6 Giugno 2024 | Programmazione e governance

Dimissioni protette in Emilia-Romagna: sviluppo di percorsi assistenziali a tutela della non autosufficienza

L’attenzione all’integrazione, all’assistenza territoriale, alla non autosufficienza caratterizzano da decenni il welfare dell’Emilia-Romagna. La realtà regionale presenta notevoli punti di forza – ad esempio i fondi stanziati per la non autosufficienza, le Case della Salute anticipatrici delle Case della Comunità, le riorganizzazioni a livello distrettuale – ma anche carenze da colmare, per realizzare pienamente un disegno organizzativo orientato all’integrazione di processi e percorsi di cura.


Un precedente articolo (Silvani, 2024) ha evidenziato il punto di vista degli assistenti sociali riguardo, in particolare, al tema delle dimissioni protette e alla necessità di inserire la figura dell’assistente sociale all’interno delle Centrali Operative Territoriali (COT), con un’ottica nazionale. Per i percorsi di continuità assistenziale l’Emilia-Romagna, Regione in cui il welfare e lo sviluppo dei servizi sociali hanno sempre trovato ampia rilevanza, sta sviluppando, a partire da una realtà già presente, un sistema organizzato a più livelli circa le strutture e le professionalità coinvolte, per la realizzazione del LEPS dimissioni protette. L’assetto prefigurato va a integrarsi con l’ampia erogazione di servizi di sostegno agli anziani già presente sul territorio, quale strumento di intervento del servizio sociale comunale.

 

 

I percorsi di dimissioni protette in regione

In Emilia-Romagna la riforma introdotta dal DM Salute 77/2022 e l’individuazione delle dimissioni protette quale LEPS non hanno colto impreparati i servizi del territorio. Già da tempo le aziende sanitarie e le strutture ospedaliere – in modo non sempre omogeneo a livello regionale, ma certamente diffuso – avevano presidiato i percorsi di continuità assistenziale, introducendo personale e strutture organizzative dedicate.

 

Al servizio sociale presente nei reparti ospedalieri, in alcuni casi anche in esperienze di pronto soccorso, si erano aggiunte équipe distrettuali, formate prevalentemente da personale infermieristico ma anche di servizio sociale, che si occupavano di monitorare le situazioni di complessità assistenziale e di sostenere i percorsi di dimissione con l’attivazione di servizi sanitari, ma anche di un’ampia gamma di servizi sociali dedicati: assistenza domiciliare, ricoveri di sollievo, progetti di assistenza tramite assistenti familiari, setting intermedi di cura in ambito sanitario o in RSA. Laddove non presente l’assistente sociale all’interno delle équipe distrettuali, queste si avvalevano dei servizi sociali territoriali.

 

Così si è strutturata nel tempo un’organizzazione in grado di sostenere le famiglie di persone anziane e, in alcuni casi, anche di persone adulte in condizione di elevata fragilità, in modo da garantire un rientro a domicilio protetto e, dove non possibile, una presa in carico da subito efficace, finalizzata a soluzioni residenziali. La presenza di un servizio sociale ospedaliero ha da sempre consentito in varie realtà territoriali un percorso simile, ma con l’organizzazione più strutturata di un percorso specifico anche all’interno dei distretti socio-sanitari; tale attività ha trovato completamento e un’interfaccia territoriale soprattutto per i progetti di presa in carico dei cittadini non ancora conosciuti e/o seguiti dalla realtà locale dei servizi.

 

Tra le altre, la DGR 2128/2016 sulle Case della Salute – strutture che anticipano le attuali Case della Comunità – ricorda come “dalla fine degli anni ’90 la Regione Emilia-Romagna ha avviato un percorso di innovazione dell’assistenza sanitaria, ospedaliera e territoriale, per rispondere in maniera appropriata alla evoluzione dei bisogni della popolazione” e che “nell’ambito di tale percorso è stata posta una particolare attenzione alla integrazione tra ambito sanitario, socio-sanitario e sociale e alla implementazione di reti cliniche integrate, tra servizi ospedalieri e territoriali e sociali”. Tale DGR individua tra gli obiettivi la promozione dell’integrazione tra la Casa della Salute e i diversi nodi della rete dei servizi territoriali e ospedalieri, a garanzia della continuità dell’assistenza.

 

Si ritiene infatti che, a partire dal DM Salute 70/2015, l’integrazione/interazione funzionale tra le strutture territoriali e le strutture ospedaliere ricopra un ruolo significativo all’interno dei percorsi ospedale-territorio, sia in fase di ricovero che di dimissione. In tale ambito si rileva come le Case della Salute e gli Ospedali di Comunità siano i contesti principali per garantire una maggiore appropriatezza dei ricoveri e una tutela in fase di dimissione, tramite il percorso di dimissione protetta. Al punto 2.6 “La continuità territorio-ospedale”, la DGR 2128/2016 afferma: “Una delle principali modalità organizzative attraverso cui la Casa della Salute può garantire la presa in carico e la continuità dell’assistenza è rappresentata dai programmi e percorsi assistenziali integrati (ospedale e territorio).” In precedenza, il Piano sociale e sanitario 2008-2010 aveva individuato come prioritari un nuovo welfare di comunità e l’integrazione come baricentro dello stesso: integrazione istituzionale, tra servizi e tra operatori.

 

Dall’altro lato, il grande investimento compiuto negli anni con la costituzione e il finanziamento del Fondo regionale non autosufficienza, ha poi sempre garantito alle enunciazioni di principio di concretizzarsi nella implementazione di specifici servizi. Il Fondo, istituito con LR 27/2004, nasce precipuamente per sostenere le prestazioni e i servizi sociosanitari forniti dai soggetti pubblici e privati accreditati ai residenti della Regione in condizioni di non autosufficienza. Tale fondo ha visto un più massiccio investimento a partire dall’anno 2017, arrivando a uno stanziamento di 457 milioni € per il 2022; è stato ulteriormente potenziato sia per il 2023 che per il 2024, giungendo in questi ultimi due anni a oltre 500 milioni €.

 

L’incremento appare alquanto opportuno, se si considerano i dati demografici relativamente all’aumento della popolazione anziana (specie degli over 75), alla presenza di componenti anziani nei nuclei familiari (nel 39% delle famiglie è presente un over 65, il 26% delle famiglie è composto solo da over 65), al numero di anziani che vivono da soli (fonte: Ufficio di Statistica della Regione Emilia-Romagna, dati sulla popolazione residente al 1/1/2023).

 

 

L’assetto dopo il DM 77/2022

A seguito delle riforme nazionali (Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, legge 234/2021, DM Salute 77/2022) e alla individuazione del LEPS dimissione protetta, il panorama delineato si sta riorganizzando e completando, andando a configurare una struttura ancora più solida rispetto all’esistente. La DGR 2221/2022 sostanzialmente recepisce le indicazioni del DM 77/2022, riportandole alla realtà regionale, e premettendo che saranno previsti provvedimenti successivi per definire più approfonditamente i singoli ambiti rispetto all’organizzazione territoriale.

 

Dall’osservatorio ordinistico e dall’analisi delle realtà territoriali, le aziende sanitarie e le Case della Comunità già esistenti sul territorio all’approvazione della DGR di cui sopra hanno avviato una riorganizzazione delle strutture esistenti da tempo a livello distrettuale, per realizzare organicamente il modello COT (ad esempio, per l’Azienda di Bologna il PCAP, Punto di Coordinamento Assistenza Primaria – UOC Cure Primarie). Questa riorganizzazione dell’esistente è avvenuta spesso con la partecipazione di un assistente sociale, già presente o in corso di assunzione, per la necessaria valutazione complessa delle situazioni affrontate e dei bisogni portati dai cittadini.

 

Come anticipavamo, in molti casi è già presente una collaborazione strutturata per livelli istituzionali che prevede l’interrelazione tra l’ospedale, la Casa della Comunità e il servizio sociale territoriale in modo principale, ma coinvolge poi anche gli altri referenti territoriali (medici di medicina generale ad esempio) e valorizza una integrazione delle diverse professionalità coinvolte: medici, infermieri, assistenti sociali di reparto; infermiere e assistente sociale della COT; assistente sociale dell’ente locale, insieme a tutte le altre figure professionali via via coinvolte (medici di medicina generale, fisioterapisti, ecc.).

 

Tale assetto si sta ridefinendo e ampliando, completandosi, strutturando relazioni e integrazioni ancora più solide ed efficaci e andando a realizzare appieno il portato del DM 77/2022. Dove non presenti all’interno delle COT, spesso le aziende stanno prevedendo, a partire dalla disponibilità di diversi fondi all’uopo preposti in questo momento storico, l’assunzione di assistenti sociali che completino l’équipe già in forza alle COT. I servizi implementati a sostegno dei cittadini, nel percorso di dimissione protetta, variano a seconda della realtà territoriale e spaziano dall’assistenza domiciliare, al reperimento di assistenti familiari, ai ricoveri fast e/o di sollievo in struttura, mentre i percorsi di continuità assistenziale possono contare in modo pressoché stabile e concreto già da adesso sulla realtà degli Ospedali di Comunità regionali (n. 27 all’atto della DGR in oggetto).

 

Nella DGR 2221/2022, la Regione sottolinea altresì: “rispetto alle Case della Comunità preme segnalare lo studio condotto dalla Regione Emilia-Romagna che ha evidenziato l’effetto positivo delle Case della Comunità, da un lato, in termini di riduzione degli accessi al pronto soccorso e dei ricoveri per condizioni sensibili al trattamento ambulatoriale e, dall’altro, in termini di incremento degli episodi di assistenza domiciliare”. Tali aspetti positivi, già evidenziati nel Dossier 269/2020 – Valutazione di impatto delle Case della Salute su indicatori di cura 2009-2019, si accompagnavano allora a un alto grado di soddisfazione dei cittadini riguardo ai servizi ricevuti, anche se per alcuni aspetti (compresa la continuità assistenziale) era stato rilevato un livello più basso di qualità percepita.

 

 

Le proposte dei professionisti assistenti sociali

Elementi di criticità possono essere contraddistinti nella mancata precisa definizione della presenza del servizio sociale all’interno delle COT; questo nonostante la figura dell’assistente sociale nelle COT possa essere considerata fondamentale per la valutazione dei pazienti con bisogni sociali più o meno complessi, la cui valutazione appunto è determinante ai fini della scelta del setting di destinazione (Pesaresi, 2022).

 

La DGR 2221/2022 recepisce gli standard di personale previsti dal DM 77/2022 (1 assistente sociale come dotazione minima prevista per ogni Casa della Comunità) e programma dunque, a fronte della realizzazione di ulteriori 89 Case della Comunità entro il 2026, un fabbisogno di personale di 89 assistenti sociali. Da poco è stata approvata la DGR 796/2024 che, nel confermare obiettivi e impianto nazionale di istituzione delle COT, sottolinea la centralità del contributo dell’assistente sociale: A garanzia dell’integrazione socio-sanitaria, resta inteso che la figura dell’assistente sociale, del servizio sanitario regionale e/o degli enti locali, deve essere garantita in presenza o mediante stretto collegamento funzionale.” (punto 3.4, dotazione di personale).

 

A fronte di una disposizione che, in continuità con l’orientamento Regionale, amplia in modo sostanziale quella di derivazione nazionale concretizzando la lettura sociosanitaria delle situazioni di criticità, la richiesta è che la presenza dell’assistente sociale sia prevista stabilmente all’interno dell’équipe. Solo in questo modo l’integrazione multiprofessionale può dirsi sicuramente realizzata e non ostacolata da collegamenti funzionali, che – quando non strutturati stabilmente – lasciano ai singoli professionisti la responsabilità di mettersi in rete, specie quando l’assistente sociale sia dipendente dell’ente locale.

 

La stessa Regione, nel sito istituzionale alla pagina Salute, esplicita che entro il 2030 le Case della Comunità evolveranno per garantire ai cittadini, in modo sempre più coordinato: accesso unitario e integrato all’assistenza sanitaria, sociosanitaria e socioassistenziale; prevenzione e promozione della salute; presa in carico di persone con problemi di cronicità e di fragilità; valutazione del bisogno della persona e accompagnamento alla risposta più appropriata; risposta alla domanda di salute della popolazione e garanzia della continuità dell’assistenza; attivazione di percorsi di cura multidisciplinari che prevedono l’integrazione tra servizi sanitari, ospedalieri e territoriali, e tra servizi sanitari e sociali. La parola passa dunque adesso alle aziende sanitarie locali, che dovranno dare corpo alle linee di indirizzo Regionali e alla previsione organica della riforma.

 

Manca inoltre, nell’organizzazione regionale complessiva del servizio sociale in sanità, una strutturazione stabile e determinata, che sia garanzia di omogeneità, valorizzazione e presenza coordinata professionalmente del servizio sociale all’interno dei vari organismi/contesti sanitari.

 

Solo nel 2021, quale esito dell’attività di un Gruppo di lavoro regionale a cui hanno partecipato alcuni Consiglieri dell’Ordine Assistenti Sociali Emilia-Romagna e alcuni professionisti del territorio, la Direzione Cura della persona, Salute e Welfare della Regione – Assessorato alla Salute ha promosso il documento Il servizio sociale professionale nel SSR. Tale documento, che adotta una visione complessiva e completa nel prevedere la strutturazione e la valorizzazione dell’articolazione organizzativa del servizio sociale professionale all’interno delle aziende sanitarie, non prevede però tale costituzione come sistematica e obbligatoria, rimanendo la stessa al livello di indicazione orientativa per le aziende sanitarie.

 

In conseguenza di ciò, dal 2021 a oggi solo un’azienda sanitaria – l’Azienda USL di Bologna – ha strutturato tale servizio all’interno della propria organizzazione. Nel documento citato non è inoltre previsto che gli assistenti sociali possano concorrere a profili dirigenziali, disconoscendo il valore giuridico assunto dal titolo di studio conseguito e la crescita professionale degli ultimi anni. È di tutta evidenza come queste carenze vadano colmate, per la piena realizzazione di un disegno organizzativo che sia strutturato e coerente con gli obiettivi dati, con il rischio, in alternativa, che l’integrazione dei percorsi e dei processi rimanga limitata e parcellizzata sul territorio, invece che diffusa e condivisa.

 

 

Riferimenti normativi

Legge regionale Emilia-Romagna 23/12/2004 n. 27, Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’art. 40 della LR 15/11/2001 n. 40, in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l’esercizio finanziario 2005 e del bilancio pluriennale 2005-2007.

Regione Emilia-Romagna, Piano Sociale e Sanitario 2008-2010.

DM Salute 2/4/2015 n. 70, Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.

DGR Emilia-Romagna 5/12/2016 n. 2128, Case della Salute: indicazioni Regionali per il coordinamento e lo sviluppo delle comunità di professionisti e della medicina d’iniziativa.

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023.

Legge 30/12/2021 n. 234, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024.

DM Salute 23/5/2022 n. 77, Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale.

DGR Emilia-Romagna 12/12/2022 n. 2221, Primo provvedimento di programmazione dell’assistenza territoriale dell’Emilia-Romagna in attuazione del DM 77/2022.

DGR Emilia-Romagna 14/5/2024 n. 796, Linee di indirizzo per l’attuazione delle Centrali Operative Territoriali in Emilia-Romagna.

 

 

Riferimenti bibliografici

Pesaresi F. (2022), Il DM 77/2022 sull’assistenza sanitaria territoriale. La norma, gli approfondimenti, le valutazioni, welfare ebook, n. 7.

Silvani M. (2024), Dal LEPS dimissioni protette alle COT, quale futuro per la non autosufficienza? Il contesto nazionale e le questioni aperte, in I luoghi della cura, n. 2.

P.I. 00777910159 - © Copyright I luoghi della cura online - Preferenze sulla privacy - Privacy Policy - Cookie Policy

Realizzato da: LO Studio