Risposte integrate e “di sistema” ai diritti degli anziani non autosufficienti
di Eleonora Vanni, Presidente Legacoopsociali
La cooperazione sociale, attraverso l’operatività quotidiana all’interno di una quota rilevante di servizi rivolti alle persone non autosufficienti, si trova di fronte principalmente a due nodi critici:
- la difficoltà a valutare l’insieme dei bisogni espressi senza categorizzare le persone e, di conseguenza, la difficoltà a programmare e gestire interventi personalizzati a sistema, che considerino la persona come un unicum non statico e non trattabile per singoli comparti
- la frammentarietà nonché la scarsità di risorse per offrire risposte sufficienti a coprire i bisogni effettivi.
Partecipare ad un tavolo di lavoro comune per la costruzione di una proposta di riforma per le politiche e i servizi a favore degli anziani non autosufficienti è stata per le cooperative un’occasione importante, per confrontare le esperienze e non rischiare di limitare al proprio mondo una riflessione che richiede invece grande apertura di pensiero e disponibilità ad assumere anche nuovi approcci e visioni.
Abbiamo visto in questa opportunità delle potenzialità che, al momento, non erano riscontrabili in altri contesti, anche se la composizione delle differenti posizioni sapevamo non essere semplice. I differenti punti di osservazione, unitamente agli interessi che molti dei soggetti rappresentano, ha costretto a fare sintesi nella direzione di un obiettivo che non fosse l’interesse o la visione delle singole parti, ma l’occasione finalmente offerta di un obiettivo più alto e cioè la proposta per una cultura e un sistema attuale, moderno e appropriato di risposta e, soprattutto, agibilità ai diritti delle persone non autosufficienti.
La pandemia ha reso più evidenti problemi già presenti da anni e reso ancora più urgenti interventi nella direzione di risposte di sistema che garantiscano il diritto della persona anziana e non autosufficiente all’autodeterminazione, e non la costringano ad orientare i bisogni in base alle risposte disponibili. Inoltre è urgente superare la logica della contrapposizione fra tipologie di servizi per intervenire sulla creazione di filiere integrate, anche attraverso un aggiornamento dei modelli di servizi, in grado di supportare e seguire l’evoluzione dei bisogni.
E’ fondamentale non perdere l’occasione dell’obiettivo dato dal PNRR, per operare un intervento normativo innovativo che crei le condizioni per un’architettura integrata ed efficiente, ma praticabile del sistema dei servizi e metta a sistema le risorse. Questi sono i punti cardine dell’ambiziosa proposta del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza che noi condividiamo e per la quale cerchiamo di fare la nostra parte.
La presenza nel “Patto” della Card (Confederazione delle Associazioni Regionali dei Distretti, Società Scientifica della Attività Territoriali)
di Paolo Da Col e Antonino Trimarchi, Centro Studi CARD, Gennaro Volpe, Presidente CARD
CARD ha prontamente aderito al “Patto” condividendone gli elementi costitutivi, tra cui l’intento unitario-integrante dell’insieme di nuovi interventi pubblici per la non autosufficienza congiungenti quelli sanitari, sociali, previdenziali, e la metodologia collegiale del processo, con presenza di autorevoli esperti. Siamo soddisfatti del “prodotto finale” che è un eccellente documento, anche per il panorama culturale italiano.
La novità-guida della riforma immaginata è l’istituzione dello SNA – Sistema Nazionale Assistenza Anziani – in cui, con felice intuizione, si fanno convergere l’insieme di tutte le misure a titolarità pubblica, si esplicano le nuove modalità di valutazione e presa in carico, di governance e programmazione, di finanziamento.
Quattro caposaldi della riforma sono per noi convincenti:
- la tutela pubblica della non autosufficienza
- la garanzia di un insieme di diritti riferiti ai LEA per la parte sanitaria, ai LEP per quella sociale
- l’unitarietà della filiera compattata delle risposte, rese prevalenti in termini di servizi rispetto ai benefici economici1.
- la priorità assegnata allo sviluppo di nuove cure domiciliari integrate, giustamente potenziate nel SAD, con l’apprezzabile specifica apertura alle Soluzioni Abitative di Servizio2.
Un’altra rilevante novità è la Prestazione Universale per la Nonautosufficienza, che sostituisce le attuali indennità di accompagnamento3.
Infine, ricordiamo alcuni punti che speriamo saranno inclusi nei decreti attuativi o in atti successivi all’approvazione del testo-madre riformatore:
- affermare di più il ruolo del Distretto quale regista dell’impresa, anche rispetto alla gestione del budget territoriale misto sanitario-sociale, e rilanciare l’idea che la seconda valutazione multidimensionale della UVM dovrebbe, senza eccezioni, essere effettuata a casa della persona per elaborare un PAI davvero su misura
- dare valore alla territorializzazione delle cure domiciliari e della prossimità verso le risorse locali dell’associazionismo, del volontariato, di coloro che sono portatori di una cultura del dono e della solidarietà
- spostare l’equilibrio tra cure formali ed informali a favore del primo4.
- rendere esplicito che lo SNA sarà il perno di un nuovo sistema di Long-Term Care5.
- fare chiarezza che questo nuovo sistema di welfare per la nonautosufficienza va concepito come ineludibilmente espansivo, pertanto con risorse incrementali da proporzionare via via al trend sicuramente crescente dei bisogni (soprattutto con riferimento “all’attuale asse povero” dei LEP) e programmato quindi con garanzie volte ad escludere nuove scelte politiche di contenimento ed austerità.
Note
- progettate per essere persistenti nel tempo e da realizzarsi con il care multidimensionale
- che così potranno diffondersi in tutti i territori con grande impatto positivo sia nelle cure domiciliari (ampliandole) che residenziali (rendendole più appropriate)
- e, si immagina, anche la correlata valutazione attualmente ad impronta medico legale, non sempre buona interprete dei reali fabbisogni assistenziali
- ovvero dare molto più peso agli interventi-supporti pubblici per rendere equo e sostenibile quello ora prevalente (purtroppo) delle cure informali, riconoscendo finalmente così il lavoro di cura familiare-domestico, quindi privato (pertanto già molto esteso)
- lacuna da colmare con urgenza in Italia, unico tra i Paesi ad alto reddito a non averlo