2 Giugno 2006 | Strumenti e approcci

Unità di Valutazione per l’Alzheimer (UVA): è tempo di bilanci

Unità di Valutazione per l’Alzheimer (UVA)

La demenza rappresenta una delle sfide più importanti in ambito biologico, medico e sociosanitario essendo fra le patologie più invalidanti nell’età avanzata ed avendo assunto negli ultimi anni dimensioni epidemiologiche preoccupanti. Secondo dati recenti infatti, ci sono nel mondo circa 24 milioni di malati, con 4,6 milioni di nuovi casi anno, ovvero un nuovo caso di demenza ogni 7 secondi (Ferri et al., 2005). Di fronte a numeri così impressionanti, favoriti dall’invecchiamento della popolazione, ciascun Paese si è dovuto confrontare con le problematiche legate alla malattia, sia in termini di approccio terapeutico che assistenziale.

 

La realtà italiana del CRONOS e delle UVA

Di fronte ad un problema che si stava facendo sempre più pressante non solo in termini numerici ma anche per l’intensità dei bisogni assistenziali emergenti, numerose regioni italiane hanno autonomamente attivato progetti di gestione ed assistenza per i malati con demenza e per i loro familiari.

 

Nel settembre 2000 il Ministero della Salute, su indicazione della Commissione Unica del Farmaco e con il coordinamento dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha promosso il Progetto CRONOS, che, nell’ambito di una erogazione controllata dei farmaci anticolinesterasici (AChEI) per la demenza di Alzheimer, ha individuato diversi obiettivi quali:

  • stimolare l’attenzione della popolazione e della classe medica su una patologia di crescente rilevanza sanitaria e sociale, visto il significativo aumento nel nostro Paese degli anziani, i più colpiti dalla malattia;
  • aumentare e migliorare l’accesso alla diagnosi ed al trattamento, creando una rete diffusa di assistenza integrata tra le strutture sanitarie, per garantire continuità assistenziale al paziente e supporto alle famiglie;
  • ottimizzare la prescrizione degli inibitori dell’acetilcolinesterasi (AChEI), per i quali è stata prevista la concedibilità gratuita nelle forme di Alzheimer lieve e moderato (Mini Mental State Examination compreso tra 10 e 26); – monitorare sicurezza ed efficacia degli AChEI su un grande numero di malati, attraverso uno studio osservazionale post-marketing che permettesse di valutare la trasferibilità nella pratica clinica dei risultati ottenuti nei trial clinici.

 

Su indicazione delle regioni sono state attivate 503 Unità di Valutazione Alzheimer in tutto il territorio nazionale. È stato possibile delinearne il profilo, in termini organizzativi e di attività svolta, grazie ad un’indagine condotta dall’ISS, che ha ottenuto l’adesione di 392 centri (78% del totale) e ha permesso di descrivere per la prima volta in Italia, un quadro generale dell’offerta sanitaria destinata ai malati di Alzheimer ed alle loro famiglie.  Da questa ricerca è emerso che la maggior parte delle UVA sono presenti all’interno degli ospedali (46%, localizzate soprattutto nel Nord Italia); circa un terzo si trova a livello di strutture territoriali (soprattutto al Sud del Paese) ed una quota minore sono UVA universitarie (13%) o extraospedaliere (6%) (esempio, strutture residenziali sanitarie). Il personale coinvolto nell’attività è costituito da medici specialisti (geriatri, neurologi, psichiatri, presenti contemporaneamente nel 15% delle UVA), medici in formazione specialistica, psicologi, infermieri, terapisti della riabilitazione ed assistenti sociali, oltre a personale tecnico-amministrativo.

 

L’attività svolta dalle UVA non si limita alla prescrizione degli AchEI: quasi la totalità delle strutture prescrive psicofarmaci (antidepressivi, neurolettici tipici ed atipici),molte effettuano counselling e gestiscono rapporti con associazioni di familiari (58%), offrono un servizio di riabilitazione cognitiva e/o motoria (19%), svolgono attività di formazione (51%), ricerca clinica ed epidemiologica (48%, per lo più UVA universitarie). In particolare si è visto che le UVA ospedaliere e quelle universitarie conducono attività più specifiche per la diagnosi e la cura della malattia, avendo la possibilità di effettuare, tramite degenza ordinaria, day hospital o ambulatorio, esami di laboratorio, di neuroimaging e valutazione neuropsicologica.

 

Le UVA territoriali, invece, svolgono prevalentemente attività ambulatoriale e di counselling e si occupano soprattutto delle problematiche familiari e sociali legate alla malattia, come suggerisce la più frequente collaborazione con le associazioni dei familiari e la presenza di assistenti sociali. La metà di questi centri è inserita nella rete integrata dei servizi; risulta comunque a tale proposito che solo il 38% di tutte le UVA, prevalentemente quelle ospedaliere, sono incluse in una rete integrata di assistenza (Sorrentino et al., 2005). L’indagine dell’ISS ha cercato di analizzare i percorsi diagnostici utilizzati nei diversi centri, con particolare attenzione agli strumenti di valutazione neuropsicologica. Si è visto che anche se la quasi totalità delle UVA utilizza le scale cliniche fondamentali previste nel CRONOS (Mini Mental State Examination, Activities of Daily Living, Instrumental Activities of Daily Living), solo la metà dei centri partecipanti allo studio ha dichiarato di utilizzare test e/o batterie neuropsicologiche (Bianchi et al., 2005).

 

Obiettivi raggiunti ed obiettivi da raggiungere

La realizzazione del Progetto CRONOS e l’attività delle UVA è riuscita a richiamare l’attenzione dei medici di medicina generale (MMG) e degli specialisti (geriatri, neurologi e psichiatri) sul problema demenza ed ha favorito la loro collaborazione, indispensabile per garantire la continuità assistenziale al paziente. L’indagine svolta dall’ISS ha mostrato che la rete costituita dalle UVA rappresenta una realtà ancora eterogenea, anche in rapporto al fatto che si tratta di strutture attivate di recente e nell’ambito di contesti tra loro molto diversificati. La loro creazione ha comunque reso disponibili nuovi centri di riferimento per i malati e le loro famiglie, ha portato ad una strutturazione delle competenze nei centri dedicati già esistenti ed allo sviluppo di attività riabilitative ed assistenziali che accompagnano la terapia farmacologica. Questo è un risultato tutt’altro che trascurabile, se si considera che prima del progetto CRONOS la gestione diagnostica dei disturbi cognitivi in Italia era affidata a circa cinquanta centri di “eccellenza”.

 

Sono emerse differenze significative tra le UVA, in particolare per ciò che riguarda gli strumenti diagnostico-valutativi impiegati, differenze che potrebbero rispecchiare una non uniformità di competenze nella diagnosi e nel trattamento dei soggetti con deterioramento cognitivo. L’analisi di questo aspetto ha portato un importante contributo al dibattito sulla corretta gestione del paziente con deterioramento cognitivo, in particolare su quali siano i percorsi diagnostici da impiegare nella pratica clinica, sulle modalità di utilizzo di test psicometrici affidabili, standardizzati e validati sulla popolazione italiana e sull’approccio da seguire di fronte a pazienti, in particolare i molto anziani, che per la frequente multipatologia, polifarmacoterapia e disabilità, rappresentano una vera sfida in termini di diagnosi, diagnosi differenziale e trattamento.

 

Sulla base di queste considerazioni la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria ha promosso il Progetto ReGAl (Rete Geriatrica Alzheimer) (http://www.sigg.it/progetti.asp?riferimento=Regal) di cui l’Istituto di Geriatria di Perugia rappresenta il centro di coordinamento nazionale al quale hanno partecipato molti centri UVA. Tale progetto si è proposto di uniformare le modalità di approccio all’anziano con disturbi cognitivi e comportamentali, attraverso l’impiego di una cartella clinica informatizzata, strutturata secondo i principi della valutazione multidimensionale geriatrica. La cartella ReGAl è organizzata in modo da rendere obbligatorio il percorso diagnostico della demenza, che include anamnesi, esame obiettivo, valutazione psicometrica e comportamentale, indagini strumentali e di laboratorio, nonché la valutazione dello stato funzionale del paziente e dell’impatto che la malattia ha sul caregiver.

 

L’attività dei 35 centri che partecipano al progetto ha permesso la creazione di una banca dati nazionale sulla demenza nell’anziano costituita ad oggi da 4.493 pazienti (di cui 2.050 affetti da Alzheimer), molti dei quali (1.345) sono stai valutati anche in follow-up. L’attività delle UVA ha inoltre permesso di avere dati sull’efficacia e la sicurezza degli AChEI, che sono state valutate su un campione rappresentativo di soggetti (5.462), in trattamento presso 118 UVA identificate nelle diverse regioni italiane. Si è visto che 2 pazienti ogni 10 trattati mostrano una risposta a 3 mesi, che viene mantenuta a 9 mesi solo da un malato. Un paziente ogni 7 trattati presenta effetti collaterali, che nel 36% circa dei casi hanno portato ad interrompere la terapia; la sorveglianza dei soggetti reclutati nel CRONOS ha consentito di evidenziare eventi avversi rari, non rilevati nei trial clinici (AIFA, 2004). I risultati di efficacia potrebbero apparire poco incoraggianti rispetto a quanto ottenuto nei trial clinici con AChEI, dove peraltro è presente una popolazione generalmente più giovane e con minore comorbilità.

 

La discordanza fra i risultati dei RCT e dei dati CRONOS va valutata tenendo in considerazione l’estrema eterogeneità dei pazienti inseriti nel progetto, dovuta non soltanto alla diversità nell’approccio diagnostico delle diverse UVA, ma anche a fattori che possono aver portato al reclutamento di soggetti non strettamente rispondenti ad una diagnosi di Alzheimer di grado lieve-moderato. È poi ipotizzabile una non rigorosa applicazione del cut-off del MMSE, indispensabile per la rimborsabilità del farmaco, considerando che i soggetti che non rientrano nei criteri di prescrivibilità hanno spesso difficoltà a sostenere le spese della terapia, fatto questo che può aver portato a delle diagnosi “forzate” per agevolare il malato. Fattori socio-culturali potrebbero inoltre aver limitato l’accesso alle unità valutative da parte di persone con malattia lieve, specialmente se molto anziane (Vanacore et al., 2002).

 

Prendendo atto di questi e di altri possibili fattori confondenti, il monitoraggio dei pazienti da parte delle UVA può avere un ruolo fondamentale nella definizione e caratterizzazione dei soggetti “responder”, che traggono maggior beneficio dagli AChEI, e nel valutare l’insorgenza di effetti avversi legati all’assunzione ed alla sospensione di questi farmaci. Non meno importante è la possibilità di verifica sperimentale dell’efficacia di interventi terapeutici e riabilitativi non farmacologici, in quanto, in assenza di possibilità terapeutiche che portano a guarigione, è fondamentale mettere a disposizione dei malati di Alzheimer interventi che migliorino l’autonomia funzionale e la qualità di vita, oltre ad offrire un’adeguata risposta assistenziale che diminuisca il carico di lavoro e di stress emotivo per le famiglie. Tali interventi devono tener conto della complessità di questi malati, legata sia alla frequente comorbilità sia alla progressione della malattia, in cui il declino cognitivo ed i disturbi comportamentali determinano la progressiva perdita dell’autonomia funzionale, con uno scadimento delle qualità di vita del paziente e di chi lo assiste (Rinaldi et al., 2005).

 

L’approccio multidimensionale è fondamentale per valutare ed affrontare le problematiche ed i bisogni di questo malato, che sono in continua evoluzione e richiedono una frequente revisione delle terapia farmacologica e non farmacologica, quindi una reale presa in carico nel tempo da parte di una struttura specialistica che sia in costante contatto con il MMG. In tal senso un’analisi effettuata da Bellelli G. et al. (2005) su 808 pazienti seguiti da 14 UVA lombarde, ha evidenziato come una gestione del malato basata su interventi farmacologici (AChEI, neurolettici, antidepressivi) e non (valutazione multidimensionale periodica, counselling) sia efficace nel rallentarne il declino cognitivo e la perdita dell’autonomia funzionale.

 

L’UVA può rappresentare una grande risorsa quale nodo centrale di un più ampio sistema in grado di effettuare la presa in carico globale del paziente con demenza, punto di riferimento clinico ed assistenziale per il malato, i familiari ed il MMG. Perché ciò si realizzi è necessaria però una evoluzione di questa struttura, che deve poter garantire standard di elevata qualità nell’approccio diagnostico e terapeutico del malato, potenziando anche la coordinazione tra servizi sanitari e socio-assistenziali. Ciò può portare un importante contributo alla conoscenza della malattia nel nostro Paese, rendere possibile una verifica dell’efficacia delle strategie terapeutiche ed assistenziali e fornire indicazioni per una corretta programmazione sanitaria e distribuzione delle risorse che sia in grado, pur nella necessità di una razionalizzazione dei costi, di garantire protezione alla popolazione più debole e malata, fatto questo che riflette inesorabilmente il nostro livello di democrazia e di civiltà.

Bibliografia

AIFA-Ministero della Salute. Progetto Cronos: i risultati dello studio osservazionale. 2004;Anno XI (5-6): 183-188.

Bellelli G, Lucchi E, Minicuci N, Rozzini L, Bianchetti A, Padovani A, Trabucchi M. Results of a multi-level therapeutic approach for Alzheimer’s disease subjects in the “real world” (CRONOS project): a 36 week follow-up study. Aging Clin Exp Res 2005; 17: 54-61.

Bianchi G, Gasparrini M, Caffari B,Sorrentino GC, Bianchi C, Bruno G, Maggini M, Raschetti R, Vanacore N. L’uso degli strumenti neuropsicologici nell’ambito del Progetto Cronos. Ann Ist Super Sanità 2005;41 (1):69-74.

Ferri CP, Prince M, Brayne C, Brodaty H, Fratiglioni L, Ganguli M, Hall K, Hasegawa K, Hendrie H, Huang Y, Jorm A, Mathers C, Menezes PR, Rimmer E, Scazufca M, for Alzheimer’s Disease International.Global prevalence of dementia:a Delphi consensus study. Lancet 2005;366:2112-2117.

Rinaldi P, Spazzafumo L, Mastriforti R, Mattioli P, Marvardi M, Polidori MC, Cherubini A, Abate G, Bartorelli L, Bonaiuto S, Capurso A, Cucinotta D, Gallucci M, Giordano M, Martorelli M, Masaraki G, Nieddu A, Pettenati C, Putzu P,Tammaro VA,Tomassini PF,Vergani C, Senin U, Mecocci P and the Study Group on Brain Aging of the Italian Society of Gerontology and Geriatrics (GSIC-SIGG).Predictors of high level of burden and distress in caregivers of demented patients: results of an Italian multicenter study. Int J Geriatr Psychiatry 2005;20 (2):168-74.

Sorrentino GC, Caffari B,Vanacore N, Maggini M, Raschetti R. Le caratteristiche delle Unità di Valutazione Alzheimer (UVA) in relazione all’uso degli strumenti neuropsicologici. Ann Ist Super Sanità 2005; 41 (1): 63-68.

Vanacore N, Sorrentino GC, Caffari B, Ravaioli F, Maggini M, Raschetti R. Epidemiologia della demenza di Alzheimer e valutazioni sul numero dei pazienti inclusi nel progetto Cronos. Progetto Cronos News, 2002; anno I (4): 3-6.

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