Il tema dell’invecchiamento della popolazione è al centro del dibattito politico e di welfare degli ultimi vent’anni (Ney, 2012; Walker e Maltby, 2012). Tra il 2015 e il 2050, la percentuale della popolazione mondiale di oltre 60 anni raddoppierà passando dal 12% al 22% (ONU, 2017). Oggi, in Italia, più del 21% della popolazione è anziana e l’aspettativa di vita è di oltre 80 anni (OECD, 2019).
In questo contesto, si inserisce l’invecchiamento attivo ritenuto uno strumento utile per contrastare alcune delle principali sfide legate all’invecchiamento della popolazione (Lamura et al., 2017). L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) definisce l’invecchiamento attivo “un processo per ottimizzare le opportunità per la salute, la partecipazione e la sicurezza al fine di migliorare la qualità della vita delle persone” (WHO, 2002). L’interessamento dell’OMS al tema e contemporaneamente la creazione di un indice europeo per l’Invecchiamento attivo (Zaidi, 2015) sottolineano la rilevanza e la valenza che esso può avere in termini di prevenzione e promozione della salute in età anziana.
Numerose sono le esperienze di promozione di una cultura dell’invecchiamento attivo presenti in Italia. Questo articolo racconta di alcune attività recentemente messe in campo dalla Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso. Nel 2019 la Fondazione ha coinvolto un gruppo di novanta anziani nella realizzazione di attività incentrate sulla socializzazione sia tradizionalmente intesa, realizzata dal vivo, sia realizzata attraverso social networks (online). Le attività si sono svolte come parte integrante dell’esperimento sociale che la Fondazione stessa ha condotto all’interno del progetto “Aging in networked society”, svolto in collaborazione con l’Università degli studi di Milano-Bicocca e finanziato da Fondazione Cariplo. L’osservazione e la conduzione delle attività, inclusi tre focus groups, hanno permesso di far emergere alcune riflessioni utili al dibattito nazionale in corso sulla funzione della socializzazione all’interno delle iniziative di invecchiamento attivo anche in un’ottica di prevenzione degli effetti negativi che l’invecchiamento psicofisico porta con sé. Una delle componenti essenziali dell’invecchiamento attivo, infatti, è la socializzazione, intesa come la presenza di relazioni interpersonali tra pari e/o intergenerazionali. La letteratura evidenzia come la presenza di relazioni interpersonali migliora la qualità della vita (intesa come benessere fisico, mentale e sociale) contrastando l’isolamento, l’inattività e l’apatia dei singoli ed eventuali patologie correlate (Ong et al., 2016).
Abbiategrasso e le attività incentrate sulla “socializzazione” promosse dalla Fondazione Golgi Cenci
In tema di invecchiamento, Abbiategrasso è un’eccellenza nazionale: cittadina di 32 mila abitanti della provincia di Milano, Abbiategrasso è un territorio storicamente impegnato sul tema della cura degli anziani, grazie alla presenza centenaria dell’Istituto Geriatrico “C. Golgi”. Nell’ultimo decennio, la sensibilità diffusa su queste tematiche è stata alimentata anche grazie alle attività di ricerca promosse dalla Fondazione “Golgi Cenci” che prevedono spesso un coinvolgimento diretto della cittadinanza. Non è un caso che dal 2016 proprio Abbiategrasso sia stata identificata come la prima città italiana amica delle persone con demenza (Dementia Friendly Community-DFC) funzionando da città pilota per le altre esperienze sorte in seguito.
Tra febbraio e aprile 2019 la Fondazione Golgi Cenci ha messo in campo due differenti tipologie di attività orientate a stimolare la socializzazione online (corso per l’uso di smartphone e social networks) e offline (incontri di discussione a tema). Alle attività hanno partecipato un totale di 93anziani di età compresa tra i 79 e gli 84 anni. Nello specifico: 47 anziani al corso di uso delle tecnologie e social networks e 46 agli incontri di discussione. In entrambe le attività il gruppo dei partecipanti è stato diviso in tre sottogruppi di circa 15-16 persone, al fine di facilitare la comunicazione e l’interazione interpersonale tra pari e con i referenti delle attività.
Il corso a supporto della socializzazione online si è sviluppato attraverso appuntamenti bisettimanali, della durata di due ore, per cinque settimane consecutive, per un totale di 20 ore di formazione. Il corso si è concentrato sull’uso dei social network, in particolare WhatsApp e Facebook, ed è stato sostenuto anche grazie alla collaborazione con l’azienda svedese Doro, specializzata in tecnologie per anziani, che ha fornito alla Fondazione gli smartphones necessari da dare in dotazione agli “studenti” per tutta la durata dell’attività di formazione e osservazione (due mesi e mezzo).
Gli incontri di discussione tematici invece si sono svolti con cadenza bimestrale nell’arco dei due mesi e mezzo di attività sperimentale. I partecipanti a questo trattamento hanno svolto una serie di incontri interattivi di due ore contenenti elementi di educazione allo stile di vita e salute delle persone anziane. In maniera più specifica, gli argomenti degli incontri riguardavano:
- Alimentazione e benessere
- Invecchiamento, qualità della vita e benessere
- L’attività motoria, la postura e il benessere in età anziana
- La vita “sociale” a supporto dell’invecchiamento di successo
- I processi degenerativi-cognitivo: come può rispondere la società. L’esperienza di Abbiategrasso – città DFC
Il calendario degli incontri è stato completato dallo svolgimento dei focus groups sul tema della socializzazione nella vita quotidiana, con i partecipanti ad ognuno dei tre sottogruppi di incontro.
Alla fine del periodo di osservazione (10 settimane), il tasso di frequenza e gradimento delle attività da parte dei partecipanti è stato alto in entrambi i gruppi: quasi l’85% degli anziani coinvolti nel gruppo di socializzazione offline ha partecipato a tutti gli incontri di discussione, mentre il corso di socializzazione online è stato completato dal 95% dei partecipanti anche grazie allo svolgimento di un incontro di recupero.
Socializzazione all’interno delle attività: risultati dell’osservazione
All’interno di questa esperienza la “socializzazione” è stata oggetto di osservazione ponendo l’accento sia sulla relazione offline all’interno gruppo di anziani (rapporto tra pari), sia su quella tra corsisti e i soggetti esterni al gruppo: referenti di fondazione Golgi Cenci (conduttori delle attività) e studenti del liceo di scienze umane “Bachelet” di Abbiategrasso, che hanno supportato la formazione all’uso dei social networks. Completa il quadro degli elementi osservati la socializzazione mediata dall’uso delle tecnologie e i social networks.
Il rapporto tra gli anziani e i referenti della Fondazione, conduttori delle diverse attività, ha espletato la sua funzione formativa attraverso lo sviluppo di lezioni frontali e azioni di tutoraggio e supporto al fine di sostenere l’apprendimento passo dopo passo. I due istruttori hanno ricoperto in maniera alternata il duplice ruolo “alla cattedra” e “tra i banchi”. Nel primo caso, il compito era quello di esporre a tutta la classe l’argomento della lezione e la relazione tra gli anziani e l’insegnante (in questa veste) risultava codificata da un linguaggio più formale e distaccato (che si è mantenuto durante tutto il corso). Il compito dell’istruttore “tra i banchi” invece consisteva nel supportare ed assistere gli studenti in difficoltà, affiancandosi ad essi e generando il tal modo un rapporto più privato ed intimo e codificato da un linguaggio più informale e alla pari. In funzione di questo ruolo di assistenza si lega il secondo aspetto che ha caratterizzato questa esperienza in termini di socializzazione – il rapporto intergenerazionale – dato dal coinvolgimento e la partecipazione, nei panni di collaboratori e supporto alla classe, di studenti del 2° e 3° anno del liceo di scienze umane “Bachelet” di Abbiategrasso. Il rapporto in molti casi ha assunto un carattere affettivo, manifestatosi attraverso piccoli pensieri (come una scatola di biscotti) regalati dagli anziani ai giovani, o dalle dichiarazioni di simboliche elezioni a “nipoti acquisiti”. Il rapporto tra gli anziani e il supporto tecnologico, per quanto riguarda il gruppo dei corsisti, non può essere analizzato distintamente poiché sono risultati intrecciati in virtù della natura dell’esperienza stessa. È stato osservato che nella fase iniziale, proprio all’inizio della prima lezione, il rapporto tra pari fosse caratterizzato dall’atteggiamento classico del nuovo studente che, in una nuova classe costituita da molti sconosciuti, tendesse a ricercare il proprio posto in aula affianco a chi, per un motivo o per l’altro, conoscesse. L’atteggiamento più distaccato nei confronti di chi non si conosceva si è affievolito in maniera progressiva in virtù del fatto che tutti gli studenti-anziani si sentissero accumunati dal vivere la stessa esperienza, con le relative difficoltà e perplessità e in certi casi paure (in gradi diversi, in base all’esperienza pratica pre-corso dei singoli), e sviluppando un rapporto di reciproco supporto, al fine di comprendere meglio gli argomenti della lezione senza rimanere indietro. Il “supporto tecnologico” è stato fondamentale in certi casi, un esempio è fornito dalla lezione dedicata all’uso di WhatsApp all’interno della quale, attraverso una chat di gruppo appositamente creata, gli anziani hanno avuto modo di presentarsi, conoscersi e soprattutto scherzare. Quest’ultimo aspetto è risultato interessante perché ha reso le lezioni meno pesanti e più leggere, in un certo qual modo divertenti e più stimolanti, riuscendo anche a mutare certi legami trasformandoli in rapporti di amicizia che si sono estesi anche al di fuori del corso, sia attraverso la socializzazione classica offline sia mediante i social network.
Nella situazione degli incontri di discussione si sono messi in evidenza solo due dimensioni di relazione sociale, quella tra anziani e conduttori e quella tra pari. Nella socializzazione con i conduttori si è mantenuta la duplice dinamica di relazione, seppur la formalità risultasse mitigata dalla necessaria interazione attiva dei partecipanti. La socializzazione tra pari è stata governata dall’informalità di relazione, accentuata da rapporti amicali pregressi.
Punto di snodo della socializzazione informale tra pari è stato il momento di condivisione offerto dal coffee break finale, che nel corso del tempo è divenuto il momento di condivisione sulla giornata in corso, e su quelle in programma, oltre che essere luogo dove darsi appuntamento al successivo incontro. Gli incontri hanno prodotto anche nuove amicizie, ad esempio un gruppetto di quattro donne mentre bevevano il caffè si sono accordate per andare in piscina insieme.
Le attività di socializzazione tra ieri ed oggi: i risultati dei focus groups
All’interno delle attività di socializzazione offline si sono effettuati tre focus groups, coinvolgendo 36 persone, finalizzati a creare una discussione in merito ad alcune attività “socializzanti” svolte nel loro quotidiano rispetto al passato. A supporto della discussione tra i partecipanti è stato predisposto un momento di riflessione individuale su un ventaglio di undici attività di tempo libero più diffuse, deputate anche alla socializzazione quali: ballo, andare in bici, camminare, fare le vacanze, andare al cinema o teatro, leggere, giocare a carte, ascoltare la musica, frequentare corsi di formazione, fare volontariato, impegnarsi in un hobby ( es. cucito, bricolage, etc). Ad ogni partecipante è stato chiesto di dichiarare se la singola attività venisse attualmente svolta e in caso affermativo se fosse solitamente svolta “da soli” e/o “in compagnia”. Le risposte multiple erano ammesse.
Utilizzando come linea di demarcazione il pensionamento, è emerso come prima di esso non ci siano grandi differenze tra lo svolgimento “Da soli” (134 preferenze) e “In compagnia” (129 preferenze). Come mostra la figura 1, oltre alle attività tradizionalmente viste come da fare in compagnia (vacanze, andare al cinema, ballo e giocare a carte) ce ne sono altre che assumevano una valenza socializzante: frequentare corsi di formazione, fare del volontariato o camminare o andare in bicicletta che venivano svolte similarmente sia in solitaria che in compagnia.
Considerando l’oggi, cioè dopo il pensionamento, la differenza è più marcata; le attività svolte in maniera individuale hanno ottenuto 146 preferenze rispetto alla possibilità di svolgerle in compagnia (105 preferenze). In particolare sono le attività che prima si svolgevano in entrambe le modalità (bicicletta e camminare) che mantengono il loro buon grado di presenza diventando però quasi esclusivamente attività solitarie. Differente il trend riguardante lo svolgimento dell’attività fisica: oggi più di ieri è svolta in compagnia. La motivazione – confermata anche dalla discussione successiva – è data dalla maggiore attitudine in età anziana a frequentare una palestra ed effettuare corsi di gruppo.
Dai risultati ottenuti, l’atteggiamento di svolgere le attività proposte in maniera individuale anziché in gruppo è aumentato dopo il pensionamento mentre lo svolgerle in compagnia ha assunto la tendenza inversa: l’essere vedovo/a influenza notevolmente questi dati. La discussione successiva infatti ha evidenziato come una delle maggiori motivazioni per le quali le attività vengono svolte da soli o sole è l’assenza di un compagno/a. I dati hanno, inoltre, una connotazione di genere: per le donne che vivono sole, la ricerca della compagnia è effettuata attraverso attività ludiche di gruppo (andare a ballare e in palestra ad esempio), costruendo nuove relazioni amicali soprattutto femminili, ma non in maniera esclusiva. Gli uomini invece cercano anche in età anziana la compagnia degli amici di gioventù, ad esempio i compagni di leva, mantenendo forte e vivo il ricordo della loro vita “giovanile”. Tendenza maschile che si manifesta anche nello svolgimento del volontariato che si sviluppa per lo più all’interno del gruppo dei pari giovanile a forte connotazione maschile (ad esempio la sede locale dell’associazione alpini). Non è un caso che anche nel corso delle attività di socializzazione offline vi sia stata una certa mobilità interna alla ricerca di “chi si conosce già” all’interno dei tre gruppi, inizialmente definiti attraverso un processo di randomizzazione. Spostamenti messi in atto da parte di partecipanti di entrambi i sessi, ma in quota maggiore tra i maschi. La condizione di vivere da sole per le donne invece muove due sentimenti e approcci contrastanti: la solitudine e la paura di essere oggetto di raggiri e furti in casa, che impedisce lo sviluppo di una vita di relazione extra domestica. “Ho l’allarme in casa ora sono qui, ma non vedo l’ora di rientrare per essere sicura che non mi siano entrati in casa, e poi come si fa ad andare in giro la sera non c’è nessuno, non è sicuro”. Diametralmente opposta la sensazione di libertà di poter finalmente fare ciò che si è sempre voluto fare: “ora che i figli sono cresciuti e il marito non c’è più sono libera di scegliere di uscire oppure no, ma di fare quello che più ho voglia”.
I partecipanti evidenziano come pur avendo voglia di essere coinvolti maggiormente in attività socializzanti promosse sul territorio cittadino, questa è fortemente condizionata dalla mancanza di spazi di aggregazione formalizzati e di strutture ricreative quali cinema e teatri: “oltre al mercato sono pochi i posti dove incontrarsi”.
Conclusioni
L’invecchiamento attivo, anche per la sua valenza di prevenzione, è all’interno dell’agenda politica italiana da alcuni anni. In Regione Lombardia, così come in altre regioni (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Puglia, Marche, Lazio e Piemonte) è stata promulgata recentemente una legge regionale di promozione delle politiche di invecchiamento attivo. In concreto, l’invecchiamento attivo risulta un percorso ancora in fase di costruzione e di crescita e le attività promosse ad Abbiategrasso dalla Fondazione Golgi Cenci sono risultate stimolanti per il benessere degli anziani coinvolti. Ad esempio, attraverso il corso di formazione all’uso delle nuove tecnologie è stato possibile far emergere l’importanza che le tecnologie possono avere nella promozione di un invecchiamento attivo. Questo perché oltre all’indubbia capacità di connettere gli individui e a mantenere anche i rapporti, permette agli anziani di sentirsi meno estranei all’interno di un mondo globalizzato e tecnologico. A tal proposito, degno di nota è stata l’occasione data ad uno dei partecipanti di potersi finalmente sentire via web con il figlio residente oltreoceano, senza il supporto dell’altra figlia. Anche le attività di socializzazione offline hanno prodotto buoni risultati in termini di nuovi contatti e attività da svolgere in piccoli gruppi. La promozione di iniziative a supporto della socializzazione interna tra anziani, così come tra anziani e giovani rimane il punto di partenza per lo sviluppo di una cultura di invecchiamento attivo. Non è un caso che ad Okinawa una delle “blue zones”, ovvero le zone ad più alta concentrazione di centenari in buona salute, sia famosa per l’alto tasso di attività ricreative e associative presenti sull’isola a cui partecipano gli anziani. I dati emersi dai focus groups evidenziano però come la dimensione dello “spazio fisico” di condivisione sia ancora un argomento poco inserito nell’agenda politica. In questo senso, l’esperienza qui raccontata suggerisce interventi di promozione della socializzazione attraverso la definizione di luoghi sicuri e accessibili deputati all’incontro dove gli anziani possano incontrarsi, condividere e magari “raccontarsi” ai più giovani.
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Bibliografia
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