13 Settembre 2024 | Professioni

L’assistente sociale nelle visite domiciliari di valutazione multidimensionale: riflessioni a partire dall’esperienza della misura lombarda RSA Aperta

La valutazione multidimensionale effettuata al domicilio delle persone anziane fragili è uno strumento di lavoro importante che consente un’osservazione dei bisogni realizzata contestualmente da più sguardi professionali. A partire dal Quaderno del Gruppo Anziani dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Lombardia, l’articolo presenta le potenzialità di questo strumento, primo passo metodologico volto ad integrare “sociale” e “sanitario” nei percorsi di presa in carico e nella progettazione di interventi a favore degli anziani e dei loro caregiver.

 

L’assistente sociale nelle visite domiciliari di valutazione multidimensionale: riflessioni a partire dall’esperienza della misura lombarda RSA Aperta

Nei servizi, negli interventi e nei progetti che si realizzano al domicilio delle persone cui sono rivolti, la visita domiciliare – strumento tipico e antico del servizio sociale – rappresenta un “attrezzo professionale” fondamentale per conseguire l’obiettivo di una conoscenza situata: poiché tutto il processo di aiuto si svolge nella casa dell’utente, e non fra le mura del servizio, è essenziale che i primi passi del percorso di aiuto vengano mossi proprio nel contesto di vita della persona (Quaderno del Gruppo Anziani, Ordine Assistenti Sociali Lombardia).

 

 

La visita domiciliare: uno strumento tipico del servizio sociale

Sono diverse le professioni che utilizzano la visita domiciliare come strumento di lavoro; un esempio importante è rappresentato dalla professione del medico che, tradizionalmente, si reca al domicilio per offrire assistenza e cura ai pazienti impossibilitati a spostarsi dalla propria abitazione. Anche per la figura dell’assistente sociale questo strumento è molto significativo. Presente nel servizio sociale fin dalle sue origini, la visita domiciliare è uno strumento caratterizzato da ricchezza, complessità, capacità professionali specifiche e perizia (Gristina, 2022). Spesso definita come colloquio svolto nell’abitazione dell’utente (Zini, Miodini, 1997), si presta a diverse sottolineature: la compresenza di obiettivi di conoscenza e di necessità di accertamento/verifica, la possibilità di cogliere elementi significativi non osservabili altrove, l’avvio della relazione di aiuto nell’ambiente familiare e di vita della persona.

 

La casa può essere considerata come un palcoscenico in cui si rappresentano relazioni, emozioni, modi di vivere e di fare che l’assistente sociale osserva, raccoglie e trasforma (Andrenacci, 2009). Gli incontri realizzati con anziani e caregiver presso il loro domicilio, differentemente da quelli svolti nelle sedi dei servizi, hanno effetti importanti sull’osservazione, sulla comunicazione e sul coinvolgimento emotivo di tutti coloro che ne sono coinvolti, assistente sociale compreso.

 

Al domicilio diventa possibile:

  • conoscere la persona “in rapporto a” (al suo nucleo familiare, alla sua storia, alle sue esperienze, alle sue abitudini, alla sua vita quotidiana…);
  • iniziare la relazione di cura come atto di ascolto della persona anziana e della sua famiglia;
  • affrontare il confine invisibile fra famiglia e servizi, fra sfera privata e sfera pubblica (l’anziano e la famiglia devono accettare l’ “intrusione” del servizio, il servizio deve entrare “in punta di piedi” nella casa – luogo quanto mai intimo e privato – dell’anziano).

 

La visita domiciliare rende possibile aprire spazi e possibilità di osservazione e di rilevazione facilitati dall’incontro nell’ambiente naturale, spesso più difficili in un ambiente istituzionale: le case “parlano”, dicono molto delle persone che le abitano; così come chi anima queste case può svelare – tramite comportamenti, gesti, sguardi, espressioni del volto, a volte lacrime – i propri vissuti, fatiche, aspettative e bisogni. Ascolto autentico, osservazione profonda e benevola, presenza attenta e consapevole possono aiutare a cogliere quanto appartiene all’area del “non detto” o del “non dicibile”, talvolta perché non ancora pensato e consapevolizzato (Longoni, 2016). D’altra parte presso l’abitazione dell’anziano è più alto il numero di “turbolenze ambientali” (possono arrivare o essere presenti vicini di casa o nipoti che giocano oppure la badante, può esserci un’aria irrespirabile ad esempio per fumo di sigaretta, si è arrivati in un momento poco opportuno, suona il telefono o il citofono, ecc.). Anche le implicazioni pratiche ed emotive dell’incontro sono molto diverse da quelle che risuonano nelle sedi dei servizi (non si sa dove sedersi, se accettare un caffè, come rispondere a domande dirette e personali, come muoversi in casa altrui…).

 

 

La valutazione multidimensionale

La visita domiciliare realizzata congiuntamente da diverse figure professionali consente una valutazione multidimensionale situata, nel contesto di vita della persona anziana e del caregiver (se convivente). Il termine “valutazione multidimensionale” (VMD) compare per la prima volta nella Classificazione di menomazioni e svantaggi proposta dall’OMS nel 1980, con l’obiettivo di favorire un approccio integrato ai bisogni e un migliore intervento di assistenza. La VMD serve a definire in modo complessivo la situazione della persona, con le sue risorse, potenzialità e bisogni: gli esiti della VMD facilitano la costruzione di un piano complessivo di intervento, su misura della specifica situazione (Raineri, 2013).

 

In questo articolo ci riferiamo alla VMD realizzata con anziani non autosufficienti e le loro famiglie. Va detto che molteplici sono le esperienze di integrazione professionale e di valutazioni multidimensionali effettuate in altri setting di aiuto (ad esempio assistenti sociali, psichiatri e infermieri nei contesti di lavoro della psichiatria o assistenti sociali e psicologi nei contesti della tutela minori). Si tratta di esperienze importanti, in cui diversi sguardi professionali si incontrano, integrando visioni e competenze a beneficio di coloro a favore dei quali vengono attuati i percorsi di supporto e aiuto.

 

La visita domiciliare di valutazione multidimensionale nella misura RSA Aperta di Regione Lombardia

La RSA Aperta è una misura innovativa introdotta sperimentalmente in Lombardia con la DGR 856/2013, confermata con la DGR 2942/2014 e attualmente normata dalla DGR 7769/2018. La finalità della misura è attivare progetti di cura orientati a mantenere e migliorare le capacità residue, motorie e cognitive, e ad affiancare e addestrare il caregiver nelle attività assistenziali; in questo senso si differenzia dal tradizionale aiuto a domicilio realizzato tramite il SAD e si propone una presa in carico globale1. Dal punto di vista economico, non è prevista la compartecipazione alla spesa da parte degli utenti. Una volta verificato il possesso dei requisiti per l’accesso2viene realizzata la valutazione multidimensionale al domicilio3, a seguito della quale viene definito un Progetto Individualizzato in cui sono esplicitate aree di intervento, figure professionali coinvolte e durata (in ogni caso non superiore a 3 mesi). Il progetto può essere realizzato nel setting domiciliare, semiresidenziale e residenziale (es. ricoveri di sollievo), attraverso interventi mirati e non sostitutivi di quelli già garantiti dalla filiera dei servizi della rete d’offerta consolidata (es. CDI).

 

Tabella 1 – Interventi misura RSA Aperta, attivabili in funzione dell’esito della VMD, tenuto conto dei profili di accesso

 

La DGR 7769/2018 individua nella valutazione multidimensionale il dispositivo principale di conoscenza del futuro possibile beneficiario del servizio, da realizzare nel suo contesto di vita (la casa, la famiglia, la rete di relazioni più prossime, l’ambiente circostante) tramite una visita domiciliare. La VMD si caratterizza come approccio multiprofessionale e multidisciplinare a bisogni assistenziali complessi. Le figure professionali coinvolte sono il medico (preferibilmente un geriatra) e un’altra figura professionale, preferibilmente assistente sociale (in sua assenza la normativa prevede il possibile impiego di psicologo, educatore, terapista della riabilitazione).

 

Nella visione della norma, la VMD serve a conoscere, valutare, sostenere la relazione di cura; consente di comprendere la persona anziana nella sua globalità, utilizzando diversi strumenti e strategie; grazie a quanto emerge, permette di fornire all’équipe una visione d’insieme, utile a orientare gli interventi in modo coerente e appropriato alla specificità della situazione. Durante la visita domiciliare vengono inoltre rilevati gli eventuali interventi sanitari, socio sanitari e sociali già in atto, per confermare l’esclusione di eventuali incompatibilità. Si cerca poi di acquisire elementi per comprendere come la situazione di difficoltà che determina la richiesta di accesso alla misura (demenza o invalidità al 100% di anziano ultra 75enne) sia stata fino a quel momento fronteggiata, sia dall’anziano che dalla sua famiglia.

 

La DGR 7769/2018 prevede che la VMD includa la somministrazione di alcuni strumenti validati4:

  • persone con demenza: CDR (Clinical Dementia Rating) o simili, per valutare la gravità della demenza, e CBI (Caregiver Burden Inventory), per misurare lo stress del caregiver;
  • anziani ultra 75enni non autosufficienti: BIM (Barthel Index Modificato), per valutare il grado di dipendenza dell’anziano, e CBI (Caregiver Burden Inventory), per misurare lo stress del caregiver.

 

L’équipe può eventualmente integrare questi strumenti, indicati come obbligatori nella normativa regionale, con altri strumenti a propria scelta. L’utilizzo di strumenti di valutazione validati consente agli operatori di rendere meno discrezionale l’atto valutativo; la compilazione avviene sia sulla base dell’osservazione dei professionisti, tenuto conto di altre eventuali documentazioni in possesso della famiglia e visionate durante la visita domiciliare, sia sulla base del colloquio con l’anziano e con la sua famiglia. L’esito della valutazione può condurre, nei limiti previsti dalla normativa, all’attivazione di un progetto composto da uno o più interventi professionali diversi (educativo, assistenziale, fisioterapico, di terapia occupazionale, ecc.) e deve porsi obiettivi specifici e misurabili nelle diverse aree di intervento, con uno sguardo globale.

 

L’ipotesi di progetto viene pertanto formulata dai professionisti all’anziano e alla sua famiglia esponendo i fondamenti normativi, le motivazioni, gli obiettivi che si intendono raggiungere attraverso gli interventi proposti. Spesso la famiglia si ritrova con immediatezza nel progetto delineato; talvolta invece accade che i caregiver non manifestino consapevolezza su fragilità rilevate dall’équipe (in genere ciò avviene in riferimento a interventi meno operativo-assistenziali e più afferenti all’area della stimolazione cognitiva o relazionale): si rende quindi necessario approfondire il senso e la tipologia dell’intervento che si intende attivare e i potenziali esiti positivi che l’attivazione potrà generare per l’anziano.

 

Occorre sottolineare che la VMD, seppure circoscritta dalla normativa nei tempi e modi della visita domiciliare, è in realtà un processo in divenire che ha inizio in fase di presentazione, da parte del caregiver, della richiesta di attivazione: già da questo momento possono emergere alcuni elementi significativi utili alla valutazione, cui l’assistente sociale deve prestare attenzione, anche quando non sia direttamente coinvolto nel front office del servizio. Le modalità di presentazione della domanda, le aspettative e le richieste esplicitate, alcune precisazioni / informazioni specifiche di dettaglio espresse dal caregiver, possono fornire già in questa primissima fase preziosi elementi per accostarsi alla famiglia e alla situazione in modo più consapevole. In preparazione alla visita domiciliare, è opportuno che l’assistente sociale individui e riconosca tali elementi, anche per dar loro il “giusto peso” ed evitare che possano precludere uno sguardo e un ascolto aperto e accogliente durante l’incontro con l’anziano e il caregiver.

 

Punti di attenzione fondamentale da considerare durante la valutazione multidimensionale sono:

  • dedicare ampio spazio sia al colloquio con i caregiver, sia al colloquio con l’anziano; la valutazione si avvale in misura fondamentale dell’interazione con i caregiver ma soprattutto con l’anziano (quando possibile), integrandosi con l’esito restituito dalla compilazione delle scale di valutazione: è solo dal raccordo di queste due dimensioni che dalla valutazione può originarsi un progetto dotato di senso e qualità. Va inoltre considerato che in ambito geriatrico la VMD è stata spesso identificata, riduttivamente, con le scale di valutazione, quando invece rappresenta un cambio di paradigma rispetto alla diagnosi e un diverso sguardo all’anziano (Guaita, 2015);
  • impostare l’incontro non come una sorta di “interrogatorio” formale e burocratico teso a verificare il possesso dei requisiti per accedere alla misura, una visita ispettiva, ma come un incontro di conoscenza nel luogo di vita dell’anziano, dove verranno accolti gli operatori coinvolti negli interventi che si programmeranno (es. fisioterapista, OSS). Osservare direttamente con i propri occhi, vedere sul campo le caratteristiche della scena su cui si muoveranno gli attori dell’intervento, cercare i punti di forza e i punti di debolezza del contesto ambientale aiuteranno a comprendere meglio la situazione e a definire un progetto e un piano individualizzato più agganciati alle condizioni reali, quindi più appropriati;
  • collocare quanto previsto dalla normativa (ad esempio la somministrazione di strumenti validati) o quanto escluso dalle possibilità dell’ente gestore (ad esempio l’attivazione di interventi previsti dalla DGR ma non erogabili dall’ente gestore, per mancata dotazione di una figura professionale specifica quale lo psicologo o il dietista) in una relazione che è ai primi passi, ma che fin dall’inizio è improntata a empatia, benevolenza, rispetto, quindi una relazione professionalmente calda;
  • spiegare nel modo più opportuno il ruolo delle figure professionali coinvolte, differenziando gli operatori che potranno intervenire al domicilio in base al progetto di intervento e il professionista che svolgerà il ruolo di care manager e seguirà, senza intervenire direttamente a casa dell’anziano, tutto il processo di aiuto;
  • concludere con la restituzione di una prima sintesi di quanto osservato e con gli accordi necessari circa la definizione del progetto e del programma di intervento.

 

 

La visita domiciliare dal punto di vista dell’anziano e della sua famiglia

Per l’anziano e per la sua famiglia, la valutazione a domicilio da parte di operatori estranei è un evento significativo che, in un certo senso, chiama il nucleo a esporre tutte le proprie fragilità (Menghini, Tidoli, 2019). L’équipe dei professionisti, consapevole della possibile percezione della famiglia di sentirsi “sotto giudizio”, è chiamata a creare un buon clima relazionale durante la visita: ciò viene influenzato, in buona parte, dal posizionamento relazionale che i professionisti adottano. È importante presentarsi come operatori di supporto, esperti che riconoscono il valore del lavoro di cura della famiglia e che si pongono l’obiettivo di affiancare la stessa nel percorso di assistenza.

 

Durante l’incontro è fondamentale valorizzare il ruolo e l’impegno dei caregiver: sentirsi apprezzati e non giudicati facilita l’avvio di un’alleanza nel progetto di cura domiciliare e porta la famiglia a esporre più serenamente le proprie debolezze e i propri bisogni. È infatti necessario che la visita domiciliare riesca a far emergere le fatiche familiari, i limiti dell’assistenza in atto ed evidenzi parimenti “ciò che funziona”, i punti di forza, affinché qualsiasi intervento di supporto domiciliare venga costruito adattando le singole azioni attivabili al contesto specifico della famiglia; nella scelta degli operatori da inserire in famiglia, ad esempio, conoscere le attitudini familiari o eventuali esperienze (positive o fallimentari) già vissute con altri operatori può aiutare molto.

 

L’esperienza valutativa nelle famiglie con persone con demenza

La VMD al domicilio di persone con demenza assume caratteristiche specifiche. Si tratta in genere di contesti familiari che manifestano un livello di stanchezza significativo e che vivono enormi pressioni sul piano della preoccupazione, della necessità continuativa di prestare supervisione e monitoraggio, soprattutto in presenza di disturbi del comportamento. Le relazioni familiari sono in genere faticose, caratterizzate da tensioni, rabbia e difficoltà a riconoscere la malattia, con conseguenze rovinose sul piano emotivo.

 

Deficit cognitivi gravi, disturbi della memoria, wandering e affaccendamento, non ritrovarsi più all’interno di una routine giornaliera che offra sicurezza e orientamento, incapacità a riconoscere la propria casa e i propri familiari… in questi contesti è utile comprendere dove si collocano le difficoltà giornaliere più significative per i caregiver e capire se un supporto esterno possa in qualche modo alleviare lo stress da caregiving. Nel caso specifico della RSA Aperta lombarda, la somministrazione delle scale di valutazione previste dalla normativa offre uno sguardo più oggettivo, sia sui disturbi cognitivi del malato, sia sul livello e sulle aree di maggiore difficoltà e sofferenza del caregiver. A seguito della VMD si potrà proporre una progettualità che, con la presenza di operatori specializzati, possa supportare la famiglia in alcune azioni complesse di tipo assistenziale (ad esempio l’igiene personale in presenza di gravi disturbi comportamentali) o attraverso interventi terapeutici realizzati da educatori professionali o terapisti occupazionali che propongono alla famiglia, in continuità, atteggiamenti, attività e azioni personalizzate, capaci di migliorare la relazione con il malato. L’équipe è anche chiamata a valutare la necessità e l’opportunità di un intervento di supporto psicologico per il caregiver.

 

Nei contesti in cui è presente un anziano affetto da demenza, la visita domiciliare rappresenta inoltre una preziosa opportunità per:

  • offrire, arricchire o rinforzare informazioni sulla rete di servizi per le demenze attraverso un intervento personalizzato di informazione-formazione sulle opportunità formali e informali utili per quella specifica famiglia (ad esempio contributi economici per il lavoro di cura privato erogato dall’assistente familiare, attività e rette dei centri diurni integrati, incontri di gruppo con altri caregiver organizzati da realtà del privato sociale, Alzheimer Café);
  • suggerire – se la situazione è favorevole e il momento è opportuno – modifiche nell’ambiente abitativo e nell’approccio relazionale verso la persona con demenza, che possano accompagnare e sostenere la famiglia nell’adattare il domicilio in senso protesico e protettivo e nell’affrontare gli eventuali disturbi di comportamento del malato.

 

 

Il valore di integrare “sociale” e “sanitario” nella valutazione multidimensionale rivolta alle persone anziane e ai loro caregiver

La visita domiciliare rappresenta il primo incontro tra l’équipe degli operatori incaricati della VMD, l’anziano e il caregiver, allo scopo di definire un progetto di assistenza, con l’obiettivo primario di supportare una famiglia che sta affrontando un problema complesso quale l’assistenza a un anziano non autosufficiente e/o con demenza. È un intervento che richiede capacità di ascolto e osservazione, profonda attenzione alle dinamiche relazionali tra i membri del nucleo e rispetto del principio di autodeterminazione delle persone che si incontrano, i cui desideri e orientamenti devono essere considerati elementi cardine per una progettualità rispettosa e di successo.

 

Si tratta di un processo globale e dinamico interdisciplinare, volto a identificare e descrivere accuratamente bisogni e capacità dell’anziano e del caregiver, in relazione a diverse dimensioni:

  • biologica e sanitaria (anamnesi clinica, stato di salute, segni e sintomi di malattia, ecc.);
  • psicologica (tono dell’umore, desideri e bisogni dell’anziano e del caregiver, stress e fatiche, ecc.);
  • socio-relazionale (condizioni di convivenza, modalità relazionali, reti informali e formali di aiuto, risorse attivabili familiari e non, ecc.);
  • economica e ambientale (condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, opportunità e limiti dovuti alle caratteristiche strutturali dell’abitazione, comfort e aspetto estetico di spazi e oggetti, possibilità economiche dell’anziano e della famiglia, caratteristiche della zona circostante l’abitazione, ecc.);
  • funzionale (livelli di autosufficienza, capacità di compiere le azioni della vita quotidiana come igiene personale, vestizione, alimentazione, deambulazione, ecc.).

 

L’esperienza in corso nella misura RSA Aperta lombarda, che vede una VMD effettuata da medico e (preferibilmente) assistente sociale, enfatizza il valore della complementarietà di sguardi e competenze disciplinari diversi, facilita conoscenze reciproche e apprendimenti, “allarga l’orizzonte” arricchendo e supportando l’osservazione di entrambi. Come già evidenziato la VMD a domicilio riveste un ruolo molto importante grazie alla completezza e alla qualità delle informazioni che permette di acquisire rispetto ad altri tipi di analisi, e rappresenta un momento prezioso nel percorso complessivo di aiuto. Tuttavia, condividere l’esperienza valutativa multidimensionale e multidisciplinare in un setting domiciliare è particolarmente complesso: i due professionisti sono chiamati a intervenire esercitando il proprio specifico ruolo professionale e coniugando la propria analisi con quella effettuata dal collega, rispettandone tempi, metodi e ritmi, in un contesto che amplifica le esigenze di capacità di ascolto, osservazione, relazione.

 

Nel momento dell’incontro con le famiglie al domicilio per la VMD, l’elemento tempo gioca un ruolo non secondario. Va considerato che la valutazione multidimensionale si svolge entro massimo un’ora e, spesso, la dimensione di interesse del caregiver appare sbilanciata verso il professionista medico, cui chiedere consigli pratici (ad esempio sulla terapia farmacologica in atto). La linearità “causa–>effetto” associabile al paradigma medico-sanitario ben si concilia con lo “spot” di un’unica visita domiciliare, mentre la circolarità di cui l’assistente sociale cerca di farsi carico richiede tempi e modi “rallentati”: in questa prospettiva, la VMD è l’occasione per introdurre un nuovo sguardo, per accogliere alcune fatiche familiari, per formulare prime ipotesi, da condividere in équipe con gli operatori che – giorno dopo giorno – costruiranno una storia con il sistema familiare.

 

La presenza dell’assistente sociale all’interno della valutazione multidimensionale domiciliare risulta, a nostro avviso, preziosa ed efficace, per diversi motivi. La formazione dell’assistente sociale, centrata sulla relazione interpersonale e sulla relazione di aiuto, ricomprende l’ambito di metodi e tecniche di ascolto e di valutazione dei processi sociali e socio sanitari, con uno sguardo costantemente orientato alla rete dei servizi territoriali e alla creazione di connessioni e legami significativi per migliorare le opportunità per le famiglie.  L’imprinting professionale dell’assistente sociale lo rende particolarmente capace di mettere in atto una relazione supportiva, generativa di azioni e di interventi concreti, ma anche di sostegno e orientamento su servizi, opportunità normative, occasioni proposte dalle realtà informali e formali. La conoscenza del territorio e delle opportunità ivi presenti possono infatti, ad esempio, costituire la base per fornire informazioni utili su eventuali attivazioni di servizi e interventi da parte di altri soggetti istituzionali; quando ritenuto utile, l’assistente sociale può farsi da connettore attivo con altri servizi, mediando contatti che potrebbero rivelarsi proficui e supportivi per il nucleo familiare.

Note

  1. La DGR 7769/2018 indica quali interventi possono essere erogati individualmente al domicilio o in alternativa in gruppo presso CDI/RSA (es. stimolazione cognitiva, riabilitazione motoria, consulenza alla famiglia per la gestione di disturbi del comportamento) e quali interventi sono erogabili preferibilmente in struttura (supporto psicologico al caregiver). Il gruppo può essere composto solo da utenti della RSA Aperta oppure da utenti di CDI/RSA e utenti della RSA Aperta.
  2. Secondo la DGR 7769/2018, possono richiedere l’accesso alla misura della RSA Aperta persone residenti in Lombardia iscritte al Servizio Sociosanitario Regionale, che si trovano nelle seguenti condizioni: persone con demenza certificata da un medico specialista geriatra o neurologo di strutture accreditate o centro ex UVA Unità Valutazione Alzheimer, oggi CDCD Centro per Disturbi Cognitivi e Demenze; anziani non autosufficienti di età pari o superiore a 75 anni, riconosciuti invalidi al 100% (con o senza indennità di accompagnamento). In entrambi i casi i beneficiari devono disporre di almeno un caregiver familiare e/o professionale che presta assistenza nell’arco della giornata e della settimana. La domanda di accesso va presentata agli enti erogatori ossia RSA che, avendo deciso di aderire alla misura, hanno stipulato apposito contratto con l’ATS Agenzia di Tutela della Salute di riferimento.
  3. L’iter di ammissione e la valutazione multidimensionale sono affidati ai gestori. Il cittadino interessato alla misura deve quindi presentare la domanda, con apposita modulistica e allegando la documentazione richiesta (es. certificazione diagnostica di demenza o copia del verbale di invalidità civile), direttamente alla RSA scelta tra quelle che aderiscono a questa misura. Entro 5 giorni lavorativi dal ricevimento, la domanda viene registrata, protocollata e sottoposta a una prima verifica; se risulta idonea (possesso dei requisiti di accesso e assenza di incompatibilità), la famiglia verrà contattata per fissare la VMD al domicilio della persona, che dovrà essere effettuata entro i successivi 10 giorni lavorativi.
  4. Nella visita domiciliare con potenziali beneficiari con demenza, i test vengono somministrati più per esigenze di conoscenza della situazione, che per verifica dei requisiti di accesso: tutte le persone con demenza certificata accedono infatti alla misura, a prescindere dal livello di gravità della malattia e dal livello di stress del caregiver.

Bibliografia

Andrenacci R. (2009), La visita domiciliare di servizio sociale, Carocci.

Gristina D.A. (2022), Visita domiciliare, in Campanini A.M., a cura di, Nuovo dizionario di servizio sociale, Carocci.

Guaita A. (2015), La valutazione multidimensionale geriatrica trent’anni dopo: riflessioni storiche e attuali, in I luoghi della cura, n. 1.

Longoni B. (2016), I malati di Alzheimer, in Luppi M., Bregantin A., Maiocchi A., Mariani L., a cura di, Sguardi sul servizio sociale. Esperienze e luoghi di una professione che cambia, Franco Angeli.

Menghini V., Tidoli R. (2019), La presa in carico dell’anziano non autosufficiente a domicilio, in I luoghi della cura, n. 1.

Raineri M.L. (2013), Interventi per persone non-autosufficienti o con disabilità: il percorso di aiuto, in Linee guida e procedure di servizio sociale. Manuale ragionato per lo studio e la consultazione, Erickson.

Zini M.T., Miodini S. (1997), Il colloquio di aiuto. Teoria e pratica nel servizio sociale, Nuova Italia Scientifica.

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