supervisione del terapista;
- intervento cognitivo- motorio sequenziale dove l’attività motoria e l’attività cognitiva, pur mantenendo un focus individuale, vengono svolti in gruppo, in due percorsi e momenti distinti, uno di seguito all’altro. Anche in questo caso si l’utilizzano strumenti tecnologici quali la lavagna interattiva multimediale e il tablet.
La prescrizione terapeutica alle diverse attività viene effettuata mediante una valutazione dell’anziano secondo un approccio multiprofessionale: l’equipe curante, nello specifico, è composta da psicologa, logopedista, fisioterapista e medico fisiatra, che effettua la diagnosi funzionale e coordina il team riabilitativo. Alla base di tutti gli interventi c’è la cartella riabilitativa individuale in formato digitale, utilizzata come strumento di lavoro e di comunicazione tra i vari componenti dell’equipe. La cartella contiene il Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) ed è composta da varie sezioni, ognuna compilata e costantemente aggiornata da ciascun professionista. I criteri di inserimento nel percorso di riabilitazione simultanea o sequenziale si basano sul grado di funzionalità fisica residua, sulla entità di eventuali deficit sensoriali, sul grado di compromissione cognitiva, sulla presenza/assenza di disturbi psicocomportamentali. Vorremo focalizzare l’attenzione sul percorso sequenziale ed in particolare sul percorso cognitivo in piccolo gruppo, dove l’attività riabilitativa è orientata a mantenere un focus personalizzato e, contemporaneamente, valorizza gli aspetti sociali e relazionali, fondamentali per il benessere della persona anziana (Goh et al, 2019; Feng et al, 2020; Anatürk et al, 2020).
Il percorso riabilitativo cognitivo in piccolo gruppo
L’attività motoria e quella cognitiva vengono effettuate in due momenti distinti, uno di seguito all’altro ed in due palestre diverse. Tali differenziazioni, apparentemente “banali”, assumono per il paziente anche un valore di stimolo cognitivo, aiutandolo da un lato nella strutturazione del tempo (le attività nelle due palestre si svolgono in orari contigui) e dall’altra facilitano una strutturazione “spaziale” (le due attività, motoria e cognitiva, si svolgono in ambienti fisici diversi con arredi specifici per le diverse attività). Si tratta di spazi in cui l’anziano impara ad organizzarsi e a muoversi con costante supervisione del terapista, qualora sia sprovvisto delle capacità richieste.
I gruppi sono composti secondo un criterio di eterogeneità per patologia e grado di compromissione cognitiva2e sono costituiti da un massimo di 5 persone. L’inserimento nel piccolo gruppo avviene dopo la valutazione cognitiva da parte della psicologa che definisce il profilo cognitivo del paziente. Ciò avviene sia attraverso test funzione specifici e di rendimento cognitivo globale come il Mini Mental State Examination, sia attraverso la raccolta della storia di vita del paziente, il colloquio osservazionale, le informazioni ricevute dai familiari di riferimento.
In ogni seduta vengono somministrati esercizi strutturati per specifiche abilità e processi cognitivi, in modo da stimolare le diverse funzioni cognitive (attenzione, memoria logica) calibrati in base alle caratteristiche cognitive del paziente. Allo scopo di personalizzare l’intervento sono state individuate delle strategie di adattamento degli esercizi con l’obiettivo di favorire l’autonomia. Ad esempio a pazienti con difficoltà visive, viene fornito un ingranditore o schede con stimoli ingranditi, per persone difficoltà motorie agli arti superiori, si usano piani di lavoro antiscivolo, per pazienti con importanti deficit cognitivi si usano di schede semplificate. La modalità di presentazione è prevalentemente carta e matita ma, da circa un anno, stiamo utilizzando un tablet con una penna touch, dove abbiamo inserito sia una parte degli esercizi carta e matita, sia una serie di attività cognitive interattive. Al momento il tablet viene proposto a pazienti con difficoltà cognitive medio/lievi, alternandolo ad attività carta e matita.
Dopo le iniziali perplessità, abbiamo osservato come l’utilizzo del tablet venga vissuto come una attività molto coinvolgente e stimolante per il paziente, grazie anche a tutta una serie di rinforzi positivi che vengono forniti alla fine dell’esecuzione di ogni esercizio. Negli ultimi due anni, in particolare dopo il lockdown legato al Covid, abbiamo osservato come l’attività cognitiva in gruppo ha acquisito per i pazienti anche un significato di “ambiente relazionale protetto”. Il target strettamente individuale degli esercizi proposti, crea un clima di competitività controllata, aiuta a contenere eventuali aspetti di ansia da prestazione e facilita l’instaurarsi di un clima piacevole. Contemporaneamente, la partecipazione ad un piccolo gruppo permette ai pazienti di creare relazioni e mettere in atto degli scambi verbali, esprimere le proprie esperienze cognitive nella quotidianità, condividendo talvolta soluzioni e strategie per affrontare le criticità. L’espressione della preoccupazione relativa alle proprie difficoltà cognitive trova così una risposta rassicurante all’interno del gruppo attraverso la condivisione e confronto con gli altri. Non di rado si creano relazioni amicali che continuano anche al di fuori della palestra riabilitativa e coinvolgono anche i familiari.
I fisioterapisti, da parte loro incoraggiano un adattamento positivo ed amichevole, rinforzano le competenze residue e mantengono vivo il senso di autoefficacia, ponendosi in modo incoraggiante, supportivo e talvolta anche di “sdrammatizzazione”. La gestione di un gruppo che, pur costituito secondo criteri specifici, presenta caratteristiche di eterogeneità e significativa variabilità, richiede da parte del terapista una flessibilità nell’intervento, necessaria per apportare i necessari aggiustamenti in base alle fluttuazioni giornaliere e alle caratteristiche individuali del paziente. Questa capacità è il frutto di una formazione continua e di una costante interazione tra la psicologa e il terapista, che permette di ricalibrare le proposte riabilitative in risposta alla necessità dei pazienti e dei risultati. Particolare attenzione è stata rivolta ad aiutare gli operatori a sviluppare un atteggiamento empatico e non giudicante, in modo da valorizzare le risorse residue e sviluppare ausili di compenso per le difficoltà. Sono previsti incontri basati sulle criticità del “qui ed ora” e incontri in “plenaria” tra la psicologa e tutti gli operatori coinvolti nel progetto, per condividere osservazioni, criticità di contenuto, aspetti organizzative, suggerimenti allo scopo di apportare insieme modificazioni utile a ricalibrare il percorso terapeutico. Questi momenti di confronto sono in genere molto apprezzati dai terapisti perché permettono di variare e rendere più stimolante anche per loro il lavoro svolto, percepito e vissuto come “work in progress” grazie alle modificazioni apportate in base ai feedback ricevute dai pazienti.
Conclusioni
L’intervento cognitivo in piccolo gruppo si inserisce all’interno di un approccio biopsicosociale in riabilitazione nel quale si cerca di integrare un trattamento mirato, calibrato “ad personam”, con la valorizzazione e l’attenzione al mantenimento “del capitale sociale” (Berkman et al, 2000), sempre più importante per il benessere del paziente anziano con patologie cronico degenerative.
I dati osservazionali di tipo qualitativo, raccolti nel corso dell’attuazione dell’intervento cognitivo di piccolo gruppo dal nostro gruppo di lavoro, confermano l’efficacia di questo approccio metodologico, evidenziando l’importanza della dimensione individuale e di socialità come fondamenti funzionali al raggiungimento dei risultati riabilitativi. Siamo tuttavia consapevoli della necessità di procedere con ulteriori approfondimenti, anche fondati su programmi di ricerca di tipo quantitativo, con lo scopo di elaborare protocolli di intervento sempre più efficaci.
Note
- Il Centro Medico di Fisioterapia di Padova è una struttura riabilitativa ambulatoriale accreditata dal SSN: una delle aree di intervento di cui si occupa è dedicata al trattamento neuromotorio, logopedico e cognitivo dei pazienti con patologie a carattere neuro degenerativo e neuro vascolare. La maggior parte dei pazienti presi in carico ha un’età superiore ai 65 anni e presenta disabilità accompagnate da deficit cognitivi.
- I criteri di inserimento nel percorso sono: grado di compromissione cognitiva moderato-lieve, assenza di gravi deficit sensoriali, discreta funzionalità residua, assenza di disturbi psicoportamentali.
Bibliografia
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