Considerati i trend demografici globali, che mostrano un progressivo invecchiamento della popolazione, una delle sfide di questo millennio è comprendere i segreti di un invecchiamento in salute o “di successo”. È tuttavia utopico pensare che questo abbia a che fare con l’assenza di malattia, ma piuttosto si riferisce alla capacità multidimensionale e dinamica di adattarsi ai cambiamenti e agli stressors biologici, psicologici e sociali che comporta l’invecchiare. Un recente studio condotto presso la Fondazione Golgi Cenci con il supporto paritario di Fondazione Serpero, ha indagato quali fossero le determinanti di un invecchiamento “resiliente”, in un campione di grandi-anziani, adottando un approccio multidimensionale.
La resilienza nell’invecchiamento
Nella letteratura gerontologica, il termine resilienza viene utilizzato in 3 diversi campi di ricerca tra loro indipendenti. Il concetto di resilienza psicologica, nato nell’ambito della psicologia dello sviluppo, si riferisce alla capacità di adattarsi positivamente agli eventi stressanti e alle avversità della vita, mantenendo una buona salute mentale (Laird et al., 2019). I fattori tipicamente associati sono buone capacità di adattamento (o coping), ottimismo, speranzosità, emotività positiva, autostima, autoefficacia, padronanza, mentalità di crescita, senso di scopo, spiritualità, supporto sociale e coinvolgimento della comunità. Vi contribuiscono anche alcuni aspetti di tratto plasmati dall’interazione geni-ambiente nella prima infanzia, come uno stile di attaccamento sicuro1e alcuni tratti di personalità, come la coscienziosità e la stabilità emotiva.
La resilienza cognitiva rimanda al concetto di riserva cognitiva, che Yacov Stern definì come la capacità del cervello di conservare buone prestazioni cognitive nonostante l’accumularsi dei cambiamenti fisiologici dovuti all’età e alla presenza di patologie neurodegenerative (Stern et al., 2012). Questo costrutto è stato ampiamente studiato negli anziani e viene tradizionalmente misurato tramite indicatori della quantità e della qualità delle esperienze cognitivamente stimolanti accumulate nel corso della vita, come la scolarità, lo status socio-economico in infanzia, il livello occupazionale, le attività cognitive svolte nel tempo libero e il quoziente intellettivo. Inoltre, rientra in questo ambito di studio anche l’effetto di uno stile di vita protettivo, quali una attività fisica abituale, la stimolazione cognitiva e sociale, la aderenza alla dieta mediterranea (Kivipelto et al., 2018).
Infine, il costrutto di resilienza fisica recentemente emerso in ambito biomedico, si riferisce alla capacità di recuperare o di ottimizzare la funzione a fronte di perdite apportate dall’avanzare dell’età o da malattie (Resnick et a., 2011). Anche la resilienza fisica presuppone una forma specifica di riserva – identificata nella “capacità intrinseca” – e si distingue dalla “robustezza”, intesa come capacità di non deviare, o di discostarsi quanto meno possibile, da una condizione di partenza. La resilienza fisica viene generalmente studiata tramite risposte a questionari e, più recentemente, tramite test funzionali di performance e di forza.
Tuttavia, a prescindere dalla specifica dimensione indagata (psicologica, cognitiva o fisica) le indagini condotte sinora in ambiti di studio separati e indipendenti, riportano le medesime limitazioni metodologiche: mancanza di consenso sulla terminologia e sugli strumenti di misurazione, studi generalmente condotti su campioni di convenienza, sovrapposizione e reciproci collegamenti tra le diverse variabili predittive, con conseguenti difficoltà metodologiche e interpretative (Fratiglioni et al., 2020).
Il presente studio cerca di superare tali limitazioni e offrire una prospettiva nuova e integrata, grazie alla possibilità di studiare l’effetto dei diversi fattori collegati alla resilienza in senso ampio e multidimensionale (psicologica, cognitiva, fisica) in un campione di grandi anziani derivato da uno studio di popolazione. Questo ci ha permesso di studiare il contributo specifico e indipendente di ciascun fattore, nel predire quello che abbiamo definito “fenotipo resiliente”, ossia il mantenimento in età molto avanzata (sopra gli 80 anni), di salute cognitiva, mentale e di autonomia funzionale, nonostante l’accumulo di stressors psicosociali e fisici accumulati nel corso dell’invecchiamento e considerando anche l’esposizione al COVID-19 come ulteriore fattore stressante.
Nello specifico, sono state formulate le seguenti domande di ricerca:
- Qual è la struttura sottostante ai principali fattori fisici, cognitivi e psicologici collegati alla resilienza durante l’invecchiamento?
- I fattori ricavati predicono in modo indipendente un buon adattamento al processo di invecchiamento (da noi definito fenotipo resiliente), a parità di esposizione agli stressors fisici e psicosociali?
Di seguito presentiamo sinteticamente il disegno di studio e i risultati, che possono essere consultati in forma estesa nell’articolo recentemente pubblicato (Rolandi et al, 2024).
Risultati dallo studio InveCe.Ab
Lo studio InveCe.Ab (Invecchiamento Cerebrale in Abbiategrasso) è uno studio longitudinale di popolazione, che prevedeva di includere tutte le persone di età compresa tra i 70 e i 74 anni residenti in Abbiategrasso alla data di avvio (1° novembre 2009), disponibili a effettuare valutazioni multidimensionali periodiche che comprendevano: un prelievo di sangue, una visita geriatrica, una valutazione neuropsicologica e un questionario sociale sullo stile di vita. Al basale sono stati reclutati 1321 partecipanti e il tasso di adesione si è mantenuto elevato nel corso delle rivalutazioni effettuate a distanza di 2, 4 e 8 anni (vedi Figura 1). Tutti i dettagli sul disegno di studio e gli strumenti utilizzati sono riportati nel protocollo pubblicato (Guaita et al., 2013).
Per gli scopi del presente studio (approvato dal Comitato Etico Milano Area 3 in data 19/01/2022 con parere n 26-19012022), nel 2022 sono stati ricontattati tutti i partecipanti allo studio InveCe.Ab ancora in vita che avessero partecipato ad almeno una rivalutazione di follow-up, per sottoporsi alla quinta rivalutazione multidimensionale. Il reclutamento è stato avviato a febbraio 2022 e si è concluso a gennaio 2023, portando all’adesione di 501 partecipanti di età compresa tra gli 83 e gli 87 anni. Tra questi, sono stati selezionati coloro che non avevano una diagnosi di demenza (N=97) e che avessero completato la valutazione multi-dimensionale. Sono stati quindi analizzati i dati di 404 grandi-anziani senza diagnosi di demenza.
Per indagare la resilienza è necessario individuare almeno tre fattori: i fattori predisponenti, la presenza di uno stressor (ambientale o biologico) e una risposta positiva di adattamento della persona (Angevaare et al., 2020). I fattori predisponenti considerati sono mostrati in Figura 2. La valutazione multidimensionale condotta nello studio InveCe.Ab nel corso del tempo permette di ricavare una varietà di misure che si riferiscono alle tre principali dimensioni di resilienza individuate. Alcune misure sono state specificatamente introdotte nella quinta rivalutazione per le finalità del presente studio (evidenziate in azzurro in Figura 2).
L’esposizione a stressors nel corso dell’invecchiamento è stata valutata tramite indici che riassumevano l’accumulo di eventi stressanti psicosociali (Geriatric Adverse Life Events Scales) e l’indice di comorbilità (Cumulative Illness Rating Scale) durante tutto il periodo di osservazione dello studio (12 anni, a partire dai 70-75 anni). È stato inoltre considerato come stressor anche l’anamnesi di infezione sintomatica da COVID-19. La risposta positiva di adattamento, infine, è stata definita come il mantenimento in età molto avanzata (83-87 anni) di un buon funzionamento cognitivo, affettivo e funzionale.
Nello specifico, sono state considerate le seguenti misure per definire questo “fenotipo resiliente”:
- Attività di base della vita quotidiana (BADL) preservate;
- Profilo cognitivo nella norma sulla base di una valutazione neuropsicologica completa;
- Assenza di depressione clinicamente rilevante.
Questa definizione multidimensionale è in accordo con la definizione di salute degli anziani della World Health Organization “World Report on Ageing and Health”. Sui 404 partecipanti inclusi, 153 (38%) mostravano questo “fenotipo resiliente”.
Per rispondere alla prima domanda di ricerca, le 20 variabili considerate collegate alla resilienza sono state raggruppate tramite analisi fattoriale in 6 fattori esplicativi così composti:
- Fattore 1, denominato “riserva cognitiva”, comprende scolarità, occupazione, condizione socio-economica in infanzia e intelligenza “fluida” (misurata mediante le Matrici Progressive Colorate di Raven);
- Fattore 2, denominato “riserva affettiva”, raggruppa le capacità di adattamento alle avversità (Resilience Scale), la dimensione di fiducia dell’attaccamento, il tratto di personalità estroversione;
- Fattore 3, definito “attaccamento insicuro”, comprende le dimensioni collegate ad un attaccamento insicuro-preoccupato (bisogno di approvazione, secondarietà delle relazioni, preoccupazione nelle relazioni);
- Fattore 4, comprende misure che riflettono lo “stile di vita attuale”, quali l’attività fisica e ricreativa nel tempo libero, i contatti sociali, l’aderenza alla dieta mediterranea e la velocità nel cammino;
- Fattore 5, definito “riserva fisica”, include la forza di prensione della mano e la circonferenza addominale;
- Fattore 6: composto solo dalla dimensione di disagio nell’intimità dell’attaccamento, quindi definito “attaccamento evitante”.
Tali fattori sono dotati di una buona plausibilità, considerata la natura dei rispettivi componenti e risultano in sintonia con la letteratura gerontologica, seppure la loro struttura non fosse mai stata studiata prima d’ora contemporaneamente e direttamente nello stesso campione di grandi anziani.
Successivamente, per rispondere alla seconda domanda di ricerca è stata effettuata una regressione logistica, che ha dimostrato che i fattori che predicono in modo indipendente il fenotipo resiliente a parità di eventi stressanti in questi ultraottantenni sono la riserva cognitiva, lo stile di vita attuale e la riserva affettiva.
Questi risultati dimostrano che restano influenti anche a ottanta e più anni non solo i fattori più prevedibili come lo stile di vita attuale, ma anche quelli che caratterizzano la prima parte della vita come scolarità e condizione sociale dell’infanzia. Un altro risultato non scontato è l’importanza della “riserva affettiva” che comprende alcune modalità di relazionarsi con sé stessi e con gli altri e la capacità di far fronte agli avvenimenti stressanti. Da sottolineare che l’analisi di questi risultati è stata condotta a parità di eventi stressanti.
Quindi questi ultraottantenni sono resilienti non perché risparmiati dagli eventi stressanti ma perché più “dotati” di riserva cognitiva e affettiva, e capaci di mantenere anche a questa età uno stile di vita attivo, nonostante gli eventi stressanti.
Conclusioni e prospettive future
Studiare le determinanti della resilienza all’invecchiamento può offrire alla comunità scientifica e civile informazioni utili per orientare gli interventi preventivi di salute pubblica. Questa prospettiva è di per sé originale, poiché la maggior parte degli studi e degli approcci preventivi partono dall’indagine dei fattori di rischio per una specifica patologia (es: demenza) per poi progettare gli interventi preventivi utili per contrastarli. Tuttavia, moltissime patologie collegate all’invecchiamento condividono gli stessi fattori di rischio modificabili e risulterebbe quindi più efficace unire gli sforzi preventivi intorno a un messaggio positivo di promozione della salute, piuttosto che di evitamento o assenza di malattia.
I nostri risultati confermano in parte la letteratura già esistente e allo stesso tempo offrono punti di vista nuovi e originali che meritano un ulteriore approfondimento. Prima di tutto, si conferma l’importanza dei fattori protettivi lungo tutto il corso di vita, considerando l’influenza significativa che alcuni aspetti precoci continuano ad esercitare anche in tarda età. Allo stesso tempo, si osserva come anche le abitudini attuali giochino un ruolo chiave e indipendente nel determinare un invecchiamento in salute. Infine emerge un nuovo costrutto, quello della riserva affettiva, composto da variabili generalmente associate ad esiti di salute psicologica e più raramente studiate nell’invecchiamento, che mostra un effetto comparabile agli altri due fattori già largamente studiati nell’ambito dell’invecchiamento e delle demenze.
Note
- L’attaccamento è la tendenza innata degli esseri umani a ricercare prossimità e protezione in situazioni di percepita vulnerabilità. Lo stile di attaccamento personale si plasma nella prima infanzia sulla base delle esperienze di relazione e interazione con le proprie figure di riferimento principali. Quando queste sono sufficientemente responsive ai bisogni del bambino si sviluppa un attaccamento sicuro, caratterizzato da alti livelli di fiducia verso di sé e verso il prossimo. Per un approfondimento: www.stateofmind.it/attaccamento
Bibliografia
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