La moderna pratica medica deve dedicare più attenzione alle problematiche riguardanti le reali necessità di cura e assistenza della popolazione nell’attuale momento storico (Nair et al., 2003), incrociando e facendo collimare le conoscenze scientifiche disponibili con le richieste di salute che giungono alla comunità medica da parte della popolazione reale.
E’ fatto da tempo noto che le malattie ad andamento cronico stanno assumendo sempre maggiore importanza rispetto alle malattie ad andamento acuto e ciò non può non trovare corretto riscontro nella risposta della comunità (Bodenheimer et al., 2002), che deve adeguarsi alle necessità attraverso i suoi medici, i loro formatori e le soluzioni assistenziali. Peraltro sarebbe auspicabile un’anticipazione delle richieste di salute che si presenteranno nel futuro piuttosto che arrancare, poi, nel tentativo di rispondere a richieste che per numero e metodo possono configurare un’emergenza: l’emergenza delle malattie croniche.
Sono troppi i segnali quotidiani che denotano impreparazione a gestire il malato a lungo termine che presenta comorbilità, il malato psichiatrico invecchiato, l’handicap divenuto anziano, il paziente in stato vegetativo, il paziente “disturbante”, la persona con demenza in fase terminale, i “resuscitati” con tracheotomia e/o con nutrizione artificiale, etc. E’ quindi improcrastinabile, con particolare riferimento al paziente anziano, l’identificazione di setting assistenziali e di criteri applicativi della moderna pratica medica, per adattare e possibilmente anticipare i principi generali e particolari della formazione dei professionisti dedicati alla salvaguardia della salute e dell’autosufficienza. Particolare attenzione va, quindi, dedicata a quei principi generali che possono contribuire ad una sostanziale innovazione della formazione medica (Pham et al., 2004).
Nello specifico i cardini della didattica possono essere almeno in parte delineati secondo i seguenti punti:
- la formazione medica richiede uno sviluppo organico che tenga conto delle necessità dei pazienti, della comunità e dei curanti per dare risposte attuali di salute, ma anche per predisporre risposte efficaci alle richieste di salute subentranti (Holman, 2004);
- l’attuale formazione medica è prevalentemente sviluppata sul malato acuto presente in ospedale mentre la maggior parte dell’attività medica interesserà il malato cronico, in particolare anziano, presente a domicilio o nelle strutture intermedie;
- la gestione del malato a lungo termine non rappresenta una diluizione nel tempo degli interventi in acuto, bensì necessita di specifiche conoscenze ed adeguati programmi terapeutici, nonché di “case management” profondamente diversi dalla gestione delle acuzie (Department of Health 1);
- la cura e l’assistenza a lungo termine non è figlia minore del trattamento delle patologie acute, ma ha propria dignità, conoscenze e metodi, con grande impatto anche economico, superiore alla malattia acuta – negli U.S.A le malattie croniche sono attualmente la principale causa di disabilità e di utilizzo dei servizi per la salute, raggiungendo il 78% della spesa sanitaria (Holman., 2004)-. Inoltre, circa l’80% delle consultazioni richieste al medico di medicina generale sono poste da pazienti con malattie croniche (Department of Health 1).
Long term care e strutture intermedie
L’assistenza e cura a lungo termine è stata, negli ultimi tempi, spesso identificata con il modello del “The Kaiser Permanente Triangle” (figura 1), che permette in verità di superare una certa aspecificità di definizione del mondo delle cure prolungate per avvicinarsi ad una classificazione che permetta di individuare meglio i grandi campi di interesse. Evidenti risultano, inoltre, le implicazioni che riguardano anche le sedi in cui applicare i programmi di cura. In una gerarchia di complessità, si procede dalla malattia a basso rischio in cui vi è una necessità di intervento ai fini di una corretta autovalutazione nel tempo (Department of Health 2), per arrivare a condizioni ad alta complessità di gestione, in cui è il case management il cuore dell’intervento.
Questo tipo di presa in carico a lungo termine si attua a domicilio e, in particolar modo, nelle strutture intermedie, setting in cui la Geriatria da tempo ha individuato gli obiettivi di un intervento che tenga conto della comorbilità, della tendenza alle complicanze, della tendenza alla perdita dell’autosufficienza; la risposta si concretizza nel trattamento della comorbilità, nella valutazione multidimensionale, nella continuità assistenziale e nella intensività dei programmi a lungo termine.
Sviluppo della richiesta assistenziale nelle strutture intermedie
Una ricerca sviluppata nella regione Emilia Romagna negli anni ’90 sulla casistica di anziani ricoverati nelle Case di Riposo (circa 11.000) mise in evidenza come le cause di istituzionalizzazione fossero rappresentate da malattie invalidanti in circa il 95% dei casi e solo nel 5% prevalevano problematiche di tipo sociale (povertà, solitudine,etc.). Le grandi sindromi geriatriche (demenza, ictus, malattie osteoarticolari, malattie cardiovascolari) rappresentavano da sole quasi l’80% delle malattie causa del ricovero in Casa di Riposo, rendendo fin da allora chiaro che di riposo non si trattava, bensì di cura e assistenza a lungo termine.
Oggi più propriamente si parla di “Strutture di Cura Intermedie” alla ricerca di una specificità delineata dalle modalità di cura e dalla selezione della casistica. Risulta sempre più necessario rispondere ad una richiesta di cura e assistenza articolata e sviluppata in processi continuativi a lungo termine (Jerant, 2005), dove si possano realizzare percorsi assistenziali virtuosi all’interno della struttura e nella relazione con gli altri servizi (figura 2).
La proposta futura conferma la necessità di incrementare i programmi assistenziali nei confronti dei malati con compromissioni funzionali rilevanti, per almeno due motivi:
- la maggiore longevità non è dimostrato che si accompagni ad un minor periodo di disabilità;
- la struttura familiare sembra destinata ad una minore “forza assistenziale”, determinata dall’incremento dei grandi anziani a fronte di una diminuzione degli anziani (adulti maturi) che possano dedicarsi all’assistenza. E’ probabile che gli incentivi economici alla domiciliarità potranno ridurre la richiesta di servizi di cure intermedie (figura 3).
Caratteristiche differenziali delle strutture intermedie
E’ più di una convinzione che le Strutture Intermedie abbiano la capacità di essere luogo di cultura, formazione e innovazione, fondate specialmente sulla raccolta di informazioni della storia clinica e sull’esame obiettivo con il successivo confronto e valorizzazione con dati raccolti attraverso strumentazioni specifiche avanzate anche se con tecnologia non particolarmente complessa. La diversa cultura è fondata su un programma curativo personalizzato e sviluppato nel lungo termine, non come diluizione di un intervento acuto, ma, bensì, come tecnica curativa e assistenziale specifica.
La formazione dovrà svilupparsi sulla cura a lungo termine con i relativi problemi inerenti il monitoraggio dell’evoluzione, l’appropriatezza della terapia farmacologia a lungo termine, le interazioni con altri farmaci ed altre patologie; è indispensabile inoltre valutare un contesto di sfondo dove esistono altre variabili come il dolore, il comportamento e la nutrizione che richiedono monitoraggio e risposte senz’altro “intensive”. Anche lo sviluppo tecnologico, diverso ma non meno importante, potrà (e dovrà) rispondere al monitoraggio nel lungo periodo, aiutando a qualificare la risposta assistenziale (strutture senza dolore, strutture informatizzate, contrasto della fatica e valorizzazione della comunicazione, etc.).
E’ necessario orientare la formazione, la dotazione tecnico-culturale e tecnologica verso la valorizzazione degli elementi della cura a lungo termine che costituiscono un patrimonio specifico relativo alla modalità di approccio, ai criteri di strategia assistenziale, agli obiettivi e finalmente alla originalità complessiva del progetto di cura assistenziale in cui la valorizzazione del contesto (anche dei caregiver) è indispensabile.
La didattica nelle strutture intermedie
Da molte parti, anche se non da troppo tempo, stanno emergendo osservazioni sulla pertinenza tra formazione medica e richieste di salute da parte della popolazione. L’Assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna dichiarava alla Conferenza Sanitaria Territoriale (28/02/03): “Nella fase in cui si sta procedendo al rinnovo degli accordi con l’Università, in una situazione che vede il 55% delle risorse del sistema destinate alle attività extra-ospedaliere, occorre estendere i rapporti al di fuori delle aziende di riferimento, coinvolgendo l’Ateneo nei processi formativi ed assistenziali ove si consuma la maggior parte delle risorse e si registra il maggior numero di accessi da parte dei cittadini”. Sicuramente sono da collocare nel 55% delle risorse assistenziali extra-ospedaliere le Strutture Intermedie (ex Case di Riposo).
D’altra parte la laurea in Medicina e Chirurgia prevede che lo studente acquisisca “la capacità di integrare i segni e le alterazioni strutturali e funzionali dei singoli apparati in una visione globale e unitaria dello stato complessivo di salute del singolo individuo aggregandoli sotto il profilo preventivo e diagnostico”. La convergenza tra Ente Regionale, preposto all’amministrazione della salute dei cittadini, e l’Università, chiamata ad adeguare e modernizzare i percorsi formativi dei nuovi medici, ha portato alla istituzione di una Unità Operativa Complessa Territoriale (figura 4) nell’ambito della quale integrare attività assistenziale, didattica e di ricerca.
Attività didattica
Tenuto conto dell’obiettivo fondamentale di estendere al territorio la didattica della Facoltà di Medicina e Chirurgia si è ritenuto che le Strutture Intermedie potessero essere la sede formativa insostituibile per lo sviluppo delle conoscenze riguardanti la “long term care” e la continuità assistenziale, portando lo studente del VI anno di Medicina ad apprendere nozioni fondamentali per curare ed assistere in modo appropriato l’anziano fragile e disabile in ogni setting, evitando per quanto possibile i ricoveri ospedalieri.
Il percorso didattico prevede (in collegamento con le lezioni ex cattedra) un programma di insegnamento tutoriale dedicato agli studenti del VI anno, avente per oggetto l’apprendimento delle metodiche e procedure applicate nelle Strutture Intermedie. Al periodo di tirocinio corrisponderanno due crediti per un totale di 40 ore studente (figura 5). Più in dettaglio lo studente dovrà acquisire competenze sulla valutazione multidimensionale, sulla comorbilità e terapia inerente sulla diagnosi ambientale, sull’utilizzo di strumenti diagnostici di base.
In conclusione, vale la pena sottolineare come il risultato formativo sarà fortemente condizionato dall’approfondimento propedeutico, soprattutto nell’ambito della fisiopatologia e della metodologia clinica, delle caratteristiche peculiari dell’anziano; queste prevedono l’approfondita conoscenza semeiologica della condizione fisica e psichica, le diverse forme di presentazione della malattia nell’anziano – con particolare attenzione alle atipicità di manifestazione – e alle peculiarità fisiopatologiche e terapeutiche che nel lungo termine assumono specifiche connotazioni.
Bibliografia
Bodenheimer T. et al. Improving Primary Care for Patient With Chronic Illness. JAMA 2002;288:1775-1779.
Department of Health 1. Improving Chronic Disease Management.
Department of Health 2. Self Care: A Real Choice Self Care Support – A Practical Option.
Holman H.. Chronic Disease—The Need for a New Clinical Education. JAMA 2004; 292.
Jerant A. F. Walk a Mile in My Shoes: A Chronic Illness Care Workshop for First-year, Students. Fam Med 2005;37(1):21-6.
Nair B. R et al. Reforming medical education to enhance the management of chronic disease. MJA 2003; 179: 257–259.
Pham H. H. et al. Training U.S. Medical Students to Care for the Chronically ill. Acad Med.2004;79:32-41.