La normativa nazionale
Il Centro diurno per anziani è una struttura socio-sanitaria a carattere diurno. Con il DPCM 29/11/2001 sui LEA, l’assistenza semiresidenziale è stata identificata come un livello essenziale che ogni territorio deve garantire agli anziani non autosufficienti. Il DPCM 12/1/2017 sui nuovi LEA ha confermato la norma precedente precisando che “nell’ambito dell’assistenza semiresidenziale, il servizio sanitario nazionale garantisce trattamenti di lungoassistenza, di recupero, di mantenimento funzionale e di riorientamento in ambiente protesico, ivi compresi interventi di sollievo, a persone non autosufficienti con bassa necessità di tutela sanitaria”.
Ciò che caratterizza un centro diurno è la tipologia degli ospiti che accoglie e conseguentemente gli standard assistenziali che garantisce. Il quadro normativo nazionale prevede le seguenti tipologie di centri diurni (CD):
- CD per anziani non autosufficienti;
- CD per pazienti con demenza;
- CD di protezione sociale per anziani bisognosi di socializzazione e sostegno.
I primi due sono strutture sociosanitarie che devono essere garantite in tutto il territorio nazionale mentre la terza tipologia ha natura di carattere sociale la cui realizzazione è demandata alla discrezionalità politica dei singoli comuni.
Gli standard di personale
Il documento della Commissione nazionale LEA sulle “Prestazioni residenziali e semiresidenziali” del 2007 ha proposto gli standard assistenziali minimi del Centro diurno per anziani non autosufficienti e del Centro diurno per anziani con demenza introducendo un concetto nuovo negli standard, quello di assistenza globale. In sostanza, la Commissione nazionale LEA ha proposto un minutaggio assistenziale minimo giornaliero per ospite da garantire con figure professionali (OSS, animatore, infermiere, psicologo) il cui mix non è stato definito e l’ha chiamato “assistenza globale”. Le regioni, nella loro autonomia, potranno o meno definire nel dettaglio questo mix professionale. Le due tipologie di CD sono abbastanza diverse per cui la Commissione nazionale LEA ha previsto due diversi standard assistenziali minimi: più di 50 minuti di assistenza globale giornaliera per ospite nei Centri diurni per anziani non autosufficienti e più di 80 minuti nei Centri diurni per anziani con demenza (tabella 1).
Le regioni italiane hanno dato applicazione agli standard proposti rispettando le indicazioni con pochissime eccezioni ma con una varietà straordinaria.
Occorre valutare gli standard assistenziali proposti dalle singole regioni distinguendo puntualmente le due tipologie di Centro diurno viste le diverse caratteristiche assistenziali ed anche per permettere una comparazione fra tipologie omogenee o assimilabili. Le comparazioni principali vengono realizzate utilizzando il parametro dell’“assistenza globale” misurata in minuti giornalieri per paziente. Giova a questo proposito precisare che per assistenza globale si intende il lavoro di infermieri, OSS, OTA, animatori, terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali e psicologi. Non sono invece considerati il coordinatore del centro, il medico, l’amministrativo e il personale per i servizi generali.
Gli standard assistenziali regionali dei centri diurni per anziani non autosufficienti
Gli standard assistenziali dei CD per anziani non autosufficienti sono straordinariamente diversi fra una regione e l’altra (tabella 2). La media di assistenza globale delle regioni italiane è di 84 minuti al giorno per ospite. Tutte le regioni meno l’Abruzzo superano lo standard proposto dalla Commissione nazionale LEA. Le differenze fra le regioni italiane sono molto ampie; al livello più basso si trova la regione Abruzzo con 40 minuti giornalieri per ospite di assistenza globale mentre al livello più alto si trovano la Toscana (media intensità) e la Campania che garantiscono 133 minuti di assistenza globale. Lo standard più elevato è addirittura oltre 3 volte quello più basso. La distribuzione regionale dei diversi standard è eccessiva e non trova giustificazioni.
Per quel che riguarda le singole professioni si rileva che la gran parte dell’assistenza viene fornita da un gruppo di figure che comprende OSS, OTA ed altri addetti all’assistenza tutelare.
L’infermiere in media garantisce 8 minuti di assistenza giornaliera per ospite ma c’è chi come il Piemonte prevede un solo minuto giornaliero di assistenza e il Veneto e la Toscana che invece ne prevedono 20. Le regioni che hanno previsto esplicitamente l’animatore sono poche e prevedono mediamente 13 minuti giornalieri per ospite. Solo tre regioni hanno previsto il terapista della riabilitazione (tabella 2).
Gli standard assistenziali regionali dei Centri diurni per anziani con demenza
Anche in questo caso gli standard assistenziali dei CD per anziani con demenza/Alzheimer sono molto diversi fra una regione e l’altra (tabella 3) ma l’intensità delle differenze è minore rispetto ai centri per anziani non autosufficienti. La media delle regioni italiane è di 111 minuti al giorno di assistenza globale per ospite. Si tratta di una media elevata se si pensa che è rapportabile allo standard assistenziale di diverse residenze protette per anziani (che erogano una assistenza 24 ore su 24. Tutte le regioni meno l’Abruzzo e la Basilicata superano lo standard proposto dalla Commissione nazionale LEA. Le differenze fra le regioni italiane sono notevoli; al livello più basso si trova la regione Basilicata con 50 minuti giornalieri per ospite mentre al livello più alto si trova la Campania che garantisce ben 154 minuti di assistenza globale. La distribuzione regionale dei diversi standard, anche in questo caso, è eccessiva.
Per quel che riguarda le singole professioni si rileva che la gran parte dell’assistenza viene fornita da un gruppo di figure che comprende OSS, OTA ed altri addetti all’assistenza tutelare. L’infermiere in media garantisce 11 minuti di assistenza giornaliera per ospite ma c’è chi come il Lazio e la Liguria prevedono 3 minuti giornalieri di assistenza e il Piemonte che invece ne prevede 28. Diverse regioni hanno previsto un’attività educativa e di animazione di volta in volta fatta eseguire da figure diverse (animatori, educatori professionali, laureati in scienze motorie, terapisti occupazionali, ecc.) il cui tempo medio di attività giornaliera per ospite è di 28 minuti. Quattro regioni hanno previsto il terapista della riabilitazione. Diverse regioni hanno infine previsto la presenza dello psicologo (con una media di 6 minuti al giorno di assistenza) (tabella 3).
Come abbiamo visto, gli standard assistenziali del Centri diurni Alzheimer sono, mediamente, del 32% più elevati di quelli dei centri diurni per anziani non autosufficienti. Questa significativa differenza è determinata soprattutto da una maggior presenza di personale educativo e di animazione (+ 15 minuti circa per ospite), dello psicologo (+ 6 minuti circa per ospite) e degli OSS/OTA (+5 minuti circa per ospite). Queste differenze organizzative fra l’una e l’altra tipologia sono molto elevate e, nella loro dimensione, non appaiono del tutto giustificate.
Appare pertanto con grande evidenza che le differenze riscontrate negli standard assistenziali dei due CD sono elevatissime e costituiscono un caso unico nella organizzazione sanitaria e sociosanitaria italiana. In nessun altro settore le differenze regionali sono così ampie e diffuse tanto che lo standard più alto è mediamente il triplo di quello più basso.
Funzioni di responsabilità e coordinamento
Quasi tutte le regioni hanno previsto un responsabile o un coordinatore del Centro diurno che controlla e coordina la gestione organizzativa ed assistenziale della struttura. In tre regioni (Campania, Liguria e Piemonte) oltre al responsabile viene previsto anche un direttore sanitario che sovrintende agli aspetti igienici e sanitari. In Valle d’Aosta il responsabile della struttura è proprio il direttore sanitario.
Non c’è invece alcun accordo fra le regioni su quale possa essere la figura professionale che può ricoprire l’incarico di coordinatore del Centro: la Campania propone l’assistente sociale, la Liguria lo psicologo o l’educatore, la Valle d’Aosta e la Basilicata il medico, il Lazio e la provincia di Trento propongono l’infermiere ma solo per i CD Alzheimer. Le altre regioni indicano più genericamente il possesso di un titolo di studio con qualche afferenza al lavoro da svolgere (tabella 4).
La regione Campania prevede addirittura due responsabili: un medico quale direttore sanitario, responsabile degli aspetti igienico sanitari, della gestione dei farmaci e dell’assistenza sanitaria, ed un’assistente sociale, responsabile dei servizi sociali, tutelari e di animazione.
In realtà, ciò che occorre è un solo responsabile della struttura a cui affidare la responsabilità della gestione organizzativa ed assistenziale della struttura. Può essere un professionista sanitario o del settore sociale, comunque laureati, con provata esperienza nel settore.
L’assistenza medica
Di norma l’assistenza medica viene assicurata dal medico di famiglia (MMG), con il quale vengono presi contatti all’atto dell’ingresso dell’ospite nel Centro e con cui viene mantenuta una relazione costante e periodica.
In un alcuni Centri diurni Alzheimer viene prevista una presenza medica specialistica, sebbene in misura contenuta. E’ il caso della regione Lazio (4 ore/settimanali), della regione Liguria (3 minuti/die/ospite) e della regione Valle d’Aosta (il geriatra dell’U.V.A. 3 minuti per ospite e il medico di struttura 0,60 minuti per ospite al giorno) e della Sicilia. A queste regioni si aggiunge la Lombardia che per i suoi centri diurni integrati prevede una presenza medica di 6 ore alla settimana.
Masotti et al. (2013) nelle loro “Linee di indirizzo per i centri diurni Alzheimer”, molto opportunamente, prevedono una presenza minima settimanale nel centro di un medico specialista nella cura delle demenze. Deve collaborare con il MMG nella stesura di un piano integrato (con approcci farmacologici e non) per il trattamento dei disturbi psicologici e comportamentali (BPSD). Deve guidare la formazione e l’educazione del personale e dei familiari attraverso l’organizzazione ed il coordinamento delle riunioni periodiche del Centro.
Il Centro diurno di protezione sociale per anziani
Il Nomenclatore degli interventi e servizi sociali, approvato dalla Conferenza delle regioni nel 2013, prevede anche i Centri diurni di protezione sociale che svolgono attività di sostegno, socializzazione e recupero di anziani (ed altre categorie) autosufficienti. Questi Centri sono quasi sempre assimilabili al modello dei Centri sociali per anziani. A livello nazionale non ci sono altre indicazioni.
Si tratta quindi di strutture di ampia diffusione e di significativo impatto nella comunità tanto che la rilevazione Istat relativa alla “Spesa dei comuni per i servizi sociali” (2017) segnalava nel 2015 la presenza di 295.687 anziani nei Centri sociali/aggregazione per anziani dei comuni.
Nella realtà, sette regioni – Calabria, Friuli Venezia Giulia, Molise, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta e la provincia autonoma di Trento – hanno approvato delle norme per definire i requisiti per l’autorizzazione dei Centri diurni di protezione sociale per anziani.
La valutazione delle normative relative al personale previsto evidenziano la presenza di due modelli di Centro diurno di protezione sociale per anziani:
- Il Centro sociale per anziani che non prevede personale strutturato, che si autogoverna con personale volontario e che si dedica soprattutto ad offrire attività ricreative e culturali e favorire la vita di relazione fra i frequentanti;
- Il Centro diurno per anziani a rischio di isolamento o con parziali compromissioni delle capacità funzionali a cui fornire prestazioni “leggere” finalizzate a promuovere il mantenimento dell’anziano nel proprio ambiente. In questo secondo caso, viene prevista una dotazione di personale molto blanda (ad eccezione della Toscana), che copre solo alcune ore della giornata per garantire alcune prestazioni assistenziali.
Occorre però dire che l’assenza di norme di riferimento, di per sé, potrebbe non essere un problema. Anzi. Strutture di questo tipo per il ruolo prioritario di socializzazione che hanno e per la tipologia prevalente di persone (autosufficienti) che accolgono non dovrebbero avere una regolazione regionale con la definizione di requisiti più o meno impegnativi proprio per facilitarne la diffusione. La loro organizzazione dovrebbe essere demandata all’autonomia comunale con una base minimale di requisiti indispensabili (per esempio i servizi igienici, la dimensione minima degli spazi in relazione alla ricettività).
Conclusioni
Il Centro diurno è una forma assistenziale di provata efficacia, che riscuote un elevato grado di soddisfazione da parte delle famiglie e che ha costi assai inferiori rispetto alle forme residenziali di assistenza. I Centri diurni costituiscono dunque un servizio utile per gli anziani non autosufficienti e per le loro famiglie anche se ancora incidono poco nella realtà assistenziale italiana.
Uno degli elementi più significativi e caratterizzanti di ogni setting assistenziale è rappresentato dagli standard di personale che ogni struttura deve garantire. Essi devono essere perfettamente allineati con le necessità assistenziali dei pazienti che si prendono in carico. Ebbene, per quel che riguarda i Centri diurni, ogni regione ha previsto un’organizzazione diversa da quella delle altre regioni. Le differenze nelle dotazioni di personale assistenziale sono eclatanti, tanto che ci sono regioni che prevedono Centri diurni con il triplo del personale previsto in altre regioni.
Nel complesso si può affermare che la ricognizione effettuata in tutte le regioni italiane ha permesso di rilevare che non esistono modelli organizzativi di riferimento né gruppi di regioni che tendono verso un’organizzazione similare. Non c’è consenso fra regioni sugli aspetti assistenziali ed organizzativi dei Centri diurni.
Forse proprio questa è una delle criticità più importanti perché l’assenza di modelli di riferimento finisce per indebolire la validità e l’efficacia del setting assistenziale semiresidenziale. L’assenza di modelli organizzativi sottrae affidabilità ai Centri diurni per anziani non autosufficienti o per persone affette da demenza. I Centri, infatti, pur avendo già raccolto le prove di efficacia circa l’utilità del loro intervento non riescono ancora a dimostrare quale è l’organizzazione giusta per raggiungere i buoni risultati presentati in letteratura.
Bibliografia
D.P.C.M. 29 novembre 2001, “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, Gazzetta Ufficiale dell’8 febbraio 2002, n. 33, Supplemento ordinario n. 26.
D.P.C.M. 12 gennaio 2017 , “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”, Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 2017, n. 65, Supplemento ordinario n. 15.
Istat (2017), La spesa dei comuni per i servizi sociali – Anno 2015.
Masotti G., Biagini C.A., Cester A., Mossello E. (2013), Linee di indirizzo per i centri diurni Alzheimer.
Ministero della Salute – Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (2007), Prestazioni residenziali e semiresidenziali, Roma, Ministero della Salute.
Pesaresi F. (2018), Manuale del centro diurno, Santarcangelo di Romagna, Maggioli.