1 Giugno 2018 | Programmazione e governance

Povertà in età anziana: un rischio ridimensionato, ma non per tutti

Nell’ultimo decennio l’incidenza della povertà tra la popolazione anziana è costantemente diminuita, e gli over 65 non rientrano più tra le categorie maggiormente a rischio. La popolazione anziana non autosufficiente però non si allinea a questo nuovo scenario, in quanto il grado di disabilità e le spese di cura rappresentano significativi fattori di incremento del rischio di povertà.


Popolazione anziana e povertà: un trend positivo

L’ultimo report dell’ISTAT “La povertà in Italia”, che fotografa la condizione di povertà della popolazione Italiana rispetto al 2016, conferma in modo chiaro ed univoco che negli ultimi anni questo rischio riguarda sempre meno la popolazione anziana. Nel report infatti si legge che la relazione inversa tra incidenza di povertà assoluta ed età, rilevata a partire dal 2012, persiste ed è confermata anche dai dati relativi al 2016. In altre parole, questa frase evidenzia due aspetti centrali. In primo luogo, la popolazione anziana non rientra più tra le categorie maggiormente esposte alla povertà assoluta. La popolazione ultra sessantaquattrenne infatti presenta la percentuale di famiglie in povertà assoluta più bassa rispetto alle altre fasce di età. In secondo luogo, anche in virtù della stabilità del reddito pensionistico e del potere d’acquisto, la quota di famiglie e persone anziane considerabili povere in termini assoluti si è progressivamente ridotta. Rispetto al resto della popolazione, la fascia di età degli ultrasessantacinquenni è l’unica che presenta una riduzione dell’incidenza della povertà tra il 2015 e il 2016. Negli ultimi anni, infatti, spetta alle generazioni più giovani pagare il prezzo più elevato, ed è proprio in questa classe di età, under 35, che si registra la percentuale più elevata: oltre il 10% vive in condizioni di povertà assoluta. Queste considerazioni non devono suggerire però che la popolazione anziana sia al riparo dal rischio di povertà. Come vedremo meglio in seguito, la povertà in età anziana ha modificato i suoi connotati: da carattere trasversale e generico, a elemento identificante specifiche condizioni e categorie della popolazione ultra sessantacinquenne. Tra queste ultime, la non autosufficienza – e quindi gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie – risulta essere un importante fattore di aumento del rischio di povertà.

 

La popolazione anziana si conferma quindi come anomalia rispetto al panorama nazionale. Se si esclude la lieve flessione tra il 2013 e il 2014, dal 2007 ad oggi l’incidenza della povertà assoluta in Italia è costantemente aumentata. Nel 2007 erano circa 2,4 milioni gli italiani a vivere al di sotto della soglia di povertà assoluta, mentre nel 2016 si è saliti a 4,7 milioni, registrando un aumento di poco inferiore al 100%. In questo contesto l’andamento dell’incidenza della povertà assoluta tra la popolazione anziana rappresenta un vero e proprio capovolgimento di scenario. Non solo si è assistito alla riduzione dell’incidenza del rischio di povertà in termini percentuali e assoluti, passando da 6,1% del 2006 (pari a circa 707mila anziani) al 3,8% del 2016 (508mila). Inoltre, come mostra la figura 1, nell’ultimo decennio è mutata una caratteristica storica della povertà italiana. La componente anziana ha sempre rappresentato la quota maggioritaria dell’insieme della popolazione povera. Dal nuovo millennio, e con maggior chiarezza, negli anni a ridosso della recente crisi economica, il peso dell’incidenza della povertà si è invece ridistribuito tra le generazioni, spostandosi dalle più anziane alle più giovani, ribaltando completamente il quadro del passato. Mentre solo nel 2005 quasi un povero assoluto su due (44,9%) era anziano, nel 2016 solo il 17% degli indigenti aveva un’età superiore o uguale a 65 anni. Situazione opposta invece per la fascia di età 0-34 che, nello stesso periodo, passa dal 32,2% a più del 50%

 

Figura 1 – Composizione incidenza di povertà assoluta per fasce di età
Fonte: ISTAT, La povertà in Italia, anni vari.

 

Uno simile scenario emerge anche dagli indicatori di povertà relativa, che a differenza dei precedenti definiscono la povertà in base alla dimensione e al reddito familiare (Box 1). L’incidenza della povertà relativa tra la popolazione anziana è infatti passata dal 13,8% del 2006 a 8,2% del 2016, mentre è più che raddoppiata per la popolazione di età compresa tra 0 e 34 anni (da 9,2% a 19,5%). Gli indicatori relativi di povertà permettono di comprendere non solo che la popolazione anziana è sempre meno esposta all’indigenza, ma anche che, in termini comparativi rispetto al resto della popolazione, la loro ricchezza è cresciuta negli ultimi anni. È a partire dal nuovo millennio infatti che è entrata in età anziana la popolazione nata a cavallo degli anni 40 che ha potuto beneficiare di stabilità sia economica che lavorativa e di generose politiche pensionistiche e quindi di generose pensioni.

 

Box 1 – Povertà assoluta e relativa

 

Non autosufficienza: un importante fattore di rischio

Lo scenario appena descritto rende ancora più interessante, ma anche preoccupante, ciò che emerge dall’analisi della relazione tra non autosufficienza e povertà. Se infatti da un lato i dati appena presentati suggeriscono un mutamento dei profili della povertà a discapito delle generazioni più giovani e a vantaggio di quelle più anziane, uno sguardo più accurato permette di comprendere come quest’ultime non siano completamente al riparo dal rischio di povertà. Secondo l’ISTAT (2013), mentre il reddito pensionistico medio è di circa 1400 euro, una grande parte dei pensionati – circa il 50% – riceve una pensione esigua o comunque pari o inferiore alle mille euro. Questo riguarda principalmente le donne, le quali ricevono in media 6000 euro all’anno in meno rispetto agli uomini. Appare lecito domandarsi quindi quale impatto economico i rischi derivanti dall’invecchiamento, in primo luogo la non autosufficienza e la relativa necessita di cure, possano avere su quella non così esigua parte della popolazione anziana che non dispone di solide risorse economiche.

 

Questa domanda appare ancora più legittima se si considerano alcuni fattori di contesto. Il sistema nazionale di cura agli anziani non autosufficienti risulta purtroppo ancora incapace di far fronte alla crescente domanda di servizi richiesta dalla componente anziana della popolazione, prediligendo piuttosto un approccio basato sull’erogazione di trasferimenti monetari alle famiglie, le quali rappresentano tutt’ora la prima e principale fonte di cura in caso di necessità. Al di là delle specifiche problematiche relative a trasferimenti monetari come l’indennità di accompagnamento, e ai meccanismi che questi strumenti possono generare, il loro importo non sembra essere comunque sufficiente a contrastare il costo delle cure. Una recente ricerca condotta dal CENSIS (2014) infatti propone uno spaccato abbastanza preoccupante: nel 2012 330mila famiglie hanno dovuto utilizzare tutti i risparmi per far fronte alle spese di assistenza e cura, 190mila hanno dovuto vendere l’abitazione con la formula della nuda proprietà, e 152mila si sono dovute indebitare.

 

Non autosufficienza come fattore di rischio di povertà della popolazione anziana? Una recente ricerca (Luppi, 2015) sembra convalidare questa ipotesi. I risultati di questo lavoro identificano nel grado di disabilità un considerevole fattore di incremento del rischio di povertà. La ricerca evidenzia che gli anziani con un grado di non autosufficienza moderato o severo presentano una probabilità maggiore rispetto a coloro non interessati dalla non autosufficienza di vivere in una famiglia a con un reddito inferiore alla soglia di povertà 1, e tale probabilità aumenta in relazione ad entrambi i gradi di non autosufficienza nel periodo considerato, con un significativo incremento tra gli anni 2007 e 2012. Quest’ultimo dato suggerisce che al contrario di quanto visto in precedenza rispetto alla totalità della popolazione over 65, la probabilità di un anziano non autosufficiente di vivere in una famiglia con un reddito inferiore alla soglia di povertà aumenta tra gli anni pre e post crisi economica. Risulta interessante notare inoltre che la propensione al rischio di povertà degli anziani affetti da un grado di non autosufficienza moderato appare più marcata rispetto a coloro che sono colpiti da disabilità media o grave. Inoltre, se accoppiata all’assenza di un partner o convivente, la non autosufficienza diventa un fortissimo fattore di rischio economico. Gli anziani soli, di norma vedove con bassi redditi pensionistici, affetti da disabilità rappresentano la categoria maggiormente esposta all’indigenza e alla povertà.

 

La ricerca evidenzia che le spese di cura rappresentano un ulteriore elemento che influenza fortemente il rischio di povertà della popolazione anziana non autosufficiente. La ricerca identifica una chiara relazione tra l’incidenza delle spese di cura sul reddito famigliare e la povertà in età anziana: all’aumentare della prima aumenta significativamente la probabilità degli anziani non autosufficienti di vivere in famiglie con reddito inferiore alla soglia di povertà. Nonostante l’accesso ai servizi per la cura sia regolato da requisiti reddituali (come l’ISEE), questo aspetto colpisce maggiormente le famiglie a basso reddito, le quali sono sottoposte a spese di cura molto elevate in relazione alle loro disponibilità economiche. La ricerca evidenzia infatti che le famiglie over 65 a basso reddito (primo quintile della distribuzione) con un membro non autosufficiente spendono per la cura circa il 40% delle loro risorse economiche. Similarmente, il valore medio dell’incidenza di queste spese per la popolazione anziana passa da 17.4% a 30.2% del reddito familiare disponibile nel caso in cui la famiglia si debba prendere cura o meno di un membro non autosufficiente.

 

Box 2 – Rischio di povertà per la popolazione anziana non autosufficiente

 

Sfide future

In estrema sintesi, questi risultati suggeriscono la popolazione anziana è sempre meno “povera”, ma che al contrario, gli anziani non autosufficienti rischiano sempre più di esserlo. Inoltre, il quadro che emerge da questi dati necessita di essere contestualizzato rispetto ai mutamenti demografici in atto per poter coglierne pienamente la problematicità. Nei prossimi trenta anni la popolazione anziana, ma soprattutto ultra anziana (over 80), rappresenterà una parte sempre più ampia della totalità degli italiani, con una significativa differenza rispetto ad oggi: non beneficerà di redditi pensionistici altrettanto generosi. Senza cambiamenti al sistema di cura vigente, gli attuali e futuri mutamenti demografici comporteranno molto probabilmente un inasprimento della relazione tra non autosufficienza e povertà. A questo proposito sono emblematici i risultati relativi alla relazione tra povertà e grado di disabilità. La maggior probabilità di povertà tra gli anziani affetti da non autosufficienza moderata -generalmente esclusi dal principale strumento di supporto pubblico- rischia di generare negli stessi un ulteriore e repentino deterioramento della condizione fisica, con il relativo aggravio in termini di spesa pubblica. La modulazione dell’accesso alla cura, e nello specifico all’indennità di accompagnamento, rispetto al grado di disabilità, articolando quindi l’importo in base alle necessità di cura e ampliando la platea dei beneficiari, sulla scia di esperienze positive Europee (es. il modello Francese), rappresenterebbe un primo passo necessario in questa direzione.

Note

  1. In questa ricerca si è utilizzato l’indicatore di povertà relativa at risk of poverty threshold, che identifica nel valore corrispondente al 60% del reddito mediano della distribuzione dei redditi nazionali la soglia di povertà.

Bibliografia

Censis (2014), Anticipazione primi risultati della ricerca Longevi e non autosufficienti in Italia: il piano della cultura sociale collettiva realizzata in collaborazione con Fondazione Generali.

ISTAT (2017), La povertà assoluta in Italia. Anno 2016, Statistiche report, Roma, Istat.

ISTAT (2013). Trattamenti pensionistici e beneficiari. Anno 2012, Statistiche report, Roma, Istat.

Luppi M. (2015), Non autosufficienza e impoverimento, in NNA (a cura di), L’assistenza agli anziani non-autosufficienti in Italia. 5° Rapporto, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, pp. 87-103.

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