8 Aprile 2022 | Professioni

Le professioni sanitarie in riabilitazione e la loro organizzazione in team

La presenza di specifici profili professionali della riabilitazione garantisce oggi “una eccellenza interprofessionale” dei team riabilitativi. Come sono organizzati i team di riabilitazione? Quali sono le strategie ottimali per definire e raggiungere la massima efficacia ed efficienza nella cura? Nell’articolo le autrici, partendo dall’evoluzione normativa, delineano lo stato dell’arte delle professioni sanitarie della riabilitazione ed evidenziano i presupposti metodologici e gli strumenti di lavoro per un lavoro in team produttivo.


Ad oggi, nel nostro paese sono presenti ben 22 figure sanitarie non mediche, suddivise in professioni infermieristiche ed ostetriche, tecniche sanitarie, della prevenzione e della riabilitazione; rispetto a quest’ultima categoria¸ oggetto del presente lavoro, fanno parte 8 diversi operatori, chiamati ad espletare le proprie competenze specifiche, con titolarità ed autonomia professionale, previa iscrizione ai rispettivi ordini.

 

La presenza di specifici profili professionali della riabilitazione garantisce oggi “una eccellenza interprofessionale” dei team riabilitativi. Come sono organizzati i team di riabilitazione? Quali sono le strategie ottimali per definire e raggiungere la massima efficacia ed efficienza nella cura?

 

La filosofia e le strategia propria della scienza riabilitativa nonché la complessità dei pazienti presi in carico dagli operatori della riabilitazione, chiamati costantemente ad una condivisione dei percorsi di cura ed al confronto con gli altri professionisti, fungono da ispirazione ad un modello centrato su partecipazione, ambiti di intervento integrati e confini professionali flessibili.

 

La legislazione in Italia sulle professioni sanitarie

L’evoluzione normativa delle professioni sanitarie inizia con il Testo unico (T.U.) delle leggi sanitarie (R.D. n. 1265/1934) che distingueva coloro che operavano nel campo della sanità in tre categorie:

  • professioni sanitarie principali (medico chirurgo, veterinario, farmacista e, dal 1985, l’odontoiatra)
  • professioni sanitarie ausiliarie (levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata)
  • arti ausiliarie delle professioni sanitarie (odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed ernista, tecnico sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato).

 

L’attuale regime normativo che ordina le professioni sanitarie ha come fonte iniziale principale il D.lgs n. 502/92, che, nell’ adeguare l’impianto del SSN nato dalla legge n. 833/78, stabilì anche che era compito del Ministero della Sanità, l’individuazione e regolamentazione dei profili professionali dell’area sanitaria e trasferì la formazione dalla sede regionale a quella universitaria, inserendola nella stessa Facoltà di Medicina e Chirurgia.

 

Attraverso poi l’art.1, L.n.42/1999, viene eliminata la suddivisione propria del T.U. delle leggi sanitarie del 1934 e le professioni sanitarie principali ed ausiliarie vengono così accomunate nell’unica dizione “professioni sanitarie” e parallelamente aboliti i mansionari. Da specificare in merito che, il “mansionario” consisteva in un atto regolamentare di carattere fortemente esecutivo, attributivo di specifici compiti e basato su una elencazione di compiti e mansioni ai quali l’esercizio professionale doveva attenersi e quindi limitarsi. Mentre invece, il Profilo professionale consiste in un atto normativo di natura regolamentare che definisce il contenuto peculiare del tipo di prestazione, i titoli professionali richiesti e le specifiche abilitazioni stabilite dalla legge per l’esercizio della professione e, concretamente, prevede un’ampia attribuzione di autonomia e responsabilità.

 

Ancora, con la Legge n. 251/2000 le professioni sanitarie vengono diversamente disciplinate con allocazione nelle seguenti aree:

  • Professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica
  • Professioni sanitarie riabilitative
  • Professioni tecnico-sanitarie
  • Professioni tecniche della prevenzione.

 

Viene inoltre istituita la nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario e la laurea specialistica (ora divenuta magistrale).

 

Il successivo D.M. 29 marzo 2001 classifica poi le professioni sanitarie all’interno delle aree definite dalla sopraindicata L. n 251/2000. Nell’ambito delle Professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica vengono identificati: Infermiere, Ostetrica/o, Infermiere pediatrico; nelle Professioni sanitarie riabilitative: Podologo, Fisioterapista, Logopedista, Ortottista- Assistente di oftalmologia, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Tecnico della riabilitazione psichiatrica, Terapista occupazionale, Educatore professionale; all’interno delle Professioni tecnico-sanitarie: Tecnico audiometrista, Tecnico sanitario di laboratorio biomedico, Tecnico sanitario di radiologia medica, Tecnico di neurofisiopatologia, Tecnico ortopedico, Tecnico audioprotesista, Tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, Igienista dentale; infine tra le Professioni tecniche della prevenzione: Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, Assistente sanitario.

 

Altresì con il D.M. 2 aprile 2001 vengono definite le classi dei corsi di laurea triennale e specialistica per le professioni sanitarie, ed esplicitate le attività formative indispensabili e gli obiettivi formativi qualificanti. In aggiunta, la successiva Legge n. 43/2006: istituisce gli ordini e gli albi per tutte le professioni sanitarie; disciplina la procedura partecipata fra Stato e Regioni per l’integrazione di professioni sanitarie già riconosciute e/o la costituzione di nuove professioni e della funzione di coordinamento.

 

Infine, la più recente normativa che regolamenta le professioni sanitarie è rappresentata dalla legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2017 e detta “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie“.

 

 

Stato dell’arte delle professioni sanitarie

Ad oggi è possibile sostenere che, il processo di professionalizzazione delle figure sanitarie non mediche è andato molto avanti e, dopo aver compiuto un percorso quasi secolare, può dirsi ormai completato, quantomeno sul piano dell’ordinamento giuridico. L’operatore sanitario specializzato nella prevenzione, nell’assistenza, nella cura e nella riabilitazione è un professionista della salute, che ha acquisito un suo pacchetto di conoscenze teoriche e tecniche, possiede una sua area di competenze esclusive, si muove in autonomia, affianca il medico offrendogli il contributo della propria competenza, che non lo limita, ma, al contrario ne arricchisce la capacità di prevenire, diagnosticare e trattare la patologia, di assistere il paziente durante la terapia e di guidarne la riabilitazione. Ne condivide in ultima analisi la responsabilità per il risultato (Verdecchia, 2020).

 

Il nostro paese riconosce attualmente 22 figure sanitarie non mediche. suddivise in professioni infermieristiche ed ostetriche, tecniche sanitarie e della prevenzione, e della riabilitazione; di quest’ultima categoria fanno parte 8 diverse figure professionali. Come puntualmente annualmente indagato dall’autore Mastrillo, attualmente in Italia sono 690 mila i professionisti sanitari in servizio che afferiscono a diversi profili sopraindicati: gli infermieri costituiscono la professione più numerosa tra le professioni sanitarie in Italia con 456 mila operatori, seguiti dai Fisioterapisti, con circa 67 mila professionisti.

 

Lo stesso autore sottolinea la crescita della situazione occupazionale delle professioni sanitarie, anche in era Covid, partendo da quanto emerso nel  XXIII rapporto annuale 2021 del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea sul “Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati”.

 

Infatti, nel rapporto emerge che per i 17.864 laureati di primo livello delle Professioni Sanitarie dell’anno 2019, rispetto ai 13.755 laureati che hanno risposto all’indagine, si registra un aumento della quota di occupati (sono 10.774), pari a +2,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Nello specifico però solamente sei profili si collocano al di sopra del valore di aumento medio del 2,1% che riguarda tutte le 22 professioni, mentre gli altri 16 sono al di sotto.  Tra questi ultime figurano proprio le professioni della riabilitazione in cui ritroviamo cali di occupazione pari a: -5,7% punti percentuali il Fisioterapista; -5,9% il Logopedista; -11% Podologo;  e -20,7% Tecnico Ortopedico.

 

Professioni sanitarie della riabilitazione

Le professioni sanitarie della riabilitazione, sono state definite, come precedentemente riportato, con il DM sanità 29/3/2001. Esse sono rappresentate rispettivamente da fisioterapista, logopedista, ortottista-assistente di oftalmologia strumentale-oftalmologica, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, podologo, tecnico della riabilitazione psichiatrica, Terapista occupazionale ed Educatore Professionale.

 

A questi operatori sanitari la legge 251/2000 assegna la funzione di svolgere con titolarità e autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali (Tabelle 1ABC). Da sottolineare in merito che secondo il DM sanità n.520/1998 non si prevede l’utilizzo in ambiente ospedaliero della sola figura professionale dell’educatore professionale.

Profilo professionale e competenze delle professioni sanitarie riabilitative
Tabella 1A – Profilo professionale e competenze delle professioni sanitarie riabilitative
Profilo professionale e competenze delle professioni sanitarie riabilitative
Tabella 1B – Profilo professionale e competenze delle professioni sanitarie riabilitative
Profilo professionale e competenze delle professioni sanitarie riabilitative
Tabella 1C – Profilo professionale e competenze delle professioni sanitarie riabilitative

 

Recentemente, è stata riconosciuta in Italia la figura dell’osteopata con Decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2021, n. 131, che riguarda il: “Recepimento dell’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per l’istituzione della professione sanitaria dell’Osteopata, sancito il 5 novembre 2020 e rettificato in data 23 novembre 2020”. Da ricordare che, in passato l’osteopata ha comunque effettuato la sua attività, nonostante la mancanza di percorsi formalizzati dalle istituzioni sanitarie. E solo grazie al sopracitato provvedimento, che individua sia la figura ed il profilo, sia gli ambiti di attività, le competenze, il contesto operativo, e che prevede un diploma di laurea triennale per l’accesso alla professione, l’osteopata è entrato nella medicina ufficiale.

 

Esattamente, tale norma definisce l’osteopata “professione sanitaria”, senza espliciti riferimenti alla sua collocazione tra le professioni riabilitative. La norma specifica che “L’osteopata è il professionista sanitario che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie, nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico”.

 

Componenti e modalità operative del Team in Riabilitazione

Nella presa in carico del paziente suscettibile di intervento riabilitativo, di norma intervengono più professionisti che sono chiamati a lavorare in team e a condividere i principi e la filosofia dell’intervento rappresentati nel Progetto Riabilitativo Individuale (PRI), redatto dal medico specialista Fisiatra (Basaglia, 2002).
Il progetto può anche avere matrice da un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico nazionale o regionale; in riabilitazione questo va declinato tenendo conto della singolare specificità di ogni persona e del suo contesto di vita.

 

L’identificazione di ogni singola area di problematicità o di intervento (stabilità internistica, funzioni senso-motorie, mobilità – trasferimenti, area comunicativo-relazionale, area cognitivo-comportamentale, autonomia di cura della persona, reinserimento-riadattamento sociale) avviene secondo il modello biopsicosociale come vuole la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute (ICF), che permette di costruire il profilo globale del funzionamento del singolo paziente. Quindi vengono realizzati specifici programmi terapeutici portati avanti dal singolo professionista di ambito riabilitativo (fisiatra, fisioterapista, logopedista, terapista occupazionale, tecnico ortopedico…), non perdendo però mai di vista gli obiettivi comuni. Ogni membro del gruppo deve essere consapevole del proprio e dell’altrui contributo e delle rispettive sfere di competenza ed autonomia professionale.

 

In relazione poi ai problemi rilevati, il team può essere poi allargato a personale dell’ambito socio-sanitario-assistenziale (assistente sociale, operatore socio sanitario –oss-, infermiere, psicologo, medici afferenti alle varie discipline..), nonché ad altri professionisti non di ambito sanitario stretto (ad esempio, bioingegneri…). Il team deve essere infatti costruito in relazione agli obiettivi specifici della singola persona assistita e non deve essere precostituito con l’automatica presenza di un certo numero di professionisti.

 

Rientra invece sempre ed a pieno titolo nel team il paziente, considerato che nessun progetto o programma riabilitativo può essere efficacemente perseguito e portato a termine senza la sua collaborazione e la piena condivisione. Lo stesso dicasi per il familiare e/o caregiver coinvolto nella presa in carico della persona disabile ai fini della gestione delle sue problematiche attuali e future (Basaglia, 2002; Cerri, 2021). Il Modello operativo di riferimento del team in riabilitazione, in particolare nei confronti di soggetti affetti da disabilità complesse, risulta per eccellenza interprofessionale (versus multiprofessionale), ovvero centrato su partecipazione, con ambiti di intervento integrati dove i confini professionali risultano flessibili; basato su programmi guidati dal progetto (top-down). In questo contesto il risultato finale viene inteso come prodotto dei singoli interventi e pertanto valutato in termini di outcome globale (Basaglia, 2002).

 

Presupposti e Strumenti di lavoro del team riabilitativo

Nel considerare l’attività del team riabilitativo è necessario occuparsi non solo di quanti e quali professionisti debbano farne parte, ma anche di come organizzare il team stesso, di quali siano le strategie ottimali per definire e raggiungere la massima efficacia ed efficienza. Riteniamo che il processo chiave per un buon funzionamento del team sia la comunicazione. Attraverso la comunicazione avviene infatti tutto lo scambio di informazioni finalizzato a prendere decisioni, sviluppare ipotesi di soluzioni, gestire le relazioni, gli obiettivi del gruppo, sviluppare la collaborazione e il clima.

 

I presupposti per una comunicazione di team produttiva e trasparente sono rappresentati dalla condivisione della filosofia di cura e del processo decisionale, come pure dalla omogeneità di linguaggio e dalla capacità di fondere le diverse esperienze e competenze. Di converso, importanti ostacoli sono dati dalle caratteristiche personali dei componenti (competitività, gelosie preconcette, contrapposizioni sindacali/professionali, “complesso del primo della classe”, sospettosità, litigiosità, chiusure preconcette alle innovazioni organizzative..) e da formazioni differenti tra i membri del team. (Filippini, 2015). Viene così confermata l’importanza da un lato della formazione di base, e dell’aggiornamento inter-professionale, finalizzati all’adozione di un sapere condiviso, e dall’altro di una formazione sulla “comunicazione efficace” per sostenere e gestire in modo funzionale le discussione e le relazioni tra i diversi componenti del team.

 

In questo panorama si rende evidente la necessità di una struttura organizzativa e di qualcuno che deve svolgere il ruolo di “direttore” o “leader” che dir si voglia, chiamato a definire il percorso e organizzare i comportamenti in modo da favorire il progresso verso l’obiettivo, nonché a diagnosticare ogni problema che potrebbe impedirne o ritardarne il raggiungimento, applicando le soluzioni appropriate (Calamandrei, 2015). Dal momento che spesso le difficoltà originano dall’ambiente, è fondamentale che il leader sia sintonizzato su quanto accade fuori dal team. Sebbene il team non deve necessariamente avere una gerarchia, nel contesto riabilitativo prevale un modello di team cosiddetto gerarchico, con una leadership definita in base al ruolo, generalmente identificata con lo specialista fisiatra (in quanto Responsabile del progetto riabilitativo e della diagnosi riabilitativa) o con il coordinatore riabilitativo.

 

Il bisogno di una leadership si presenta soprattutto di fronte a problemi con soluzioni multiple possibili o soluzioni indispensabili che richiedono pianificazione accurata per implementarle in domini complessi. A tale proposito si pensi, nel primo caso, ad un paziente con problema di mobilità in cui il team viene chiamato a scegliere tra vari ausuli e stategie compensative o sostitutive; mentre nel secondo, ad una persona con multiple e complesse disabilità residue e con scarse risorse familiari e finanziarie in cui al team viene richiesta la pianificazione per il ritorno a casa o l’istituzionalizzazione.

 

Gli strumenti di lavoro del team attraverso cui realizzare una corretta comunicazione sono rappresentati nella modalità orale dalle riunioni di team e nella modalità scritta dalla Cartella riabilitativa ambulatoriale e dalla Cartella Clinica Integrata, da impiegare in regime di degenza/ricovero (Filippini, 2015).
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Le riunioni di team fanno parte della pratica lavorativa del riabilitatore, attraverso il confronto di opinioni e modelli professionali provenienti da più fonti, hanno lo scopo di arrivare ad una sintesi in un tempo definito. La riunione si compone di una prima fase di preparazione, in cui viene fissato l’obiettivo, il giorno, la durata ed il luogo. Segue poi, la fase attuativa di confronto, scambio e ascolto tra i componenti delle diverse informazioni, obbligatoriamente comprensiva anche della gestione degli interventi, delle proposte e talvolta anche degli eventuali conflitti generalmente , affidata al leader, chiamato a fare attenzione sia all’ “area del compito” che all’ “area della relazione”. Nella terza fase di conclusione, si arriva ad un risultato concreto, condiviso e misurabile, attraverso la definizione di cosa si deve fare, chi lo deve fare, in quale tempo e dei parametri di controllo, con resoconto scritto finale, consultabile anche dai componenti non presenti.

 

A seconda poi della tipologia, le riunioni vengono svolte con frequenza quotidiana (“Briefing”), settimanale (“Riunione di pianificazione”), oppure al bisogno (“Riunione di Progetto e di Programma”; “Riunione Familiare”) (Filippini, 2015) (Tabella 2).

Tipologia delle riunioni di team
Tabella 2 – Tipologia delle riunioni di team

Nelle unità operative di ricovero/degenza riabilitativa vengono, di norma, impiegate tutte queste diverse tipologie di riunione. Se prendiamo in esame altri setting riabilitativi come l’ambulatorio o il domicilio generalmente la comunicazione tra i diversi operatori e con la famiglia avviene con maggiore flessibilità, sebbene l’incontro quotidiano e settimanale tra gli operatori, oltreché la predisposizione e la verifica del PRI e quindi la sua condivisone con i familiari rimangano dei presupposti imprescindibili dell’attività del team riabilitativo.

 

Tutti i professionisti che partecipano alle riunioni di team sono chiamati ad una “partecipazione attiva”, a portare cioè le proprie specifiche competenze professionali e conoscenze relative alle singole persone prese in carico alla condivisione e al confronto con gli altri professionisti del team per la più appropriata realizzazione e conduzione del PRI. Parallelamente è emersa la necessità di documentare la complessità del processo riabilitativo e del lavoro integrato del team, con implementazione e sviluppo della “Cartella Clinica Integrata”, realizzata nel 1999 presso l’Unità di alta specialità riabilitativa per le gravi cerebrolesioni dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara.

 

Il termine “Integrata” nasce dal fatto che ogni componente del team è compilatore e fruitore della cartella e ha la responsabilità di raccogliere informazioni, utili al proprio lavoro e a quello degli altri componenti del team, riportare le informazioni di propria competenza, nei tempi e nei modi stabiliti (riguardanti la valutazione, gli obiettivi del trattamento, le attività effettuate, oltre a osservazioni, suggerimenti e raccomandazioni) agli altri membri del team per raggiungere gli obiettivi preposti. Tale strumento, ad oggi diffusamente impiegato in tutte le unità di ricovero riabilitativo, ha il merito di avere reso possibile un corretto, costante e agevole scambio di informazioni scritte, evitando ridondanze, duplicazioni o omissioni, nonché difformità o arbitrarietà nella raccolta di informazioni e nella registrazione di attività.

 

E’ altresì da prevedere una diffusa evoluzione del modello di gestione delle informazioni cliniche e dei processi assistenziali, anche in ambito riabilitativo, con passaggio dal supporto cartaceo all’uso delle tecnologie, quindi informatizzazione della Cartella Clinica Integrata. Il suo inserimento nella pratica comune, può certamente contribuire a migliorare la qualità del processo di cura riabilitativo e ad uniformare i comportamenti delle diverse figure professionali riducendo al minimo i margini di errore e abbattendo le barriere che si creano tra i vari reparti, specialità e figure professionali.

 

Più in generale, in tempo di scarsità di risorse e di pandemia, la partecipazione di agenti non umani, l’utilizzo cioè di software, attrezzature robotiche e la sperimentazione di attività di analisi con intelligenza artificiale, ha fatto il suo ingresso anche nella riabilitazione. La tecnologia affiancandosi alla terapia tradizionale, ha iniziato a modificare tempi e metodiche di interventi complessi, aumentando la capacità di decisione e valutazione clinica, e di previsione dei risultati delle modalità di cura e assistenza, migliorando così l’efficienza del team1.(Cerri, 2021).

Note

  1. Si tratta di un tema emergente, meritevole di una trattazione estesa, e questo breve finale accenno intende solamente fare riflettere e stimolare la discussione sulle interazioni tra tecnologia e persona (figure professionali e paziente) nel percorso riabilitativo

Bibliografia

Basaglia N., (2002), Progettare la riabilitazione – Il lavoro in team interprofessionale, Edi-ermes, 1 gennaio.

Calamandrei C., Orlandi C., (2015), Manuale di management per le professioni sanitarie, ed. McGrow Hill Education.

Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea: Rapporto 2021 “Profilo e condizione occupazionale dei laureati” (XXIII edizione).

Cerri C.G., (2021), Come costruire un team riabilitativo efficiente, in Orthoacademy.it rivista on line, 3 febbraio.

Filippini F., (2015), Teoria e filosofia della scienza riabilitativa, Università degli Studi di Ferrara, Dipartimento di Scienze Biomediche e Chirurgico Specialistiche Corso di Laurea Magistrale Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, 17 dicembre.

Mastrillo A., (2022), Fabbisogno, accesso all’Università e situazione occupazionale delle professioni sanitarie, in I luoghi della Cura rivista on line, 15 febbraio.

Organizzazione Mondiale della Sanità, (2004), ICF-Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Erickson.

Pesaresi F., Simoncelli M. (2002), La riabilitazione ospedaliera e la lungodegenza post-acuzie in Italia, ed Franco Angeli.

Verdecchia G. (2020), La cooperazione nella guerra tra le professioni-sanitarie, in L’informazione/le-notizie, ConfcooperativeSanità, 10 gennaio.

 

 

Normativa Nazionale

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, provvedimento 7 maggio 1998: “Linee-guida del Ministro della sanità per le attività di riabilitazione”.

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, accordo 10 febbraio 2011: “Piano di indirizzo per la riabilitazione”.

D. Lgs. n. 502/1992: “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della l. 421/1992”, così come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 517/1993 e dal D. Lgs. n. 229/1999.

Decreto Ministero della Sanità 14 settembre 1994, n. 666: “Regolamento concernente la individuazione della figura e relativo profilo professionale del podologo”.

Decreto Ministero della Sanità 14 settembre 1994, n. 741: “Regolamento concernente la individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista”.

Decreto Ministero della Sanità 14 settembre 1994, n. 742: “Regolamento concernente la individuazione della figura e del relativo profilo professionale del logopedista”.

Decreto Ministero della Sanità 14 settembre 1994, n. 743: “Regolamento concernente la individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’ortottista- assistente di oftalmologia” Art. 99 R.D. n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie).

Decreto Ministero della Sanità 8 ottobre 1998, n. 520: “Regolamento recante norme per l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’educatore professionale, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502”.

Decreto Ministero della Sanità 29 marzo 2001, n. 182: “Regolamento concernente la individuazione della figura del tecnico della riabilitazione psichiatrica”

Decreto Ministeriale, 29 marzo 2001: “Definizione delle figure professionali di cui all’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, da includere nelle fattispecie previste dagli articoli 1, 2, 3 e 4, della legge 10 agosto 2000, n. 251” (art. 6, comma 1, legge n. 251/2000).

Decreto Ministeriale 2 aprile 2001: “Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie”.

Decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2021, n. 131: “Recepimento dell’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente l’istituzione della professione sanitaria dell’Osteopata, sancito il 5 novembre 2020 e rettificato in data 23 novembre 2020″.

Legge n. 42/1999: “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”.

Legge n. 251/2000:“Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche,della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”.

Legge n. 43/2006:  “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnicosanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali”.

Legge n. 24/2017: “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche’ in materia di responsabilita’ professionale degli esercenti le professioni sanitarie”.

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