Il ricovero in Unità di Cura Intensiva (UCI) rappresenta un evento spesso drammatico sul piano clinico ed emozionale per la maggior parte dei pazienti. Alcuni ricercatori hanno infatti parlato di una “sindrome da UCI” – caratterizzata da ansia e, particolarmente nell’anziano, da episodi di disorientamento e sindrome confusionale acuta – risultato di una serie di condizioni che caratterizzano spesso l’ambiente intensivo. Infatti, l’isolamento derivante dalla ridotta durata delle visite da parte di familiari ed amici, un ambiente con prevalente illuminazione artificiale che favorisce la perdita del normale rapporto giorno-notte, e la rumorosità della strumentazione che rende più difficile il sonno, sono tutti fattori che contribuiscono allo sviluppo di sindromi confusionali e disturbi emozionali.
Studi osservazionali suggeriscono inoltre che l’ampliamento degli orari di visita nelle UCI da parte di familiari ed amici sarebbe preferito sia dai pazienti che dai visitatori. Tuttavia, sino a poche settimane fa non esistevano studi clinici controllati che avessero confrontato l’impatto clinico di un regime di visita “libero” rispetto a quello “limitato”. Lo studio, condotto nella nostra Unità di Cura Intensiva, ha confrontato le complicanze associate al regime di visita “limitato” (RVP, singolo visitatore per 30 minuti due volte al giorno), rispetto al regime “libero” (UVP, singolo visitatore con frequenza e durata scelta dal paziente e dal visitatore). In entrambi i periodi l’accesso alla UCI avveniva dopo lavaggio delle mani ed avendo indossato camice e soprascarpe monouso.
In particolare, lo studio è stato diretto a valutare se il regime libero fosse associato ad un incremento di complicanze infettive rispetto a quello limitato, ed a confrontare l’incidenza di complicanze cardiovascolari ed i profili emozionali ed ormonali associati con i due regimi. I due regimi di visita sono stati alternati per due anni in bimestri in sequenza casuale. Complessivamente, sono stati arruolati nello studio 226 pazienti consecutivi, rispettivamente 111 e 115 in regime di visita libero e limitato. In ciascun periodo dello studio sono state eseguite valutazioni microbiologiche ambientali, determinando la carica microbica presente nell’aria del corridoio e delle camere di degenza e su superfici standard prossime ai pazienti (ad esempio comodino, lampada, monitor, ecc.). Inoltre, sono state sistematicamente raccolte informazioni sulle complicazioni infettive e cardiovascolari e sul profilo emozionale (mediante lo strumento “Hospital Anxiety and Depression Scale”, HADS), e sono stati effettuati prelievi per il dosaggio dei principali marcatori ormonali di stress.
Nella Tabella 1 sono riportate le principali caratteristiche demografiche, sociali e cliniche, che sono risultate del tutto sovrapponibili nei pazienti arruolati nei due periodi dello studio. I pazienti ammessi durante i periodi di regime libero di visita hanno effettivamente ricevuto visite più frequenti (3,2±0,2 vs 2,0±0,0 visite/giorno, p<0,001), di durata complessivamente maggiore (2,6±0,2 vs 1,0±0,0 ore/giorno, p<0,001). L’inquinamento batterico ambientale è risultato lievemente ma significativamente superiore nel periodo di visita libero rispetto a quello limitato, particolarmente nei punti con maggiore transito di visitatori, quale il corridoio della UCI. Tuttavia, l’incidenza di complicanze infettive, considerate singolarmente e nel loro insieme, si è mantenuta bassa ed è stata simile nei due diversi regimi di ricovero (Tab. 2).
Risultati ancora più interessanti sono stati quelli inerenti le complicanze cardiovascolari: il regime di visita libero è risultato, infatti, associato ad una minore incidenza di aritmie gravi e di rottura di cuore, e ad una significativa riduzione della incidenza di edema polmonare acuto e di shock cardiogeno (Tab. 2).
L’incidenza cumulativa globale delle maggiori complicanze cardiovascolari è risultata significativamente diminuita di oltre due volte, durante il regime di visita libero rispetto a quello limitato (12,6 vs 28,8%,p=0,03). Una verosimile spiegazione di questo fenomeno potrebbe essere rappresentata dalla favorevole influenza esercitata dalla presenza dei familiari sul profilo emozionale dei pazienti. Infatti, nel corso della breve degenza in UCI, lo stato di ansia misurato con la scala HADS si è ridotto nei pazienti arruolati durante regime di visita libero, mentre non è cambiato in quelli arruolati durante regime di visita limitato (Fig. 1).
Parallelamente, l’ormone tireo-stimolante (TSH), marcatore di stress acuto e potenziale causa di aumento del carico di lavoro cardiocircolatorio, è aumentato in misura significativamente superiore nel periodo di visita limitato rispetto a quello libero (p=0,017,Fig.1). La mortalità si è ridotta dal 5,2% nel periodo di visita limitato a 1,8% in quello libero, ma, per le inadeguate dimensioni del campione, tale differenza non ha raggiunto la significatività statistica.
Questo studio suggerisce dunque che la stretta limitazione delle visite dei familiari in UCI non trova alcuna giustificazione scientifica, ma anzi che un allargamento degli orari di visita sembra esercitare effetti favorevoli sul profilo emozionale e neuro-ormonale e, attraverso tale meccanismo, sulla incidenza di gravi complicanze cardiocircolatorie. Un possibile effetto favorevole di un regime di visita libero anche sulla mortalità dovrà essere confermato in studi multicentrici di più ampie dimensioni. Lo studio sottolinea inoltre che un’ottima assistenza deve coniugare le più moderne tecnologie mediche con l’attenzione al profilo emozionale del paziente, anche attraverso la maggiore partecipazione dei suoi familiari al programma di cura complessivo.
Tratto da: Fumagalli S, Boncinelli L, Lo Nostro A, Valoti P, Baldereschi G, Di Bari M, Ungar A, Baldasseroni S, Geppetti PA, Casotti G, Pini R, Marchionni N. Reduced cardiocirculatory complications with unrestrictive visiting policy in an intensive care unit: results from a pilot, randomized trial. Circulation 2006; 113: 946-952.