Uno degli aspetti più critici, connessi con l’erogazione di un’assistenza sicura e di alta qualità, è rappresentato dal coordinamento e integrazione tra differenti strutture, tra varie unità operative e tra i diversi professionisti anche di una stessa organizzazione. In considerazione della complessità, multidisciplinarietà e multidimensionalità che contraddistingue la dimissione di un paziente fragile, si ritiene necessario definire un processo in grado di agevolare l’integrazione tra servizi e professionisti coinvolti, facilitando il percorso di continuità assistenziale della persona ricoverata e della sua famiglia. La “dimissione protetta” dovrebbe prevedere un’attenta e accurata valutazione dei bisogni sanitari e assistenziali del paziente e del suo contesto socio-ambientale, nonché una serie di operazioni a carattere gestionale, organizzativo e informativo per un’appropriata continuità nella presa in carico tra gli operatori ospedalieri e gli altri operatori sociosanitari che si occuperanno della persona a domicilio o in altri contesti residenziali.
Cosa si intende per dimissione protetta
Nell’ultimo Piano Nazionale degli interventi e dei Servizi Sociali è fornita una definizione di “dimissioni protette”. Questo termine indica l’insieme di azioni che costituiscono il processo di passaggio organizzato di un paziente dall’ambiente ospedaliero o similare ad un ambiente di cura di tipo familiare, al fine di garantire la continuità assistenziale e promuovere percorsi di aiuto a sostegno della salute e del benessere della persona tramite interventi coordinati tra sanitario e sociale. Tale tipo di approccio multidisciplinare di pianificazione della dimissione, sviluppato prima che il paziente sia dimesso, migliora la qualità della vita, l’integrazione fra ospedale e territorio e tra i professionisti sociosanitari coinvolti nel processo di assistenza e cura, oltre a ridurre il rischio di riammissione istituzionalizzata nei pazienti anziani, disabili e fragili (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2021). Lo stesso Piano prevede che le dimissioni protette diventino un livello essenziale delle prestazioni in ambito sociale su tutto il territorio nazionale e che quindi contestualmente si abbia un relativo canale di finanziamento finalizzato all’implementazione del servizio. In questo senso, l’accesso ai finanziamenti della Missione 5 da parte degli enti locali che hanno presentato le relative progettazioni potranno essere un valido contributo affinché vengano sviluppate le dimissioni verso il domicilio della persona che è stata ospedalizzata.
La definizione citata però limita la “dimissione protetta” al solo trasferimento verso il domicilio o ad ambiente di cura di tipo familiare. Nella pratica quotidiana, le dimissioni protette non sono sempre limitate a un’unica tipologia di contesto assistenziale. Spesso è vantaggioso che il paziente sia accolto considerando tutte le sue esigenze, seguendo un approccio che tenga conto della persona nella sua completezza bio-psico-sociale e in relazione alla rete di supporto disponibile. Pertanto, può essere necessario utilizzare strutture con caratteristiche sociosanitarie che facilitino il ritorno a domicilio o che diventino l’ambiente di assistenza definitivo, come alternativa al proprio domicilio. Affinché tutto ciò possa accadere, la “dimissione protetta” dovrebbe prevedere un’attenta e accurata valutazione dei bisogni sanitari e assistenziali del paziente e del suo contesto socio-ambientale, nonché una serie di operazioni a carattere gestionale, organizzativo e informativo per un’appropriata continuità nella presa in carico tra operatori ospedalieri e gli altri operatori sociosanitari che si occuperanno della persona a domicilio o in altri contesti residenziali. Pertanto, è necessario procedere con una precoce segnalazione da parte delle Unità Operative Ospedaliere (U.O.) che hanno ricoverato il paziente che rilevi la necessità di un accompagnamento nella dimissione, una corretta valutazione dei bisogni complessi e l’attivazione degli interlocutori utili e appropriati per garantire la continuità con un passaggio di informazioni puntuale e una valutazione integrata degli interventi secondo un progetto personalizzato.
Il progetto dell’ASST Melegnano e Martesana
L’ASST Melegnano e Martesana per poter raggiungere gli obiettivi sopraesposti ha previsto tre linee di azione che a partire dal 2021 hanno cercato di implementare il sistema aziendale di dimissioni protette. In primo luogo, nel 2021 sono state costituite tre Centrali di Dimissioni Protette (CDP):
- la Centrale Dimissioni Protette di Vizzolo Predabissi, che si occupa dei degenti presso il P.O. Predabissi;
- la Centrale Dimissioni Protette di Cernusco S/N, che si occupa dei degenti presso il P.O. “Uboldo” di Cernusco s/N e presso il POT di Vaprio d/Adda;
- la Centrale Dimissioni Protette di Melzo, che si occupa dei degenti presso il P.O. “S.Maria delle Stelle” di Melzo e presso il P.O. “Zappatoni” di Cassano d/Adda.
Ogni CDP vede lavorare congiuntamente due figure professionali, assistenti sociali e infermieri di famiglia e comunità, in numero variabile per ogni CDP a seconda del numero totale di posti letto nel presidio di riferimento. La scelta del doppio profilo professionale permette di inquadrare correttamente la situazione e fa in modo che la presa in carico del servizio avvenga nel modo più completo possibile, analizzando sia i bisogni sanitari sia i bisogni sociali, familiari e di contesto ambientale che possono influenzare una corretta assistenza del paziente cronico-fragile.
La seconda azione intrapresa è stata la graduale introduzione dello strumento della “Scheda BRASS” (Mistiaen et al. ,1999), quale modalità di individuazione precoce dei pazienti a rischio basso, medio o alto di necessità di una dimissione protetta (Saiani et al., 2008). La Brass è una scala che valuta il rischio che la dimissione risulti complessa e che sia necessario per il paziente e il caregiver un supporto e la predisposizione di azioni per il sostegno a domicilio o la necessità di attivazione di una struttura socio-sanitaria residenziale. Il punteggio viene stabilito attraverso 9 item che fanno riferimento alla condizione clinica e sociale del paziente (età, condizione di vita e supporto sociale, stato funzionale, numero di farmaci assunti, stato cognitivo, modello comportamentale, mobilità, deficit sensoriali, numero di ricoveri pregressi/accessi in pronto soccorso, numero problemi clinici attivi). La compilazione della scheda in tutti gli item predefiniti può dare un punteggio tra 0 e 37:
- valori compresi tra 0 e 10 identificano un “rischio basso” alla dimissione, quindi è ipotizzabile che non ci siano grossi impedimenti alla dimissione e che questa risulti semplice da un punto di vista organizzativo;
- valori compresi tra 11 e 19 identificano invece un “rischio medio” per il paziente nella dimissione. Sicuramente la dimissione dovrà prevedere una pianificazione, ma non è detto che questa esiti nell’istituzionalizzazione della persona;
- punteggi maggiori di 20 identificano un “rischio alto”, cioè situazioni dove è necessario pianificare attentamente la dimissione ed è probabile che occorra intervenire anche ricorrendo a soluzioni residenziali a supporto del paziente (es. centri di riabilitazione, RSA…).
L’U.O. di degenza, nella persona del medico di riferimento o del coordinatore infermieristico/suo delegato, compila nei primi giorni di ricovero la scheda BRASS e se il punteggio corrisponde ad un rischio medio o alto (punteggi maggiori di 10), il paziente viene segnalato alla CDP di riferimento affinché vengano valutati i suoi bisogni e predisposto un progetto assistenziale in collaborazione con gli operatori di reparto, sentendo il paziente stesso, se in grado di esprimersi e di prendere decisioni, e i caregiver di riferimento, quando presenti. Tale strumento è stato introdotto sperimentalmente da settembre 2021 ad agosto 2022 nei reparti afferenti all’Area Medica, e da settembre 2022 è stato esteso a tutti i reparti di degenza presenti in Azienda (Area Chirurgica e ad Alta Intensità assistenziale). Le uniche U.O. escluse sono quelle afferenti all’Area Materno Infantile, per la caratterizzazione specifica dell’utenza, e al Dipartimento di Salute Mentale (SPDC) poiché già previsti specifici percorsi per la dimissione e la continuità assistenziale del paziente psichiatrico post-ricovero.
In alcuni casi, sono state prese in esame anche segnalazioni con rischio basso identificato dalla BRASS (punteggio minore o uguale a 10). Queste situazioni, molto rare, coinvolgono principalmente individui giovani o adulti che stanno affrontando un episodio acuto grave, ma che non svilupperanno fragilità o disabilità nel lungo periodo (ad esempio, un intervento chirurgico ortopedico seguito da riabilitazione in un contesto residenziale o domiciliare), oppure individui i cui significativi bisogni sociali compromettono la corretta continuità delle cure (come nel caso dei senza fissa dimora o degli stranieri).
Infine, l’ultima azione messa in atto è stata la stesura di una procedura aziendale alla fine del primo anno di sperimentazione della BRASS nell’Area Medica (agosto 2022), che è valida in tutti i presidi e per tutte le U.O. precedentemente menzionate. Questa procedura non solo ha codificato l’iter che gli operatori devono seguire per una corretta presa in carico e valutazione dei bisogni, al fine di garantire la continuità assistenziale, ma ha anche esplicitato tutti i setting assistenziali utili e attivabili per la prosecuzione della cura e dell’assistenza ai pazienti che hanno concluso la fase acuta in ospedale.
La procedura espone chiaramente, per ciascun setting, la modulistica necessaria per valutare il passaggio e fornire le opportune informazioni agli altri professionisti che si occuperanno del paziente. Parte di questa documentazione è basata sulle forme standardizzate fornite dalla Regione Lombardia o dall’ATS competente; in altri casi, invece, si tratta di documenti interni già in uso, raccolti per agevolare la consultazione da parte degli operatori delle diverse Unità Operative.
Nella tabella 1 sono riassunti i dati del 2021(database interno all’ASST Melegnano e Martesana), anno in cui è stata avviata la sperimentazione, e i dati del 2022, dove invece si è andato a consolidare il modello. Appare evidente come le tre azioni del progetto abbiano prodotto un innalzamento del numero di segnalazioni da parte delle U.O. alle Centrali Dimissioni Protette.
Per la quasi totalità dei pazienti che sono stati segnalati alle Centrali di Dimissioni Protette è stato definito un progetto di continuità assistenziale in ambito domiciliare o attraverso il trasferimento in altre strutture sociosanitarie/sociali utili a soddisfare i bisogni socio-assistenziali degli stessi. Rimangono esclusi i pazienti che si autodimettono, che devono proseguire le cure in altro istituto ospedaliero specialistico o che decedono prima della costruzione di un progetto di continuità assistenziale. Nella tabella 2 sono riportati i dati relativi ai diversi setting assistenziali identificati per i pazienti segnalati.
Rispetto all’intervento di accompagnamento al domicilio si segnala l’aumento dell’attivazione dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), dell’attivazione degli Infermieri di Famiglia e Comunità (IFEC)sul territorio (servizio di nuova costituzione), mentre non si evidenziano sostanziali differenze per quanto riguarda le Unità Operative Complesse di Cure Palliative (UOCP-dom), come si evidenzia nella tabella 3.
Dalla dimissione protetta all’immissione protetta
Mediante l’implementazione di una Centrale di Dimissioni Protette in tutti i presidi aziendali, all’interno della quale operano figure professionali di diverso profilo che permettono una valutazione multidimensionale e multiprofessionale del paziente fragile, utilizzando lo strumento della BRASS e definendo una procedura standardizzata, è sensibilmente aumentato il numero delle segnalazioni di pazienti ricoverati presso le diverse U.O. che necessitano di un percorso organizzato e definito di dimissione protetta secondo la stesura di un progetto personalizzato.
La sfida del prossimo futuro, con l’implementazione delle Case della Comunità, delle Centrali Operative Territoriali e degli Ospedali di Comunità, consiste nell’incrementare sempre di più e migliorare costantemente la gestione delle dimissioni protette. Parallelamente, si fa necessario anche prevedere dei percorsi di immissione protetta affinché la continuità assistenziale non si ponga solo come una questione nella fase di uscita del paziente fragile dall’Ospedale, ma si generi altresì un circuito virtuoso e accompagnato anche in ingresso. Questo contribuirà a ridurre gli episodi di accesso inappropriato ai ricoveri ospedalieri per situazioni acute, indirizzando invece le persone verso soluzioni residenziali più adeguate alle loro necessità (Isaia et al., 2021).
Bibliografia
- Dal Molin A., Gatta C., Derossi V., Guazzini A., Cocchieri A., Vellone E., Alvaro R., Rasero L. (2014), Hospital discharge: results from an Italian multicenter prospective study using Blaylock Risk Assessment Screening Score., Int J Nurs Knowl. Feb;25(1):14-21.
- Isaia G, Brunetti E, Presta R, Salone B, Carignano G, Sappa M, Fonte G, Raspo S, Lauria G, Riccardini F, Lupia E, Bo M. (2021), Prevalence, determinants and practical implications of inappropriate hospitalizations in older subjects: A prospective observational study. Eur J Intern Med. Aug; 90:89-95.
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Piano Nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023”.
- Mistiaen P, Duijnhouwer E, Prins-Hoekstra A, Ros W, Blaylock A. (1999), Predictive validity of the BRASS index in screening patients with post-discharge problems. Blaylock Risk Assessment Screening Score. J Adv Nurs. Nov;30(5):1050-6.
- Saiani L, Zanolin ME, Dal ponte A, Palese A, Viviani D. (2008), Valutazione della sensibilità e specificità di uno strumento di screening dei pazienti a rischio di dimissione difficile, Assist Inferm Ric. Oct-Dec;27(4):184-93. Italian.