1 Agosto 2004 | Strumenti e approcci

Gerontologia preventiva: l’educazione sanitaria con gli anziani

gerontologia preventiva e educazione sanitaria

Introduzione

Il grande nobile veneto, Alvise Cornaro, morto novantenne, scrisse un libretto sulla longevità intitolato “De vita sobria” in cui esaltava la virtù della continenza.  Carlo Goldoni mise questo commento a chiosa del libro:  “Costui ci insegna a viver da malati, per morire sani”.

 

Tradizionalmente l’educazione sanitaria è volta soprattutto a mettere in guardia le persone da abitudini di vita dannose per evitare di ammalarsi, riducendo al minimo i fattori di rischio conosciuti per queste patologie. Un esempio di classico di ciò sono le campagne contro il fumo o le tossicodipendenze. Questa modalità semplice di approccio ha in sé molti rischi per gli anziani:

  • rischia di trasformare l’occuparsi della propria salute in una serie di divieti, di cose da “non” fare
  • considera solo fattori di rischio per la malattia e non per la perdita funzionale
  • non tiene conto di come variano di significato i fattori di rischio con l’età avanzata (un esempio di inversione del significato, per cui da fattore di rischio diventa fattore protettivo si ha dal soprappeso ma anche dalla ipercolesterolemia: sono fonte di danno nei giovani e di protezione negli ultra ottantenni)
  • non si occupa e non sviluppa la conoscenza e la promozione dei fattori di “contro rischio” e di promozione della salute (dal movimento, alla attività mentale, al sonno al respiro, alla capacità di autodistensione psichica etc.)
  • si basa sulla paura di ammalarsi e non sulla voglia di rafforzare la salute
  • inoltre non tiene conto del “coping” rispetto ai fattori di rischio, cioè del modo con cui il rischio viene affrontato:

 

“La differenza fra i concetti di comportamento a rischio e di coping può essere illustrata nel modo seguente: molti individui, per affrontare la vita quotidiana mettono in pericolo la propria salute e sono costantemente esposti a rischi che vanno al di là del loro immediato controllo. Devono quindi sviluppare modalità di coping…..” “….. I fattori di rischio sono serviti come base dell’educazione sanitaria la quale è stata pianificata partendo dai singoli fattori di rischio. Questo approccio è stato fortemente criticato in quanto scompone i comportamenti in diverse parti e considera solo abitudini singole: in tal modo esso arriva a spiegare solo una piccola parte della morbilità e non considera la valutazione del rischio data dalla popolazione stessa..” (Kichbush I., 1987)

 

Proposta di un metodo di gerontologia preventiva ed educazione sanitaria

“Deve eliminare il fumo, i pranzi troppo succulenti; anche con le donne… deve andarci piano”
“ Dottore, ma allora che cosa mi resta di buono nella vita? “
“ Non lo so, ma se le viene in mente lo elimini “
(da una vignetta di Wizard of Id)

 

Il tipo di educazione sanitaria di cui qui ci si vuole occupare è quella rivolta a persone anziane viventi al domicilio con una buona autonomia, notando come la letteratura su queste esperienze è molto scarsa, mentre non manca l’attenzione, anche con riflessioni metodologiche ampie, alla educazione sanitaria degli anziani ricoverati (Best, 2001). I pochi dati a nostra disposizione indicano che vi è una notevole efficacia dell’educazione sanitaria. Ad esempio in anziani diabetici che hanno seguito corsi, insieme al coniuge, la percentuale di chi riesce a controllare la glicemia solo con la dieta è molto più alta rispetto a coetanei diabetici che non avevano seguito corsi di educazione (Gilden et al., 1989). Così anche vi è una dimostrazione di risultato a breve e a più lungo termine per le “back school” per anziani (Ceretti A. et al., 1989). Ma anche gli interventi consultoriali di “rinforzo” del messaggio educativo rispetto a indicazioni comportamentali sembrano raggiungere buoni livelli di efficacia negli anziani (Reuben D.B., et al., 1999).

 

In questo bisogna certamente rispettare alcuni canoni legati alla specificità dell’apprendimento degli adulti. Infatti dal punto di vista generale la persona adulta porta la sua esperienza come risorsa base per il processo di apprendimento e non si può prescindere dalle “mappe cognitive” costituite da tale esperienze, una parte non secondaria della propria identità. Anche la motivazione ad apprendere ha uno stretto legame con la possibilità di applicare le cose apprese all’interno della propria esperienza di vita. Questo rende in qualche modo unico e diverso il processo di apprendimento per ciascuna persona, ma la sua valorizzazione è la base dell’apprendimento (e quindi la grande importanza di una fase conoscitiva individuale come base dell’educazione sanitaria). Parlando di anziani va considerata l’efficienza del registro sensoriale, porta di ingresso delle informazioni (i 5 sensi cioè).

 

E’ dimostrato che le persone ricordano il 75 % di quello che vedono, il 10 % di quello che viene comunicato solo verbalmente, ma addirittura i 9/10 delle informazioni apprese contemporaneamente per suono e per immagine. Le immagini migliori sono quelle monotematiche e positive, a colori e di dimensione tale da non dover richiedere sforzo (controllare sempre che abbiano gli occhiali e che siano puliti!); la voce che comunica deve evitare i toni troppo acuti, che sono sentiti peggio (spesso alzando la voce si passa a toni più acuti). E’ molto importante la velocità di espressione verbale che deve essere tale da consentire di staccare bene le parole l’una dall’altra (controllare funzionamento e batterie delle proteiche acustiche, se presenti). Naturalmente la valutazione dello stato cognitivo è fondamentale per poter avviare un anziano agli incontri di educazione sanitaria; ma anche la capacità motoria, la presenza di dolori, i disturbi affettivi possono interferire con l’apprendimento. Oltre alla persona è importante anche l’ambiente dove avviene il processo di apprendimento: una buona illuminazione non abbagliante, l’assenza di rumori disturbanti o di interferenze, una posizione comoda su sedie non troppo basse, la toilette non lontana e con un percorso semplice, la temperatura confortevole.

 

Nella nostra esperienza, ormai non breve, la metodologia educativa va modulata su tre livelli: personale, di gruppo, di comunità (Guaita A., et al., 1986).
Personale : si tratta di sbilanciare in senso educativo le visite geriatriche , strutturando , oltre alla valutazione clinica e funzionale, anche un corretto e motivante ritorno dei dati di salute alla persona, con un colloquio conclusivo della visita ( nonché di sintesi scritta da poter mostrare al proprio medico). La visita geriatrica preventiva prevede quindi 4 tempi: l’anamnesi, l’esame obiettivo, la valutazione funzionale, il ritorno dei dati alla persona. Questo ultimo “tempo” di visita è programmato in modo che non risponda solo ai sintomi negativi messi in luce dall’anziano e quasi sempre presenti nella sua richiesta, ma metta in luce con forza anche gli aspetti positivi e validi del suo stato psicofisico. (Se una persona si presenta lamentando un dolore al piede, non si parlerà del suo piede se non dopo aver valorizzato il buono stato cognitivo, o respiratorio, ad esempio ). Inoltre la persona viene sinteticamente inquadrata in un gruppo “di rischio”, non di ammalarsi, ma di perdita di autonomia, cosa che permetterà anche di formare dei gruppi omogenei per situazioni di rischio. L’indicatore principale di successo è la modifica del comportamento a rischio.

 

Gruppo : le persone, conosciute dal geriatra e/o segnalate dal medico di famiglia, che presentano lo stesso fattore di rischio, possono così seguire dei corsi educativi specifici per i loro problemi, anche di più incontri. Una vera e propria “scuola per…” da contrapporre ai “centri anti….” : infatti si tratta di promuovere la salute, la voglia di vivere e non la paura di ammalarsi; tanto più che quelle malattie contro cui dovremmo combattere non sono oggi guaribili, per cui va promossa la miglior convivenza possibile fra salute e malattia e non una “lotta contro”. Occorre anche elaborare una metodologia didattica efficace , basata sulla partecipazione attiva e sul continuo feed back dal gruppo, garantendo la partecipazione corale e l’anonimato ma anche una costante verifica dell’impatto effettivo dell’intervento (Guaita A. et al., 1991). L’obiettivo della attività di gruppo non è solo un aumento delle conoscenze ma anche di ciò che si fa. Ad esempio diverso è l’obiettivo della conoscenza dei danni della sedentarietà, dal fatto poi di aumentare effettivamente l’attività motoria.

 

Comunità : per lo più avviene in incontri assembleari, anche numerosi, senza la possibilità di una partecipazione corale e continua di ogni persona presente. A differenza dei livelli precedenti, questo ha come obiettivo il cambiamento dell’atteggiamento (ciò che si pensa) e non del comportamento (ciò che si fa). Si trattano per lo più argomenti generali (dall’alimentazione agli incidenti domestici), e le verifiche sono su obiettivi di tipo “culturale”. In quest’ambito è pure importante una lettura del territorio che tenga conto delle necessità di promozione della salute degli anziani, per far crescere iniziative adatte (ad esempio spazi di palestra, percorsi pedonali, giardini sicuri etc.)

 

Conclusioni

“ Da quando ho saputo dai giornali che il tabacco uccide, ho smesso di leggere i giornali” (dichiarazione autentica di un pescatore bretone)

 

L’educazione sanitaria con gli anziani quindi deve essere cosciente dei danni della medicina preventiva che ha al suo centro la malattia : “….E’ religiosa nel suo positivismo causalista, finge di fare appello alla ragione ma si serve del terrorismo della propaganda e si dà parvenze di scienza facendo ricorso alle statistiche..” (Bensaid, 1988). L’attenzione metodologica massima va posta nel non trasformare la medicina preventiva in una sorta di “medicina dei divieti”, che tenda a ridurre la libertà e lo spazio di vita delle persone. Invece una impostazione educativa volta alla salute e non alla malattia, uno screening volto ad evidenziare la riserva funzionale e non i fattori di rischio tradizionali, l’attenzione ai fattori di contro rischio e di protezione, permette di puntare sulla parte positiva, sulle molte cose che “si possono fare” per stare meglio: l’incontro di un anziano con questa medicina preventiva significherà allora non aumento della paura di ammalarsi, ma più libertà, più voglia di vivere, maggior salute.

 

Appendice

Descrizione di un incontro di educazione sanitaria di gruppo secondo l’esperienza maturata nei “consultori geriatrici” del territorio di Abbiategrasso

  • Agli anziani già visitati ( o segnalati dal medico di famiglia) che presentano un fattore di rischio omogeneo ( ad esempio diabetici in terapia con insulina) si invia un avviso di riunione per parlare della loro salute, in accordo con il loro medico.
  • Nel primo incontro si spiegano gli obiettivi della scuola e si illustrano gli argomenti, chiedendo un consenso a partecipare.
  • Il gruppo così formato (max 15 persone) si incontra per 4 o 6 volte, di solito una volta alla settimana.
  • Ogni seduta inizia con un piccolo feed back della settimana trascorsa, un momento di accoglienza e relax, quindi inizia la esposizione dell’argomento.

 

Se l’argomento ad esempio è l’assunzione di liquidi nella dieta, si presenta un cartellone così concepito:

A suo parere quando si ha sete o fa caldo

Bisogna bere poco  
Bisogna bere a volontà  
Bisogna bere il meno possibile  

Chiedendo di segnare sulla sinistra con una croce la risposta che corrisponde a quello che fanno di solito. A questo punto tutti insieme si alzano e con un pennarello segnano la loro risposta. Le risposte vengono contate e commentate, spiegando perché il comportamento giusto è il secondo. Così si prosegue, con cartelloni successivi monotematici, su tutte le informazioni che si vogliono fornire in confronto con esperienza e convinzioni di ognuno. L’incontro si conclude con un momento di rinforzo positivo e di commiato

 

Questa schema operativo ha molti vantaggi:

  • Costringe tutti alla partecipazione
  • Non seleziona “leader” che diventano portavoci di un gruppo per il resto passivo
  • Fa sentire tutti coinvolti nel commento
  • Rinnova costantemente l’attenzione
  • Non tiene fermi e seduti per troppo tempo
  • Permette di avere un feed back continuo sia immediato che a distanza
  • È realizzabile senza ausili tecnologici e in qualunque ambiente
  • Costa poco

Bibliografia

Bensaid N. “Le illusioni della medicina, ovvero la prevenzione come alibi” Marsilio Editori, Venezia, 1988 pag. 167.

Best JT. Effective teaching for the elderly: back to basics, Orthop Nurs 20:46-52, 2001.

Ceretti A. , Guaita A. et al. ” Back school : modello sperimentale attuato nell’ambito di un consultorio geriatrico ” in: “Riabilitare l’anziano” ( XVII Congresso SIMFER) Marrapese editore, Roma, 398 – 401, 1989.

Gilden J.L., Hendryx M. et al. The Effectiveness of Diabetes Education Programs for Older Patients and Their Spouses “J Am Geriatr Soc 37: 1023 – 1030, 1989.

Guaita A., Ceretti A. et al. ” Educazione sanitaria per la popolazione anziana: principi e metodi di lavoro nella USSL 73 Abbiategrasso” Giorn. Geront. 34: 929 n° 30, 1986 (comunicazione al XXI Congresso Nazionale della Societa’ Italiana di Gerontologia e Geriatria).

Guaita A.,Vitali S.F., Colombo M., Ceretti A. “Gerontologia Preventiva ed Educazione Sanitaria” Nuova Italia Scientifica, Roma 1991.

Kichbush I. “Promozione della salute: verso una nuova salute” in M. Ingrosso “Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute” FrancoAngeli, Milano 1987, pag. 53

Reuben D.B., Frank JC. et al. A randomized clinical trial of outpatient comprehensive geriatric assessment coupled with an intervention to increase adherence to recommendations. J Am Geriatr Soc, 47: 269, 1999.

 

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