L’assistenza infermieristica notturna differisce da quella diurna per la finalità primaria di creare un ambiente, ospedaliero o di residenza sanitaria che favorisca il sonno, il comfort, la tranquillità e il riposo dell’ assistito; dal punto di vista assistenziale ha anche lo scopo di garantire la continuità delle cure necessarie, la vigilanza e la sicurezza.
La notte in ospedale e nelle strutture residenziali non è stata molto studiata, né dal punto di vista dei pazienti né da quello degli infermieri: è un tema poco esplorato, anche in Italia, forse perché è diffusa la convinzione che la notte implichi per lo più un lavoro blando di sorveglianza dei pazienti e non impegni particolarmente il personale infermieristico.Le tematiche più dibattute sull’assistenza notturna riguardano le attività assistenziali ed organizzative, i giri di sorveglianza, il vissuto degli infermieri, l’intensità delle chiamate dei pazienti e la loro percezione dell’assistenza durante la notte. Questo contributo propone una riflessione su queste tematiche, evidenziandone aspetti problematici e opportunità.
Le attività assistenziali e organizzative notturne
Le attività notturne sono distinte in attività assistenziali programmate e non programmate, a cui si aggiungono attività a valenza soprattutto organizzativa non sempre di pertinenza infermieristica.
Di notte le attività programmate garantite spesso in tutte le strutture, si svolgono prevalentemente a inizio e fine turno e prevedono la somministrazione delle terapie, il posizionamento e la soddisfazione di bisogni di comfort dei pazienti, la rilevazione dei parametri tra cui il dolore. Queste attività sono di norma definite da protocolli operativi e possono essere integrate da altre attività in relazione alle necessità del contesto: ad esempio, nei reparti chirurgici il controllo dei pazienti operati, nelle terapie intensive, dove non ci sono differenze tra giorno e notte, il controllo dei parametri del ventilatore (1).
Le attività non programmate sono svolte prevalentemente nella parte centrale del turno notturno, su chiamata o in risposta ai bisogni specifici dei pazienti non sempre prevedibili. Le attività più frequenti riguardano: la gestione di un’urgenza, come ad esempio una crisi dispnoica, un’emorragia o una ipoglicemia; la gestione del dolore, dell’agitazione, dell’insonnia, una caduta; il controllo di una pompa di infusione; l’interazione con i pazienti che esprimono paura, sconforto, o un bisogno di relazione e vicinanza. Accompagnare l’assistito in bagno appare dai dati di letteratura come l’attività più frequente: in particolare, gli anziani di notte possono avere difficoltà perché la luce è soffusa, si sentono incerti o disorientati per effetto dei sedativi o dell’affaticamento, fattori che possono esporre a rischio di caduta (2; 3).
Oltre alle attività di assistenza diretta, sono svolte attività di carattere organizzativo come il controllo della documentazione clinica del paziente, il controllo periodico dei farmaci, il riordino, la predisposizione di materiali e dell’ambiente. Queste ultime attività sono oggetto di dibattito negli ultimi anni: quando gli infermieri sono sovraccaricati di attività organizzative notturne, rischiano di compromettere la qualità assistenziale richiesta da pazienti a crescente complessità clinica. La tendenza ad appesantire il lavoro notturno con attività organizzative, comprese quelle che di norma non riescono a essere svolte durante il giorno, nasce da una credenza del passato, che a volte oggi tuttora persiste: il mito delle notti inattive, o a basso carico di lavoro, è basato sui dati raccolti (4), in cui si documentava che l’inattività degli infermieri poteva raggiungere il 40% durante il turno notturno. Studi più recenti (5) condotti in ospedali per acuti, hanno evidenziato, invece, che la notte sta diventando sempre più simile al giorno: per esempio, la tendenza a estendere le sedute chirurgiche fino a tarda serata per ottimizzare le risorse, richiede durante la notte un’assistenza postoperatoria intensiva.
Per questi motivi gli intervalli di inattività stanno scomparendo e la tradizionale concezione di attività assistenziale notturna come prevalentemente ‘inattiva’ e a bassa intensità deve essere rivista. L’intensità dell’assistenza erogata di notte è determinata dalle condizioni cliniche dei pazienti e dal loro bisogno di assistenza, e può variare molto da una notte all’altra, anche nello stesso reparto (6).
La sorveglianza durante l’assistenza notturna
Durante il giorno gli operatori sono frequentemente presenti nelle stanze e quindi possono garantire una sorveglianza continua; inoltre, gli assistiti si sostengono gli uni con gli altri, ricevono visite e quindi sono parte attiva della sorveglianza. Durante la notte, questo reciproco sostegno viene meno e la sorveglianza infermieristica deve essere più organizzata, regolare e intensa.
La sorveglianza è uno stato di vigile attenzione, di massima prontezza di azione, sia fisica sia psicologica, di abilità nell’individuare e reagire al pericolo.
Meyer e Lavin (7) considerano la sorveglianza infermieristica l’essenza del prendersi cura, un’attività intellettuale, scientifica ed esperienziale che si fonda sull’attenzione verso l’altro e l’identificazione di osservazioni/segnali/indizi clinicamente rilevanti. Una sorveglianza di qualità elevata gioca un ruolo determinante nel garantire la sicurezza dei pazienti, ma spesso se ne riconosce l’importanza da parte di pazienti e operatori, solo quando non è garantita o è carente.
La capacità di osservare i pazienti, cogliere e interpretare segnali di cambiamento o aggravamento, stimare in anticipo il rischio, monitorare e vigilare, è considerata una delle competenze più sofisticate degli infermieri esperti: per raggiungere questo livello sono necessari molta esperienza e intuito. La sorveglianza può essere proattiva o reattiva: proattiva, quando ad esempio il paziente è spostato in una stanza vicino alla consolle infermieristica per poterlo osservare con continuità; reattiva, quando si risponde a una chiamata del paziente o del suo caregiver.
Pur essendo un’attività fondamentalmente cognitiva, la sorveglianza si concretizza nei cosiddetti “giri” infermieristici, che appartengono alla tradizione del turno notturno. Il giro infermieristico è un’attività strutturata, intenzionale e pianificata che ha l’obiettivo di anticipare e valutare i bisogni assistenziali dei pazienti.
Solitamente, il primo “giro” chiamato anche “giro notte” si effettua dopo la consegna, quando i pazienti sono ancora svegli: gli infermieri conoscono i nuovi ricoverati, valutano la loro complessità e criticità; programmano l’intensità della sorveglianza notturna e la frequenza dei controlli; scambiano informazioni con il paziente e/o famigliari; rispondono a bisogni di comfort, posizionano i pazienti, controllano i segni vitali, i device e le terapie. Assicurano inoltre l’ambiente e la sicurezza, mettendo a disposizione il campanello. I successivi giri assicurano una valutazione e la frequenza viene via via modulata sulla base delle specifiche esigenze cliniche dei pazienti e della percezione di rischio che di essi hanno gli infermieri.
Rispetto alla frequenza dei giri Meade e colleghi (5) hanno sperimentato in più ospedali un giro dei pazienti ogni una o due ore, dimostrandone l’efficacia nella riduzione del numero di chiamate, nell’aumento della soddisfazione del paziente e della sicurezza misurata con il numero di cadute.
Il lavoro notturno: il vissuto degli infermieri
Il lavoro notturno mette alla prova la maggior parte degli infermieri: esso ha un impatto sulla dimensione professionale, sulla vita sociale e di relazione, sulla salute.
Lavorare di notte può essere difficile: affrontare pazienti instabili, critici o particolarmente complessi, espone a un’elevata tensione emotiva; la valutazione di quando una situazione può essere considerata “normale”, o indizio di aggravamento clinico e quindi richiede l’intervento del medico, è vissuta dagli infermieri come una decisione impegnativa e di grande responsabilità.
Durante la notte assume particolare rilevanza l’ascolto dei rumori, ad esempio un rumore respiratorio, e i lamenti che durante il giorno sono meno evidenti tra i tanti rumori tanti rumori legati alle attività e alla maggiore presenza di personale, familiari, visitatori: senza luce, nella penombra, anche i problemi possono assumere una dimensione più drammatica e rendere più difficili le decisioni. Mentre di giorno tutto è più accessibile come per esempio eseguire un elettrocardiogramma e ottenere un’immediata lettura, durante la notte tutto appare più complesso. Se si è chiamati dallo stesso paziente più volte durante una stessa notte, il rischio di sottovalutare il problema è più elevato per la stanchezza, e la fisiologica riduzione dell’attenzione, soprattutto nelle prime ore dell’alba.
Gli infermieri, tuttavia, riconoscono che lavorare di notte ha anche aspetti positivi: la possibilità di lavorare senza troppe interruzioni, imparare a decidere da soli, avere il tempo per parlare e conoscere i pazienti. Inoltre, ritengono che il lavoro notturno offra maggiori opportunità di esperienza e di sviluppo della propria competenza.
Di notte, gli infermieri gestiscono esigenze e imprevisti del paziente in modo autonomo; devono riflettere e reagire a situazioni critiche e decidere come gestire i problemi. Questi aspetti sono importanti per accrescere l’autostima e compensano gli effetti negativi del turno notturno (8; 9). La responsabilità che ne deriva è vissuta come stimolante e motivante, ma anche come fonte di preoccupazione, soprattutto quando sono in turno con medici inesperti o non collaborativi o con colleghi novizi. Le paure riferite più frequentemente dagli infermieri durante il turno notturno sono il verificarsi di eventi gravi e di non essere in grado di gestirli: trovare un paziente deceduto o che uno o più pazienti cadano. Riferiscono inoltre un vissuto di solitudine e di fatica fisica e la difficoltà a integrare i turni notturni con le attività extra-lavorative. Numerosi studi hanno rilevato implicazioni socio-culturali negative del lavoro notturno sugli stessi infermieri, sulle loro famiglie e sulla rete sociale (1; 10).
Anche le condizioni ambientali si modificano durante la notte: luci abbassate e silenzio favoriscono il riposo dei pazienti, ma nello stesso tempo creano condizioni di lavoro più disagevoli per gli infermieri. La medicina del lavoro da anni si occupa dell’impatto sulla salute del lavoro notturno: può determinare mal di testa, perdita di peso, affaticamento, alterazioni e disturbi del sonno, alterazione del ciclo mestruale, problemi gastrointestinali, ipertensione, iperglicemia, aumento dei livelli di colesterolo LDL e riduzione del colesterolo HDL. Gli effetti psicologici negativi sono lo stress, l’agitazione, la svogliatezza, la necessità di assumere farmaci sedativi, la perdita di attenzione, l’irritabilità, gli squilibri nutrizionali e la depressione (11). La responsabilità che ne deriva è vissuta come stimolante e motivante, ma anche come fonte di preoccupazione, soprattutto quando sono in turno con medici inesperti o non collaborativi o con colleghi giovani e inesperti (12).
L’assistenza notturna: la percezione dei pazienti
Vari studi sulla qualità del sonno in ospedale evidenziano che i pazienti che a casa riferivano di dormire bene manifestano disturbi del sonno quando sono ricoverati in ospedale e, una buona parte di loro è insoddisfatta del riposo notturno. I pazienti in ospedale riferiscono soprattutto “la frammentazione del sonno” dovuta a problemi relativi al proprio stato di salute, al rumore generato dalle attività assistenziali, al disturbo arrecato da altri pazienti, alle interruzioni del sonno per le attività assistenziali e ad altri fattori ambientali come luce, temperatura, odori (13). La privazione di sonno ha effetti sul sistema immunitario, sulla guarigione delle ferite, sulla funzione cognitiva, sui livelli di stress e sull’affaticamento (14).
I disturbi del sonno nella popolazione anziana meritano una particolare attenzione per la loro alta prevalenza, complessità e implicazioni sulla salute sia nei contesti ospedalieri sia residenziali. Gli anziani hanno un sonno più leggero: sono più sensibili all’ambiente esterno, sono più legati alle proprie abitudini e percepiscono il cambiamento prodotto dall’ospedalizzazione o istituzionalizzazione più dirompente (15; 16). I problemi clinici che frequentemente contribuiscono a tali disturbi nell’anziano sono il dolore, le parestesie, la tosse e la dispnea notturna, il reflusso gastroesofageo e la nicturia. Alcune malattie come per esempio il Morbo di Parkinson e la demenza sono associate ai problemi del sonno. Alcuni farmaci assunti frequentemente dagli anziani esempio diuretici: se somministrati, in orari serali, possono disturbare la regolarità del sonno (14).
Chi soffre d’insonnia per un problema fisico o una preoccupazione, conosce bene quali e quante emozioni attiva la notte. Tuttavia, a casa propria, la possibilità di muoversi, di impegnare il tempo leggendo, scrivendo o pensando, riduce l’impatto o la percezione della durata della notte. In ospedale o nelle strutture residenziali, la libertà di gestire la “propria notte” è limitata: la lettura notturna non è consentita ai pazienti in camere doppie o triple; la possibilità di guardare la televisione altrettanto, come pure quella di muoversi. Provare dolore, avere paura, essere preoccupati per l’intervento chirurgico; provare disperazione o solitudine perché la famiglia è lontana, o perché è stata appena comunicata una diagnosi con una prognosi incerta o infausta, sono problemi che di notte tendono a ingigantirsi e ad assumere toni drammatici, mentre, durante il giorno le continue attività tengono impegnati e distraggono (12).
Proposte per migliorare l’assistenza notturna
L’assistenza notturna ha una sua specificità e rilevanza: di notte è crescente l’intensità del lavoro e il carico di responsabilità assunto dagli infermieri. Per queste ragioni, va concentrata l’attenzione del management e della ricerca, per assicurare maggior qualità e sicurezza alle persone assistite, ma anche condizioni di lavoro favorevoli per gli infermieri. Gli infermieri di notte sono sempre più affiancati da operatori di supporto, prevalentemente in sostituzione più che a integrazione del team. Certamente sono numerose le attività di assistenza di base che possono essere loro affidate, ma altrettanto numerose sono quelle che richiedono competenze professionali e di giudizio clinico che non possono essere loro demandate.
Ciò che accomuna tutte le notti, indipendentemente dal tipo di struttura, è la loro complessità che suggerisce estrema prudenza nell’eccesiva riduzione del personale di assistenza. Inoltre, è necessario proteggere la notte da attività improprie perché già faticosa, ma anche per aiutare gli infermieri a concentrare la loro attenzione sulla sorveglianza dei pazienti e, in particolare, sui pazienti confusi o disorientati.
In accordo a quanto già documentato (11), si propongono di seguito alcune raccomandazioni per garantire la qualità dell’assistenza notturna:
- Pianificare il lavoro notturno evitando di concentrare a fine turno attività assistenziali che richiedono maggior attenzione e precisione (come i prelievi, o preparazione di farmaci) e ridurre le attività che comportano rischi (es. prelievi, fleboclisi), ma anche quelle faticose e senza alcun impatto clinico (come ad esempio le attività organizzative).
- Ridurre le attività non assistenziali e di riordino (esempio controllo della terapia, trascrizioni provette, registrazione esami) soprattutto se rumorose o se richiedono molta attenzione.
- Concordare nell’ambito del team la frequenza dei giri notturni, e su quali pazienti devono essere intensificati.
- Garantire a pazienti confusi, agitati o con declino cognitivo, quando possibile, la presenza del caregiver, al quale dovrebbe essere garantito il comfort necessario (sdraio, accesso alla cucina,…) durante la notte.
- In accordo con il personale medico, ridurre le terapie notturne e distribuirle in orari che non interrompano il sonno dei pazienti.
- Attivare strategie di integrazione con i medici per facilitare la migliore presa di decisione anche durante la notte.
- Garantire sempre la presenza di un infermiere esperto nel team di operatori del turno notturno.
- Valorizzare il lavoro notturno e definire un rapporto di operatori adeguato alla complessità clinica dei pazienti.
- Promuovere l’esperienza notturna nei percorsi di formazione, individuando nella capacità di sorveglianza obiettivi specifici di apprendimento.
- Tenere presente nella progettazione degli ospedali la necessità di:
a) concentrare gli spazi per facilitare la vigilanza attiva;
b) ridurre i rumori evitabili (tecnologie e calzature del personale più silenziose) e l’illuminazione quando non necessaria;
c) ridurre la fatica degli infermieri: ad esempio, disponendo di monitor collegati con la consolle infermieristica per la sorveglianza dei pazienti critici.
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