1 Agosto 2003 | Recensioni

La nave di Teseo. La condizione anziana e l’identità nel cambiamento. A cura di Giuseppe A. Micheli Franco Angeli, Milano 2002


E’ un volume di grande significato questa raccolta di saggi alla quale è stato dato un titolo originale. Discute infatti di come la persona anziana nel corso della vita vada incontro a mille cambiamenti soggettivi ed oggettivi della propria condizione, sempre rimanendo se stessa. E’ però certo che le sostituzioni di pezzi della nave che avvengono durante la navigazione non sono irrilevanti sia per il mantenimento dell’identità dell’imbarcazione sia perché possa raggiungere il porto. Il volume presenta dati di rilevante interesse derivati da una ricerca sulla condizione anziana in una grande città come Milano, inseriti nel quadro di riferimento generale, così espresso: nella vecchiaia “insistere a pensare la morfogenesi della propria vita sotto la categoria dell’elasticità può solo produrre ulteriore disorientamento, disperazione, rottura catastrofica degli equilibri. Eppure una riorganizzazione densa e potenzialmente creatrice e migliorativa delle coordinate della vita è in atto anche in questa fase. Non è l’elasticità la proprietà che va esercitata, ma la plasticità”. Il tessuto quindi del volume è “quello di individuare le condizioni sociali che consentono all’anziano di mantenere la propria identità (e la propria dignità) anche se, via via, i mattoni della propria organizzazione corporea e sociale cadono e lasciano il posto a sostituti percepiti come estranei”.

 

Il volume analizza le trasformazioni che hanno accompagnato la condizione anziana negli ultimi decenni, per dimostrare che le modificazioni sono avvenute nel segno della discontinuità dopo secoli di cambiamenti lentissimi, quasi impercettibili. Tutto cambia: l’ambiente di vita, gli spazi di libertà faticosamente conquistati, ma anche la stessa struttura umana del vecchio, che oggi ha valori, attese, capacità profondamente diverse da quelle dei coetanei del passato. Questo cambiamento, anche biologico, è uno degli aspetti più rilevanti e meno chiariti della ricerca sui processi di invecchiamento.

 

A cosa dobbiamo attribuire l’enorme miglioramento delle condizioni di vita delle coorti avvenuto negli anni più recenti? Fino a quando continuerà questo processo? La compressione della morbilità sarà un fenomeno che porterà ad un evoluzione ulteriore del quadro di riferimento epidemiologico? Ognuno di questi interrogativi può ricollegarsi alla plasticità: come fare a conservare il senso della vita in un mondo che cambia così rapidamente, nel quale l’anziano rischia di essere un attore privo di copione, perché gli è stato rubato o perché non ha più memoria o perché non è più capace di leggere? Però è anche vero che l’uomo vecchio talvolta conserva oltre ogni attesa (l’attesa di chi lo circonda non sempre generosa ed aperta) la capacità di cogliere gli aspetti fondamentali della vita, di discernere ciò che è fondamentale da ciò che è superfluo.

 

La complessità viene solo apparentemente semplificata, ma invece viene compresa nelle sue dinamiche umanamente rilevanti. Ne sono l’esempio alcune opere di grandi artisti compiute in età avanzata e caratterizzate da un’essenzialità del tratto che trascende la lente della realtà, per esprimersi attraverso una personalissima sintesi umana, che sembra davvero aver compreso il senso del nostro essere nell’universo complesso. All’altro estremo della scala sociale vi sono i vecchi fragili, quelli che sono stati colpiti dalla vita e riflettono nella carne e nello spirito la condizione di incapacità ad affrontare efficacemente le piccole grandi difficoltà di tutti i giorni: verso questi si deve indirizzare la protezione di una società che non rinuncia ad aiutare che è stato rallentato anche nei suoi meccanismi di plasticità. Una società che sceglie di costruire le condizioni perché il territorio della città sia il più ospitale possibile, allargando l’area del caregiving da quella naturale a spazi di generosità e sensibilità più ampi, facilitati da scelte politiche ed amministrative che non siano indifferenti alla vita della persona che ha bisogno dell’altro.

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