2 Marzo 2023 | Strumenti e approcci

Gioco d’azzardo e alcol in età anziana: l’esperienza dei servizi dipendenze

A fine 2021 è stata pubblicata la ricerca “Gioco d’azzardo e alcol in età anziana: pensieri ed esperienze degli assistenti sociali lombardi”, realizzata dal Gruppo Anziani dell’Ordine Assistenti Sociali Lombardia. Nel mese di settembre 2022 si è tenuto un seminario a Milano, in cui la ricerca è stata presentata nell’ottica del ruolo possibile di servizi e operatori domiciliari e di prossimità: l’articolo riporta riflessioni e sguardi dei relatori impegnati in servizi per le dipendenze (SERT, SERD, NOA).

Gioco d'azzardo e alcol in età anziana: l'esperienza dei servizi dipendenze

Il seminario, organizzato dall’Ordine Assistenti Sociali Lombardia in collaborazione con il CISF Centro Internazionale Studi Famiglia, ci ha coinvolto in qualità di professioniste impegnate da anni in servizi per le dipendenze: in un evento formativo destinato primariamente a operatori di prossimità (quali ad esempio i custodi sociali), operatori di base di servizi domiciliari e diurni (SAD, ADI, RSA aperta, CDI), assistenti sociali e referenti di cooperative sociali, siamo intervenute in una tavola rotonda che ha avuto come oggetto il punto di vista degli operatori dei servizi specialistici.

 

Allo stesso evento hanno apportato il loro contributo, anch’essi in forma corale, alcuni referenti di gruppi di auto mutuo aiuto (Enrico, et al., 2023) e alcuni operatori di servizi per anziani (Vercalli, et al., 2023): se il confronto con i gruppi di auto mutuo aiuto fa parte da molti anni della nostra esperienza professionale, il seminario è stato, per tutte noi, la prima occasione di confronto sul tema con operatori che si occupano di persone anziane.

 

 

Alcol, gioco d’azzardo e anziani: un collegamento ancora da riconoscere

I servizi per le dipendenze e i servizi per anziani non hanno, storicamente, una tradizione di collaborazione e i due ambiti difficilmente vengono pensati e considerati in relazione fra loro. Di alcol e gioco d’azzardo in età anziana si parla e si sa molto poco, nonostante – come emerso dalla ricerca (Ordine Assistenti Sociali Regione Lombardia, 2021) – sembra che il tema interroghi e metta in difficoltà diversi ambiti, del settore pubblico e del privato sociale, in cui servizi e operatori incontrano persone anziane.

 

Gli anziani rappresentano, come i giovani, una categoria più a rischio di altre di sviluppare un problema di dipendenza da alcol o da gioco d’azzardo. Perché gli anziani sono più a rischio di altre fasce di età?

 

Box 1 – Caratteristiche degli anziani che determinano maggiore vulnerabilità riguardo ad alcol e gioco d’azzardo

Alcune condizioni frequenti in età anziana possono quindi costituire un rischio rispetto al possibile sviluppo di un disturbo da uso di alcol o gioco d’azzardo. L’alcol e il gioco d’azzardo agiscono sul sistema dopaminergico del cervello, abbassando i livelli di ansia e con un effetto anche antidepressivo, in una fase di vita spesso accompagnata da pochi stimoli, bassa progettualità e diminuzione della prospettiva futura. Gli assistenti sociali rispondenti alla ricerca hanno segnalato in modo quasi univoco il tema della solitudine dell’anziano come questione urgente e drammatica, con un duplice ruolo di causa ed effetto rispetto allo sviluppo e alla presenza di una dipendenza (Ordine Assistenti Sociali Regione Lombardia, 2021). In questi casi, un significato profondo in termini di evasione, sollievo dalla noia, momento di convivialità e di socialità, può essere assunto dal comportamento di gioco d’azzardo (Croce, Arrigoni, 2017) o dall’uso di alcol (Longoni, et al., 2016).

 

Gioco d’azzardo e alcol sono tematiche qui trattate congiuntamente perché – pur mantenendo proprie specificità – presentano molte caratteristiche comuni. Innanzitutto si tratta di un comportamento e di una sostanza non solo legali, ma inseriti nei nostri schemi culturali di riferimento e spesso incentivati a livello sociale; sul gioco d’azzardo e sull’alcol circolano molte credenze scorrette, spesso non bilanciate dalle indicazioni scientifiche né da informazioni realistiche sui rischi e danni ad essi correlati. Inoltre, il loro accesso è rapido e alla portata di tutti; si può acquistare una bevanda alcolica o un “gratta e vinci” dovunque e a poco prezzo, si può giocare d’azzardo stando a casa tramite i siti online, si possono ordinare bevande alcoliche facendole arrivare nella propria abitazione velocemente. L’ampia accessibilità, correlata al basso costo economico e all’aspetto culturale, determina il fatto che la popolazione a rischio sia molto eterogenea, non solo rispetto all’età ma anche riguardo il contesto socioculturale di appartenenza.

 

 

Dal comportamento sociale al comportamento problematico

In una cultura che prevede e promuove il gioco d’azzardo e l’uso di alcol, può risultare difficile riconoscere, in se stessi o in altri, il passaggio da un comportamento sociale a uno problematico. Rispetto all’alcol l’Organizzazione Mondiale della Sanità sancisce, in base al sesso e all’età, una quantità precisa che discrimina il bere a basso rischio dal bere a rischio; non a caso l’OMS si esprime in termini di “basso rischio”, sottolineando in tal modo che non esiste una quantità di alcol da considerarsi a rischio zero.

 

In età anziana, la quantità definita a basso rischio è – senza differenze fra uomini e donne – pari a una unità alcolica al giorno. È evidente che gli anziani che assumono un bicchiere di vino a pasto, per abitudine propria o (paradossalmente) su consiglio medico, hanno già oltrepassato la soglia indicata dall’OMS.

 

Figura 1 – A cosa corrisponde una unità alcolica

Per il comportamento di gioco d’azzardo non è definibile un’unità economica determinabile a priori, anche perché la quantità di denaro impiegata nel gioco d’azzardo va correlata alla capacità economica della persona. Si può comunque affermare che il giocatore sociale è chi gioca d’azzardo occasionalmente, per divertirsi, utilizzando somme di denaro che può permettersi (in quanto non destinate ad altre spese) e accettando le perdite, senza il bisogno di continuare a giocare per recuperare e senza mentire rispetto al proprio comportamento. La persona rimane in una condizione di giocatore sociale finché gioca d’azzardo ciò che ha previsto e ciò che si può permettere, senza perdere il controllo del proprio comportamento (Ladouceur, et al., 2003).

 

Per rilevare situazioni di rischio occorre, per entrambe le dipendenze, prestare molta attenzione alla modalità con cui il comportamento viene agito e al significato che lo stesso assume nella vita della persona (ad esempio: “bere mi rilassa”, “gioco per non pensare”). Anche la frequenza del comportamento assume rilevanza; non necessariamente deve essere quotidiana (potrebbe essere una o più volte al mese o alla settimana), ma comunque associata a pensieri intrusivi e a momenti di forte desiderio. Il bevitore/giocatore problematico, in alcune circostanze, non è più libero di non bere/giocare d’azzardo.

 

Considerate tali premesse, un disturbo da uso di alcol o da gioco d’azzardo può non essere immediatamente riconoscibile e può essere segnalato da campanelli d’allarme di difficile interpretazione, non sempre evidenti e talvolta riconducibili anche ad altre patologie o situazioni.

 

Box 2 – Possibili campanelli d’allarme

L’incontro con bevitori tardivi e con giocatori anziani nei servizi per le dipendenze

I servizi che si occupano di alcol hanno in carico pazienti anziani con una lunga storia di dipendenza alle spalle (alcolisti invecchiati o early onset drinkers), ma difficilmente intercettano coloro che la letteratura definisce bevitori tardivi o late onset drinkers, intesi come individui che sviluppano un disturbo da uso di alcol in tarda età. Riteniamo che sul difficile approdo dei bevitori tardivi ai servizi per le dipendenze possano agire diversi fattori:

 

  • il disturbo da uso di alcol si sviluppa nell’arco di diversi anni e gli effetti dannosi (sanitari, socio-relazionali, psicologici) solitamente si manifestano dopo un lungo periodo di consumo eccessivo; nel caso dei bevitori tardivi, questo determina frequentemente una scarsa consapevolezza da parte di chi beve in eccesso, ma anche della cerchia familiare, rispetto alla problematicità di quella che viene spesso definita semplicemente un’abitudine;

 

  • in ambito familiare l’assunzione di alcol da parte delle persone anziane è più tollerata e a volte sostenuta da un atteggiamento benevolo che lo considera “un ultimo piacere della vita”; il familiare, inoltre, potrebbe preoccuparsi della “reputazione” dell’anziano che verrebbe a suo parere compromessa dall’accesso a un servizio specialistico; infine, spesso l’anziano può essere ritenuto, per età, non in grado di cambiare;

 

  • viviamo in una cultura che accetta e promuove il consumo di alcol, previsto e quasi “d’obbligo” in moltissime situazioni sociali, spesso accomunato a condizioni di successo e di benessere sociale; queste associazioni raramente sono bilanciate da informazioni corrette sulle bevande alcoliche e sui rischi per la salute connessi; la responsabilità dell’assunzione è demandata al singolo, che deve saper controllare il proprio consumo alcolico bevendo “moderatamente”, ignorando il paradosso che si crea dal momento che si sta parlando di una sostanza tossica, psicotropa e in grado di creare dipendenza (Di Salvatore, 2009).

 

Per quanto riguarda il gioco d’azzardo, la maggior parte dei servizi specialistici solo nell’ultimo decennio ha iniziato a occuparsi di questo disturbo e ha dovuto da subito “imparare” a lavorare anche con persone anziane, target che non appartiene storicamente ai SERT (servizi per le tossicodipendenze), la cui utenza ha un’età anagrafica inferiore. Come evidenziato dai primi studi epidemiologici (Istituto Superiore di Sanità, 2019), il disturbo da gioco d’azzardo (DGA) non è raro nella popolazione anziana. Nella nostra esperienza, fra gli utenti con diagnosi di DGA gli anziani sono presenti da tempo, con frequenza non episodica: perciò è stato necessario definire, negli anni, un progetto di presa in carico e di cura che tenesse in considerazione i bisogni specifici di tale target di popolazione, esigenza sottolineata anche da alcuni studi (Nigro, et al., 2022).

 

Figura 2 – Non giocatori e giocatori d’azzardo per profilo di rischio e fasce di età

Riteniamo che il maggiore accesso ai servizi specialistici riscontrato, nella nostra esperienza, tra i giocatori anziani rispetto ai bevitori tardivi sia presumibilmente legato alle conseguenze economiche generate dalla problematica, che spesso sono più immediatamente visibili e allarmanti rispetto ai danni psicofisici e relazionali determinati dal bere eccessivo, che viceversa si manifestano dopo molti anni di utilizzo della sostanza.

 

Gli anziani che arrivano al servizio con una problematica di gioco d’azzardo sono prevalentemente di sesso maschile, accompagnati da familiari che generalmente sono figlie e, in alcuni casi, mogli; le donne anziane che accedono al servizio (numericamente inferiori rispetto agli uomini) sono invece prevalentemente sole, raramente accompagnate da figlie o sorelle. L’anziano in molti casi è stato in grado, nella propria vita, di fare scelte oculate anche dal punto di vista economico, di lavorare, di mantenere una famiglia, di far crescere e studiare i propri figli, di badare ai nipoti; ha spesso avuto un ruolo di riferimento per i propri cari. Questo può generare un senso di forte frustrazione e impotenza, rispetto a una situazione in cui percepisce di aver perso il controllo, il vissuto di essere profondamente vulnerabile, un sentimento di profonda vergogna che mette in crisi il proprio ruolo sociale e familiare e la propria identità.

 

Una specificità legata a questa tipologia d’utenza è che molto spesso resta in carico per un lungo periodo, anche diversi anni. L’anziano trova al servizio uno spazio dove poter parlare della problematica che vive da tempo, con operatori che possano comprendere e accogliere il proprio malessere in un clima non giudicante; difficilmente sente di avere un altro luogo dove poter parlare di ciò che è gli capitato con il gioco d’azzardo, senza essere giudicato e senza provare vergogna. Rispetto alle dimensioni di giudizio e vergogna, anche la partecipazione a gruppi (psico-educativi all’interno del servizio specialistico e/o di auto mutuo aiuto) agisce in modo molto efficace nel ridurre entrambi i vissuti, attraverso il confronto con persone che vivono la stessa condizione.

 

 

L’anziano può cambiare?

Chi è vicino all’anziano è spesso convinto che a una certa età non valga più la pena intervenire, che sia impossibile cambiare e che sia più importante proteggere la sua immagine e reputazione, nascondendo il problema. Perché cambiare? Perché essere motivati a farlo? Evidenze scientifiche e cliniche mostrano come sia proprio la motivazione, la spinta centrale nella possibilità di cambiamento (Miller, Rollnick, 2014).

 

Quale potrebbe essere per un anziano una buona ragione per rinunciare a un momento di evasione così potente ed efficace? La dipendenza da alcol e/o da gioco d’azzardo agisce negativamente, su svariati ambiti della vita quotidiana, da un punto di vista economico, relazionale, lavorativo-occupazionale, sociale. Cosa in età anziana la persona rischia davvero di perdere? Questo è spesso uno degli aspetti principali nel rendere così faticosa la richiesta di aiuto e così difficile la presenza di una reale motivazione al cambiamento.

 

Dalla ricerca (Ordine Assistenti Sociali Regione Lombardia, 2021) e dalla pratica clinica si evince che nella maggior parte dei casi è la famiglia – intesa non solo come nucleo affettivo convivente, ma anche come famiglia estesa – uno dei punti cardine della richiesta di aiuto, di cura o di sostegno. La famiglia può rappresentare un fattore di rischio, quando assente o debole (solitudine, rapporti conflittuali o anaffettivi, situazioni problematiche), ma in molti casi può essere la spinta propulsiva per la messa in discussione di comportamenti patologici e distruttivi. Rispetto alle persone in carico ai servizi specialistici, nella maggior parte dei casi sono proprio i familiari che, prendendo consapevolezza del problema, contattano i servizi e formulano la prima richiesta di aiuto.

 

Figura 3 – Approdo dei bevitori tardivi ai servizi dipendenze

 

Figura 4 – Approdo dei giocatori anziani ai servizi dipendenze

 

Fondamentale, pertanto, risulta il lavoro di aggancio di queste figure che diventano centrali per l’avvio e il buon esito del percorso di trattamento, in quanto si trovano a essere (anche senza saperlo) l’ago della bilancia tra la cura e l’incuria, tra la possibilità di un cambiamento e il vantaggio di mantenere la “stampella” dell’alcol o del gioco d’azzardo come “medicamento” alla sofferenza. Se non “colludono” con il problema di dipendenza, i familiari sembrano essere per l’anziano la leva motivazionale più potente che agisce nel timore concreto di perdere la loro stima, il rispetto, la presenza attiva, la vicinanza e la condivisione. È quindi necessario che i servizi specialistici accolgano e ascoltino i familiari, includendoli fin da subito nel percorso di riabilitazione.

 

 

Suggerimenti operativi

Assodato che lavorare con la persona anziana con una problematica di dipendenza significa coinvolgere i familiari, riteniamo altrettanto importante fare rete con i diversi attori presenti: il medico di medicina generale, i servizi sociali di base, eventuali operatori di prossimità, ecc.; il lavoro di rete dovrebbe avere come obiettivo l’integrazione di più interventi che rispondano alle diverse necessità proprie di questa fase d’età (sanitarie, sociali, di assistenza e/o di supporto psicologico).

 

L’osservazione e l’esperienza di tutti gli operatori che si relazionano con l’anziano è di fondamentale importanza, al fine di riconoscere una situazione problematica. In particolare, coloro che incontrano con più frequenza l’anziano ed entrano nella sua abitazione (assistenti domiciliari, operatori di prossimità) rivestono un ruolo centrale non solo nel riconoscimento delle situazioni a rischio, ma anche nell’eventuale accompagnamento della persona a una richiesta di aiuto.

 

Quando emergono dubbi in merito a comportamenti di gioco d’azzardo o all’assunzione di alcol da parte di un anziano, è importante confrontarsi con gli altri interlocutori che conoscono la situazione (familiari e/o altri operatori). Il confronto consente di condividere le criticità rilevate e di definire una linea comune, sia rispetto a come rileggere tali criticità e a come restituirle all’interessato, sia rispetto a eventuali e successivi passaggi. Affrontare tematiche così intime con le persone anziane, senza rischiare reazioni difensive di chiusura o di negazione rispetto alla problematica, è una fase molto delicata del percorso: oltre all’esistenza di una relazione di fiducia con l’anziano, richiede un’adeguata formazione.

 

La modalità, il momento e il luogo costituiscono fattori non indifferenti, che influenzeranno il buon esito dell’intervento. L’obiettivo non deve tuttavia essere obbligatoriamente, fin da subito, il riconoscimento della problematica e l’esplicitazione di una richiesta di aiuto: l’anziano potrebbe inizialmente negare, sminuire, non esprimersi, ma comunque avere percepito che intorno a lui/lei c’è un allarme, ci sono persone che si accorgono e si preoccupano. Una formazione specifica sulla tematica è fondamentale per potersi approcciare al problema correttamente, senza banalizzare e/o rischiare di utilizzare termini scorretti, anche se molto diffusi nel linguaggio comune (ad esempio “vizio”, “alcolizzato”, “debole”; oppure “gioco” invece che “gioco d’azzardo”).

 

Una preparazione specifica permetterebbe inoltre di ipotizzare obiettivi realistici ed effettivamente raggiungibili dalla persona rispetto alla dipendenza. L’operatore, ad esempio, potrebbe aspettarsi che l’inserimento in un centro diurno rappresenti una risposta sufficiente anche per il problema di dipendenza di un anziano, tralasciando l’importanza – accanto alla risposta al bisogno di socialità – di un intervento specifico quale l’invio a un servizio specialistico o a un gruppo di auto mutuo aiuto. In altri casi, invece, si potrebbe involontariamente semplificare il problema chiedendo all’anziano di bere o giocare “poco”, mettendolo in questo modo di fronte a ripetute frustrazioni, in quanto la persona dipendente non riesce a controllare il comportamento, nonostante l’evidenza delle conseguenze negative e diversi tentativi attuati per ridurre il comportamento. Infine, non sempre l’anziano è la persona a cui rivolgersi in prima istanza; in alcuni casi potrebbe essere necessario parlarne prima con i familiari, comprendere il loro punto di vista e indirizzarli verso operatori competenti, a cui chiedere una consulenza specialistica.

 

 

Per concludere

Il bisogno di confronto esiste in primo luogo tra servizi per anziani e servizi specialistici, che non hanno un linguaggio comune e non hanno una formazione condivisa sull’età anziana e sulle dipendenze. Occorre implementare un lavoro di collaborazione dei due ambiti, al fine di costruire percorsi personalizzati e integrati per gli anziani con problematiche di dipendenza che, come abbiamo più volte rilevato, faticano ancora ad arrivare ai servizi specialistici, per vari motivi. Ci auguriamo che il seminario realizzato nello scorso settembre rappresenti il primo passo di un lungo cammino.

Bibliografia

Croce M., Arrigoni F. (2017), Gratta e perdi. Anziani, fragilità e gioco d’azzardo, Maggioli.

Di Salvatore A. (2009), Manuale di alcologia sociale. Il superamento della “cultura alcolica”, Erickson.

Enrico, Roberto, Riva G. (2023), Gioco d’azzardo e alcol in età anziana: l’esperienza dei gruppi di auto mutuo aiuto, in I luoghi della cura, n. 1.

Istituto Superiore di Sanità – Centro Nazionale Dipendenze e Doping (2019), Gioco d’azzardo in Italia: ricerca, formazione e informazione: risultati di un progetto integrato, rapporti ISTISAN 19/28.

Ladouceur R., Sylvain C., Boutin C., Doucet C. (2003), Il gioco d’azzardo eccessivo. Vincere il gambling, Centro Scientifico Editore.

Longoni B., Rossin M.R., Sarassi A.A. (2016), Alcol e anziani. Perché e come prendersi cura, Erickson.

Miller W.R., Rollnick S. (2014), Il colloquio motivazionale. Aiutare le persone a cambiare, Erickson.

Nigro G., Ciccarelli M., Cosenza M. (2022), As time goes by: gioco d’azzardo e invecchiamento, in TOPIC Temi di psicologia Ordine Psicologi Campania, doi:10.53240/topic00101.

Ordine Assistenti Sociali Regione Lombardia (2021), Gioco d’azzardo e alcol in età anziana: pensieri ed esperienze degli assistenti sociali lombardi. Report 2: dai dati alle riflessioni.

Vercalli C., Battaglia A., Pizzetti S. (2023), Gioco d’azzardo e alcol in età anziana: l’esperienza dei servizi di assistenza domiciliare e di custodia sociale, in I luoghi della cura, n. 1.

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