1 Marzo 2013 | Professioni

L’educatore professionale nel lavoro di cura con gli anziani

L’educatore professionale nel lavoro di cura con gli anziani

La figura dell’Educatore Professionale: la nascita e l’evoluzione

L’educatore professionale è presente nei servizi del nostro Paese sin dagli anni Cinquanta. La nascita e lo sviluppo della professione, dopo la seconda guerra mondiale, sono legati alle prime iniziative rivolte alla cura e al sostegno di bambini e giovani in situazioni di trauma e disagio, e il suo impiego avveniva, prevalentemente, in strutture residenziali.

 

La professione trova ampio riconoscimento e impiego a partire dalla metà degli anni Sessanta nell’ambito dei processi di rinnovamento culturale entro cui anche i servizi mutano profondamente la loro articolazione, organizzazione e mandato istituzionale. Emerge, infatti, un nuovo approccio nei confronti delle persone che si trovano in una situazione di svantaggio e/o debolezza; in particolare, si passa dall’idea e dalla pratica che le persone con problemi debbano risiedere o frequentare luoghi chiusi, esclusivi e non permeabili con l’esterno ad una nuova mentalità e cultura dell’integrazione e dell’accesso ai diritti e ai servizi per tutti, anche per le persone i cui problemi e patologie sono causa di emarginazione, esclusione o non autosufficienza.

 

Ben presto la figura dell’educatore professionale assume un contorno ben definito, tanto che le Regioni (allora competenti sulla materia), sin dalla metà degli anni Sessanta iniziarono a realizzare corsi di formazione post diploma per la formazione dell’educatore professionale e, già dalla metà degli anni Settanta, diverse leggi regionali ne definivano il profilo professionale.

 

La figura professionale ha alcune caratteristiche peculiari che la contraddistinguono e che si possono riassumere nell’essere una figura interdisciplinare, poiché è “operatore sociale e sanitario”, e, riguardo alle competenze, nell’essere una figura che agisce le sue funzioni educative, riabilitative e di cura attraverso la condivisione di momenti di vita con la persona e/o i gruppi che ha in carico: caratteristiche peculiari e distintive della figura professionale che vengono agite con il tramite della «relazione educativa» nel quadro dei principi etici e deontologici di riferimento per la professione. Attualmente la figura dell’educatore professionale è regolamentata a livello nazionale dal Ministero della Salute attraverso il DM 520/98 che ne delinea il profilo professionale ed il percorso formativo universitario, anche se, purtroppo, analogo riconoscimento giuridico non è ancora avvenuto negli altri settori di operatività dell’educatore professionale. Nel settore sociale, infatti, non esistono norme giuridiche della figura professionale e, conseguentemente, non è definito quale sia il percorso formativo abilitante alla professione in tale comparto.

 

L’Educatore Professionale nel lavoro di cura con gli anziani

È interessante notare come, agli albori della nascita della figura dell’educatore professionale, il suo impiego con le persone anziane fosse residuale. La struttura delle famiglie, il basso tasso di occupazione delle donne e il loro ampio impegno nel lavoro di cura intra-familiare, uniti a una speranza di vita più bassa dell’attuale e a una minor insorgenza di condizioni cliniche che determinano non autosufficienza, possono in parte spiegare la scarsa necessità di attivare servizi rivolti specificamente alle persone anziane. Nei confronti di questa fascia di età inizialmente l’impiego dell’educatore professionale fu soprattutto sul versante educativo ed animativo, concretizzandosi, cioè, in progetti di animazione di comunità, nell’offerta di luoghi e contesti in cui le persone anziane potessero incontrarsi, coltivare interessi, proseguire in una socializzazione tra pari che, con il pensionamento, non poteva più avvenire nel luogo di lavoro. Più recentemente, invece, la figura dell’educatore professionale trova un ampio impiego nel lavoro con le persone anziane nell’ambito riabilitativo e di cura.

 

Questo dato è emerso dalla ricerca finalizzata alla definizione del Core Competence dell’educatore professionale che l’ANEP – Associazione Nazionale Educatori Professionali –che dal 1992 rappresenta in Italia la figura professionale, ha attivato sul finire del 2007 ed i cui risultati sono stati pubblicati nel 2010. Gli esiti della ricerca hanno evidenziato gli anziani, come area di intervento, tra i “bisogni prioritari socio-sanitari” della popolazione, in riferimento a problematiche di «solitudine e difficoltà di vita autonoma» e «non autosufficienza», che confermano l’attuale impegno della figura dell’educatore professionale in progetti e servizi per il sostegno alla vita autonoma attraverso l’impiego nei servizi sociali area anziani e, dall’altro, nelle residenze protette, centri diurni, centri Alzheimer.

 

Alcuni esempi di attività svolte dall’Educatore Professionale

In questo quadro di cambiamenti epocali per la nostra società, anche l’educatore professionale ha adattato le proprie funzioni e interventi. Accanto quindi alle attività animative, ludiche, teatrali, laboratoriali ed occupazionali in cui era impegnato fin dall’inizio, oggi l’educatore professionale è sempre più il professionista che accoglie e soddisfa i bisogni di socializzazione e di relazione, di recupero della memoria e della storia individuale e familiare, di mantenimento e potenziamento delle capacità ed abilità cognitive ed espressive anche di persone parzialmente non autosufficienti.

 

Per esempio, nelle strutture per anziani spesso l’educatore è il professionista che, nel servizio di accoglienza ed inserimento, contatta per primo la persona e i familiari nei colloqui iniziali. Questo è, infatti, un momento molto delicato, perché coincide con un distacco dalla propria abitazione e dal nucleo dove si è passata una vita. L’educatore professionale si occupa quindi di introdurre l’anziano nel suo nuovo mondo, fatto di ritmi e regole, ma anche di opportunità completamente nuove e non sempre accettate o accettabili. È quindi importante che la persona si senta accolta, compresa, e possa intravvedere una “nuova vita” per gli anni futuri, ricca di stimoli, significati e valori.

 

Nelle strutture residenziali, molte delle attività proposte dalle équipe educative sono quindi improntate a ricreare un clima familiare ed accogliente, stimolante e non opprimente, che sappia valorizzare le attitudini, i saperi, le capacità della persona anziana, e che siano adeguate ai tempi e alle età. L’attenzione è anche rivolta a non svalutare la persona e la sua storia, costringendola a frequentare gruppi ed attività che non corrispondono al suo livello culturale, sociale e cognitivo.  L’ottica è quella del mantenimento e del potenziamento, quando possibile, delle capacità, anche se residue, attraverso la progettazione e gestione di attività legate alla vita quotidiana, che hanno lo scopo di essere un tramite per raggiungere gli obiettivi educativi che ci si è posti.

 

Il momento della lettura del giornale, per esempio, è un modo per rimanere in contatto con quello che succede nel mondo in maniera critica e partecipata (funzione educativa), ma è anche un modo per mantenere le abilità cognitive raggiunte (funzione riabilitativa). Anche le attività laboratoriali e creative mirano non solo a mantenere viva l’attenzione, la manualità, il gusto per il bello e l’utile, ma anche a proporre percorsi terapeutici che sono fondamentali per chi, come per esempio le persone affette da demenza, sta perdendo pezzi di conoscenza e di vitalità.

 

Nelle strutture per anziani i laboratori di cucito, giardinaggio, cucina, pittura, manipolazione, così come i laboratori teatrali o di espressività corporea, le attività motorie, i momenti di canto, di ballo, la partecipazione e l’organizzazione di feste, concerti, spettacoli, eventi, i momenti di gioco “tradizionale” (come la tombola, le carte o le bocce), sono importanti per dare un senso (un significato) alla propria giornata e al tempo, ma anche per rimanere “in salute” nel significato più ampio e  completo del termine, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per esempio, nel laboratorio di cartonaggio, l’obiettivo può essere la riabilitazione oculo-manuale; il laboratorio di movimento e danza o di attività motorie è funzionale alla riabilitazione topologico-spaziale; un laboratorio di lettura del giornale ha come obiettivo la riabilitazione temporale, mentre un laboratorio di gioco strutturato ha una funzione educativa e di riabilitazione alla socialità.

 

È importante evidenziare come i laboratori abbiano anche una funzione di contenimento dell’ansia e di recupero della partecipazione ad una vita attiva, che spesso la pensione e/o la malattia hanno allontanato. È la potenza del fare, e del fare insieme, che ha una funzione terapeutico-riabilitativa molto importante, soprattutto perché fa leva sulla motivazione, sulla partecipazione, accrescendo l’autostima e il protagonismo della persona.

 

Altri momenti importanti sono le uscite sul territorio o le visite ad altri luoghi al di fuori del nuovo ambiente di vita: sono occasioni per conoscere o riscoprire luoghi e culture, per fare nuove esperienze o per vivere emozioni e sensazioni passate. Sempre più frequentemente, nelle residenze l’educatore professionale propone attività che aiutano l’anziano a recuperare la propria biografia, che restituiscono senso alla propria esistenza e alle abilità e ai saperi di cui è portatore, anche ai fini di una trasmissione del sapere alle giovani generazioni. Molte delle attività che gli educatori propongono hanno come focus la trasmissione del sapere e la relazione fra generazioni.

 

La longevità viene quindi vissuta, nei servizi educativi e nella residenza, non come un peso, un problema, ma come ricchezza di saperi e valori per la comunità, in un’ottica di crescita, di condivisione, di scambio, di “prendersi cura”. Per l’agire professionale dell’educatore è fondamentale non proporre attività “casuali” ma rispondenti ai bisogni della realtà in cui opera, con progetti che indichino obiettivi, metodologie, risorse, spazi e tempi precisi, con una gestione attenta e condivisa con l’équipe, con verifiche intermedie e finali che restituiscano i risultati raggiunti e le difficoltà insorte.

 

La collaborazione con gli altri professionisti

L’educatore professionale, inoltre, affianca altri operatori che si occupano di singole e specifiche tecniche terapeutiche, quali la Musicoterapia, la Terapia della bambola, la Pet therapy, la Validation therapy, la Terapia di Orientamento alla Realtà (ROT), la Terapia della reminescenza o la Terapia della rimotivazione. Di particolare rilevanza, sul piano educativo-riabilitativo, la gestione di ospiti con disturbi del comportamento: in queste situazioni l’educatore professionale propone attività individualizzate finalizzate al mantenimento, al recupero o alla convivenza sostenibile con il disturbo stesso: il recupero del contatto visivo, la modulazione del tono di voce, la predisposizione e l’uso di strumenti, come gli audio libri, fanno parte del bagaglio di conoscenze e di strumenti che l’educatore professionale che lavora con gli anziani mette a disposizione per superare ostacoli e barriere che rendono difficile la vita quotidiana e la convivenza con le persone.

 

Allo stesso tempo, l’educatore professionale nella progettazione e realizzazione degli interventi educativi-riabilitativi collabora strettamente con gli altri professionisti sanitari e sociali che costituiscono l’équipe multidisciplinare che ha in carico la persona. Sempre più spesso l’interazione e l’integrazione nel gruppo di lavoro è l’unica modalità per garantire servizi ed ambienti che si prendono cura della persona in modo completo, con interventi efficaci secondo logiche di efficienza e sostenibilità.

 

La relazione educativa

La relazione con la persona è il focus centrale dell’intervento dell’educatore professionale. Se è importante che attività e interventi proposti siano, per quanto possibile, condivisi con la persona, coinvolgenti e adatti, altrettanto importante è la qualità della relazione che l’educatore instaura con ogni singolo anziano. Una relazione voluta, cercata, mirata, non casuale, passeggera e “di contorno”. La relazione vissuta, infatti, nei colloqui, nelle passeggiate, nei momenti di “ozio”/tempo disponibile, così come durante le attività permette di comprendere come sta la persona, quali sono i suoi sentimenti, emozioni, bisogni. Gli strumenti principali della relazione educativa sono l’ascolto e l’empatia.

 

È, infine, importante sottolineare come la relazione educativa sia fondamentale anche nella fase di accompagnamento alla morte, all’ultimo saluto della persona al mondo, per favorire l’elaborazione del lutto dei caregiver. Questa è una fase importante, ed in molte strutture è l’educatore professionale che conduce percorsi di sostegno alle famiglie e ai familiari, per aiutarli ad accompagnare la persona anziana nella fase ultima della vita.

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