La demenza è una sindrome clinica a decorso cronico-progressivo molto diffusa nell’età avanzata. Il numero di persone affette da demenza sta aumentando notevolmente e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si stima che entro il 2030 ci saranno almeno 82 milioni di persone nel mondo con diagnosi di demenza (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2023). Uno dei problemi più rilevanti è rappresentato dalla manifestazione dei sintomi comportamentali e psicologici della demenza (BPSD), i quali, oltre a compromettere la qualità di vita della persona malata determinando un aumento dell’istituzionalizzazione e della morbilità e mortalità, sono associati ad un aumento del carico di assistenza, disagio e stress dei caregiver e operatori, nonché ad un aumento del livello di ansia e depressione degli stessi (Gitlin et al., 2012).
I BPSD, oltre ad essere una conseguenza dei danni cerebrali che si verificano, potrebbero essere espressione di un bisogno di cura insoddisfatto oppure potrebbero esprimere un tentativo della persona di comunicare bisogni fisici o psicologici che non vengono soddisfatti (Kales et al., 2014). Pertanto, diverse strategie terapeutiche non farmacologiche, quali la musicoterapia, la terapia della reminiscenza e la terapia multisensoriale, vengono raccomandate per mitigare la manifestazione di tali sintomi. Tali approcci risultano preferibili, in quanto, oltre ad essere efficaci, riducono il rischio di effetti collaterali associati all’uso prolungato di farmaci, considerando la maggiore sensibilità degli anziani a tali sostanze (Abraha et al., 2017). Tra le terapie non farmacologiche, la doll therapy (DT) emerge come un’opzione volta a promuovere l’attaccamento, la compagnia e l’utilità nelle persone con demenza, al fine di migliorare il loro benessere e la qualità della vita, mentre si riduce la manifestazione dei BPSD (Martín-García et al., 2022). Fondata su tre teorie chiave – la teoria dell’attaccamento, la teoria dell’oggetto transizionale e la teoria centrata sulla persona – questo approccio si basa su comportamenti quali accudire, tenere, parlare, nutrire e coccolare una bambola (Ng et al., 2017).
L’analisi narrativa
È stata condotta un’analisi narrativa della letteratura tramite la consultazione della banca dati MEDLINE attraverso l’interfaccia PubMed. La ricerca è stata eseguita nel periodo compreso tra il 28 settembre e l’11 ottobre 2023. Lo scopo della ricerca era indagare sull’efficacia della doll therapy nei sintomi comportamentali e psicologici della demenza. A tale scopo, è stato posto il seguente interrogativo: “La doll therapy risulta efficace nel trattamento dei sintomi comportamentali e psicologici della demenza?”
Tale quesito di ricerca è stato formulato al fine di esaminare attentamente il potenziale impatto della doll therapy sui sintomi comportamentali e psicologici associati alla demenza. Per condurre la nostra ricerca in modo accurato, abbiamo utilizzato una serie di parole chiave specifiche. In particolare, abbiamo focalizzato la nostra attenzione su doll therapy e Dementia. Queste parole chiave sono state selezionate con cura al fine di garantire la rilevanza dei risultati e facilitare l’identificazione degli studi pertinenti. Il nostro approccio metodologico si basa sulla costruzione di una stringa di ricerca mirata, che ci ha permesso di individuare gli studi più rilevanti e significativi per la nostra indagine. Questo metodo ci ha fornito una base solida per valutare l’efficacia della doll therapy nel trattamento dei sintomi comportamentali e psicologici della demenza, contribuendo così alla nostra comprensione e alla pratica clinica in questo campo.
I principali risultati
Attraverso l’implementazione della stringa di ricerca, sono stati ottenuti 24 risultati in totale. Successivamente, applicando il filtro “ultimi 5 anni”, abbiamo ridotto il numero di risultati a 11. Dopo un’attenta analisi dei titoli e degli abstract, abbiamo identificato 9 articoli rilevanti. Ulteriormente, abbiamo incluso altri 4 articoli pertinenti tramite approfondimenti. Pertanto, il corpus finale selezionato per la revisione della letteratura comprende un totale di 13 articoli.
Saranno ora esaminati gli studi, riportando i risultati derivanti da essi.
Lo studio condotto da Santagata et al. (2021) è un trial randomizzato controllato volto a valutare l’effetto del trattamento con la bambola sui BPSD attraverso un confronto tra un gruppo sperimentale (soggetti trattati con la bambola) e un gruppo di controllo (soggetti trattati con terapie tradizionali). Sono stati reclutati 52 partecipanti (residenti in due strutture di cura italiane) che soddisfacevano i criteri di inclusione, suddivisi poi in due gruppi. Nel gruppo sperimentale, le bambole venivano somministrate due volte al giorno (mattina e pomeriggio) e anche in caso di necessità. Diversi outcome sono stati valutati, tra cui la riduzione dei BPSD, del carico dei caregiver e del delirio, utilizzando diverse scale (come il Neuropsychiatric Inventory, A.Di.CO, scala Gruetzner, scala CAM, Short Portable Mental Questionnaire e Activity of Daily Living). Il trattamento con doll therapy si è dimostrato più efficace nella riduzione dell’agitazione e dell’aggressività, ha determinato una notevole riduzione dei BPSD e ha comportato un significativo miglioramento della disforia, del comportamento motorio aberrante e dell’apatia.
È stata inoltre osservata una significativa riduzione del carico del caregiver e un decremento nell’incidenza del delirio. Lo studio di Molteni (2022), un trial randomizzato in singolo cieco, ha valutato l’efficacia dell’intervento con doll therapy confrontandolo con un intervento fittizio attraverso un cubo nelle donne con demenza da moderata a grave. In particolare, sono stati misurati i BPSD, il disagio dei caregiver, i biomarcatori di stress del paziente e l’interazione del paziente con l’oggetto. I BPSD e il carico del caregiver sono stati valutati tramite la Neuropsychiatric Inventory-Nursing Home (NPI-NH) e la Neuropsychiatric Inventory-Nursing Home Distress (NPI-NH Distress), mentre i biomarcatori di stress sono stati misurati tramite la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e il livello di cortisolo salivare. L’interazione del paziente con l’oggetto è stata valutata da uno psicologo esperto. Il gruppo trattato con doll therapy ha mostrato una maggiore riduzione del punteggio NPI-NH rispetto al gruppo trattato con il cubo, evidenziando una diminuzione dell’agitazione, dell’irritabilità e del wandering, e una significativa riduzione della NPI-NH distress. Non sono state rilevate differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda i biomarcatori di stress. Sono stati inoltre osservati diversi comportamenti premurosi ed esplorativi nei confronti della bambola, un maggiore interesse per essa rispetto al cubo e una maggiore accettazione della separazione dall’infermiera tra gli individui trattati con la bambola.
Similmente, lo studio di Balzotti (2019) ha confrontato gli effetti del trattamento con la bambola (DT) e il trattamento gestuale-verbale (GVT). Sono stati reclutati 30 partecipanti, divisi in tre gruppi (gruppo GVT, gruppo DT e gruppo di controllo), e valutati i BPSD attraverso la scala Neuropsychiatric Inventory Questionnaire prima e dopo 12 settimane di trattamento. Nel gruppo trattato con DT si è osservata una significativa riduzione dell’agitazione, dell’irritabilità, della depressione, dell’apatia e dei deliri rispetto al gruppo di controllo. Il trattamento gestuale-verbale ha determinato un miglioramento dell’apatia e della depressione rispetto al gruppo di controllo. Lo studio di Yilmaz et al. (2021) ha valutato gli effetti della doll therapy sull’agitazione e sullo stato cognitivo nei pazienti affetti da demenza moderata o grave residenti in case di cura. Sono stati reclutati 29 partecipanti, di cui 15 assegnati al gruppo DT e 14 al gruppo di controllo (nessun trattamento). I pazienti sono stati trattati con doll therapy per 8 settimane e per valutare lo stato cognitivo e i BPSD sono state utilizzate rispettivamente lo Standardized Mini-Mental State Examination (SMMSE), la scala Neuropsychiatric Inventory e il Cohen-Mansfield Agitation Inventory (CMAI). Non è stata rilevata alcuna variazione statisticamente significativa nei punteggi della SMMSE, ma si è osservato un cambiamento significativo nei punteggi della NPI e CMAI nel gruppo trattato con la bambola.
Lo studio di Moyle (2019) ha coinvolto 35 residenti in cinque strutture di assistenza a lungo termine, assegnati a due gruppi in modo randomizzato. Un gruppo ha ricevuto il trattamento con la bambola, mentre l’altro ha ricevuto le cure usuali. L’obiettivo dello studio era valutare i cambiamenti nei livelli di ansia, agitazione e aggressività dopo tre settimane di intervento e gli effetti a breve termine nella prima settimana, attraverso interviste qualitative a cinque dipendenti. Non sono state osservate riduzioni significative di ansia, agitazione e aggressività nel gruppo trattato con doll therapy rispetto al gruppo di controllo, ma è stato riscontrato un aumento del piacere alla terza settimana nel primo gruppo. Il personale ha riportato benefici come un effetto calmante e conforto emotivo.
In un diverso studio, di Malinowski (2022) viene descritta l’interazione spontanea con le bambole di due veterani maschi affetti da demenza che partecipavano a uno studio di ricerca su un programma di movimento di gruppo, noto come PLIÉ. Nonostante il programma PLIÉ non prevedesse l’utilizzo di bambole, all’interno di una stanza utilizzata per lo studio vi era una bambola realistica. I casi di due veterani (Mr. B e Mr. C), gli unici a interagire spontaneamente con la bambola presente durante le lezioni, sono stati descritti. Le videoregistrazioni delle lezioni sono state analizzate e codificate tematicamente, rilevando atteggiamenti positivi nei confronti della bambola come guardare, tenere in braccio e accarezzare. Le risposte emotive includevano sorrisi e risate, mentre le risposte sociali comprendevano un notevole miglioramento nella comunicazione verbale. Anche nel caso di Mr. C, veterano di sessantotto anni affetto da lieve demenza a corpi di Lewy, sono state osservate risposte simili nei confronti della bambola, oltre alla sensazione di “tenere in braccio i suoi figli”.
Una revisione sistematica, di Martín-García et al. (2022), condotta su otto database, aveva come obiettivo valutare l’efficacia e i benefici della doll therapy nella sintomatologia neuropsichiatrica degli anziani con demenza grave. Sette studi pubblicati tra il 2006 e il 2020 sono stati selezionati, valutando la presenza dei BPSD attraverso diversi test, mentre la qualità di vita è stata valutata tramite la scala QUALID. In ogni studio, le bambole dall’aspetto realistico sono state utilizzate seguendo un protocollo a sei fasi, e sono stati valutati diversi aspetti come la riduzione dei comportamenti dirompenti e aggressivi, l’aumento del contatto sociale e la diminuzione della depressione.
Una seconda revisione sistematica, di Ng Qx et al. (2017), condotta su Pubmed e Ovid, ha selezionato 12 studi che valutavano gli effetti della doll therapy su vari aspetti. Gli studi hanno evidenziato benefici come la riduzione dell’aggressività, dell’ansia e del tremore, e un aumento del benessere generale e dell’interazione sociale. La bambola ha soddisfatto il bisogno di attaccamento e promosso un senso di conforto e controllo. Inoltre, uno studio incluso in questa revisione ha rilevato una riduzione della probabilità di richiedere aloperidolo rispetto ai pazienti non sottoposti a doll therapy.
Lo studio di Sumioka H. et al. (2021) ha utilizzato come strumento terapeutico un robot chiamato HIRO, confrontandolo con un altro robot dotato di un volto e mani. Sono stati reclutati 21 partecipanti, assegnati a un gruppo al quale è stato assegnato HIRO e un altro gruppo a cui è stato assegnato un robot con un volto e mani. Dall’analisi si è evinto che HIRO è stato positivamente accettato dai partecipanti, che hanno mostrato un atteggiamento positivo verso di esso, soprattutto grazie alla voce registrata di un bambino reale che ha attivato la fantasia e l’immaginazione. Tuttavia, non sono state osservate differenze significative nell’effetto tra i due robot.
Due revisioni, una di Chinnaswamy K. et al. (2021) e una di Cai X. et al. (2021), basate su ricerche condotte su diversi database, hanno confermato l’utilità della doll therapy nel ridurre sintomi come ansia e agitazione, con diversi benefici e una riduzione dell’uso di farmaci. Tuttavia, suggeriscono ulteriori studi con campioni più ampi e indicazioni più precise riguardo al campo di applicazione, la durata del trattamento e la rimozione dell’oggetto terapeutico.
Tra gli studi selezionati, quello di Carcavilla González N. et al. (2020) ha validato due nuove scale per esplorare atteggiamenti e conoscenze sulla doll therapy tra professionisti dell’ambito di geriatria e gerontologia. Su 120 partecipanti, gli atteggiamenti positivi sono risultati più frequenti tra i professionisti più informati sulla terapia, mentre una minore conoscenza ha portato ad atteggiamenti negativi.
Infine, lo studio di Torres-Castro S. et al. (2022) ha valutato l’implementazione di un intervento multicomponente di formazione del personale (PROCUIDA-Demencia) per ridurre la prescrizione di farmaci antipsicotici nelle residenze di cura messicane. Sono stati coinvolti 55 pazienti e 126 membri del personale, con risultati positivi che hanno mostrato una riduzione dell’uso di antipsicotici e una diminuzione dei disturbi comportamentali nei pazienti. L’intervento comprendeva la formazione del personale che consisteva in interventi psicosociali come attività centrate sulla persona, terapia della reminiscenza, terapia della bambola e revisione della prescrizione di antipsicotici. Gli esiti sui membri del personale venivano misurati attraverso il Maslach Burnout Inventory (MBI), gli approcci al questionario sulla demenza e il senso di competenza del personale di cura. I risultati dei residenti invece venivano valutati attraverso la scala Quality of Life-Alzheimer’s Disease e la scala Neuropsychiatric Inventory-Nursing Home Version. Il livello di disagio del personale è stato valutato attraverso la scala dei disturbi occupazionali NPI-NH. A seguito della revisione medica di 12 settimane è emerso che il 39% dei residenti ha riferito l’interruzione e la riduzione del 15% degli antipsicotici simultaneamente agli interventi psicosociali proposti. Sono state rilevate inoltre una riduzione del carico di base del personale sulla base della scala MBI e una riduzione della gravità e della frequenza dei disturbi comportamentali e psicologici nei pazienti sulla base della scala NPI-NH.
Gli elementi a favore e contrari alla doll therapy
Tra gli studi analizzati, nonostante il limitato numero di prove, la maggior parte riporta effetti positivi derivanti dalla terapia della bambola su diversi aspetti, in particolare per quanto riguarda la riduzione dei BPSD. Tuttavia, sorgono alcune preoccupazioni di natura etica, in particolare legati alla sensazione di infantilizzazione della persona, che potrebbero influenzare l’adozione e la diffusione di questa pratica terapeutica. Tuttavia, lo studio di Molteni et al. (2022) evidenzia che la doll therapy rispetta i principi bioetici di beneficenza, promuovendo il benessere della persona, e di autonomia, rispettando la volontà della persona di interagire o meno con la bambola.
Uno studio condotto da Santagata et al. (2021) ha confrontato il trattamento con la bambola rispetto al trattamento tradizionale, evidenziando una significativa riduzione dei BPSD, dell’agitazione, dell’aggressività e del delirio. Inoltre, si è registrata una diminuzione del wandering, della disforia e dell’apatia, con conseguente riduzione del carico e del disagio percepito dai caregiver. Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio di Molteni V. (2022), che ha confrontato la terapia con la bambola con un trattamento basato su un cubo, confermando una maggiore riduzione dei BPSD nel gruppo trattato con la bambola.
Altri studi confermano gli effetti positivi della doll therapy sulla riduzione dei sintomi comportamentali e psicologici della demenza. Tuttavia, uno studio condotto da Moyle (2019) ha riscontrato una mancanza di significativa riduzione dell’ansia, dell’agitazione e dell’aggressività rispetto alle cure usuali, sebbene i pazienti abbiano riportato un maggiore divertimento e coinvolgimento positivo.
Alcune revisioni sistematiche evidenziano ulteriori benefici della doll therapy, come un miglioramento dell’umore, un aumento del benessere generale e un incremento dell’interazione sociale, con una riduzione dell’uso di farmaci antipsicotici in pazienti sottoposti a doll therapy.
Mentre la maggior parte degli studi ha coinvolto principalmente donne, è importante notare che la terapia con la bambola si è dimostrata efficace anche negli uomini, come dimostrato da uno studio di Malinowski et al. (2022). Inoltre, l’utilizzo di una doll therapy interattiva, come nel caso dello studio di Sumioka et al. (2021), ha mostrato risultati positivi stimolando l’immaginazione e la fantasia dei pazienti. Le conoscenze e gli atteggiamenti degli operatori sanitari nei confronti della doll therapy sono generalmente positivi, come dimostrato da uno studio di Carcavilla González et al. (2020). Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per confermare gli effetti positivi della terapia della bambola e per individuare le migliori pratiche per la sua implementazione, utilizzando campioni più ampi e considerando varie variabili.
Un valido strumento terapeutico
Alla luce di questa revisione della letteratura, è possibile affermare che la terapia della bambola costituisce un valido strumento terapeutico che favorisce il benessere e migliora la qualità di vita delle persone affette da demenza. Questa affermazione trova fondamento in numerosi studi che attestano come tale terapia possa attenuare i sintomi comportamentali e psicologici, comuni nella stragrande maggioranza dei casi di demenza (circa il 97%).
La terapia della bambola, oltre a ridurre i BPSD stimola l’aspetto emotivo e sociale del paziente, determinando un aumento del suo umore positivo, una maggiore interazione e partecipazione in attività, nonché un miglioramento delle sue capacità di interazione e relazione con l’ambiente circostante. Inoltre, sebbene non vi sia un numero considerevole di studi in merito, si è osservata una riduzione nella prescrizione di farmaci antipsicotici.
È importante sottolineare che la terapia della bambola può fornire un supporto anche ai caregiver e agli operatori sanitari che assistono il paziente affetto da demenza. Tale aspetto, riveste un’importanza cruciale, poiché il crescente carico di stress e disagio per i caregiver e gli operatori può compromettere la qualità dell’assistenza fornita, con conseguenze negative sul paziente. Nonostante le preoccupazioni etiche sollevate in merito a questa forma di terapia, essa si è dimostrata efficace e rispettosa dei principi etici di beneficenza e autonomia, potendo costituire un valido ausilio per le persone affette da grave deterioramento cognitivo, preservando le loro capacità e abilità residue.
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