Stimolati da quanto emerso in un recente e intenso lavoro di ricerca e formazione1, proponiamo degli spunti sulle caratteristiche e sulla qualità dei ruoli di coordinamento nei Servizi residenziali rivolti alle persone anziane e alle loro famiglie.
L’oggetto di lavoro complesso dei servizi residenziali
Quelli residenziali per anziani sono servizi peculiari, forme di convivenza organizzata, chiamati a coniugare nella quotidianità dimensioni di soggettività con dimensioni di comunità, ritmi e caratteristiche soggettive con ritmi e caratteristiche dell’organizzazione. Questi servizi devono essere in grado di dare continuità alla gestione delle problematiche di salute, legate ad acuzie, cronicità, non autosufficienza, ma contemporaneamente anche continuità, per ognuna delle persone ospiti, a forme di relazione con la propria storia, con il proprio patrimonio di esperienze e di identità, con i legami e gli affetti familiari e relazionali. Sono servizi che dovrebbero quindi occuparsi di assicurare una continuità nel tempo non solo delle condizioni psicofisiche ma anche di quelle identitarie e relazionali delle persone e delle loro famiglie, al fine di costruire un benessere possibile nella nuova condizione di vita e di residenza. Un benessere possibile che è collegato anche al poter riconoscere nella nuova condizione nuove dimensioni di “senso”, e nuovi e possibili equilibri e riconoscimenti (Dalponte e Olivetti Manoukian, 2005; Galimberti, 2009; Lizzola, 2002).
Nelle residenze per anziani le competenze e le professionalità sanitarie e assistenziali devono coniugarsi con la capacità di dare attenzione alle dimensioni organizzative del servizio (Orsenigo, 2011),cioè con la qualità dei processi di lavoro e delle modalità di interazione e di riconoscimento di chi vi opera, di chi vi entra in contatto, di chi vi si affida e di chi affida. In questa prospettiva ci sembra fondamentale che l’organizzazione investa per la costruzione dell’“oggetto di lavoro”, che significa riuscire a rappresentare che servizio si vuole realizzare, ovvero quali sono i riferimenti che si devono tenere nella relazione con gli ospiti e con le loro famiglie, i valori e le ipotesi scientifiche che lo orientano, ma anche come questo si traduce in modalità e qualità dei processi di lavoro. Nell’agire degli operatori sono infatti centrali le loro rappresentazioni “interne”, mentali ed emotive, le sensibilità e i valori.
Se l’oggetto di lavoro non è sufficientemente definito, rappresentato e riportato a processi di lavoro entro i quali i singoli si possano “vedere”, è facile che gli apporti lavorativi di ciascuno tendano verso logiche ed obiettivi frammentati, con il rischio che si giustappongano l’un l’altro, che i riferimenti diventino prevalentemente, e più in astratto, quelli della mansione e della prestazione in sé(Olivetti Manoukian, 1998).In mancanza di un oggetto di lavoro visibile e condiviso tendono inoltre a riemergere modelli culturali interiorizzati, impliciti e spesso inconsapevoli, sicuramente rassicuranti anche perché dotati di forza e persistenza. In questo modo succede che ogni professione segue i propri codici e i propri riferimenti con il determinarsi di una logica di lavoro più “istituzionalizzante” e “meccanicistica” ancorata al rispetto del proprio mansionario. Un’organizzazione di questo tipo tende inevitabilmente a ridurre gli ospiti e i loro famigliari ad oggetto degli interventi e delle azioni assistenziali, che magari sono anche qualificate, non riuscendo però a riconoscere una loro soggettività. In questo schema aumentano anche le microconflittualità quotidiane tra operatori, con gli ospiti e con le famiglie.
La risorsa Coordinamento
Il coordinamento è una funzione organizzativa vitale per il funzionamento di ogni organizzazione, ma è anche una attribuzione specifica assegnata ad alcuni ruoli. La funzione di coordinamento, in relazione alla complessità, alla cultura e alla filosofia gestionale delle strutture residenziali, viene svolta da figure professionali differenti, con contenuti molto diversificati. Si hanno strutture con ruoli di coordinamento prevalentemente “centrale” e altre con ruoli di coordinamento più “decentrati” al livello del reparto e dotati di significative risorse decisionali; situazioni dove si sono introdotte delle “collaborazioni” al coordinamento e altre dove sono state previste delle “referenze” di nucleo o di turno; si hanno situazioni con coordinamenti “differenziati” tra ruoli infermieristici e ruoli socio-assistenziali, e altre dove i coordinamenti sono invece unificati, cioè non differenziati per professione; si hanno coordinatori di struttura e coordinatori di aree di servizio.
Alle figure di coordinamento viene richiesto l’esercizio di funzioni diverse, sia di carattere generale, per assicurare il funzionamento complessivo della struttura, sia micro organizzative: di programmazione e, contemporaneamente, di gestione quotidiana di eventi e imprevisti; di controllo sugli aspetti generali dell’andamento del servizio, ma anche dei comportamenti operativi specifici e quotidiani degli operatori; di gestione dei rapporti con le famiglie nelle fasi iniziali dell’ingresso in struttura, ma anche di intervento quotidiano su microconflittualità tra operatori o con le famiglie. Sono figure al centro di molte dinamiche.
Garantire il contesto generale del lavoro
Uno dei loro compiti è sicuramente quello di garantire il contesto generale del lavoro, cioè la tenuta e il raccordo delle condizioni generali che fanno da cornice al lavoro degli operatori e al funzionamento quotidiano: compito questo molto importante in organizzazioni con molte variabili in gioco come sono le residenze per anziani. Più nello specifico, si tratta di un investimento sull’armonizzazione dei tempi dei diversi servizi interni, sulla garanzia degli approvvigionamenti, sulla tenuta generale della programmazione del lavoro, sulla gestione degli spostamenti degli operatori tra i diversi servizi, sulla garanzia del rispetto degli standard di minuti di assistenza, sul mantenimento delle coperture del personale in relazione ad assenze, permessi, ferie o ad esigenze impreviste nei carichi assistenziali degli ospiti.
Sostenere il lavoro degli operatori
Tra le funzioni dei coordinatori c’è il sostegno e il controllo del lavoro degli operatori, un compito importante e non semplice. Proprio per questo è utile analizzare schematicamente alcune modalità di esercizio di questa funzione. Nella nostra riflessione associamo il controllo al sostegno, nel senso che con controllo non intendiamo qualcosa di prevalentemente esterno e normativo, ma qualcosa che interagisce con i processi di lavoro per mantenerli in relazione a orientamenti, oggetti di lavoro, risultati attesi(Mintzberg, 1996; Thompson, 1991; Perrow, 1977).
Si tratta di:
- Controllo e sostegno attraverso supervisione diretta.
- Controllo e sostegno attraverso procedure.
- Controllo e sostegno attraverso la definizione e la cura delle premesse.
Controllo e sostegno attraverso la supervisione diretta
Avviene intervenendo direttamente in rapporto agli operatori e alle loro operazioni, correggendo, integrando, sostenendo. Questa modalità è utilizzata solitamente nelle organizzazioni semplici, con contesti ravvicinati di relazione operativa (a livello di reparto o di nucleo), oppure quando ci si trova di fronte a compiti complessi in cui vengono richieste vicinanza di sguardi, particolari competenze tecniche, maggiori risorse professionali rispetto all’insieme di problemi trattati oppure laddove viene percepita una fragilità delle competenze degli operatori. Si tratta di una modalità che in situazioni di gruppo ampio rischia di diventare dispendiosa se viene utilizzata per affrontare comportamenti che si ripetono; finisce per dissipare risorse organizzative e non è detto che permetta di sedimentare un apprendimento organizzativo che ne determini poi una minore necessità.
Controllo e sostegno attraverso procedure
Si esplica costruendo procedure, check-list, note di riferimento, fogli firma che hanno l’obiettivo di agevolare il lavoro, evitare disattenzioni, dimenticanza di atti, non controllo di alcuni snodi nell’esecuzione di compiti. Spingono ad avere attenzione a questioni che rischierebbero altrimenti di essere lasciate da parte (ad esempio passaggi da fare verso l’ospite, verso i familiari ecc.). Parliamo qui di procedure appositamente costruite dal coordinatore, per la sua situazione specifica di coordinamento, talvolta attraverso il coinvolgimento di gruppi di lavoratori. Fanno dunque parte di uno sforzo contestuale, legato al lavoro specifico di quel nucleo-reparto o per quella tipologia di ospiti e di problemi affrontati (Gawade, 2011)2. Sono quindi di grado diverso rispetto alle procedure organizzative più generali quali, ad esempio, quelle legate alla certificazione di qualità o ad indicazioni e normative organizzative più generali.
Le procedure, se da una parte indirizzano e sostengono i comportamenti lavorativi, evitando dimenticanze e permettendo di risalire a chi ha compiuto o tralasciato determinate operazioni, comportano il potenziale rischio di far prendere le distanze dai bisogni personali espressi dagli ospiti e possono deresponsabilizzare rispetto ad investimenti più soggettivi e personalizzati. Quando possibile, la costruzione delle procedure con il coinvolgimento degli operatori aiuta a farli sentire partecipi nella determinazione delle modalità di lavoro.
Controllo e sostegno attraverso le premesse
Viene esercitato favorendo il riconoscimento e la condivisione di “criteri” e “riferimenti” tecnici e culturali che possono sostenere comportamenti più orientati, responsabili e professionali da parte dei collaboratori. Con questa modalità per l’operatore il controllo tende a passare da qualcosa che è “esterno”, come quando è esercitato attraverso la supervisione diretta o la definizione di procedure, a qualcosa di più “interno”, che appartiene anche a lui, perché viene stimolata la sua diretta e proattiva condivisione. In questa situazione gli operatori sono stimolati ad un maggiore investimento cognitivo ed emotivo, si riconosce la loro competenza e conoscenza professionale e si favorisce la fiducia e l’“auto-controllo”. Il suo esercizio e sviluppo si basa su investimenti relazionali con gli operatori che hanno come tema il riconoscimento e la rielaborazione di aspetti del lavoro, di errori, problemi, incidenti, di nuovi compiti da affrontare3. Richiede investimenti di tempo e spazi di confronto definiti, ma produce ritorni in termini di consapevolezza degli operatori e azioni più orientate ai valori e agli obiettivi; favorisce inoltre una maggiore soddisfazione nel lavoro.
È particolarmente importante sviluppare questa modalità nelle situazioni dove si chiede agli operatori di valutare le diverse variabili in gioco al fine di mettere in campo comportamenti lavorativi flessibili e personalizzati, orientati da criteri guida e non da regole predefinite e comportamenti standard.
Cosa succede nelle quotidianità operative
Molto frequentemente, presi dalle molteplici quotidianità organizzative, i coordinatori tendono a concentrare il loro esercizio di ruolo sugli aspetti di tenuta generale delle condizioni del lavoro e sugli interventi di sostegno e controllo attraverso la supervisione diretta. In questo modo il loro ruolo risulta depotenziato rispetto alla possibilità di ottenere un più elevato livello di integrazione del personale e una più qualificata assistenza all’ospite e al familiare. Inoltre rischiano di restare ancorati su un livello operativo che è sì necessario, ma per certi versi distante rispetto alla tutela della qualità specifica dei processi di cura, e si ritrovano a lasciare sullo sfondo la possibilità e la potenzialità di un lavoro di sostegno e consolidamento dei processi che faccia leva su apprendimenti professionali e organizzativi più profondi, più interiorizzati da parte degli operatori, e quindi, più affidabili nei loro esiti. Un’altra delle conseguenze è che in questo modo i coordinatori si trovano ad essere sempre sovraccarichi di lavoro e alla rincorsa di continue emergenze.
Costruire e rappresentare l’oggetto di lavoro
Proprio perché l’oggetto di lavoro dei servizi residenziali è complesso, non ne va data per scontata la sua rappresentazione presso gli operatori. Il presidiare questo aspetto è uno dei contenuti importanti del lavoro delle figure di coordinamento. Nei servizi sono già presenti degli strumenti che aiutano alla formazione della rappresentazione dell’oggetto di lavoro. Tra questi abbiamo i Piani Assistenziali Individuali (PAI). La bontà dello strumento è però collegata alla qualità del suo processo di utilizzo. È importante cioè che la sua elaborazione e la sua compilazione avvengano in modo da favorire le ricomposizioni tra i diversi sguardi e le diverse conoscenze che ci sono attorno alle situazioni, e che aiuti a prefigurare interventi professionali orientati al processo di cura evitando una loro riduzione all’elenco delle prestazioni. È importante che le diverse figure professionali siano agevolate a considerare il proprio ruolo in rapporto a dei processi di cura, a degli obiettivi e al senso da dare all’intervento.
Rappresentare i processi e il senso, e non le singole prestazioni, è anche una risorsa per favorire la cooperazione e i mutui aggiustamenti tra gli operatori e le professioni in rapporto alle situazioni specifiche che si presentano nel processo di assistenza e cura. Confini mobili tra le diverse professioni e reciproci aggiustamenti consentono di affrontare meglio le variabilità che le persone ospiti pongono, i “minutaggi” possono magari riarticolarsi, i tempi soggettivi e i tempi organizzativi frizionano meno. È per questo che l’attenzione del coordinatore deve saper andare alla riconsiderazione dei processi di lavoro ma anche delle rappresentazioni mentali degli operatori, perché queste concorrono a definirne i comportamenti lavorativi nonché la capacità di interagire positivamente con gli altri colleghi, con le persone ospiti e con le loro famiglie.
È importante allora riconoscere la necessità di non dare per scontati i significati e i contenuti del coordinamento, anche per mettere in campo delle azioni di accompagnamento alla costruzione di un ruolo che sia più articolato nei suoi riferimenti, e più adeguato rispetto alla domanda di qualità che viene rivolta alle residenze per anziani. Vi è dunque una qualità e una strategicità nei contenuti di ruolo dei coordinatori che è importante sostenere e qualificare.
Note
- Promosso dalla Provincia di Milano e accompagnato metodologicamente dallo Studio APS di Milano, vi hanno partecipato coordinatori e responsabili di struttura di RSA Don Cumi – Asp di Magenta, Fondazione La Pelucca, RSA Saccardo e Santa Lucia del Gruppo Segesta, Istituto Golgi Redaelli di Abbiategrasso, e operatori sociali di Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio e Locate di Triulzi degli ambiti territoriali di Corsico e Rozzano (Primerano e Tarchini, 2011)
- In esempi riportati dai coordinatori si va dalla costruzione di appositi fogli firma per verificare la regolare pulizia delle carrozzine a schemi e indicazioni guida per la corretta esecuzione di atti assistenziali o infermieristici
- In esempi riportati da coordinatori si va da riunioni regolari su temi, anche se brevi, a riunioni ad hoc su incidenti, conflitti agiti, lamentele pervenute, report e resoconti mirati
Bibliografia
Dalponte A, Olivetti Manoukian F. Lavorare con la cronicità, Carocci Faber, Roma 2004.
Galimberti U. I miti del nostro tempo, Feltrinelli, Milano 2009. Gawade A. Check list, Einaudi, Torino 2011.
Lizzola I. Aver cura della vita. L’educazione nella prova: la sofferenza, il congedo, il nuovo inizio, Città Aperta, Troina (EN) 2002.
Mintzberg E. La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna 1996.
Olivetti Manoukian F. Produrre servizi. Lavorare con oggetti immateriali, Il Mulino, Bologna 1998. Orsenigo A. Organizzare organizzazioni che curano. Rivista Animazione Sociale, maggio 2011.
Perrow C. Le organizzazioni complesse, Franco Angeli, Milano 1977.
Primerano C, Tarchini V. (a cura di) Costellazione RSA. Coinvolgimento delle famiglie e integrazione delle funzioni nelle strutture residenziali per anziani: gli elementi chiave di un lavoro di ricerca/formazione, Maggioli Editore, 2011.
Thompson JD. L’azione organizzativa, ISEDI, Torino 1991.