9 Luglio 2024 | Strumenti e approcci

L’Applicazione dell’Intelligenza Artificiale nella realtà clinica dell’Alzheimer

Attraverso l’uso della tecnologia, e principalmente dell’Intelligenza Artificiale (AI), è possibile aumentare le possibilità di aiuto e di cura delle persone affette dal morbo di Alzheimer, con l’obiettivo di rafforzarne le autonomie, rallentare il declino cognitivo e contribuire a ridurre l’isolamento sociale.

L’Applicazione dell’Intelligenza Artificiale nella realtà clinica dell’Alzheimer

L’Intelligenza Artificiale è attualmente oggetto di attenzione nei processi di progresso tecnologico nell’impatto nella società odierna, soprattutto in ambito sanitario. Grazie alla disponibilità di numerosi studi e ricerche si pronostica che l’unione dell’innovazione tecnologica con la medicina potrebbe essere un punto di svolta per lo studio, la prevenzione e la diagnostica di molte patologie tra cui la demenza senile (Livingston et al, 2017; Stern et al, 2018).

 

L’intelligenza artificiale come nuovo metodo di diagnosi

L’intelligenza artificiale è un moderno approccio, basato sull’informatica, che sviluppa programmi e algoritmi che rendono i dispositivi intelligenti ed efficienti nell’esecuzione di compiti che normalmente richiedono un’intelligenza umana qualificata. L’intelligenza artificiale comprende diversi sottoinsiemi come l’apprendimento automatico (ML)1, l’apprendimento profondo (DL)2, le reti neurali convenzionali3, la logica fuzzy4e il riconoscimento vocale5, che hanno caratteristiche e funzioni uniche che possono migliorare l’efficienza della medicina moderna. Tali sistemi intelligenti facilitano l’intervento umano nella diagnosi clinica, nell’imaging medico e nel processo decisionale. Nel frattempo, l’Internet of Medical Things (IoMT) sta emergendo come strumento bioanalitico di prossima generazione che collega dispositivi biomedici online con software con l’obiettivo di migliorare la salute umana. Come per tutte le innovazioni tecnologiche, è importante fare considerazioni sulla sicurezza e sulla gestione del rischio (Martin et al, 2024).

 

Pertanto, riconoscendo il grande potenziale dell’intelligenza artificiale per accelerare la trasformazione digitale dell’assistenza sanitaria, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) elenca le normative più importanti in una nuova pubblicazione, “Regulatory considerations on Artificial Intelligence for health”, che mira a promuoverne l’uso sicuro, efficace e responsabile nel settore sanitario. Il documento, che fornisce indicazioni alle autorità sull’intelligenza artificiale in ambito sanitario, fa parte della Strategia globale per la salute digitale 2020-2025 dell’OMS, che mira a migliorare la salute umana a qualunque età, sviluppando e implementando tecnologie digitali adeguate, accessibili, convenienti, scalabili, sostenibili e incentrate sull’uomo per la prevenzione, l’individuazione e la risposta alle malattie (Wòjcik et al, 2021).

 

L’OMS sottolinea che l’intelligenza artificiale nella sanità offre molte opportunità nelle azioni di prevenzione, diagnosi e trattamento delle patologie e di monitoraggio della fornitura di servizi sanitari alle popolazioni svantaggiate. Il contributo dell’IA può quindi consentire di migliorare la sorveglianza sanitaria pubblica, promuovere la ricerca sanitaria e lo sviluppo di farmaci, sostenere la gestione dei sistemi sanitari sotto pressione e consentire ai professionisti di effettuare diagnosi mediche complesse per migliorare l’assistenza e le opzioni di trattamento (Robillard et al, 2019).

 

Innovazioni tecnologiche per il futuro del Sistema Sanitario: l’utilizzo delle nuove reti neurali artificiali

Con il termine “rete neurale artificiale” o in inglese “artificial neural network” ci si riferisce ad un modello matematico nel campo dell’apprendimento automatico, che mira ad assomigliare alle reti neurali biologiche che esistono nell’uomo o negli animali, e che è costituito da neuroni artificiali costruiti virtualmente o talvolta fisicamente. Lo scopo di questa tecnologia è quello di aiutare a risolvere i problemi informatici e soprattutto quelli legati al campo dell’intelligenza artificiale nel campo della medicina. Per trovare soluzioni sempre più precise, le reti neurali vengono addestrate con diversi tipi di machine learning, che variano a seconda dello scopo per cui vengono prodotte.

 

Prima di tutto è fondamentale analizzare un neurone nella sua globalità. Un neurone presente nel nostro cervello è composto dal soma cioè il corpo cellulare in cui è inserito il nucleo da cui fuoriescono i dendriti, un assone (sempre collegato al corpo cellulare ma più lungo e robusto dei dendriti) e le terminazioni dell’assone. Dobbiamo immaginare che nel nostro cervello esiste una vera e propria rete composta da centinaia di miliardi6di neuroni costituiti da questa stessa struttura.

 

Quello che accade per il neurone biologico è che, nel momento in cui arriva un impulso attraverso i dendriti, il corpo cellulare viene caricato di energia elettrica, e comportandosi come una specie di condensatore e accumula le cariche elettriche. Chiaramente, il soma ha un limite di accumulo e quindi, una volta raggiunta la quantità massima di energia elettrica che può accumulare, entra in gioco l’assone. Quest’ultimo si comporta da canale di fuoriuscita: il corpo cellulare scarica l’energia elettrica nell’assone e questo, a sua volta, trasporta quell’energia ai dendriti ad altri neuroni. Questa dinamica del passaggio dell’impulso elettrico dall’assone ai dendriti prende il nome di sinapsi. In questo modo il nostro cervello riesce a elaborare enormi quantità di informazioni: la sua peculiarità sta nel fatto che la sinapsi riesce ad attivare numerose aree e lo fa contemporaneamente; tale meccanismo è multiplo e simultaneo (Ablameyko et al, 2003).

 

I computer, invece, funzionano processando i dati in modo sequenziale, svolgendo un compito alla volta per poi passare al successivo, e lo fanno in un unico luogo alla volta. Proprio per questo motivo, è risultata interessante l’opportunità di riprodurre il sistema biologico in una creazione del tutto artificiale, cercando di imitare il modello naturale dei neuroni. Una rete neurale artificiale è costituita da nodi o neuroni formali, che costituiscono le unità computazionali di base e che, collegati tra loro, formano un grafo costituito da almeno uno strato di input e uno strato di output. Lo scopo di questa rete è anche quello di elaborare dati e informazioni e funziona sull’input (che si può paragonare all’impulso elettrico di un neurone biologico) che arriva al nodo dello strato di input.

Figura 1 – Semplice rete neurale

 

A questo punto, mantenendo il principio di funzionamento base, il neurone artificiale viene attivato da questo input e riceve anche il massimo “stimolo”. Ogni nodo ha un valore di soglia al di sopra del quale le informazioni ricevute vengono inoltrate allo strato di output. Un po’ come accade tra un corpo cellulare e un assone, quando viene superata una certa quantità di energia immagazzinata, questa viene caricata nell’assone e poi su altri neuroni vicini. La differenza, nel caso dell’AI, è che le informazioni vengono trasmesse sotto forma di numeri, che vengono trasmessi utilizzando funzioni matematiche. In questa fase vengono elaborati i dati inizialmente inviati.

 

Per garantire l’efficacia di questo meccanismo e quindi l’accurata elaborazione dei dati, si studiano metodi di apprendimento automatico (machine learning, o più precisamente deep learning), che allenano la rete neurale facendo funzionare sempre meglio la sua elaborazione. Più una rete neurale è allenata, migliore sarà l’evoluzione dell’algoritmo per ottenere prestazioni migliori. Dagli anni ’50 ad oggi sono stati costruiti diversi tipi di reti neurali, infatti questo argomento è stato studiato per oltre 70 anni. Il primo tipo di rete neurale è il percettrone, una rete neurale creata dallo psicologo Frank Rosenblatt nel 1958, che consiste fondamentalmente in un unico nodo che riceve input e li elaborava tramite una funzione e poi restituiva un output.

Figura 2 – Il percettrone

Esistono poi le reti feed forward, caratterizzate da un flusso di informazioni unidirezionale. Si dividono in reti a singolo strato, quando è presente un solo strato di input e uno strato di output, e reti a più strati, quando sono presenti più strati intermedi di nodi che rimangono “nascosti”. Nel caso delle reti multistrato, poiché esistono strati nascosti, parliamo di reti neurali profonde addestrate con algoritmi di deep learning.

 

 

Le Neurali Ricorrenti (RNN), sono in realtà reti multistrato in cui i segnali provenienti dai nodi di livello superiore diventano tuttavia input per gli strati di livello inferiore. In generale, tale meccanismo utilizza l’output di un livello come l’input di un livello inferiore per creare una memoria nella stessa rete.

Figura 4 – Le reti Neurali Ricorrenti

Un’ultima tipologia, ancora più complessa, è quella delle Reti Neurali Convoluzionali (CNN o ConvNet). Si tratta di un tipo di rete neurale di trasmissione multistrato composta da almeno cinque strati diversi (un ingresso, una serie di strati nascosti e un’uscita.

 

Le strutture di rete neurale possono essere utilizzate con molto successo in molti campi, soprattutto quando si dispone di una grande quantità di dati da elaborare come input per i nodi. I casi d’uso più noti sono il riconoscimento delle immagini (ad esempio il riconoscimento del volto della stessa persona in più immagini diverse), nonché il riconoscimento vocale o testuale. Tra i numerosi ambiti di applicazione di questa tecnologia rientrano anche il marketing, le previsioni finanziarie, il controllo della qualità degli alimenti, la diagnostica medica, i sistemi di sicurezza informatica, le targhe e le banconote, le previsioni sui consumi energetici e altro ancora. A seconda del compito da svolgere, ciascuna rete neurale viene addestrata con un tipo specifico di apprendimento, che va dal più semplice come le machine learning alle più sofisticate tecniche di deep learning (Knapp et al, 2015).

 

Il primo neurone artificiale su microchip per combattere l’Alzheimer

Come avvenuto per le arterie coronarie, il bypass potrà supportare le sinapsi del cervello. In questo caso, però, li aiuta a sostituire le funzioni perse a causa della morte delle cellule cerebrali causata da malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. Si parla di cento miliardi di neuroni, ognuno dei quali è connesso ad altri diecimila: la rete di connessioni del cervello è infatti enorme, e purtroppo, quando si invecchia, ad un certo punto può “lacerarsi”, portando a più o meno gravi difficoltà cognitive. Grazie alla sua plasticità, il cervello compensa a lungo la morte dei neuroni, ma quando viene superata una certa soglia di danno ciò risulta essere impossibile e compaiono i sintomi della demenza. In un futuro non troppo lontano, i fori nella rete di connessioni cerebrali potrebbero essere riempiti, o meglio “bypassati” da neuroni sintetici su chip: esistono già e sono già stati testati in vitro e sui ratti.

 

Questi chip sono analogici, come il corpo umano, ricevono e trasmettono informazioni elettriche come i neuroni umani, ma non possono essere controllati dall’esterno. Consumano un miliardo di volte meno energia di un normale microprocessore, tanto che possono utilizzare le microcorrenti prodotte dai neuroni biologici e non necessitano di energia. Oggi il chip è di cinque millimetri quadrati, ma in un prossimo futuro potrà raggiungere il diametro di un capello e potrà essere impiantato in aree danneggiate del cervello umano e, almeno parzialmente, ripristinare la comunicazione tra le cellule e quindi la funzione cognitiva. I risultati raggiunti e le prospettive future sono state presentate e discusse in una conferenza su invito, organizzata dall’Associazione Ricerca sulla Demenza Onlus, nel 2021, al XVI Congresso SIN-DEM (Associazione Autonoma al seguito del SIN per la Demenza).

 

Il futuro dell’assistenza ai malati attraverso il progresso tecnologico. La robotica: un modello di Sanità 4.0

Oltre allo sviluppo generale dei modelli di organizzazione del lavoro, anche la medicina si sta muovendo verso il modello Sanità 4.0. Il modello è caratterizzato da servizi sanitari incentrati sull’uomo, basati sulla digitalizzazione avanzata e sull’automazione dei processi sanitari. La sua forza sta nell’implementazione di tutte le tecnologie smart emergenti: sensori miniaturizzati, sistemi indossabili o wearable, robotica avanzata, sistemi di archiviazione dati e tutto ciò che migliora l’efficacia delle cure e promuove sia la prevenzione che l’invecchiamento attivo. In questo scenario prevale la robotica perché può essere applicata ad interventi sanitari nel campo della chirurgia, della diagnosi, riabilitazione, protesi, logistica ospedaliera e all’assistenza agli anziani e ai disabili7.

 

In generale, l’obiettivo ideale per i sistemi robotici è costituito da tutte quelle procedure che richiedono lo svolgimento di compiti ripetitivi e ben strutturati. In particolare, la robotica medica consiste in una serie di applicazioni ad alto contenuto tecnologico che richiedono la convergenza di competenze multidisciplinari come meccanica, medicina e informatica. Questo approccio raggiunge un elevato livello di cura del paziente, semplifica le procedure cliniche e crea un ambiente sicuro per i pazienti e gli operatori sanitari (Martson et al, 2021). I sistemi robotici trovano sempre più applicazioni in ambito diagnostico, dove sono supportati da intelligenze artificiali finalizzate all’interpretazione digitale di immagini radiologiche e istopatologiche. Nel campo della riabilitazione, i dispositivi robotici possono supportare o sostituire le persone. Il loro utilizzo semplifica le operazioni di routine, garantisce processi più fluidi e offre ai pazienti maggiore empatia e interazione umana. Per le necessità logistiche si utilizzano robot di servizio in grado di monitorare l’inventario, effettuare ordini tempestivi e promuovere il posizionamento ottimale di forniture, attrezzature e medicinali. In sintesi, si può affermare che la robotica potrà fornire una risposta concreta all’aumento, senza precedenti, dei bisogni sanitari della popolazione che invecchia nel prossimo futuro (Alzheimer’s Disease International, 2022).

 

I robot per l’assistenza agli anziani

Il robot di assistenza è stato sviluppato da un consorzio di esperti del settore sanitario, dell’industria della robotica e di gruppi di specialisti della demenza. La caratteristica principale del robot è un metodo di progettazione orientato all’utente, con feedback negli studi pilota provenienti dai pazienti stessi. Le possibilità più interessanti nascono dal già citato Internet of Things, ovvero la possibilità di connettere dispositivi e oggetti presenti in casa e comunicare tra loro per migliorare la salute, l’indipendenza e la qualità della vita di anziani o disabili.

 

Soluzioni tecnologiche appositamente progettate per gli anziani possono aumentare l’aderenza al trattamento, la percezione di sicurezza e l’automonitoraggio. Una strategia sanitaria particolarmente efficace può essere lo sviluppo di sistemi tecnici in grado di compensare i deficit fisici, cognitivi e comportamentali delle persone affette da demenza. Il vantaggio, oltre a consentire al paziente di rendersi indipendente e di continuare a vivere presso la propria abitazione, è quello di alleggerire il peso fisico e psicologico che grava sui caregiver informali della cura di una malattia cronica, invalidante e progressiva sempre più diffusa. Le tecnologie assistive che si sono rivelate efficaci in questo ambito sono ancora una volta i robot, in particolare quelli responsabili della riabilitazione, del controllo remoto, della valutazione sanitaria e del supporto psicosociale (Jones et al, 2021).

 

Il robot semi-umanoide più utilizzato a questo scopo è Pepper, che da ottobre 2020 è presente presso l’IRCSS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo per aiutare gli anziani con declino cognitivo e difficoltà motorie.

Figura 5 – Pepper, il robot semi-umanoide

In generale, i robot umanoidi vengono utilizzati principalmente per compiti di assistenza e comunicazione, mentre i robot con caratteristiche animali vengono utilizzati per il supporto agli stati emotivi. Tutte queste esperienze aprono scenari suggestivi per l’uso versatile della telemedicina, della robotica e della domotica per migliorare la salute degli anziani, combattere l’isolamento sociale e rallentare il declino cognitivo. Si tratta però di iniziative sperimentali dalle quali non è ancora possibile trarre conclusioni definitive e generali. Non ci sono abbastanza informazioni per valutare l’impatto dei robot e degli assistenti virtuali sulla vita degli anziani, soprattutto nell’ambiente domestico. La qualità degli studi condotti finora è messa in discussione, poiché è difficile coinvolgere direttamente le persone affette da demenza o da disabilità nella progettazione delle macchine, con un processo centrato sulla base delle loro esigenze ed aspettative. Inoltre, permangono difficoltà etiche e giuridiche riguardanti la tutela della privacy, il trattamento dei dati personali e la prestazione del consenso informato, oltre a problemi pratici dovuti alla mancata digitalizzazione dei cittadini sopra i 60 anni.

 

Sebbene l’informatica consenta oggi le visite televisive (consulenze mediche a distanza) e il monitoraggio sanitario con l’ausilio di dispositivi medici portatili, l’ipotesi di delegare interamente i compiti clinici e sanitari ad un robot o, ad un assistente virtuale, non risulta essere vincente come alternativa plausibile ed è ancora molto meno desiderabile (Newbould et al, 2022).

 

Intelligenza Artificiale: il futuro al servizio dell’anziano

Uno studio condotto dal Centro Ricerche Eurac di Bolzano nel 2021, con il coinvolgimento di 36 soggetti di età compresa tra 65 e 94 anni, ha testato l’utilizzo di un kit domotico composto da diversi elementi internet: un tablet, un orologio con modalità di emergenza e sensori che erano posizionati in punti strategici della casa. Tale sistema si è rivelato utile per monitorare le abitudini degli anziani, i loro parametri vitali ed avvisarli in situazioni di emergenza, contribuendo ad una riduzione di stress psicologico, ansia e depressione e ad un miglioramento dell’umore.

 

Un altro studio presso la Nayang Technological University di Singapore nel 2016 ha dimostrato che i robot umanoidi potrebbero essere molto utili per soddisfare i bisogni emotivi e sociali degli anziani. Tale studio rivela che esiste un’ampia gamma di dispositivi basati sull’intelligenza artificiale, attualmente disponibili nell’assistenza agli anziani e i loro ruoli possono variare. Per comodità, sono state identificate sei categorie di intelligenza artificiale: robot (umanoidi e non), esoscheletri, case intelligenti, applicazioni e dispositivi indossabili, dispositivi ad attivazione vocale e sistemi di realtà virtuale. Questi possono a loro volta includere cinque ruoli in altrettanti domini: riabilitazione, supporto emotivo, socialità, controllo e pensiero. In riabilitazione, l’A.I. è stata utilizzata per ripristinare la funzione motoria danneggiata da eventi traumatici, migliorare l’incuria, migliorare la qualità del sonno, rafforzare l’equilibrio, prevenire le cadute e alleviare il dolore.

 

È chiaro che i dispositivi basati sull’intelligenza artificiale devono essere forniti in modo adeguato all’età per superare le barriere legate alla sfiducia nei benefici delle nuove tecnologie. Gli studi condotti dimostrano che non solo il numero delle tecnologie disponibili è in aumento, ma anche la loro diversità, consentendo loro di essere sempre più integrate nel settore sanitario. Tecnologie attualmente basate sull’A.I. combinano tecniche di machine learning con algoritmi informatici sempre più sofisticati per soddisfare esigenze sempre più complesse, tra cui quelle di business e di intrattenimento, facilitando la comunicazione e migliorando l’interazione sociale. Inoltre, i dispositivi sono stati progettati per essere ancora più sicuri, facili e divertenti per renderli ancora più accessibili agli anziani. Tutto ciò favorisce l’autonomia dell’anziano, gli consente di svolgere con profitto le sue attività quotidiane e offre sostegno psicosociale. La ricerca futura dovrebbe quindi concentrarsi sulla validazione clinica dei dispositivi basati sull’intelligenza artificiale e la loro crescente prevalenza nella professione per colmare il divario tra teoria e pratica (Berridge et al, 2023).

 

L’investimento dello Stato italiano nella tecnologia avanzata

Il governo italiano vuole sostenere i nuovi investimenti delle startup nel settore dell’intelligenza artificiale. In occasione della Giornata dell’Intelligenza Artificiale si è parlato delle opportunità e dei rischi dell’intelligenza artificiale, della necessità di una sua attenta regolamentazione e monitoraggio, ma anche e soprattutto di sostenere i talenti locali, trasformando le idee in qualcosa di concreto.

 

Nel messaggio di fine anno 2023, il presidente Sergio Mattarella ha ricordato quanto sia importante saper leggere la direzione e la velocità dei cambiamenti che stiamo vivendo. Cambiamenti che possono avere un impatto positivo sulla nostra vita. La tecnologia ha sempre cambiato le strutture economiche e sociali. Il Presidente della Repubblica ricorda che siamo nel pieno di quello che è ricordato come un “grande salto storico all’inizio del terzo millennio”, in cui si deve garantire che l’attuale rivoluzione rimanga umana. È scritto nella tradizione di una civiltà che vede nell’uomo – e nella sua dignità – un necessario pilastro di sostegno.

 

L’attuale governo ha deciso di rivedere il piano strategico per il triennio 2022-2024 elaborato dal governo Draghi nel 2021 prima della sua naturale scadenza. Una scelta del tutto condivisibile anche perché il progetto nato grazie ad un buon lavoro8presentava diversi limiti. A parte un orizzonte temporale e spaziale troppo breve (tre anni e focus principale su ricerca e sviluppo), lo Stato Italiano non aveva fondi da investire nel settore tecnologico o una gestione speciale. Due peccati capitali che crediamo che la strategia che si sta sviluppando risolverà, perché per essere davvero efficace e non più un nuovo libro dei sogni, la strategia deve mostrare, da un lato, cifre realisticamente disponibili e, dall’altro, deve individuare i soggetti responsabili delle attività pianificate e il meccanismo per controllarne l’attuazione e i suoi effetti.

 

In questo contesto, dove l’Italia conta imprese più piccole e spesso piccolissime rispetto ad altri Paesi, appaiono particolarmente rilevanti gli incentivi fiscali per l’educazione digitale (la cosiddetta “educazione 4.0”) previsti fino al 2022. Ma la revisione complessiva degli incentivi alle imprese dal passaggio dal 4.0 al 5.0 rappresenta un banco di prova importante. Dopo tanti annunci per il 2023, il nuovo assetto verrà implementato nel corso del 2024, dopo una lunga trattativa con la Commissione Europea sulla modifica al PNRR recentemente approvata.

 

Il pericolo appena accennato è che quando la transizione ecologica e l’efficienza energetica vengono incluse nel paradigma 4.0, che non è ancora sufficientemente sviluppato, nessuna delle due transizioni, e soprattutto la competitività del Paese, che dovrebbe essere il principale beneficio delle misure di sostegno. In un clima tecnologico di grande cambiamento, gli imprenditori, soprattutto quelli più piccoli, dovrebbero essere supportati non solo e forse non principalmente da incentivi finanziari per l’acquisto di hardware o software, ma anche da competenze che non hanno bisogno di conoscere gli investimenti più adatti alla situazione. Il 2024 sarà finalmente l’anno in cui si potrà compiere un simile salto culturale nella politica innovativa, anche se permangono seri dubbi dovuti anche ai tanti limiti esterni ed interni del bilancio dello Stato e alla capacità della pubblica amministrazione di pensare in questi termini, ma non bisogna mai rinunciare alla speranza.

Note

  1. L’apprendimento automatico è un’applicazione dell’intelligenza artificiale. È il processo di utilizzo di modelli matematici di dati per aiutare un computer ad apprendere senza istruzioni dirette. Ciò consente al sistema informatico di apprendere e svilupparsi in modo indipendente in base all’esperienza.
  2. L’apprendimento profondo o Deep Learning è il campo più giovane dell’intelligenza artificiale basata su reti neurali. Tuttavia, può essere visto come parte dell’apprendimento automatico perché utilizza anche i dati per risolvere problemi o intraprendere azioni in una determinata situazione.
  3. Le reti neurali convenzionali: Le reti neurali convenzionali utilizzano dati tridimensionali per classificare immagini e riconoscere oggetti. Le reti neurali sono un sottoinsieme dell’apprendimento automatico e svolgono un ruolo importante negli algoritmi di deep learning.
  4. La logica fuzzy consente ad un agente razionale di affrontare le scelte in condizioni di incertezza facendo affidamento su una rappresentazione sfumata e probabilistica della realtà.
  5. Il sistema di riconoscimento vocale basato sull’intelligenza artificiale riconosce le parole utilizzando tecniche di apprendimento automatico.
  6. il numero più accreditato sta fra i 70 e i 100 miliardi, anche se un conto preciso non esiste sono stime ed estrapolazioni (von Bartheld et al, 2016)
  7. Le applicazioni mediche sono le più diverse e spaziano dalla diagnosi alla chirurgia, dalla riabilitazione alle neuroscienze, dal monitoraggio dei pazienti anziani e malati cronici, ai trattamenti intelligenti e personalizzati.
  8. risparmi sulla manodopera, una produzione più efficiente, trasporti più facili e mercati più dinamici, nonché una rivoluzione nei processi di raccolta, organizzazione e controllo dei dati

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