“Il self-neglect negli anziani può essere considerato una sindrome geriatrica?” si chiede un articolo comparso di recente su JAGS (Pavlou e Lachs,2006). Al di là dell’interesse per la risposta positiva o meno, l’articolo ha il merito di aver posto in evidenza una problematica che, ancor più delle altre riferibili al Maltrattamento dell’Anziano, è frequentemente misconosciuta, o per lo meno lo è stata fino a tempi recenti.
Descritto per la prima volta da due psichiatri inglesi come “tracollo senile della pulizia personale e ambientale” (Macmillan e Shaw, 1966) il self-neglect (SN, traducibile come autotrascuratezza o autoabbandono) è stato successivamente denominato anche “Sindrome di Diogene”(Clark et al.,1975),dal filosofo greco del IV secolo a.C. che, in nome del diritto alla vita secondo natura, senza obblighi sociali e beni materiali, viveva in una botte, in condizioni igieniche che non è azzardato presumere orripilanti. Attualmente il SN può essere definito come “un’entità comportamentale multiforme caratterizzata dall’incapacità o dal rifiuto di provvedere in misura adeguata alla propria salute, igiene, nutrizione e ai propri bisogni sociali”(Lachs et al., 1997).
A questa condizione di base possono aggiungersi sintomi accessori quali la sillogomania (accumulo ossessivo di oggetti disparati),la presa in carico di un gran numero di animali (in genere cani o gatti), l’anosognosia (negazione del problema) e il conseguente rifiuto di aiuto. La sua frequenza è stimata in misura discordante, dipendentemente anche della maggior o minor selettività dei criteri adottati per definire la sindrome: si va dai circa 5 casi anno/10.000 riportati nei primi studi, a cifre che si avvicinano all’1% degli ultrasessantacinquenni. Pressocché tutti gli autori, peraltro, concordano nel ritenere il SN come una delle voci più frequenti nel vasto capitolo del Maltrattamento dell’anziano (Pavlik et al., 2001;Abrams et al., 2002). Tuttavia, a tutt’oggi l’interesse della letteratura internazionale è stato piuttosto tiepido: ricorrendo a un’indagine mediante MEDLINE i già citati Pavlou e Lachs hanno raccolto solo 54 voci bibliografiche pubblicate tra il 1966 e il 2004, comprendenti anche casi di SN riscontrati in individui giovani – questi ultimi quasi sempre affetti da importanti turbe psichiatriche – e rari casi di sindrome di Diogene a due o “per procura”.
Va segnalata, peraltro, la difficoltà di raccogliere dati epidemiologici poiché chi è affetto dal problema tende – quasi per definizione – a sfuggire ai servizi sociali o sanitari, sicché la frequenza del SN è verosimilmente sottostimata e la situazione viene alla luce solo quando il paziente versa in condizioni estreme, tanto da venire ricoverato d’urgenza in ospedale o in casa di riposo, sempre che qualcuno si occupi, anche saltuariamente, di lui. Non rari, infatti, sono gli anziani che vengono rinvenuti deceduti ormai da tempo nel proprio domicilio, senza che nessun parente o vicino ne avesse mai denunciato la scomparsa.
In questi casi la cronaca fa a gara nel denunciare l’indifferenza della società, la mancanza di solidarietà, di sussidi, la povertà in cui versano molti anziani lasciati soli. Si tratta sovente di denunce ad effetto e alquanto semplicistiche, come dimostrano i due casi giunti quasi contemporaneamente all’osservazione di chi scrive e riportati nelle prossime righe: entrambi riguardano persone di buona levatura sociale, in possesso di mezzi economici più che sufficienti, e si sono verificati in un’area del Nord Italia ad elevato benessere e dotata di notevole disponibilità di servizi sanitari e sociali (almeno sulla carta).Certo è difficile capire quanto il SN sia il frutto di una scelta razionalmente volontaria (quale appunto quella di Diogene) e quanto il frutto di un decadimento mentale, di una patologia psichiatrica, di un abuso di alcol o di una personalità premorbosa. Anche la letteratura mostra a tal proposito pareri contrastanti. Ma di questo discuteremo dopo la presentazione dei due casi clinici.
Presentazione di due casi clinici
Caso n.1
La signorina FM, di 81 anni, è un’ex insegnante di lettere. Nubile, è sempre vissuta sola, mantenendo regolari – sebbene non intensi – rapporti con un fratello e un nipote. Nell’anamnesi patologica emergono una modesta ipertensione arteriosa da decenni; flebopatia cronica da varici; ipertiroidismo (in trattamento con Tapazolo fino a due anni fa). Per queste patologie si sottoponeva regolarmente a visite mediche e a indagini di controllo. FM viene descritta di carattere piuttosto chiuso e poco propenso alle amicizie, ma non ostile; nessun segno di turbe psichiche.
Negli ultimi due anni, senza motivi scatenanti apparenti, ha iniziato a tralasciare i già scarsi contatti sociali, non si è più recata ai controlli medici, ha diradato, fino a quasi annullarle, le uscite di casa; ha iniziato ad alimentarsi irregolarmente e a trascurare le pulizie domestiche, accumulando crescenti quantità di rifiuti. Inoltre ha dato ospitalità a una vieppiù numerosa colonia di gatti che hanno contribuito non poco ad accrescere la sporcizia. I parenti che le portavano i pasti quotidianamente riferiscono che dall’appartamento proveniva un odore nauseabondo, del quale si lamentavano anche i vicini. Nonostante le loro insistenze, FM negava di aver bisogno di alcunché e soprattutto rifiutava qualsiasi approccio medico. Nel maggio 2007,tuttavia,la comparsa di cospicui edemi e di ulcere agli arti inferiori, unitamente a un’elevata temperatura febbrile, hanno costretto la paziente a letto, e successivamente ad acconsentire al ricovero in ospedale. Qui è stata posta diagnosi di “Erisipela agli arti inferiori in ulcere varicose; deperimento da sindrome carenziale multipla”. Alla dimissione è stato proposto il trasferimento in RSA, trasferimento che FM ha accettato (o subìto?).
All’ingresso in RSA si presentava in mediocri condizioni fisiche, non deambulante per il prolungato allettamento. Dal punto di vista psichico appariva lucida, tranquilla, orientata e collaborante, sebbene poco loquace. Il Mini Mental State era di 30.L’adattamento all’ambiente residenziale è avvenuto senza difficoltà. A distanza di circa tre mesi dall’ingresso le condizioni sono migliorate, con un incremento ponderale di 3 kg e una ripresa della deambulazione. Nella norma gli indici di funzionalità tiroidea. Il tono dell’umore è discreto, tanto da consentirle di intrattenere rapporti con altre degenti e con il personale, pur nell’ambito di un certo riserbo e di un’apatia di fondo con riduzione dell’iniziativa. Interrogata sulle pregresse condizioni abitative, nega risolutamente di esser vissuta in condizioni di grave trascuratezza, ma riconosce di star molto meglio adesso rispetto a quando risiedeva nella propria casa. Si duole solo della mancanza dei suoi gatti.
Caso n.2
Il Signor GLB è stato da me visitato ambulatorialmente per la prima volta nel maggio del 2002 all’età di 75 anni. Discretamente benestante, scapolo, viveva solo da decenni. Si era occupato da sempre di politica, giungendo a ricoprire incarichi di rilievo in ambito provinciale. Era stato forte bevitore fino a 25 anni prima, poi aveva smesso totalmente. L’anamnesi remota riportava ipertensione arteriosa e dislipidemia da molti anni, cardiopatia ischemica con angor da sforzo, arteriopatia arti inferiori, aneurisma dell’aorta addominale di 28 mm. Nel 1997 trombosi dell’arteria retinica di destra; nel 1999 intervento di disostruzione carotide di destra. Riscontro inoltre di ipertrofia prostatica con pollachiuria. Al momento della visita si presentava in condizioni di abbigliamento e di pulizia più che decorose, brusco ma non scortese, preoccupato della propria situazione sanitaria e soprattutto del calo della memoria recente.
L’obiettività clinica confermava le diagnosi precedenti con una situazione di discreto compenso globale; era evidente inoltre un marcato deficit della memoria recente, mentre la memoria antica e le capacità di giudizio erano conservate. Buono e articolato l’eloquio. Il Mini Mental State era di 25. GLB confermava che viveva solo, in compagnia di un piccolo cane al quale era affezionatissimo. I pasti gli venivano forniti dall’esterno, ma saltuariamente accettava qualche invito a pranzo da parte di conoscenti. Teneva in ordine la casa (due locali più servizi) con il saltuario aiuto di una persona. Vi è da rilevare che nel corso del colloquio il clima di diffidenza era andato sciogliendosi; alla fine mi confessò che, sebbene “gli fossi simpatico” , avrebbe continuato a farsi visitare anche da altri sanitari con cui era in buoni rapporti. Negli anni successivi lo rividi più volte a domicilio perché la cardiopatia si era aggravata con frequenti manifestazioni di scompenso e si erano aggravati pure i deficit di memoria. Inoltre GLB aveva incrementato l’uso di ansiolitici, a suo dire “perché la prospettiva di morire gli metteva l’angoscia”.
L’abitazione in quel tempo si presentava sufficientemente pulita, benché piuttosto in disordine. Anche l’igiene e l’abbigliamento di GLB si mantenevano decorosi. In seguito lo persi di vista per un anno intero, fintanto che verso la metà del maggio 2007 non fui chiamato da una sua conoscente che, recatasi occasionalmente a fargli visita, l’aveva rinvenuto molto sofferente, e in condizioni di estremo degrado. Mi riferì che il bagno era quasi completamente occupato da escrementi e che vi era sporcizia dovunque. Al mio arrivo le condizioni igieniche dell’abitazione, grazie al lavoro di pulizia della conoscente protrattosi per un’intera giornata, erano migliorate, ma permaneva un odore fortemente sgradevole. Inoltre regnava un enorme disordine nel quale erano affastellati indumenti sporchi, cartelle di documenti, confezioni di medicinali, giornali ed altro. Nel letto erano accumulati ciuffi di peli del cane e gli indumenti di GLB erano luridi. L’aspetto di GLB mostrava con evidenza che l’ultimo bagno di pulizia risaliva a diverse settimane (se non a mesi) addietro. Contrariamente alle visite precedenti nelle quali mi accoglieva scusandosi per il disordine, in questa occasione non fece cenno al disordine né alla sporcizia.
Sotto l’aspetto sanitario vi era una situazione di scompenso cardiaco conclamato, con tachiaritmia da FA, versamento pleurico bibasilare, versamento ascitico ed edemi. Dal punto di vista mentale si presentava lucido, pur negando lo stato di estremo abbandono proprio e dell’abitazione. Ammise che non si sottoponeva a visita medica da “un po’ di tempo”, senza spiegarne la ragione. Alla mia proposta di ricovero ospedaliero oppose un deciso rifiuto, asserendo di avere un affare urgente da concludere (asserzione che poi risultò veritiera). Rifiutò ancor più decisamente la prospettiva di ricovero in RSA, affermando di essere perfettamente in grado di badare a se stesso, al cane e alla casa. Concluse che piuttosto che andare al ricovero preferiva “crepare in casa sua”. Tuttavia, l’intervento nei giorni successivi dei servizi sociali del comune valse a fargli cambiare parere e ad accettare, ancorché controvoglia, il ricovero in una vicina RSA. Qui verosimilmente diede segni di agitazione ed aggressività verbale perché fu sottoposto a trattamento sedativo e contenitivo, con conseguente depressione, stato confusionale e perdita della reattività. Dopo circa dieci giorni, a causa dell’aggravarsi delle condizioni cardiache e per il permanere dello stato confusionale, fu ricoverato in ospedale, dove tuttavia non si riprese e decedette dopo circa dieci giorni.
Considerazioni
I due casi presentano importanti punti in comune, ma anche alcune differenze che meritano di essere sottolineate. Innanzi tutto entrambe ottemperano ai criteri diagnostici per “Sindrome di Diogene” proposti da Halliday e colleghi (Halliday et al.,2000), criteri che invece contemplano anche la presenza di disturbi psichiatrici o di abuso di sostanze secondo Macmillan e Shaw (Macmillan e Shaw, 1966). Entrambi sono di condizioni sociali medie, di buona cultura, economicamente indipendenti, non affetti da turbe psichiche di rilievo; non vi è abuso di alcol (GLB era stato forte bevitore, ma aveva smesso da 25 anni) o di droghe, se si eccettua il consumo disordinato di benzodiazepine da parte di GLB.
Ambedue vivevano in un’abitazione non isolata (GLB addirittura di fronte alla sede del comune!) ed avevano ampie possibilità, se lo avessero voluto, di rapporti con la gente, ai quali parevano tuttavia preferire i rapporti con gli animali. Ma mentre FM sembrava aver volontariamente ridotto ogni occasione di incontro sociale, GLB non rifuggiva di proposito tali incontri: era piuttosto il suo pessimo carattere (scontroso, irascibile, attaccabrighe, sarcastico) per il quale era noto in tutto il paese, a tener lontana la gente (cosa della quale pareva non rammaricarsi). Contrariamente a FM, non si presentava affatto apatico, e reagiva alquanto vivacemente se veniva contrariato, soprattutto sul terreno della politica. Inoltre, mentre il SN di FM si era sviluppato gradualmente nel giro di qualche anno, nel caso di GLB era precipitato all’improvviso, quasi a giustificare il termine di “breakdown” (tracollo) impiegato dai primi autori che descrissero il quadro (Macmillan e Shaw, 1966).Diverse erano anche le condizioni di salute fisica precedenti o concomitanti il SN: complessivamente discrete nel caso di FM, compromesse nel caso di GLB. Infine, profondamente diversi sono stati gli esiti: FM ha accettato di buon grado il ricovero in RSA, traendone palesi benefici, mentre GLB al ricovero si è opposto finché ha potuto, poi ha manifestato un comportamento aggressivo e ingiurioso una volta ricoverato, e infine è andato incontro ad exitus nel giro di poco tempo.
Self-neglect: incapacità o rifiuto?
Il primo quesito che si pone affrontando il SN è se questa condizione sia una scelta o la conseguenza di pluripatologie, di alterazioni della personalità, di reazione a eventi stressanti. In realtà, a scegliere razionalmente di isolarsi e di vivere nella sporcizia sono stati probabilmente i soli Diogene e un ristretto numero di anacoreti ed eremiti, mai peraltro sottoposti ad accertamenti psichiatrici.
La figura romantica del “barbone” che volontariamente rifiuta le lusinghe del mondo e decide di vivere tra la sporcizia e i cartoni (moderni succedanei della botte) appartiene alla vieta retorica giornalistica e letteraria più che alla realtà. Tuttavia, una scelta meno radicale, che contempli almeno inizialmente solo l’isolamento, è piuttosto frequente nell’anziano; resta però da spiegare perché dall’isolamento si passi alla grave trascuratezza personale, igienica e sanitaria. La mancanza di insight, di vergogna, il rifiuto – a volte cocciuto – di qualsiasi aiuto, appaiono quindi come aspetti qualificanti di un’entità patologica, la cui origine resta peraltro sconosciuta. Soprattutto da parte degli psichiatri viene invocata come causa – o almeno come fattore scatenante – una patologia psichiatrica (Tab.3),ma ciò è vero soprattutto negli individui giovani. La demenza – particolarmente nella forma frontotemporale – è chiamata in causa in diversi studi. La maggior parte dei geriatri tende a differenziare il SN dell’anziano da quello del giovane, e comunque la comorbidità psichiatrica va riducendosi mano a mano che cresce l’età (Pavlou e Lachs,2006).
Personalità premorbosa
Alcuni tratti di carattere si presentano pressoché costantemente in tutti gli individui che hanno successivamente sviluppato il SN, nell’ambito di quella che può essere definita una personalità premorbosa (Tab. 4). Secondo Karl Jasper , che si occupò del “social breakdown of the elderly” già nel 1963, le caratteristiche di questa personalità giocherebbero un ruolo determinante nell’insorgenza della sindrome. Secondo il famoso filosofo e psichiatra il social breakdown non rappresenterebbe una nuova entità psicopatologica, ma il risultato di eventi stressanti su una personalità predisposta. L’invecchiamento stesso, secondo questo autore, potrebbe assumere il ruolo di evento stressante, magari ulteriormente aggravato da comorbidità fisiche. Personalità, eventi stressanti, solitudine, comorbidità fisica farebbero parte di un circolo vizioso che porterebbe allo stile di vita caratteristico del SN.
La mancanza di richiesta di aiuto e la negazione di bisogni sarebbe solo un meccanismo di difesa (Jasper K.,citato da Badr et al., 2005).A prescindere comunque da questa interpretazione, sull’importanza della personalità premorbosa vi è accordo pressoché unanime. Secondo un gruppo di studio che fa capo al Consortium for Research in Elder Self-Neglect (CREST) del Texas si possono distinguere due sottotipi di personalità premorbosa: un tipo primario caratterizzato da disturbi della personalità quali rigidità e maladattamento che si sono sviluppati prima della vecchiaia, e un tipo secondario che deriverebbe da patologie insorte in età avanzata, come la depressione. Questo secondo tipo comporterebbe una prognosi migliore (Reyes-Ortiz,2006;CREST sito web,2007).
Comorbidità
Indipendentemente dal ruolo rivestito nell’etiologia della sindrome,la comorbidità – anche non psichiatrica (Tab.5) – è estremamente elevata nei soggetti con SN e interessa tutti gli organi e apparati. In alcuni casi queste pluripatologie possono agire da fattore favorente il SN, mentre in altri ne sono la conseguenza. L’aumento di mortalità nei soggetti con SN è elevato, sebbene venga riportato variamente dai diversi autori; complessivamente, comunque, dalla review di Pavlou e Lachs il rischio di morte risulta doppio rispetto a quello dei coetanei che vivono in condizioni normali (Pavlou e Lachs,2006).Del resto, riguardo al caso presentato di GLB, è fuor di dubbio che prima che si manifestasse la sindrome il paziente era molto attento al suo stato di salute e seguiva abbastanza scrupolosamente le prescrizioni, cosa che non ha più fatto negli ultimi 6-12 mesi di vita. La sua morte, perciò, se non è stata conseguenza diretta del SN, è stata da questa condizione sicuramente anticipata e favorita.
Conclusioni
Purtroppo non risultano esservi, almeno nel nostro Paese, iniziative di monitoraggio del SN, come del resto non esistono iniziative di monitoraggio del maltrattamento dell’anziano in generale. Eppure a chiunque operi in ambito geriatrico – in Pronto Soccorso piuttosto che in RSA – è capitato,spesso in più di un’occasione, di venire in contatto con anziani in condizioni igieniche penose, tali da far sospettare uno stato di estremo abbandono.Tuttavia, al di là dell’annotazione aneddotica, non si presta a questa condizione l’attenzione che meriterebbe. È invece necessario tener presente che il SN accresce la comorbidità ed aumenta il rischio di morte in misura considerevole. Pertanto la sua individuazione, come pure l’individuazione di una personalità premorbosa “a rischio”, rientrerebbe nell’ambito della tanto enfatizzata medicina preventiva. Senza dimenticare che la condizione di grave negligenza è incompatibile con la dignità della persona.
Certo, all’atto pratico è spesso difficile far cambiare stile di vita all’anziano, anche alla luce della libertà di scelta individuale. Talora peraltro il ricovero, rifiutato in teoria, è accettato in pratica e anche con soddisfazione, come dimostra il caso di FM. Ma anche forme meno “invasive” di intervento, come un aiuto per le pulizie di casa, la fornitura di pasti caldi, la visita “occasionale” del medico o di altre figure sanitarie potrebbero migliorare considerevolmente la qualità e le prospettive di vita del paziente. È perciò necessario che la condizione di SN – indipendentemente dal fatto che debba essere considerata sindrome o sintomo – sia maggiormente conosciuta, ricercata ed affrontata anche a livello della rete dei servizi territoriali.
Bibliografia
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