L’ormai noto processo di invecchiamento della popolazione europea comporta la necessità di una nuova prospettiva di gestione delle politiche pubbliche: l’attenzione per il livello di salute pubblica, le cure di lungo periodo per i malati cronici, la gestione delle malattie acute impongono, alla luce del trend demografico in atto, la necessità per i sistemi di welfare nazionali di affrontare sfide vecchie e nuove con una prospettiva diversa rispetto al passato. Nel pieno della crisi economica che ha investito il mondo occidentale, l’Europa si è trovata ad essere anche consapevole di un grosso cambiamento demografico, con le conseguenti ripercussioni per l’economia, la sanità e la coesione sociale.
Nei paesi dell’Unione Europea negli ultimi decenni è cresciuto il peso delle persone anziane a causa della combinazione di due fenomeni: la bassa fertilità e l’allungamento delle aspettative di vita, seppur con un diverso impatto di questi nei differenti contesti nazionali. Ancor di più che il declino della fertilità, socialmente più rilevante e più dibattuto dai policy makers, il contributo più rilevante all’invecchiamento della popolazione europea è stato però fornito dalla diminuzione del tasso di mortalità della popolazione anziana. A questo riguardo basti pensare alla notevole diminuzione della mortalità per problemi cardiovascolari, data dal miglioramento delle abitudini di vita, dalla prevenzione dei comportamenti a rischio e dal progresso medico-scientifico e farmacologico (1).
Tenendo in conto questi fattori si può allora affermare come l’invecchiamento della popolazione rappresenti contemporaneamente sia un risultato di quanto avvenuto in passato sia una nuova sfida per i sistemi sanitari e di protezione sociale europei. L’indice di dipendenza strutturale degli anziani (il rapporto tra gli over 65 e la popolazione tra i 15 e i 64 anni) è destinato nei prossimi decenni a crescere, fino ad arrivare a più del 50% secondo le stime Eurostat (2). Tuttavia, mentre questo indice risulta particolarmente rilevante per le previsioni sulla difficile sostenibilità dei sistemi pensionistici, coglie in misura minore gli effetti sui sistemi sanitari e di welfare: la crescita dell’aspettativa di vita porta con sé un maggior rischio di periodi più lunghi in cattiva salute o più semplicemente pospone la fase della vita caratterizzata da limitazioni funzionali e disabilità? Tre diverse ipotesi sono state formulate a riguardo. La prima prevede che la maggior aspettativa di vita, insieme al progresso delle cure mediche, porti alla progressiva riduzione degli anni vissuti in cattiva salute (3). Di contro, secondo i sostenitori della teoria dell’espansione delle patologie, proprio il progresso medico scientifico permetterebbe una sopravvivenza più lunga alle persone più fragili, incrementando quindi gli anni di vita in cattiva salute (4).
L’ipotesi dell’equilibrio dinamico infine propone uno scenario in cui l’allungamento dell’aspettativa di vita proietta in avanti anche il periodo caratterizzato da maggior fragilità fisica, mantenendo sostanzialmente invariata la durata, ma con un peso relativo minore (5). In generale quello che si può osservare in Europa negli ultimi anni è una minor frequenza dei livelli più gravi di disabilità fisica mentre, di contro, sembrano essere più comuni patologie lievi. I dati sulla salute prodotti da Eurostat inoltre evidenziano come sia cresciuta più rapidamente l’aspettativa di vita di quanto invece abbia fatto l’aspettativa di vita in buona salute, contraddicendo quanto affermano i sostenitori della riduzione degli anni di fragilità fisica. Alcuni studi condotti nei paesi scandinavi e nell’Europa occidentale dimostrano come, pur in presenza di una crescita dell’aspettativa di vita, non ci sia un peggioramento consistente della comorbidità nella popolazione anziana (6).
Nonostante nessuna delle tre ipotesi trovi completa conferma, non bisogna tuttavia sottovalutare la portata del fenomeno poiché alcune previsioni sottolineano come assai probabilmente ci si troverà di fronte ad uno scenario in cui molte più persone saranno affette da patologie tipiche dell’età anziana (cancro, fratture, demenza) (7-9). L’aumento del peso relativo degli anziani malati sul totale della popolazione è una sfida per i sistemi sanitari nazionali: la presenza di comorbilità, seppur non severa, causerà maggiore e più frequente richiesta di cure e la necessità di una rete solida di sostegno pubblico e privato per i meno autosufficienti al fine di garantire una soglia minima di qualità della vita. In Europa si possono individuare tre modelli di supporto alle responsabilità di cura: defamilizzazione, tipica dei paesi scandinavi, con un’ampia rete di assistenza pubblica con servizi di qualità pagati attraverso un elevato prelievo fiscale; familismo supportato, che caratterizza l’Europa Centro-Occidentale, con livelli medi di tassazione, servizi pubblici per i meno abbienti e aiuti finanziari alle famiglie per far fronte alle necessità di assistenza; familismo completo, tipico dei paesi Mediterranei di tradizione cattolica, dove le responsabilità di cura sono per la maggior parte ancora demandate alla famiglia.
L’invecchiamento della popolazione porterà secondo le proiezioni dell’OCSE ad incrementare la spesa pubblica per la salute anche nei paesi familistici, tanto che in Europa lo scenario nel 2060 vedrebbe ribaltarsi i rapporti tra under 65 e over 65, con il peso relativo di questi ultimi che inciderebbe maggiormente sulla spesa totale, a differenza di quanto registrato nel 2010 (10). Se è vero che le generazioni attuali di anziani sono più istruite che in passato e che hanno anche aspettative più alte rispetto alla qualità della vita, questi fattori socio-economici porteranno anche ad un importante incremento nella richiesta di cure e soprattutto di esami di screening e visite specialistiche. L’avanzamento tecnologico è un importante fattore capace di mitigare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica in sanità, ma sarà determinante soprattutto contestualizzare l’invecchiamento, ancor più che in passato, come risultato dell’intero corso di vita.
La promozione durante la giovinezza e l’età adulta della prevenzione e delle abitudini di vita sane rappresenta una delle strategie più efficaci per far fronte agli esiti dell’invecchiamento progressivo della popolazione: l’obiettivo dell’invecchiamento attivo e in salute, capace di avere esiti positivi su tutti gli aspetti della vita pubblica, passa attraverso la diffusione della consapevolezza che l’età anziana è anche il risultato della vita vissuta in precedenza. Gli sforzi dei policy makers devono quindi avere una visione non miope e che punti al lungo periodo: gli interventi devono essere quindi mirati alla prevenzione primaria e alla diffusione di stili di vita sani che contrastino problematiche come il fumo, il consumo eccessivo di alcolici, la vita sedentaria e abitudini alimentari di scarsa qualità, senza dimenticare l’importanza della scolarità e della corretta informazione sanitaria.
L’invecchiamento della popolazione tuttavia è un fenomeno già in atto e questo comporta la necessità che si agisca anche sulla popolazione anziana che già necessita di assistenza spesso a lungo termine perché affetta da patologie croniche o perché non autosufficiente. Se il prolungamento della vita attiva porta con sé l’inevitabile riduzione del tradizionale supporto familiare, pur con differenze ancora marcate nei diversi contesti istituzionali europei, l’obiettivo è quello di trovare nuove vie che siano in grado di rispondere all’aumento della domanda e alla necessità di non gravare eccessivamente sulla spesa sanitaria. Alcune best practices si registrano soprattutto nei paesi nordici dove si è puntato su interventi di automedicazione assistita e su interventi di supporto domiciliare che consentono alle persone anziane di invecchiare nel proprio ambiente prevenendo l’istituzionalizzazione presso centri di lungo-degenza (11). Al fine di ottenere i migliori risultati da questi interventi si rende però necessario un forte sforzo di cooperazione tra tutti gli attori pubblici e privati coinvolti e forse proprio questa è la sfida più importante che si pone di fronte all’Europa nei prossimi anni. Solo la capacità di saper integrare, condividere e mettere in discussione le conoscenze e le esperienze di ciascuno permetterà di poter gestire senza ripercussioni economiche e sociali uno dei fenomeni sociodemografici più importanti degli ultimi decenni.
Bibliografia
1. Glei DA, Meslé F, Vallin J. Diverging trends in life expectancy at age 50: A look at causes of death. International differences in mortality at older ages: Dimensions and sources. 2010;2-1.
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4. Olshansky SJ, Rudberg MA, Carnes BA, Cassel CK, Brody JA. (1991). Trading Off Longer Life for Worsening Health The Expansion of Morbidity Hypothesis. Journal of aging and health. 1991;3(2):194216.
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10. OCSE. Public spend on health and long-term care: a new set of projections, OECD Economic Policy papers N°06, Paris. 2013.
11. Oxley H. Policies for healthy ageing: an overview, Parigi, OECD. 2009.