22 Marzo 2019 | Strumenti e approcci

Abusi sugli anziani: proposta di protocollo territoriale

L’articolo illustra una proposta di intervento multi-disciplinare per prevenire e contrastare gli abusi verso le persone anziane, in particolare se donne. Partendo dai risultati del progetto europeo SAFE, vengono individuati i soggetti potenzialmente coinvolgibili in un protocollo territoriale e le attività che ciascuno di essi potrebbe svolgere negli ambiti di propria competenza. Infine, viene illustrato il possibile valore aggiunto di un protocollo di questo tipo.


Facciamo un patto? Proviamo ad affrontare gli abusi agli anziani

Mentre in parlamento si discute la legge sull’istallazione di telecamere in tutti i luoghi di residenza e assistenza agli anziani, nell’ambito del progetto europeo SAFE1 un gruppo di professionisti si è interrogato su cosa si potrebbe fare, a legislazione invariata per prevenire, affrontare e ridurre al minimo gli effetti degli abusi agli anziani, in particolare donne. Infatti, essere donne ed essere anziane moltiplica il rischio di abusi e maltrattamenti e implica anche dei bisogni specifici in materia di assistenza e supporto alle vittime.

 

Innanzitutto va considerato che il fenomeno degli abusi alle donne anziane è un fenomeno multidimensionale: è intuitivo quindi che i soggetti potenzialmente coinvolgibili nell’affrontarlo siano numerosi, abbiano diversa natura, funzione e conseguentemente diversa configurazione organizzativa e giuridica. È altrettanto intuitivo inferire che essi è meglio operino in modo coordinato per poter essere più efficaci – acuendo la specializzazione e quindi la competenza e la precisione degli interventi- e più efficienti – non disperdendo le proprie risorse in attività che duplichino quella di altri soggetti (in thesi più competenti) o che non siano strettamente attinenti alle proprie funzioni. Del pari evidente è che il livello al quale trattare il fenomeno sia quello territoriale, per essere di maggior prossimità alle vittime.

 

Detto questo, il presente articolo tenterà di censire quali soggetti, pubblici o privati, locali o nazionali (nelle loro articolazioni territoriali) possano essere coinvolti nell’affrontare la questione e per far cosa2.

 

Soggetti

I soggetti che è opportuno siano parti di un patto per affrontare gli abusi verso le donne anziane (lo chiameremo protocollo) sono: l’articolazione territoriale di Polizia e Carabinieri (questure e comandi provinciali); il Servizio Sanitario Nazionale nelle sue articolazioni territoriali e nelle sue figure di prossimità: le Asl, in particolare con riferimento ai pronto soccorso, le aziende ospedaliere e i MMG; il Tribunale, l’ufficio del PM presso il Tribunale, il Giudice tutelare, l’ordine degli avvocati; i Comuni (anche in forma aggregata), le ASP; le associazioni che in convenzione gestiscono i centri antiviolenza, la Regione.

Box 1 – I soggetti del protocollo

 

Compiti

In rassegna i compiti che ciascun soggetto individuato dovrebbe svolgere, come e a seguito di quale formazione.

 

Questura e Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri

In quanto soggetti preposti alla ricezione e alla trattazione delle notizie di reato, i loro operatori dovrebbero in primo luogo essere sensibilizzati all’utilizzo di tecniche e modalità di relazione nel momento di ricezione della denuncia o della querela (in quanto le persone anziane hanno fragilità motorie, cognitive ed emotive che le rendono più soggette a vittimizzazioni secondarie e più bisognose di rassicurazioni e agevolazioni nel percorso della denuncia). Poi, in caso di vittimizzazione di persone incapaci, rapportarsi all’Ufficio del Pubblico Ministero, o agli assistenti sociali, per avviare la pratica per la nomina di un Amministratore di Sostegno (ADS), eventualmente in via provvisoria e d’urgenza ex art. 405 c.c., IV comma, affinchè il nominando ADS curi gli atti giuridici della vittima e nel frattempo, se del caso, sporga querela o denuncia e curi ogni altro atto conseguente o necessario.

 

In veste di polizia giudiziaria, dovrebbero seguire specifici indirizzi forniti dalle Procure in materia di svolgimento delle indagini (circa la acquisizione della cartella clinica, la documentazione fotografica da svolgere, il tempestivo ascolto delle persone informate sui fatti).
Gli operatori dovrebbero inoltre aver cura, al momento della denuncia o della querela, di indicare alla vittima o alle sue figure vicarie i contatti delle associazioni tematiche ed in particolare quelle che in convenzione gestiscono i centri Antiviolenza (per avviare un percorso di accoglienza) e dell’assistenza sociale per avviare percorsi di inserimento nelle strutture socio assistenziali in caso i centri antiviolenza non siano idonei all’accoglienza di vittime anziane.
Infine, questi enti dovrebbero favorire la partecipazione dei propri operatori a momenti di formazione sul tema, sia come utenti che come docenti.

 

Asl e Aziende ospedaliere

L’Asl e, ove presenti, le Aziende Ospedaliere, attraverso il servizio di Pronto Soccorso e i consultori familiari si dovrebbero impegnare a:

  • Accogliere, assistere e garantire la presa in carico integrata sociale e sanitaria delle donne anziane vittime di violenza.
  • Fare in modo che tutti i loro servizi possano costituire porta d’accesso per casi di violenza o abuso alle donne anziane. Per fare ciò è necessario che ogni operatore sia consapevole e addestrato all’accoglienza e all’ascolto empatico delle esperienze che l’anziana decide di raccontare.
  • Far seguire o una attività di accompagnamento della vittima nella presa di coscienza della possibilità di cambiamento e di uscita dalla situazione di vittimizzazione, o tenere una condotta di “attesa vigile” che precede l’eventuale fase di accompagnamento. In ogni caso, fornire adeguate informazioni sugli altri servizi sanitari e sociali e sulle altre istituzioni alle quali potersi rivolgere per ottenere aiuto e accompagnare le anziane nel processo di attivazione con eventuale presa in carico congiunta.
  • Affrontare le conseguenze psicologiche del trauma subito facendo accogliere e prendere in carico le richieste in tal senso da psicologi dei Centri di Salute Mentale (CSM) o analogo servizio a livello distrettuale.
  • Attraverso la struttura operativa di Medicina Legale, individuare una figura dedicata, assicurare il supporto agli altri attori della rete, e ove richiesto, fornire consulti e supervisione nell’ambito dell’individuazione di segnali fisici di abuso e/o di violenza. Ove richiesto dagli organi di polizia giudiziaria ed in modo preventivamente concordato con la Procura, la struttura operativa di Medicina Legale potrebbe fornire una relazione medico legale nell’ambito dell’individuazione di segnali fisici di abuso e/o di violenza.
  • Per quanto riguarda il Consultorio, nel caso in cui rilevi situazioni di abuso o altre forme di violenza sessuale, la figura adibita all’accoglienza dovrebbe segnalare il caso alla ginecologa adeguatamente formata. Entrambe le figure professionali costruiscono insieme un percorso di assistenza alla vittima in questione. Se l’abuso è avvenuto entro le 72 ore, l’invio al PS dovrebbe essere immediato per l’attivazione delle procedure di diagnosi e cura; se avvenuto dopo le 72 ore il Consultorio Familiare dovrebbe attivarsi per: valutazione sanitaria e presa in carico da parte del ginecologo e l’attivazione di procedure per garantire gli interventi di profilassi e monitoraggio delle malattie a trasmissione sessuale.

 

Pronto soccorso (PS)
Il PS, in caso di presentazione di una anziana che ha subito abusi o violenza, dovrebbe prestare l’assistenza sanitaria del caso, secondo un determinata sequenza: accoglienza adeguata della vittima di violenza da parte dell’infermiere di triage, prima valutazione clinica con assegnazione di codice colore di gravità rapportato all’entità delle lesioni riportate; prima valutazione sanitaria della vittima da parte del medico; attività diagnostica e terapeutica correlata alla gravità; compilazione di referto utile alla denuncia all’Autorità giudiziaria.
A seconda del caso ci potrebbe essere una segnalazione al posto di Polizia interno all’Ospedale e/o l’attivazione del Servizio Sociale Ospedaliero che seguirà il percorso della vittima all’interno dell’ospedale e attiverà i servizi del territorio competente. Anche eventualmente per dimissioni protette presso strutture socio-assistenziali del territorio o convenzionate con il territorio nonché la comunicazione alla vittima, se consenziente, dei numeri di telefono delle associazioni tematiche per attivare un percorso di accoglienza presso il centro antiviolenza.

 

Medici di medicina generale
Essendo la figura sanitaria più prossima alla, e la massima fiduciaria della, vittima il MMG è una figura cruciale. Nella sua veste, dovrebbe essersi opportunamente formato sulle situazioni di donne anziane vittime di violenze o abusi, e quindi saper rilevare gli indicatori di violenza. In caso di violenza fisica recente dovrebbe effettuare diagnosi, proporre terapia, emettere il referto medico che deve essere trasmesso agli organi di polizia giudiziaria, in caso di reati procedibili d’ufficio. Negli altri casi, dovrebbe informare la vittima che è possibile sporgere querela presso le stazioni di Polizia o dei Carabinieri e fornire informazioni sui Centri antiviolenza. Per le situazioni ritenute più a rischio sociale, dovrebbe contattare l’assistente sociale di riferimento.

 

Tribunale

Il Tribunale in quanto tale, al fine di consentire un adeguato monitoraggio del fenomeno, potrebbe censire e dare comunicazione periodica del numero di procedure per separazione giudiziale e divorzio contenzioso in cui la donna, di età non inferiore a 65 anni, ha assunto, nel ricorso introduttivo, di essere stata oggetto di reiterate violenze o abusi. Inoltre, dovrebbe censire quante donne over 65 abbiano denunciato abusi e violenze (limitatamente ai reati a maggiore tipicità sociale che hanno come vittime le donne anziane: maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, minacce, violenza privata, molestia, lesioni dolose, atti persecutori, truffe, circonvenzione di incapaci).

 

Ufficio del Pubblico Ministero
L’ Ufficio del PM potrebbe favorire l’assegnazione dei procedimenti in modo da assicurare che le denunce o querele presentate contro il medesimo soggetto vengano all’esame dello stesso sostituto procuratore (sempre limitatamente ai reati a maggiore tipicità sociale che hanno come vittime le donne anziane). La Procura potrebbe stabilire direttive e standard circa le modalità di svolgimento delle indagini, in particolare circa l’acquisizione della cartella clinica, la documentazione fotografica da svolgere, la tempestiva escussione delle persone informate sui fatti. Per la fase dibattimentale dovrebbe essere altresì assicurata, per quanto possibile e nei reati di competenza collegiale, la continuità tra il PM inquirente e quello requirente. In caso di vittime con fragilità tali da non permettere loro di curare consapevolmente i propri atti giuridici, il PM potrebbe depositare ricorso presso il Giudice Tutelare per la nomina di un ADS – o di altra figura vicaria – o la sua sostituzione, ciò sia di propria iniziativa sia su sollecitazione degli assistenti sociali di riferimento.

 

Giudice Tutelare
Con riferimento all’ufficio di Giudice Tutelare (GT), il Tribunale si potrebbe impegnare a valorizzare l’art. 405 c.c., IV comma, nominando d’urgenza un ADS provvisorio in caso nell’istanza venga allegato e provato uno o più episodi di abuso o violenza. Individuando per l’incarico, in assenza di parenti o di persone idonee nella cerchia relazionale della vittima, gli assistenti sociali incaricati dal Comune aderente al protocollo o, ancora, quanti appartengano alla lista di volontari che il GT abbia costituito e tenuto allo scopo oppure, tra quanti professionisti del territorio siano di solito incaricati dal GT stesso per svolgere ADS in casi di abusi verso donne anziane.

 

Ordine degli avvocati

L’ordine degli avvocati territoriale potrebbe essere coinvolto per:

  • divulgare presso i propri iscritti la conoscenza del Protocollo e della rete di interventi dallo stesso predisposti, al fine di sensibilizzarli al problema e metterli in grado di usufruire della rete creata;
  • collaborare alla promozione di incontri di formazione;
  • redigere un elenco di avvocati che abbiano adeguata formazione ed esperienza della materia della violenza e abuso verso gli anziani e della violenza e abuso di genere, che siano disponibili ad operare all’interno della rete istituita con il protocollo stesso e con le modalità lì previste. La predisposizione dell’elenco potrà avvenire su richiesta del singolo iscritto che dovrà documentare adeguata formazione ed esperienza nella materia;
  • prevedere l’apertura di uno sportello presso l’Ordine che consenta di fornire all’utenza le più ampie informazioni sul Protocollo e sulle varie possibilità di intervento in caso di violenza o abuso.

 

Il Comune o le Unioni dei Comuni

In quanto enti politici istituzionali
potrebbero attivare un primo livello di ascolto e accoglienza di prossimità (es. sportello sociale); sviluppare adeguate politiche di sostegno tese al superamento di condizioni di disagio e di difficoltà delle persone coinvolte: chi agisce e chi subisce violenza; realizzare una sostanziale integrazione tra interventi sanitari, socio-sanitari, sociali ed educativi per assicurare una globalità di sostegno; favorire la messa a disposizione delle reti di accoglienza sul proprio territorio; convertire parte del proprio patrimonio immobiliare destinato ad edilizia residenziale pubblica alle esigenze abitative di donne anziane con autosufficienza lieve/media affinchè possa essere loro assegnato, direttamente o tramite affidamento in gestione ad associazioni tematiche, quando la permanenza presso il proprio domicilio non sia praticabile in relazione alla situazione di abuso o violenza.

 

In quanto apparati
Nella persona dei propri operatori e nel corpo dell’assistenza sociale potrebbero dare un ascolto attivo ed empatico, accompagnando (ma non indirizzando) la vittima all’assunzione di una decisione sul cosa intenda fare e offrire la disponibilità del servizio ad un affiancamento nel percorso prescelto; informare la vittima che per i reati procedibili d’ufficio l’operatore deve riportare obbligatoriamente tutto agli uffici competenti, in modo da lasciarle l’autonomia di decidere se procedere oltre nella narrazione o fermarsi prima di far scattare l’obbligo di riportare.
Se il fatto di violenza o abuso è recente, dovrebbe contattare il PS affinché la vittima venga assistita da un punto di vista sanitario, ma sempre avvertendola dell’obbligo di denuncia, giacché un analogo obbligo grava anche sul personale sanitario; informare la vittima che è possibile sporgere denuncia o querela e, in caso affermativo, favorire/agevolare il contatto con gli organi preposti.
Dovrebbe fornire alla vittima, se interessata, i numeri di telefono di Associazioni Tematiche per attivare un percorso di accoglienza presso un centro antiviolenza, se compatibile con le autonomie residue della vittima; quando ciò non fosse, avviare il percorso per far ospitare la vittima presso un servizio socio-assistenziale.
Quando ravvisa che la vittima non è in grado di provvedere ai propri interessi, dovrebbe valutare se sia necessario far avviare – anche tramite l’assistente sociale di riferimento, o facendo rapporto al PM competente – un percorso per la nomina di un ADS o di altra figura vicaria, eventualmente allegando la necessità di una nomina d’urgenza e provvisoria. Quando la vittima sia essa stessa ADS, a maggior ragione se lo sia del perpetratore, valuta se sia necessario far avviare – sempre tramite l’assistente sociale di riferimento, o facendo rapporto al PM competente – un percorso per far sostituire la vittima da altro ADS o da altra figura vicaria, eventualmente allegando la necessità di una nomina d’urgenza e provvisoria.
Infine, quando la vittima sia caregiver del perpetratore, dovrebbe attivare, o accompagnare all’attivazione, di tutti i servizi disponibili utili ad alleggerire o sostituire la vittima nel carico della cura.

 

Le Aziende Servizi alle Persone

Le ASP in quanto gestori della accoglienza assistenziale e sociosanitaria del territorio potrebbero impegnarsi a mettere a disposizione dell’attuazione del protocollo le proprie strutture per l’accoglienza delle vittime che – per le fragilità correlate all’anzianità – non possono essere adeguatamente accolte in centri antiviolenza. Ove possibile, destinando stabilmente una porzione della propria capacità recettiva al fine di offrire rifugio a donne anziane fragili vittime di abuso.
D’altro canto, i contesti residenziali, semiresidenziali o di assistenza domiciliare possono presentare essi stessi diversi fattori di rischio per abusi e maltrattamenti, quindi le ASP si potrebbero anche impegnare ad elaborare politiche e procedure aziendali per la prevenzione degli abusi perpetrati all’interno dei propri servizi.
Infine, quando l’anziana utente di un servizio di cura riporta di star vivendo una situazione di abuso o violenza il personale della rete di accoglienza in gestione alle ASP, dopo adeguata formazione, deve agire, anche in veste di incaricato di pubblico servizio.

 

In quanto proprietari e gestori di immobili destinati ad edilizia residenziale pubblica
In questa veste, potrebbero adattare una parte del patrimonio di immobili ERP e devolverlo alle esigenze abitative di donne anziane maltrattate quando abbiano un’autosufficienza lieve/media o quando non sia praticabile o proporzionata l’ospitalità in strutture socioassistenziali e la permanenza presso il proprio domicilio non sia praticabile perché costituisce un incremento dei fattori di rischio dell’abuso o della violenza.

 

Le associazioni tematiche ed in particolare quelle che in convenzione gestiscono i centri Antiviolenza

Queste associazioni possono fornire accoglienza e sostegno alle vittime attraverso: colloqui individuali per sostenere le anziane nei percorsi di uscita dalla violenza e dall’abuso e per affrontare le conseguenze da essi causate; nell’ipotesi di vittime che manifestino fragilità tale da non poter provvedere alla cura dei propri interessi, prendere contatto con l’assistente sociale di riferimento per l’avvio delle pratiche per la nomina di una figura vicaria; l’avvio e la gestione di percorsi individuali di uscita dalla violenza e dall’abuso, anche per mezzo di un’ospitalità temporanea sia presso i centri antiviolenza sia presso la rete di accoglienza territoriale assistenziale e sociosanitaria; le consulenze legali; il sostegno e l’accompagnamento delle vittime accolte nelle vane fasi della denuncia e nelle pratiche giuridico legali (Avvocati, Forze dell’Ordine, Tribunale); la mediazione nel rapporto con la rete dei servizi del territorio.

 

La Regione

In quanto ente preposto alla formazione professionale e competente alla fissazione degli standard professionali necessari al rilascio della qualifica di Operatore socio sanitario, la Regione si potrebbe impegnare a prevedere che tra quegli standard ci siano conoscenze e competenze su: cos’è l’abuso e la violenza, in che cosa consiste, come riconoscerla e in particolare quali tipi di violenza e/o abuso esistono e in cosa consistono; come leggere i segni di abuso o violenza; l’osservazione e l’identificazione dei sintomi; come porre le domande giuste che permettano alle vittime di aprirsi; come proteggere l’autodeterminazione, la sensibilità e la vulnerabilità delle vittime anziane;
come non rivittimizzare l’interlocutore; come prevenire la violenza e l’abuso; come intervenire quando c’è una situazione specifica di violenza e/o abuso e, in particolare, a quali persone fare riferimento; le leggi specifiche a tutela delle vittime; gli obblighi in materia per il personale delle strutture sanitarie e dei servizi sociali; i servizi di supporto e le strutture del territorio e come usarli in caso di violenza e/o abuso a danno di persone anziane; come collaborare efficacemente con gli altri specialisti che lavorano sul tema.
La previsione tra gli standard professionali di quelle competenze e conoscenze, a valle, porterebbe gli enti autorizzati a erogare corsi di formazione a prevedere, nei propri piani di offerta formativa, moduli didattici sul tema degli abusi agli anziani, strutturati in modo da fornire ai discenti le conoscenze e le competenze individuate sopra.
Sempre a valle della ridefinizione degli standard professionali, sarebbe opportuno che la Regione stipulasse protocolli di intesa o integrasse quelli esistenti con l’Ufficio Scolastico Regionale (l’articolazione regionale del Ministero dell’Istruzione) cosicché gli istituti tecnici dei servizi socio-sanitari adeguino i propri piani di offerta formativa alle mutate esigenze di competenze e conoscenze sul tema degli abusi agli anziani.

 

Il valore aggiunto del protocollo

Oltre a quanto già accennato in precedenza, la sottoscrizione di un protocollo e la sua implementazione potrebbe essere di grande vantaggio nel censimento e nella presa di coscienza del fenomeno, attraverso la raccolta di dati da tutti i soggetti coinvolti nel protocollo. Ciò può sortire momenti coordinati di formazione degli operatori coinvolti nella accoglienza, consulenza, orientamento e presa in carico delle donne e degli anziani che subiscono violenza e abusi nonché momenti di informazione e sensibilizzazione relativamente al tema degli abusi agli anziani declinati alla violenza sul genere femminile.

Box 2 – Il valore aggiunto del protocollo

 

Anche tramite queste occasioni di formazione congiunta, si potrebbe giungere alla definizione, condivisa, degli indicatori che aiutino ad individuare sul nascere situazioni di maltrattamento e all’elaborazione di un documento (una sorta di vademecum) in cui descrivere tali indicatori da dare in dotazione al personale degli enti aderenti al protocollo e addetti alla trattazione dei casi qui in questione.

 

A corredo, si potrebbe anche elaborare una scheda a compilazione agevolata che uniformi gli elementi e le circostanze che debbano essere censiti in caso di allegazione di un abuso e/o una violenza e che indichi la documentazione che potrebbe essere raccolta a sostegno dei fatti riportati. Ciò anche nell’ottica di facilitare il trasferimento delle caratteristiche del caso da un ente aderente al protocollo ad un altro, di modo che un solo momento di raccolta possa essere funzionale alle attività di ciascuno degli enti per i compiti ad essi attribuiti e, in ultimo ma non da ultimo, per evitare alla vittima di dover rievocare gli stessi fatti a soggetti diversi e, quindi, di dover riaffrontare le stesse difficoltà e le stesse sofferenze che ogni successiva rievocazione potrebbe comportare.

 

Dal censimento preciso e sempre più numeroso del fenomeno – oltre una sua più precisa conoscenza – sarebbe più probabile, infine, giungere all’individuazione di strategie di prevenzione e di intervento sulle cause e sui fattori che possono portare ad agire e a subire comportamenti di violenza e abuso verso le anziane.

 

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Note

  1. SAFE è un progetto finanziato dal programma Erasmus+ che mira a sviluppare un modello di intervento multi-professionale per affrontare il tema degli abusi alle donne anziane.
  2. Il contenuto del presente articolo è una sintesi del report: “Come i servizi sociali, sanitari, forze di polizia e autorità giudiziaria possono collaborare per affrontare l’abuso alle donne anziane”, scaricabile gratuitamente dal sito www.safeeuproject.eu/download/216/ Il modello che ha ispirato il report e dal quale si attinto è il Protocollo operativo per la promozione di strategie condivise finalizzate alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne sottoscritto il 06.06.2008 dal Tavolo Interistituzionale di contrasto alla violenza contro le donne composto da Comune di Reggio Emilia, Prefettura di Reggio Emilia, Tribunale di Reggio Emilia, Procura della Repubblica di Reggio Emilia, Questura di Reggio Emilia, Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia, Azienda Sanitaria Locale di Reggio Emilia, Azienda Ospedaliera Santa Marta Nuova di Reggio Emilia, Ufficio Scolastico Provinciale di Reggio Emilia, Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia, Associazione Non da Sola di Reggio Emilia, Forum Donne Giuriste di Reggio Emilia e aggiornato ed integrato il 25.11.2011 doc. n. 21093 prot. 26.11.2011

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