5 Luglio 2022 | Programmazione e governance

I servizi per i fragili: il dovere di ripensare e riprogettare

Il sistema dei servizi sanitari e socio sanitari pubblico ha contratto un debito verso gli anziani fragili non autosufficienti, reso ancor più evidente dalla pandemia. Antonio Guaita evidenzia alcuni dati europei che confermano l’arretratezza delle politiche di Long-Term Care del nostro paese e invita a vigilare, affinché le linee normative, in attuale definizione, garantiscano la creazione di un sistema pubblico per la non autosufficienza finalmente all’altezza dei diritti di assistenza degli anziani fragili.


In un mirabile film di Ingmar Bergman del 1957, “Il posto delle fragole”, il prof. Isak Borg, illustre professore di medicina, si reca da Stoccolma all’Università di Lund a ritirare un premio per il cinquantesimo anniversario della sua carriera. Durante il tragitto sogna di essere in un’aula universitaria e di essere interrogato da austeri professori. Alla domanda: qual è il principale dovere del medico? non è in grado di rispondere. La risposta del severo interrogante sarà: il principale dovere del medico è chiedere perdono.

 

Oggi è tutto il sistema sanitario che deve chiedere questo perdono agli anziani fragili, verso cui ha contratto un grande debito, per il prezzo pagato da loro durante le fasi più acute della pandemia1.

 

La mortalità è stata tutta o quasi a carico delle generazioni anziane e, all’interno di queste, i più fragili hanno pagato un prezzo ulteriore. Emblematico il caso delle persone con demenza, fragili fra i fragili. In una meta analisi del 2020 è stato calcolato un rischio di mortalità COVID in persone con demenza di 5,17 volte maggiore (Odd Ratio) con un intervallo di probabilità compreso fra 2,31 – 11,59 (Liu et al., 2020).

 

La situazione degli anziani non autosufficienti in Italia

In Italia gli ultra 75enni che presentano gravi compromissioni dell’autonomia sono 2,7 milioni (ISTAT, 2021). Nel 2019 in Italia gli over 65 residenti a domicilio con forti necessità di cura della persona sfioravano il 30%, un valore in linea con quelli europei (Eu Commission, 2021). In Italia, come in Europa, la quota di popolazione che più cresce sono gli ultra ottantenni, una fascia di età ove la fragilità è una condizione diffusa (EUROSTAT, 20212).

 

 

Quali e quante sono le risorse messe in campo?

Di fronte a questa situazione demografico-sanitaria, le risorse di cura disponibili non paiono aver seguito lo stesso trend. In Italia la spesa per la cura dei malati cronici, Long Term Care (LTC), rappresenta lo 0,9% del PIL, un valore inferiore del 40% rispetto alla media europea (1,5%). Un altro dato significativo è il rapporto numero infermieri per abitanti: in Italia gli infermieri per 1000 abitanti erano 6,9 verso gli 8,8 della media europea, il 30% in meno (dati riferiti all’anno 20193).

 

La quota di ultra65enni italiani che aveva aiuti a domicilio nel 2019 era il 4,7 %, mentre un aiuto di ogni tipo a domicilio lo necessitava il 9,5 % (EU Commission, 20214). Il non uso dei servizi domiciliari era motivato da problemi economici e dalla indisponibilità del servizio. In ambedue i casi con dati peggiori rispetto alla media europea (Tabella 1) non usa servizi domiciliari.

Frequenza di motivazioni addotte dalle famiglie che non usufruiscono del servizio domiciliare, dati italiani ed europei a confronto
Tabella 1 – Frequenza di motivazioni addotte dalle famiglie che non usufruiscono del servizio domiciliare, dati italiani ed europei a confronto

 

Il Comitato europeo, che ha stilato il già citato “Long Term Care report” del 2021, per l’Italia evidenzia 5 punti critici:

  1. Vi è la più alta quota di >65a e >75a della EU, non necessariamente in migliore salute
  2. La spesa complessiva è confrontabile con la media EU ma fortemente basata sulle cure informali
  3. Nessuno standard nazionale per assistenza domiciliare e residenziale
  4. L’assegno di cura non prevede alcuna responsabilità né controllo su come viene impiegato
  5. La pandemia ha drammaticamente messo in evidenza la debolezza di tutto il sistema LTC in Italia, ma per la prima volta questo è stato al centro dell’attenzione.

 

 

Due esempi: servizi domiciliari e servizi residenziali

Il servizio di assistenza domiciliare
In Italia la percentuale di persone con elevate necessità di cura appare superiore alla media europea (28% rispetto al 22%) con una intensità media di intervento di 20 ore anno, mentre la quota di popolazione ultra 65enne che riceve le cure a domicilio è stata nel 2019 del 5,8% (EU Commission, 2021).

 

Secondo dati del Ministero della Salute, presentati in una pubblicazione di “Italia Longeva” del 2021, si evidenzia un aumento costante, seppur contenuto, fra il 2014 e il 2018, dal 1,2 al 1,4 degli ultra 65enni assistiti, e dal 3,2 al 4,4 per gli ultra75enni negli stessi anni. Il Ministero della Salute ha pubblicato i dati assoluti degli assistiti dal 2014 al 2019, riportati nella figura 1 che sostanzialmente hanno lo stesso, modesto, trend di crescita.

Numero di assistiti per centomila abitanti negli anni indicati (gli anziani sono l’82% degli assistiti)
Figura 1 – Numero di assistiti per centomila abitanti negli anni indicati (gli anziani sono l’82% degli assistiti)

 

Nella pubblicazione L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – 7° Rapporto 2020/2021. Punto di non ritorno (NNA, 2021) si riporta che, per gli anziani non autosufficienti “… la spesa pubblica è del 20% circa inferiore alla media del continente ….solo il 17% di questo … arriva alla domiciliarità…(Ragioneria Generale dello Stato, 2019).

 

Ma il problema non è solo di finanziamento ma anche di carenze organizzative del servizio. Nello stesso 7° rapporto vengono messe in evidenza le criticità dettagliate nella tabella 2.

Servizi domiciliari in Italia: principali criticità e questioni di fondo
Tabella 2 – Servizi domiciliari in Italia: principali criticità e questioni di fondo

Nella tabella 2 in evidenza, soprattutto al primo punto per l ‘ADI, la logica di singola prestazione e l’assenza di presa in carico e di approccio globale. Nonostante il nome, nell’ADI di “integrato” nei fatti c’è ben poco. Di conseguenza problemi complessi come le demenze non trovano nell’assistenza ADI o SAD risposte adeguate. Questi aspetti sono stati già analizzati ed evidenziati, anche se ancora non hanno trovato ascolto presso i legislatori (Menghini, Tidoli, 2019). Migliori risposte sembrano dare nuovi tipi di servizi come la “RSA aperta” che agiscono formulando piani di assistenza e facendo intervenire professionalità diverse, in relazione agli obiettivi.

 

Questa la definizione che ne dà Regione Lombardia: “La RSA Aperta è una Misura innovativa che offre la possibilità di usufruire di servizi sanitari e sociosanitari utili a sostenere la permanenza al domicilio della persona il più a lungo possibile, con l’obiettivo di rinviare nel tempo la necessità di un ricovero in una struttura residenziale. In relazione alla tipologia di bisogno di ciascun utente, la Misura permette di accedere a un set di prestazioni in modalità flessibile. Le prestazioni, erogate dalle RSA lombarde accreditate aderenti alla Misura, si rivolgono a persone residenti in Lombardia iscritte al Servizio Sociosanitario Regionale che si trovano nelle seguenti condizioni:

  • demenza certificata da un medico specialista geriatra o neurologo di strutture accreditate/equipe ex U.V.A. (Unità Valutazione Alzheimer) ora C.D.C.D (Centri per Deficit Cognitivi e Demenze)
  • anziani non autosufficienti di età pari o superiore a 75 anni, riconosciuti invalidi civili al 100%.

 

In entrambi i casi le persone devono disporre di almeno un care giver familiare e/o professionale che presta assistenza nell’arco della giornata e della settimana (Deliberazione Giunta Lombardia, n.° X / 7769)5.

 

I servizi residenziali
In confronto con altre situazioni europee, il rapporto posto letto nelle residenze per anziani ogni 100 ultra65enni in Italia è in netta carenza (vedasi tabella 3).

Posti letto in strutture residenziali ogni 100 persone 65+ (2018)
Tabella 3 – Posti letto in strutture residenziali ogni 100 persone 65+ (2018)

 

Una delle conseguenze della scarsa offerta residenziale è la tendenza all’aumento delle situazioni gravi fra i residenti. Questo è messo bene in evidenza da studi condotti in diversi paesi europei. Ad esempio lo studio SHELTER (Onder et al., 2012) mostra come la quota di residenti con dipendenza totale in Italia sia del 42 %, mentre, ad esempio, in Germania tale quota è del 25%. Allo stesso modo la demenza grave riguarda in Italia il 35%, mentre in Germania il 28%. Questi dati sono simili a quelli del più recente studio PACE (Honinx et al, 2019) che mostra come la demenza moderata e grave sia presente in RSA in Italia nel 73% dei residenti in strutture residenziali contro, ad esempio, il 48% nel Regno Unito e il 51% in Belgio e Olanda.

 

Ulteriore conferma viene dai dati ISTAT che registrano un aumento della percentuale di alta intensità sanitaria in RSA, dal 21,7 al 30,8, fra il 2009 e il 2016. (vedi tabella 4). Negli stessi anni diminuivano i medici: il numero di residenti per medico passa da 32,8 a 43,8.

Distribuzione dei livelli di intensità sanitaria negli anni 2009 – 2016 nelle RSA italiane
Tabella 4 – Distribuzione dei livelli di intensità sanitaria negli anni 2009 – 2016 nelle RSA italiane

 

 

I problemi del personale di cura nelle Residenze per anziani non autosufficienti

In generale, la dotazione di personale nelle RSA italiana è fra i più bassi del mondo occidentale, con una media di 0,51 addetti per posto, secondo uno studio di Laura Pelliccia (Pelliccia, 2019). Per fare un confronto è un rapporto medio simili e anche inferiore a quello delle carceri italiane: ci sono stati nel 2017 circa 60.000 carcerati con 33.000 agenti di custodia effettivi (rapporto 1: 0, 55) (Statistiche carceri e Polizia Penitenziaria online).

 

La Commissione Federale USA –Nursing Home Medicare conclude per uno standard auspicabile per una assistenza di qualità accettabile. di 1722 minuti/settimana/residente, con rapporto 1:0,82.

 

Durante la fase acuta della pandemia da COVID 19 le infezioni e la mortalità nelle residenze USA hanno mostrato un rapporto inverso con i numeri del personale [OR : 0.82 (070- 0.95) (Figueroa et al, 2020). Non diversamente da quanto rilevato in Inghilterra, dove è risultato evidente che l’aumento di ciascuna unità nello staff in rapporto al numero dei posti letto era associato con una riduzione delle infezioni nei residenti (0·82 [0·78–0·87], p<0·0001) e nello stesso staff (0·63 [0·59–0·68], p<0·0001)(Shallcross et al., 2021).

 

D’altra parte i problemi del personale di assistenza nelle strutture di ricovero per anziani sono assai complessi che rendono difficile, se le condizioni non cambiano, migliorare la situazione. In EU gli addetti ai servizi di « Long-Term Care » invecchiano rapidamente: avevano più di 50 anni il 28% nel 2009 e il 38% nel 2019. Rispetto al personale del settore ospedaliero, la retribuzione di figure che hanno mansioni e responsabilità simili nei servizi socio sanitari è inferiore del 35%. In Italia un operatore dei servizi socio sanitari guadagna 9 euro/ora (salario mediano), mentre una figura di pari mansioni del comparto ospedaliero guadagna 14 euro/ora, con una proporzione del 65 o secondo altri dati 68% rispetto alla retribuzione oraria media della categoria (Eurofound, 2020).

 

 

Conclusioni

È in questo contesto, in cui i servizi socio sanitari in Italia sono e sono stati fortemente penalizzati nell’ambito dell’intervento pubblico, che il COVID 19 è intervenuto aggravando ulteriormente una situazione già al limite della carenza cronica di risorse e in cui come si diceva all’inizio, il servizio sanitario e l’amministrazione pubblica hanno contratto un grande debito verso gli anziani fragili.

 

Qualcuno sta faticosamente cercando di fare in modo che questo debito verso gli anziani non autosufficienti venga pagato ossia il “Patto Per Un Nuovo Welfare Sulla Non Autosufficienza” che ha riunito 45 organizzazioni nazionali ha proposto l’introduzione del “Sistema Nazionale Assistenza Anziani”, trovando qualche ascolto presso i legislatori cui è stato presentato.

 

A livello istituzionale si è partiti da una Commissione istituita presso il Ministero della Salute presieduta da Monsignor Paglia che ha elaborato un suo Piano, a dir poco molto discutibile. Il Ministero delle Politiche Sociali ha istituito nel 2021 una Commissione presieduta da Livia Turco, con il compito di preparare la riforma delle politiche verso la non autosufficienza. Questa seconda Commissione ha elaborato un progetto di legge consegnato nei mesi scorsi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il legislatore ha approvato a dicembre una legge delega per affrontare il tema della disabilità e ha inserito nella legge di bilancio per il 2022 la previsione di Livelli essenziali delle prestazioni assistenziali (LEPS) dedicati ai non autosufficienti. Da ultimo è stata istituita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri una terza Commissione presieduta sempre da Monsignor Paglia con il compito di redigere il testo di una legge delega in materia da sottoporre al Parlamento.

 

L’invito è a rimanere attenti e a sorvegliare perché il debito contratto verso gli anziani non autosufficienti non venga pagato con moneta falsa.

Note

  1. Gran parte dei dati citati nell’articolo sono stati presentati al congresso AIP di Firenze 2022
  2. An ageing population. Brussels
  3. I dati sono nella sezione “Country specific findings – Italy” e sono riferiti al 2019
  4. I dati sono disponibili a pag 194 della pubblicazione
  5. Le disposizioni regionali inerenti la Misura RSA Aperta si trova nell’allegato C della Deliberazione Giunta Lombardia, n.° X / 7769, ove si trovano anche alcuni dati di funzionamento relativi al 2016 e 2017

Bibliografia

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