13 Febbraio 2025 | Esperienze

Cure odontoiatriche e igiene dentale per le persone con demenza: una sfida umana e professionale

Le condizioni di salute e igiene del cavo orale incidono sulla qualità di vita della persona con demenza; alcune manifestazioni di malattia (perdita di memoria procedurale, difficoltà a verbalizzare dolori e fastidi, paura e rifiuto del contatto corporeo specie con estranei) rendono difficile il prendersi cura di questi pazienti sia in ambito domestico, sia in ambito odontoiatrico. L’articolo presenta un progetto specifico, avviato nel 2016 a Milano, che può essere considerato un’esperienza pilota da replicare in altri territori.

Cure odontoiatriche e igiene dentale per le persone con demenza: una sfida umana e professionale

Nelle situazioni di demenza, caregiver, operatori e medici delle varie specialità non sanno spesso a chi rivolgersi in caso di necessità per problemi odontoiatrici: da un lato molti professionisti privati non si sentono in grado o non vogliono prendere in cura pazienti fragili, complessi e poco collaboranti; dall’altro non vi sono sul territorio nazionale centri specializzati nella cura di questi pazienti e i servizi pubblici odontoiatrici, sempre più ridotti in numero e organico, non riescono a farsene carico in modo stabile e organizzato. A Milano è stato avviato 9 anni fa un progetto specifico inteso a superare questo problema, creando un servizio per la presa in carico di questi pazienti e per la formazione di caregiver e operatori sanitari.

 

 

Demenza, salute orale e qualità della vita

Una bocca sana contribuisce alla qualità della vita: la bocca svolge un ruolo determinante per molti aspetti, sia funzionali che psicosociali (masticare, percepire sapori, assumere cibi e bevande, parlare, presentarsi agli altri in modo curato e gradevole, provare benessere e autostima, esprimere stati d’animo, interagire nei rapporti interpersonali).

 

Invecchiamento sano e salute orale sono correlati. Un recente studio sottolinea che la parodontite si associa a cambiamenti cerebrali strutturali e funzionali, fra gli adulti di mezza età e gli anziani senza segni di declino cognitivo, suggerendo che possa costituire un potenziale fattore di rischio per danni al cervello (Li, et al., 2024); un altro studio, condotto su oltre 2.000 ultra60enni con un approccio globale (esami dentistici dettagliati, valutazioni dietetiche, analisi di risonanza magnetica e valutazioni cognitive), ha evidenziato che la perdita dei denti – anche in persone cognitivamente sane – è associata all’atrofia del giro paraippocampale e all’aumento del volume della sostanza bianca, entrambi caratteristici della demenza (Nakamura, et al., 2024).

 

Più in generale, l’invecchiamento ha di per sé un impatto sulla salute orale, incluse parodontite e suscettibilità alla carie, che vanno quindi prevenute e trattate anche negli anziani (Tonetti, et al., 2017). La condizione di demenza complica la situazione.

 

Inizialmente le persone con demenza presentano una situazione similare alle persone sane di pari età e di analogo livello socio-culturale. Con il progredire della malattia e con l’aggravarsi dei deficit motori e sensoriali e il venir meno delle facoltà cognitive, la persona con demenza perde l’autosufficienza, l’interesse e la capacità di prendersi cura del proprio corpo (compreso il cavo orale), di comunicare stati d’animo, sensazioni, bisogni e dolore; si chiude sempre più in se stessa e diventa progressivamente dipendente da altri.

 

Anche la cura e l’igiene di denti ed eventuali protesi ne risentono. La riduzione progressiva dell’igiene orale – unita alla riduzione del flusso salivare (per i farmaci assunti) e alla minore frequenza delle visite odontoiatriche di controllo – porta all’aumento di fastidi e patologie legate all’accumulo di residui di cibo, placca batterica e tartaro: secchezza delle mucose, alitosi, carie, gengiviti, parodontopatia, migrazione e perdita di denti, mobilizzazione/perdita di protesi fisse a essi ancorate, incongruenza delle protesi rimovibili, lesioni delle mucose orali (gengive, guance interne, lingua, labbra) da traumatismi per protesi incongrue e margini dentali/radicolari taglienti, residui di protesizzazioni su impianti. Tutto questo comporta dolore, disagio, insofferenza ma anche riduzione della capacità di parlare, disinteresse per il cibo, difficoltà a masticare e alimentarsi (con aumentato rischio di malnutrizione e disidratazione), peggioramento progressivo dello stato di confusione associato alla demenza.

 

Condizioni compromesse del cavo orale predispongono, tra l’altro, all’insorgenza di malattie polmonari quali polmoniti e broncopneumopatia cronica ostruttiva (Scannapieco, et al., 2003), oltre che polmoniti ab ingestis, frequenti in malati che sviluppano spesso disfagia. Inoltre questi pazienti sono spesso affetti da altre patologie croniche, che comportano terapie farmacologiche continuative, articolate e complesse, con possibili ripercussioni sul cavo orale (ad esempio i farmaci per l’ipertensione arteriosa, che spesso riducono la produzione salivare con conseguente xerostomia e danni alle mucose).

 

 

Le difficoltà nell’assistenza

Non vi è dubbio che molti malati abbiano difficoltà sempre maggiori nel lavare i denti da soli e che i caregiver possano trovare a loro volta ostacoli, soprattutto quando il malato si oppone alle manovre di igiene orale. Innanzitutto i malati perdono progressivamente non solo la memoria, non ricordando se hanno lavato i denti, ma anche la capacità di comprendere perché, quando e come lavare i denti, oltre che la destrezza manuale necessaria per farlo; così riducono nel tempo l’igiene orale, fino ad arrivare a non praticarla più.

 

Per cercare di limitare queste difficoltà è bene che il caregiver coinvolga la persona nel lavare i denti, supervisionandola, affiancandola e assistendola con pazienza, e solo nei casi più avanzati sostituendosi totalmente; ma il caregiver è in fatica nel sostituirsi al malato in questa fondamentale pratica igienica, quindi il problema nel tempo degenera. Le difficoltà nella comunicazione rendono piuttosto difficile la gestione della salute orale e anche quella delle cure odontoiatriche.

 

Di fatto i malati di demenza sono esclusi dall’assistenza odontoiatrica, sia pubblica che privata, al punto da poterli considerare “gli invisibili” di questa branca della medicina: quando il malato vive al domicilio, l’odontoiatra di riferimento della famiglia spesso non se la sente di curare il paziente, e il caregiver non sa a chi rivolgersi; ma anche i medici e gli operatori delle RSA faticano a trovare odontoiatri che prendano in carico questi malati.

 

In effetti, per l’odontoiatria questo è un campo nuovo: la letteratura a livello europeo è recente e ancora limitata; le indicazioni a livello normativo e programmatorio sono poche e decisamente da sviluppare. La presa in carico odontoiatrica dei malati di demenza, dalle fasi iniziali a quelle avanzate di malattia, è quindi ancora da tematizzare compiutamente.

 

 

Il progetto di assistenza odontoiatrica per persone con demenza

Nella situazione di contesto delineata, dal 2016 – grazie a una collaborazione fra aziende sanitarie locali del territorio milanese e Alzheimer Milano ODV, associata alla Federazione Alzheimer Italia – si è sviluppato un progetto pensato ad hoc per questi pazienti. Nell’arco di 8 anni sono stati visitati oltre 500 malati (con vario grado di demenza), con oltre 1.500 interventi tra visite e prestazioni odontoiatriche di vario tipo, realizzate prevalentemente in ambulatorio ospedaliero, ma anche al domicilio o in RSA. È inoltre attivo un servizio di igiene orale professionale dedicato a questi malati.

 

I problemi maggiormente riscontrati sono patologie parodontali e cariose che portano a mobilità e perdita di denti e di protesi mobili o fisse ad essi ancorate e a lesioni delle mucose da traumatismi; si registra un’alta percentuale di residui radicolari e di carie destruenti (le più gravi). Ne conseguono algie (circa un quarto delle richieste di visita) e difficoltà masticatorie (oltre un terzo delle richieste di visita).

 

La maggioranza degli interventi è rappresentata dalla chirurgia estrattiva (eliminazione di residui radicolari e di elementi dentari troppo compromessi e a rischio di ascesso), seguita a distanza da interventi sulle protesi (modifica e adattamento di vecchie protesi rimovibili, realizzazione di nuove protesi rimovibili); in misura minore gli interventi riguardano l’igiene orale professionale e le cure conservative. Gli interventi vengono effettuati prevalentemente in anestesia locale, dato che per i pazienti con demenza l’anestesia generale è sconsigliata per i possibili effetti irreversibili su uno stato cognitivo già compromesso.

 

Il progetto prevede anche:

  • incontri di formazione per studenti dei corsi di laurea in odontoiatria e in corsi di laurea delle professioni sanitarie, oltre che per medici specializzandi in neurologia e in geriatria;
  • incontri di formazione per operatori di RSA;
  • incontri di sensibilizzazione e formazione per familiari e caregiver.

 

 

La relazione fra odontoiatra e malato di demenza

La demenza impone un cambiamento di prospettiva nell’attività clinica dell’odontoiatra, sia per le difficoltà di collaborazione da parte del paziente, sia per le problematicità tecnico-operativa e relazionale che interessano caregiver e operatori sanitari, sia per l’impostazione di piani terapeutici efficaci, fattibili e durevoli nel tempo.

 

Nelle singole sedute, le criticità specifiche che l’odontoiatra affronta con un paziente con demenza sono:

  • difficoltà nell’ottenere la fiducia e la collaborazione del paziente (per atteggiamenti oppositivi, agitazione e difficoltà a stare seduto, movimenti incontrollati, apatia, stato confusionale o altro);
  • condizioni del cavo orale molto compromesse;
  • igiene orale scarsa o assente;
  • difficoltà a operare in una bocca che talvolta è aperta per pochi minuti, talvolta è aperta per pochi secondi, talvolta non viene aperta affatto.

 

Intervenendo con malati di demenza, l’odontoiatra è messo in difficoltà soprattutto dall’approccio con il paziente; si trova “sfidato” a ogni passo del percorso, in una relazione complessa con equilibri molto fragili. Il caregiver che accompagna il malato arriva spesso privo di speranza, dopo una serie di rifiuti da odontoiatri privati o pubblici oppure dopo tentativi falliti, per difficoltà di intervento da parte dell’odontoiatra e/o mancanza di collaborazione del malato.

 

Possono facilitare la buona riuscita dell’intervento:

  • un approccio relazionale più morbido e dolce possibile, uno stile colloquiale, che possano agevolare un setting relazionale di incontro diverso da quello consueto (paziente in poltrona reclinabile, medico “incombente” da uno sgabello);
  • una prima visita al domicilio del malato, per favorire una situazione di agio e tranquillità al paziente e l’instaurarsi di un rapporto di fiducia che consenta di affidarsi alle cure; durante la visita al domicilio è possibile non solo conoscere e farsi conoscere dal malato, ma anche procedere (se la situazione è favorevole) a un’ispezione del cavo orale che possa facilitare la valutazione delle condizioni della bocca e orientare le successive sedute in ambulatorio;
  • la partecipazione attiva del familiare caregiver al primo incontro fra malato e odontoiatra; fin dal primo incontro con il malato il caregiver è infatti fondamentale nell’aiutare l’odontoiatra a comprendere la situazione e a individuare una strada efficace per aiutare il malato;
  • un rapporto improntato alla collaborazione fra odontoiatra e caregiver, che dovrà essere supportato e formato sul suo fondamentale contributo all’igiene orale del malato, sulle modalità più opportune e sulle tecniche per occuparsi al domicilio dell’igiene orale nel migliore dei modi, riducendo al minimo il malessere del proprio caro e cercando di superare con delicatezza la sua eventuale opposizione.

 

La relazione con il malato di demenza va ricercata fin dal primo incontro; una relazione finalizzata non tanto a uno scambio di informazioni che abbia un senso logico, ma all’obiettivo che il malato possa affidarsi al medico odontoiatra. Tale relazione va cercata con attenzione, preparazione, sensibilità, pazienza e fantasia, con empatia e uso consapevole della comunicazione non verbale, con un po’ di tenacia ma rispettando tempi e stati d’animo della persona senza insistere in modo eccessivo, accettando eventuali insuccessi senza scoraggiarsi e riprovando in un appuntamento successivo. Occorre dedicare tempo ed energie per affrontare quella che, con ogni paziente, si presenta come una sfida: un impegno di umanità, prima che una prova tecnico-professionale ardua.

 

 

Obiettivi e strategie delle cure odontoiatriche

La gestione della salute orale nelle persone con demenza richiede strategie specifiche (Ettinger, 2000). Con queste persone, gli obiettivi della presa in carico odontoiatrica sono di mantenere il più a lungo possibile una condizione di salute ed efficienza funzionale del cavo orale e di evitare che il paziente abbia esperienze di dolore; ciò tramite lo sviluppo di protocolli di diagnosi, prevenzione, intervento già dalle prime fasi della malattia e la formazione di caregiver, badanti e operatori sulle norme di prevenzione e sui campanelli d’allarme delle patologie che possono colpire la bocca. Il tutto appropriato al singolo paziente, alla fase di malattia, ai problemi orali già presenti.

 

In tutte le situazioni in cui è possibile, l’intervento dell’odontoiatra e la sintonia terapeutica con il caregiver andrebbero attivate in fase iniziale di malattia, fase propizia per una possibile collaborazione del malato: un controllo scrupoloso e una “messa in sicurezza” della bocca al presentarsi dei primi segni neurodegenerativi può favorire il più a lungo possibile una sorvegliata autonomia del paziente, per subentrare con tatto e delicatezza quando questa verrà meno. Inoltre, al pari di altre azioni quotidiane (es. igiene intima, cambio degli abiti) l’igiene orale dovrebbe essere oggetto di attenzione specifica da parte del caregiver, con ricerca di rituali e di strategie relazionali che possano facilitare l’assistenza: l’igiene orale è spesso trascurata (dal malato ma anche dal caregiver, già provato dalla situazione); tuttavia, è molto più semplice tenere una bocca in ordine, tramite l’igiene quotidiana, che affrontare un iter ben più gravoso e complesso per riparare i guasti da trascuratezza.

 

Sarebbe quindi utile che la persona, una volta ricevuta la diagnosi di malattia neurodegenerativa, venisse visitata da un odontoiatra e poi seguita nel tempo; scopo della prima visita sarà quello di individuare problemi legati a denti, gengive, mucose orali, protesi per affrontarli nella fase precoce di malattia, quindi in una situazione più gestibile, con un paziente ancora in grado di collaborare sufficientemente; dopo, a malattia conclamata, probabilmente tutto sarà più difficile.

 

Per garantire l’obiettivo di mettere subito “in sicurezza” la bocca e cercare di mantenerla efficiente il più a lungo possibile, anche quando la patologia neurologica si aggraverà, il programma terapeutico andrà valutato con attenzione alla luce della situazione neurologica attuale e considerando anche la futura probabile evoluzione. L’intervento odontoiatrico in fase iniziale di malattia fa sì che l’odontoiatra possa provvedere a restaurare ciò che può essere restaurato, a togliere ciò che è irrecuperabile, a istruire paziente e caregiver per una corretta e scrupolosa igiene orale domiciliare, a formulare un programma di follow up per seguire nel tempo il paziente.

 

Le indicazioni fornite ai caregiver riguardano la frequenza dell’igiene orale, i prodotti da utilizzare (dimensioni e caratteristiche dello spazzolino, uso di dentifricio e collutorio), la posizione e i movimenti corretti per la spazzolatura dei denti per le arcate superiore e inferiore, le modalità di risciacquo della bocca, gli errori da evitare; specifiche indicazioni sono riferite ai casi di infiammazione gengivale o sanguinamento e all’igiene e custodia delle protesi rimovibili.

 

Cure conservative e riabilitazioni protesiche andranno improntate alla semplicità soprattutto per quanto riguarda la detergibilità da parte del paziente stesso, condizione indispensabile per la durata di tutti i lavori che si realizzano nel cavo orale.

 

Quando un paziente non collabora o cerca di opporsi alla visita, l’obiettivo primario sarà quello di valutare e riconoscere rapidamente se vi sono patologie cariose o processi infettivi che possano causare dolore. In tutti i casi è comunque fondamentale prevedere visite periodiche, laddove possibile a cadenza semestrale.

 

 

Conclusioni

Nonostante la cura e l’igiene orale siano fondamentali per la qualità della vita, nel nostro Paese mancano servizi di odontoiatria dedicati alle persone con demenza e specifiche previsioni di carattere programmatorio; inoltre, manca la consapevolezza dell’importanza di un intervento tempestivo, fin dalla diagnosi di malattia, che possa apportare un contributo significativo non solo in termini di cura, ma soprattutto in termini di prevenzione.

 

In attesa di percorsi dedicati a questi pazienti special needs, che possano includere anche l’attività odontoiatrica nella loro presa in carico, può essere attivata la sperimentazione e lo sviluppo di una stretta collaborazione fra odontoiatri e altre figure professionali (medici di base, neurologi, geriatri, OSS) vicini ai pazienti. Altrettanto efficace può risultare la sensibilizzazione dei caregiver, da parte di tutte le figure che li incontrano nella prima fase di malattia, affinché affrontino il prima possibile, con consapevolezza e lungimiranza, un tema che può peggiorare non poco la vita del malato, se trascurato.

 

L’auspicio è che il progetto assistenziale-formativo qui presentato, realizzato grazie anche all’impegno di Federazione Alzheimer Italia, possa fungere da esperienza pilota per altri colleghi odontoiatri sul territorio nazionale.

Bibliografia

Ettinger R.L. (2000), Dental management of patients with Alzheimer’s disease and other dementias, in Gerodontology, 17(1):8-16.

Li X., Tao Y., Li H., Huang Z., Li Y., Gao Z., Zhu W., Yu Y. (2024), Periodontitis is associated with altered brain structure and function in normal cognition middle-aged and elderly individuals, in Journal of Periodontal Research, 59(2):299-310.

Nakamura H., Noguchi-Shinohara M., Ishimiya-Jokaji M., Kobayashi Y., Isa M., Ide K., Kawano T., Kawashiri S., Uchida K., Tatewaki Y., Taki Y., Ohara T., Ninomiya T., Ono K. (2024), Brain atrophy in normal older adult links tooth loss and diet changes to future cognitive decline, in NPJ Aging, 10:20.

Scannapieco F.A., Bush R.B., Paju S. (2003), Associations between periodontal disease and risk for nosocomial bacterial penumonia and chronic obstructive pulmonary disease. A systematic review, in Annals of Periodontology, 8(1):54-69.

Tonetti M.S., Bottenberg P., Conrads G., Eickholz P., Heasman P., Huysmans M.-C., López R., Madianos P., Müller F., Needleman I., Nyvad B., Preshaw P.M., Pretty I., Renvert S., Schwendicke F., Trombelli L., van der Putten G.-J., Vanobbergen J., West N., Young A., Paris S. (2017),  Dental caries and periodontal diseases in the ageing population: call to action to protect and enhance oral health and well-being as an essential component of healthy ageing. Consensus report of group 4 of the joint EFP/ORCA workshop on the boundaries between caries and periodontal diseases, in Journal of Clinical Periodontology, 44 suppl. 18: S135-S144.

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