1 Marzo 2015 | Residenzialità

Il Governo Clinico e le Residenze per anziani

Il Governo Clinico e le Residenze per anziani

Per Governo Clinico si intende un approccio integrato per l’ammodernamento del SSN, che pone al centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari i bisogni dei cittadini e valorizza il ruolo e la responsabilità dei medici e degli altri operatori sanitari per la promozione della qualità. Questa spiegazione sintetica del Ministero è tratta da un documento del Dipartimento della Salute londinese (1) che nel 1998 descriveva la Clinical Governance come una modalità di gestione dei servizi sanitari da promuovere al fine di mettere in atto attività sistematiche di valutazione e di miglioramento della qualità professionale. Più precisamente, veniva definita come “l’insieme degli strumenti organizzativi attraverso i quali le istituzioni del SSN assumono una diretta responsabilità per il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza e per mantenere elevati livelli di servizio attraverso la realizzazione delle condizioni necessarie per favorire l’espressione dell’eccellenza professionale”.

 

Questo documento incoraggiava, tra l’altro, lo sviluppo di tre principi fondamentali su cui si reggono le organizzazioni:

  1. La necessità di riconoscere e valorizzare le capacità degli operatori.
  2. Il loro coinvolgimento nel monitoraggio delle risorse disponibili, dell’ambiente in cui operano e dei risultati ottenuti in termini di efficacia delle cure.
  3. La promozione di cambiamenti in funzione delle esperienze acquisite dai singoli, dandogli la possibilità di garantire lo sviluppo di nuove conoscenze anche attraverso la formazione specifica.

 

Il modello sotteso richiede ulteriori elementi al fine della sua realizzazione, in particolare le condizioni per cui:

  • Ognuno condivida l’obiettivo finale del lavoro da realizzare; sia responsabilizzato nello sviluppo del proprio lavoro; sia a conoscenza del lavoro degli altri e ne condivida l’utilità e l’opportunità; non interferisca nella realizzazione del lavoro altrui.
  • L’organizzazione sia valutata e misurata in termini di quantità (efficienza) e di qualità (efficacia) delle prestazioni rese.
  • Sia soddisfatto chi usufruisce del risultato finale del lavoro (cliente).

 

Le raccomandazioni utili per promuovere il governo clinico nelle strutture socio-sanitarie

Valorizzare questi fattori come elementi indispensabili per garantire il cambiamento e la qualità ha favorito la stesura delle “raccomandazioni”, sinteticamente riportate qui di seguito, per inquadrare e promuovere azioni utili per il miglioramento della qualità nelle strutture, indipendentemente dal loro ruolo nella rete dei servizi socio-sanitari:

  • Creare i presupposti per garantire la partecipazione di tutti i professionisti ad audit clinici (valutazione e miglioramento di qualità).
  • Incrementare la collaborazione multidisciplinare e stimolare la diffusione di pratiche basate sulle evidenze scientifiche e sull’utilizzo di linee guida.
  • Valutare le competenze e la professionalità del personale, anche al fine di promuoverne una costante formazione o training, attraverso sistemi di misurazione dei risultati ottenuti dalle attività svolte.
  • Implementare la rilevazione delle informazioni per monitorare l’assistenza clinica e valutare gli esiti (outcome), migliorando costantemente la completezza e l’accuratezza dei dati raccolti e la gestione della documentazione sanitaria.
  • Attuare un sistema di segnalazione, di indagine e di prevenzione degli eventi avversi.
  • Sviluppare competenze comunicative finalizzate soprattutto a coinvolgere i pazienti e i loro familiari, facilitandogli anche la comunicazione dei reclami o segnalazioni, sia come strumento di conoscenza di eventuali carenze, sia come dato di qualità (qualità “percepita”).

 

La Clinical Governance impegna quindi le organizzazioni sanitarie su più fronti e responsabilizza le strutture a sviluppare in modo attendibile e misurabile (accountability) un sistema organizzativo centrato sui bisogni del paziente, stimolando da un lato l’uso efficiente delle risorse disponibili per il raggiungimento dei massimi livelli di sicurezza e di qualità delle cure e/o dei servizi forniti e, dall’altro, valorizzando il ruolo e la responsabilità dei professionisti per assicurare l’efficacia con i migliori risultati possibili.

 

Governo clinico e gestione del rischio clinico (2)

Tra gli elementi che testimoniano il buon governo dell’organizzazione deve essere annoverato lo sviluppo di specifici modelli di controllo del rischio clinico, poiché ben rappresentano la tendenza della struttura ai principi di miglioramento della qualità delle cure centrate sui bisogni del paziente, impliciti nel concetto di Governo Clinico. Il Rischio Clinico è definito, infatti, dai più come la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, subisca un danno o disagio imputabile, anche in maniera involontaria, alle prestazioni sanitarie ricevute durante la degenza e che possano prolungare la durata della degenza, peggiorare la salute o causare la morte.

 

Gestire il Rischio è possibile ricorrendo a metodologie di lavoro che permettano:

  • La pianificazione di decisioni e azioni finalizzate all’individuazione e alla valutazione dei rischi.
  • La gestione e il controllo delle procedure, dei progetti e dei protocolli individuati come efficaci a tale scopo.
  • La gestione dei successivi processi decisionali. Spesso la possibilità che si verifichi un evento avverso non dipende solo da “errori” legati a comportamenti anomali o superficiali del singolo operatore (errori “attivi”), ma da insufficienze o errori di progettazione, organizzazione e controllo, che restanosilenti nel sistema, finché un fattore scatenante non li rende manifesti in tutta la loro potenzialità, causando danni più o meno gravi (errori “latenti”). L’individuazione dell’errore attivo non esonera dalla ricerca degli errori latenti, perché sono le insufficienze del sistema che devono essere rimosse se si vuole ridurre la probabilità che si verifichi un errore (attività di prevenzione) e contenere le conseguenze dannose degli errori comunque verificatisi (attività di protezione). Ne consegue che la Gestione del Rischio Clinico può essere promossa attraverso due processi gestionali e culturali tra di loro legati:
  • Approccio Reattivo: imparare dagli errori commessi dalle proprie azioni (errori attivi).
  • Approccio Proattivo: promuovere una costante verifica dell’efficacia e dell’efficienza dei processi assistenziali (errori latenti).

 

La formazione per il governo clinico (3)

Per creare le condizioni e per realizzare il sostanziale sviluppo culturale del Governo Clinico nel contesto delle strutture sociosanitarie, è necessario tener presente che i principi e i valori contenuti nelle “raccomandazioni” citate dal documento inglese devono rappresentare il motivo conduttore dei processi formativi utili al cambiamento o al miglioramento delle azioni intraprese per la cura dei pazienti.

 

Sviluppo professionale: è necessario costruire occasioni che facilitino gli operatori nell’approccio a nuovi modelli di apprendimento cognitivo e culturali alla base dell’agire professionale, così da trasferire le loro conoscenze senza perderne il “valore” maturato nel tempo e garantendogli l’acquisizione della flessibilità “cognitiva” necessaria a gestire le innovazioni e i cambiamenti dentro i contesti di cura.

 

Responsabilizzazione: lo scopo della responsabilizzazione degli operatori è rendere trasparente la qualità dell’assistenza.  Tale obiettivo si raggiunge con un monitoraggio e una valutazione del loro operato basato su principi condivisi di misurazione e di confronto con standard professionali identificabili e misurabili; gli operatori devono essere consapevoli che lo sviluppo di un meccanismo di monitoraggio delle prestazioni ha come premessa la condivisione degli obiettivi e una partecipazione “proattiva” alla loro realizzazione: occorrono quindi relazioni tra i professionisti basate sulla fiducia, da costruire attraverso il loro coinvolgimento nel governo delle organizzazioni sanitarie. Fiducia e partecipazione rappresentano due dei principi su cui si fonda la formazione, che deve sempre coinvolgere i partecipanti nella costruzione del percorso di apprendimento attraverso l’analisi dei bisogni e la contrattazione degli obiettivi formativi.

 

Condivisione multidisciplinare e interprofessionale; nel Governo Clinico, un’attività formativa efficace deve fondarsi su principi di condivisione, integrazione e collaborazione tra attori diversi, per ruolo e professionalità. Si tratta di sviluppare, oltre alle competenze tecnico-specifiche, le meta-competenze che consentono un agire comune delle diverse professioni poiché la qualità e la sicurezza della pratica clinica e dei processi assistenziali si fondano sulla competenza non solo del singolo operatore quanto, piuttosto, dei team che si costruiscono nei diversi punti della rete, dal loro grado di coordinamento e integrazione.

 

Formazione basata sull’evidenza (Evidence-based training): la formazione “evidence-based” deve avvalersi di metodologie e strumenti “basati sull’efficacia”, ovvero di sistemi di verifica dell’impatto e dell’efficacia formativa. La verifica ex post della formazione sui comportamenti professionali, così come sul rimodellamento dell’organizzazione o sui risultati ottenuti sulla salute dei pazienti, deve essere parte integrante dei processi formativi e deve riuscire a prevedere i cambiamenti che essa produrrà nel contesto di riferimento.

 

Questo necessita che a priori sia favorito:

  • L’orientamento all’Evidence-based medicine (EBM), intesa come capacità di “integrare l’esperienza clinica individuale con la migliore evidenza clinica esterna disponibile, prodotta da una ricerca sistematica” (4).
  • L’utilizzo di “linee guida”, ovvero “raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di esperti, con lo scopo di aiutare i medici e i pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche” (DPR 14.1.1997).
  • La definizione di profili di cura o percorsi diagnostico-terapeutici, intesi come i risultati degli adattamenti delle linee guida alle situazioni locali, con le loro specifiche caratteristiche organizzative e gestionali.

 

Imparare dall’esperienza: nel contesto formativo il concetto rimanda alla formazione sul campo, fondata sulla premessa che persone e sistemi sociali “imparano facendo” e che la stessa esperienza di lavoro, se pensata come “progetto di apprendimento”, riesce a offrire molteplici opportunità di formazione. Formarsi sul campo significa imparare dal fare e considerare i problemi di lavoro come opportunità per analizzare le situazioni e gestirne il cambiamento; significa anche riconoscere nell’azione professionale un elevato valore formativo, esito del confronto con i colleghi, con se stessi, con l’organizzazione, con la letteratura scientifica. Nel contesto dell’imparare dall’esperienza deve essere sottolineato il ruolo preminente dell’Audit clinico. Audit Clinico.

 

L’Audit Clinico è una metodologia di analisi strutturata e sistematica per migliorare la qualità dei servizi sanitari, applicata dai professionisti attraverso il confronto sistematico con criteri espliciti dell’assistenza prestata, finalizzato a identificare scostamenti rispetto a standard conosciuti o di best practice, così da attuare le opportunità di cambiamento individuate e il monitoraggio dell’impatto delle misure correttive introdotte. L’audit clinico spesso è confuso con la discussione relativa a casi clinici, a dati relativi alle attività sanitarie, all’introduzione di cambiamenti delle prassi esistenti: questi metodi sviluppano un meccanismo di analisi non specificamente orientato al confronto con altre situazioni “simili” e non usano, ad esempio, dati di letteratura, linee guida o statistiche epidemiologiche per verificare che l’oggetto della valutazione possa essere considerato di volta in volta corretto, utile, giustificabile, inevitabile, ecc. in funzione di evidenze già annoverate come riferimenti utili, appunto le best practice e/o gold standard.

 

È pertanto importante che il gruppo di audit sia multidisciplinare e interprofessionale, ovvero composto da professionisti le cui competenze possano affrontare un’analisi approfondita del processo di cura o del particolare problema individuato. L’audit clinico, poiché verifica la buona qualità della pratica corrente rispetto a standard diventa uno strumento importante anche per il governo del Rischio Clinico, in quanto valuta aspetti relativi a struttura e risorse (ad es. personale sanitario, logistica, apparecchiature, dispositivi), processi (ad es. documentazione clinica, appropriatezza e applicazione delle procedure clinico assistenziali, organizzazione dei processi clinici, tempi di attesa e modalità di accesso), esiti (ad es. recidive, mortalità, soddisfazione dei pazienti, riammissioni in ospedale non programmate). L’approccio metodologico all’audit tiene conto della disponibilità di standard di riferimento, di dati affidabili e accessibili, alla possibilità di sviluppare interventi di miglioramento.

 

Ne consegue che il processo di audit deve essere previsto in funzione delle ricadute in termini di:

  • Alti volumi/frequenza e/o alta rischiosità/criticità dell’attività.
  • Alti costi/processi che comportano elevato impegno di risorse, ovvero alta complessità o numerosità di prestazioni ad elevato livello clinicoassistenziale e organizzativo.
  • Alta variabilità/eterogeneità, che determinano interesse e importanza per i professionisti e loro opportunità di sviluppo professionale.
  • Rilevanza per l’attività della Struttura (nel suo complesso o per Unità funzionale) rispondente agli obiettivi di miglioramento.
  • Rilevanza per i cittadini e i pazienti in termini di efficacia e sicurezza delle cure.
  • Alto contenuto innovativo inseribile nel contesto di lavoro. In particolare, per le innovazioni “tecnologiche” si sta sviluppando una specifica metodologia (Health Technology Assessment-HTA), che utilizza il meccanismo dell’Audit, sinteticamente definibile come un approccio multidimensionale e multidisciplinare utile per l’analisi delle implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali di una tecnologia attraverso la valutazione di più dimensioni quali l’efficacia, la sicurezza, i costi, l’impatto sociale e organizzativo che questa comporta nella sua diffusione e utilizzo.

 

Il “perché” del  governo clinico nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA)

I principi della Clinical Governance possono essere recuperati nelle RSA già nella descrizione dei requisiti minimi organizzativi per l’esercizio delle attività sanitarie e assistenziali nelle RSA così riportati nel DPR 14/1/1997: “La R.S.A. deve utilizzare un modello organizzativo che, anche attraverso l’integrazione con i servizi territoriali delle Unità sanitarie locali, garantisca:

  • Valutazione multidimensionale attraverso appositi strumenti validati dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi, psicologici e sociali dell’ospite al momento dell’ammissione e periodicamente;
  • Stesura di un piano di assistenza individualizzato corrispondente ai problemi/bisogni identificati;
  • Lavoro degli operatori deputati all’assistenza secondo le modalità e le logiche dell’équipe interdisciplinare;
  • Raccolta dei dati delle singole valutazioni multidimensionali tale da permettere il controllo continuo delle attività della R.S.A.;
  • Coinvolgimento della famiglia dell’ospite;
  • Personale medico, infermieristico, di assistenza alla persona, di riabilitazione e di assistenza sociale in relazione alle dimensioni e alla tipologia delle prestazioni erogate”.

 

Gli elementi descritti devono necessariamente trovare integrazione e coordinamento tra loro per rispondere ai bisogni assistenziali del paziente e assicurargli la miglior cura possibile; questo comporta un meccanismo di gestione in cui interagiscono molteplici fattori tra loro eterogenei e in costante evoluzione che condizionano, ad esempio, l’erogazione delle prestazioni sanitarie attraverso competenze specialistiche e ruoli professionali diversi, determinando l’eterogeneità dei processi e dei risultati da conseguire.

 

Questo è il motivo per cui i principi dichiarati per lo sviluppo del Governo Clinico sono implicitamente da riaffermare nel buon governo delle attività clinico-assistenziali nelle RSA: l’instabilità clinica e la complessità assistenziale necessitano costantemente di un loro monitoraggio e di un orientamento delle cure intraprese come garanzia della tutela della salute dei pazienti. Il fatto che in questi ultimi anni le Regioni abbiano avviato processi di analisi e controllo del Governo Clinico nelle RSA attraverso iniziative di coinvolgimento delle strutture e degli operatori nella raccolta di dati relativi al rischio clinico (cadute, decubiti, polifarmacoterapia, gestione dei dispositivi medici, infezioni nosocomiali, ecc.) non nasconde le criticità nel garantire un impianto costante e coinvolgente del Governo Clinico in questi luoghi.

 

L’aleatorietà delle risorse economiche, lo scarso investimento “culturale” sul personale sanitario, le differenti situazioni organizzative delle RSA e delle reti sociosanitarie locali rimandano alla disponibilità dei singoli e/o dei team per la salvaguardia dei principi “fondatori” del Governo Clinico: responsabilizzazione, apprendimento sul campo, condivisione multidisciplinare e intraprofessionale sono elementi fondamentali per l’avvio di questo processo, che necessita però di un investimento importante anche sulla formazione e sulle opportunità di sviluppo professionale attraverso, ad esempio, l’estensione ad un confronto sistematico tra professionisti e organizzazioni, promuovendo e pilotando inizialmente audit clinici tra RSA, al fine di tradurre queste occasioni in un approccio a nuovi modelli di apprendimento e nuove conoscenze che arricchiscano il proprio sapere attraverso l’uso di strumenti e metodologie di confronto/controllo altrimenti non utilizzabili.

Bibliografia

1.  AA.VV. A first class service: Quality in the new national health service – Londra, Department of Health, 1998.

2.  Dipartimento della Programmazione e dell’ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale – Direzione Generale della Programmazione Sanitaria Ufficio III ex D.G.PROG: Sicurezza dei pazienti e gestione del rischio clinico -Manuale per la formazione degli operatori sanitari – Roma, 2010.

3.  Dipartimento della Programmazione e dell’ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale – Direzione Generale della Programmazione Sanitaria Ufficio III ex D.G.PROG: L’Audit clinico – Roma, aprile 2013. 4.

4.  Sackett DL, et al. EBM: What it is and what it isn’t. BMJ. 1996;212:71-72.

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