1 Settembre 2003 | Programmazione e governance

Editoriale
“L’incombente crisi delle cure a lungo termine”


Questa la traduzione, più fedele possibile di un editoriale di Lancet di quest’anno (“The coming crisis of long term care”; Lancet 2003; 361; 1755). L’editorialista pone all’attenzione il problema del futuro della domanda assistenziale degli anziani non autonomi. Negli USA ogni anno 10.000 persone in più ingrossano le fila degli ultra65enni e nel 2030 saranno un quarto della popolazione totale. Ma questo dato ora interessa anche i Paesi che una volta si chiamavano “ in via di sviluppo”, dove vive attualmente l’80% di coloro che compie 60 anni. Nonostante i report dell’organizzazione mondiale della sanità (“WHO report: “Key policy issues in long term care”) e i piani nazionali, regna la confusione sulla modalità di risposta a questo bisogno, specie sotto il profilo economico.

 

I costi del ricovero nelle residenze, tipo RSA (Nursing Home) sono molto alti e quasi mai coperti da assicurazioni pubbliche o private. In ambito pubblico la distinzione fra “sanitario” e “sociale” nella cura dei malati cronici, pur essendo assai intricato, condiziona il tipo di copertura economica in chi deve rispondere generando molte improprietà (soprattutto assistenza sociale in risposta ed a copertura di bisogni sanitari). Per uscire da questo empasse, alcune Nazioni (soprattutto l’Italia e la Germania, citate infatti nell’articolo) stanno sperimentando l’erogazione di denaro invece che l’erogazione di servizi. Questo certamente permette un buon controllo della spesa, ma perpetua il peso e lo stress per il caregiver. Le femministe giustamente pongono in rilievo come poi il carico assistenziale sia soprattutto femminile: anche se viene in parte risarcito economicamente, per queste donne resta il peso anche economico di un’esclusione dalla vita sociale e dalla carriera lavorativa.

 

A questo, in Italia, si aggiunge l’aumento dell’età media di pensionamento, per cui si sta perdendo anche quella risorsa informale che sono i “pensionati giovani” che assistono i “pensionati vecchi” per molti anni. Ancora, sempre in Italia, da aggiungere il progressivo calo della natalità che caratterizza proprio i “baby boomers”: da anziani saranno quindi tanti, ma avranno pochi figli e parenti che se ne occuperanno. Fino ad ora vi è stato in Italia un periodo abbastanza favorevole di leggera diminuzione e della richiesta di servizi, dovuto al fatto che sono mancati all’appello circa 400.000 ultra 80enni (stima approssimativa) per i non nati degli anni 1915 – 1918 (prima guerra mondiale) e della successiva epidemia ad altissima mortalità e denatalità (“Spagnola”), per cui fino al 1920 non vi è un recupero demografico.

 

Di questo hanno usufruito i servizi più intensivi e anche costosi: infatti l’età media per le RSA della Lombardia è di 82 anni, secondo i dati di una ricerca IRER ( “Anziani : stato di salute e reti sociali” Guerrini e associati, Milano 2000). Presto l’effetto di questo “crepaccio demografico” finirà e occorrerà fare i conti con una realtà molto difficile, che non potrà comunque basarsi solo sull’organizzazione oggi esistente.

 

Due considerazioni finali:

  • la cosa migliore sarebbe consigliare che le persone risparmino abbastanza, per potersi pagare l’assistenza da anziani. Con i costi attuali, molte residenze per anziani appaiono un po’ fuori portata per la maggioranza delle persone. Solo contando su una ripartizione ampia e solidaristica del rischio legato alla non autosufficienza si può pensare di avere risorse economiche per affrontare, almeno in parte, tali costi
  • l’erogazione del denaro non esime dal sostenere chi ha necessità di assistenza con un intervento pubblico. Nell’articolo si fa riferimento all’erogazione di “cash and counselling”, cioè danaro e consulenza, ma nella applicazione estrema del “Voucher” si è dato sostanzialmente corso solo alla prima parte, trascurando di fatto la seconda che è altrettanto importante. La famiglia non ha spesso gli strumenti per decidere al meglio. Qualche dato preliminare di ricerche in atto sta dimostrando che lo stress non diminuirà né si ridurrà il senso di solitudine e disperazione di chi si trova a fronteggiare la disabilità, spesso anche psichica, di un suo congiunto. In quest’opera di “consultorio geriatrico” , di consulenza e sostegno alla famiglia, si vede un importante compito per le attuali equipe delle Unità di Valutazione Geriatrica.

 

Resta la domanda finale, senza risposta, con cui si chiude l’articolo di Lancet: “ Che cosa ci richiede la giustizia ?”. L’impegno è per tutti di trovare una risposta .

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