Invecchiamento della popolazione e ridotta disponibilità di posti letto ospedalieri rendono necessari modelli di lavoro in grado di far fronte agli specifici bisogni socio-assistenziali dei pazienti anziani, spesso fragili e complessi: lo scopo è promuovere la dimissione in sicurezza verso il corretto setting di cura ed evitare il ricovero, laddove non necessario. In questo contesto si inserisce il progetto del Team Cure Intermedie dell’Ospedale Maggiore di Bologna afferente all’AUSL Bologna. Il Team costituisce una modalità di lavoro multiprofessionale in cui medico geriatra, infermiere di continuità e assistente sociale ospedaliera interagiscono per definire un percorso assistenziale appropriato e integrato di presa in carico globale del paziente complesso, identificare il setting di dimissione e garantire la migliore transizione ospedale-territorio.
Il contesto generale
Secondo i dati 2021-2022 di PASSI d’Argento – il sistema di sorveglianza epidemiologica della popolazione anziana affidato dal Ministero della Salute all’Istituto Superiore di Sanità – in Emilia-Romagna gli over 65 rappresentano nel 2022 il 24% della popolazione generale, con un aumento di due punti percentuali rispetto al 2002. In regione vivono oltre un milione di anziani, di cui oltre 370.000 sono ultra80enni. Le previsioni demografiche per i prossimi decenni indicano un aumento ulteriore della componente anziana (28% nel 2035).
Attualmente la maggioranza della popolazione anziana è in buona salute; le situazioni di fragilità (limitazioni in due o più attività complesse della vita quotidiana o IADL Instrumental Activities of Daily Living) e di disabilità (limitazioni in almeno una attività di base della vita quotidiana o BADL Basic Activities of Daily Living) interessano complessivamente 1 anziano ogni 4,4 anziani, con una distribuzione omogenea tra le varie zone geografiche della regione e valori più alti fra le donne, le persone con età più elevata, le persone con bassa istruzione, le persone con difficoltà economiche (ISS, Regione Emilia-Romagna, 2023).
Sul fronte della dotazione di posti letto ospedalieri (pubblici e privati accreditati), secondo la banca dati 2020 del Ministero della Salute in Emilia-Romagna i posti letto sono quasi 15.000 (11.904 per acuzie, 1.244 per riabilitazione, 1.767 per lungodegenza). Tale dotazione è spesso insufficiente a far fronte alle necessità di una popolazione che sta invecchiando e diventando sempre più complessa dal punto di vista bio-psico-sociale: è pertanto necessario ottimizzare le attuali risorse, promuovendo un processo precoce di dimissione dai reparti per acuti e limitando i ricoveri ospedalieri impropri, problematica da sempre presente nel paziente anziano.
Infine, la letteratura scientifica (Sezgin, et al., 2020) evidenzia che le principali categorie a cui afferiscono le motivazioni dell’inappropriatezza delle cure sono le inadeguate misure di prevenzione, il mancato inserimento in un setting a minore intensità di cure, la discordanza tra il piano assistenziale proposto e le aspettative del paziente e/o del caregiver.
Cure intermedie e cure di transizione
Le strutture di cure intermedie svolgono una funzione di collegamento tra i reparti per acuti e il domicilio dei pazienti. Sono fondamentali in tutte le situazioni in cui la complessità sanitaria – gravata spesso da problematiche socio-assistenziali – richieda un passaggio intermedio tra l’ospedale e il domicilio al termine della fase di acuzie; realizzano un setting a minor grado di intensità di cure, adeguato a pazienti che hanno raggiunto la stabilità clinica.
Il concetto di cure intermedie risulta pressoché inscindibile da quello di cure di transizione (transitional care): queste rappresentano l’insieme delle misure attuate al fine di assicurare la continuità delle cure e di evitare la perdita di informazioni al momento del cambio di setting, sia nel passaggio da una struttura per acuti a una di cure intermedie, sia nel momento della dimissione al domicilio. Gli interventi di transizione delle cure iniziano durante la degenza, attraverso la pianificazione precoce della dimissione, l’educazione al caregiver, la ricognizione e riconciliazione terapeutica, il contatto con il medico curante. La transitional care passa poi attraverso la programmazione del follow-up (ambulatoriale o telefonico) e attraverso un eventuale passaggio in strutture di cure intermedie.
Le pratiche di transitional care con un maggiore impatto dimostrato sulla corretta gestione del paziente sono quelle proposte dal modello di Naylor (Naylor, et al., 2017). Tale modello, mettendo al centro i bisogni del paziente, prevede:
- coinvolgimento del paziente,
- coinvolgimento del caregiver,
- gestione della complessità,
- riconciliazione terapeutica,
- educazione del paziente ed educazione del caregiver,
- benessere del paziente e benessere del caregiver,
- continuità di cura e assistenza.
I principi di cui si avvalgono le cure di transizione hanno come chiara fonte di ispirazione la valutazione geriatrica multidisciplinare, che in letteratura si è dimostrata essere il modello operativo di maggior successo in termini di gestione del paziente, nonché di ottimizzazione della spesa sanitaria. Inoltre, il tema dell’educazione e del coinvolgimento della famiglia è risultato essere fondamentale nel ridurre la re-ospedalizzazione: ciò acquisisce un valore ancora più importante per le persone affette da disturbo neurocognitivo maggiore quale la malattia di Alzheimer o altre forme di demenza.
Modalità operative
L’esperienza a cui ci riferiamo nasce nel 2019 presso l’Ospedale Maggiore di Bologna. Il Team interviene su segnalazione di casi complessi da parte dei reparti AUSL di Bologna, con presa in carico entro le 24 ore: la segnalazione è volta alla presa in carico globale, finalizzata alla definizione del setting di dimissione e del percorso assistenziale; la valutazione del paziente si avvale dell’utilizzo di scale, largamente diffuse in ambito geriatrico, utili nella standardizzazione delle informazioni per l’inquadramento funzionale e anamnestico dei pazienti.
Dal 2021 il servizio è stato esteso anche ad alcuni reparti di lungodegenza afferenti al privato accreditato, dove il Team dell’Ospedale Maggiore opera con accessi settimanali o accessi straordinari in caso di urgenze. Vengono accolte inoltre segnalazioni dal territorio, da parte del servizio di geriatria territoriale o del medico di medicina generale: nel paziente al domicilio l’azione del Team ha l’obiettivo di evitare, ove possibile, l’ospedalizzazione o di indirizzare il paziente verso un setting di cure intermedie piuttosto che al ricovero in ospedale.
Oltre alle figure strutturali, sono coinvolti nel modello operativo il fisioterapista, il medico di reparto, il case manager, la famiglia del paziente e il medico di medicina generale. La valutazione in team permette la presa in carico multidimensionale e multiprofessionale del paziente:
- il geriatra svolge un ruolo di supporto specialistico al medico di reparto nell’identificazione del setting di cura più appropriato, favorendo laddove possibile il ritorno al domicilio del paziente e personalizzando il percorso di cura; il geriatra inoltre valuta la stabilità clinico-laboratoristica, la conclusione del percorso diagnostico-terapeutico e la presenza di un follow up laddove necessario;
- l’infermiere di continuità garantisce competenze specifiche in ambito geriatrico e di continuità assistenziale, facilitando l’organizzazione di percorsi alternativi volti a favorire la gestione domiciliare;
- l’assistente sociale assicura una tempestiva ricognizione della situazione sociale e familiare attraverso l’istruttoria sociale con la famiglia, intercetta situazioni di difficoltà e costituisce il tramite con l’assistenza sociale territoriale per l’attivazione dei servizi al domicilio.
Compito del Team, con il contributo di tutti gli attori coinvolti, è quello di elaborare un Piano Assistenziale Individualizzato (PAI), che valorizzi i bisogni del paziente e permetta il collegamento con i servizi territoriali. L’intervento del Team, quindi, attraverso la stesura di un progetto personalizzato, consente di migliorare l’assistenza ai pazienti fragili ospedalizzati, fornendo risposte mirate alle variazioni dei bisogni medici e sociali domiciliari e ottimizzando le transizioni ospedale-territorio.
All’atto della segnalazione il medico responsabile effettua una proposta di setting di dimissione tra quelli possibili nell’ambito della Rete delle Cure Intermedie: lungodegenza, letti di cure intermedie, Casa-Residenza per Anziani non autosufficienti (CRA) temporanea. Fondamentale risulta essere anche l’interazione con la Rete delle Cure Palliative, che può essere finalizzata sia all’attivazione del servizio di assistenza domiciliare, che al percorso di hospice per pazienti con patologie oncologiche o con malattie croniche in fase terminale.
A livello ospedaliero l’intervento del Team riduce i tempi di degenza, facilita la transizione ospedale-territorio, assicura la continuità delle cure e riduce il rischio di ri-ospedalizzazione. Ha inoltre come obiettivo quello di coadiuvare il medico di reparto nella messa in atto di tutte le misure di transizione delle cure citate precedentemente.
Dati e riflessioni dall’esperienza sul campo
Dopo alcuni anni dall’avvio del Team delle Cure Intermedie è emerso il desiderio di elaborare i dati raccolti sui pazienti, per identificare i parametri demografici, clinici e sociali della popolazione segnalata al Team. Inoltre, si intendeva valutare i parametri che predicono la dimissibilità in un setting di post acuti e identificare i parametri predittivi del rientro al domicilio, al fine di individuare precocemente il setting di dimissione più adatto al paziente.
Il nostro studio, condotto su una popolazione di 150 pazienti ricoverati presso reparti per acuti e segnalati al Team di Cure Intermedie per la valutazione del percorso di dimissione, ha dimostrato come la valutazione multiprofessionale risulti decisiva nell’indirizzare il paziente anziano fragile verso il corretto setting di dimissione, valutando l’effettiva idoneità dei pazienti verso un setting di cure intermedie e favorendone laddove possibile il ritorno al domicilio.
La popolazione segnalata al Team è costituita prevalentemente da grandi anziani con elevato grado di dipendenza funzionale, spesso sottodimensionata alla valutazione anamnestica e molto più evidente alla valutazione eseguita al momento del ricovero. Verosimilmente sottodimensionata è anche la diagnosi di disturbo neurocognitivo maggiore, in relazione alla discrepanza tra la presenza di diagnosi anamnestica di demenza in cartella clinica e la frequenza di condizione di disorientamento spazio-temporale e presenza di disturbi del comportamento alla valutazione eseguita al momento del ricovero. Dai dati emerge, inoltre, come la maggioranza dei pazienti non sia in grado di mobilizzarsi in autonomia; solo il 16% dei pazienti non necessita di assistenza umana o di utilizzo di ausilio. Drammatico risulta poi l’impatto del ricovero sulla condizione di fragilità, che aumenta in maniera significativa durante la degenza.
La nostra analisi evidenzia come i fattori che più condizionano la possibilità di trasferire un paziente fragile presso un setting di cure intermedie siano la presenza di un follow-up organizzato e la corretta individuazione del setting di dimissione da parte del medico responsabile del caso.
Per 19 pazienti l’intervento del Team ha promosso la dimissione al domicilio, evitando il ricovero in setting di post acuti. Dai dati è emerso come fattori predittivi della possibilità di rientrare al domicilio, senza dover effettuare un passaggio presso un setting di cure intermedie, siano la presenza di disturbo neurocognitivo maggiore e la dipendenza funzionale di recente insorgenza. Questo non deve sorprendere: per il paziente con disturbo cognitivo l’ospedalizzazione è da evitare, mentre il paziente con dipendenza funzionale può beneficiare della sola attivazione di un servizio di assistenza domiciliare, senza dover rimanere in un contesto medicalizzato, seppure a minore intensità di cura. Altri fattori predittivi di dimissibilità al domicilio sono risultati essere la stabilità clinica, la presenza di un follow up e la corretta valutazione del medico responsabile del caso.
In conclusione: seppure condotta su dati ancora parziali, la nostra analisi ha evidenziato come l’attività del Team di cure intermedie abbia inciso in maniera positiva sulla definizione del percorso del paziente, lavorando in maniera complementare con l’équipe medico-infermieristica di riferimento. Il Team Cure Intermedie AUSL Bologna gestisce direttamente, al momento, solo parte dell’offerta dei letti di post acuzie; obiettivo futuro è quello della completa gestione della disponibilità dell’offerta dei letti di cure intermedie da parte del Team, attraverso l’interazione con la Centrale Unica Operativa.
Bibliografia
Istituto Superiore di Sanità – PASSI d’Argento, Regione Emilia-Romagna – Assessorato Politiche per la salute (2023), I dati PASSI d’Argento 2021-2022 in Emilia-Romagna.
Naylor M.D., Shaid E.C., Carpenter D., Gass B., Levine C., Li J., Malley A., McCauley K., Nguyen H.Q., Watson H., Brock J., Mittman B., Jack B., Mitchell S., Callicoatte B., Schall J., Williams M.V. (2017), Components of comprehensive and effective transitional care, in Journal of the American Geriatrics Society, 65(6):1119-1125.
Sezgin D., O’Caoimh R., Liew A., O’Donovan M.R., Illario M., Salem M.A., Kennelly S., Carriazo A.M., Lopez-Samaniego L., Arnal Carda C., Rodriguez-Acuña R., Inzitari M., Hammar T., Hendry A. (2020), The effectiveness of intermediate care including transitional care interventions on function, healthcare utilisation and costs: a scoping review, in European Geriatric Medicine, 11(6):961-974.